di Giovanni Orlandini 
Nel testo troppi i margini di discrezionalità al datore che vuole  licenziare, ma gli studi più seri dicono che la flessibilità in uscita  non produce occupazione. Ok solo alle misure su dimissioni in bianco e  disabili.
Si è fatto un gran parlare in questi giorni di “modello tedesco” di  licenziamento (ma anche di relazioni industriali), spesso senza  conoscerne realmente i contorni e spesso piegandolo alle convenienze.  Non sembra però che quel modello sia preso in considerazione dal  governo, a giudicare dalla proposta di riforma presentata. In Germania  spetta in primo luogo al consiglio di fabbrica valutare la fondatezza  delle ragioni del licenziamento, mentre da noi manca perfino una legge  sindacale che riconosca ai lavoratori il diritto di scegliere chi li  rappresenta in azienda. In quel paese poi il controllo del giudice sui  licenziamenti economici è molto accurato e può sempre portare alla  reintegra del lavoratore. 
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