L'odio furioso dell'attuale governo verso l'idea che il lavoro stabile e  dignitoso vada tutelato e vada considerato valore primario da difendere  appare nella «Proposta di riforma degli ammortizzatori sociali», in  almeno due elementi discriminanti.
La proposta di eliminazione della  indennità di mobilità per i lavoratori licenziati collettivamente  significa il passaggio da una tutela reale posta a difesa dello status  di lavoratore ad una elargizione di una modesta somma di denaro per  dodici mesi a chi, ormai disoccupato, viene lasciato nel libero mercato  del lavoro per «incoraggiarlo» o, meglio, «costringerlo» ad abbassare le  sue pretese, anche minime, per ricercare una nuova occupazione.
L'arretramento  e la paccata di risparmi che la Fornero intende mettere sulle spalle  dei lavoratori licenziati è reso evidente dalla considerazione che oggi,  ad esempio, un cinquatreenne ha assicurati tre anni per sopravvivere  con l'indennità di mobilità e tentare di trovare un nuovo lavoro, mentre  con la proposta governativa dopo un anno non avrà più diritto a  percepire alcun sussidio di disoccupazione.
Cosa succederà in  concreto qualora l'ipotesi divenga legge è facile immaginarlo: di fronte  ad una pensione non più raggiungibile prima di 15 anni (sempre grazie  alla Fornero) il lavoratore anziano o cade nella più completa  disperazione personale o da disperato accetterà condizioni peggiori di  quelle che già oggi un giovane precario accetta. Il che è tutto dire  visto che l'esercito di riserva della disoccupazione giovanile è già al  30%.
Il secondo elemento discriminante della proposta Monti/Fornero,  presentata come scelta di buon senso, è quello che vuole che la Cassa  integrazione straordinaria sia concessa solo quando sia affermata la  ripresa dell'attività produttiva con l'espressa eliminazione della  causale per procedura concorsuale con cessazione di attività (art. 3, L.  223/1991). 
Che ci sia poco buon senso anche in questa seconda proposta è  presto evidenziato se si considera che durante le procedure concorsuali  i liquidatori se da un lato non hanno all'orizzonte l'obiettivo della  ripresa della attività, hanno comunque bisogno di tempo per non  disperdere il capitale umano e non svalorizzare gli assets che potranno  ricollocare a nuovi imprenditori, con ciò salvaguardando allo stesso  tempo capacità produttiva, posti di lavoro e interessi dei creditori.
Quel  che vuole il governo viene confessato immediatamente dopo aver proposto  l'amputazione delle causali di Cigs e cioè la ricerca, questa volta  anche senza versare neanche una ipocrita lacrima, di abbassamento dei  livelli di tutela dei lavoratori ledendo la possibilità di restituzione  delle quote di accantonamento del Tfr maturato in costanza di Cigs  qualora il lavoratore cessi dal rapporto di lavoro prima della ripresa  lavorativa.
E' evidente allora che la proposta Monti/Fornero è in  perfetta simbiosi con quanto prospettato nel Libro Bianco di Maroni nel  2001 e cioè di rendere più povero, debole e precario il lavoratore  spostando la tutela dal rapporto di lavoro al mercato, sapendo che nel  mercato il disoccupato è ancora più soggetto di sfruttamento e preda  della forza contrattuale di chi offre lavoro alle condizioni che egli  stesso, libero da ogni forma di solidarietà sociale, riesce ad imporre  secondo le impari regole del mercato.
Non di «riforma» degli  ammortizzatori sociali, dunque, il governo dovrebbe parlare, ma di  ritorno a liberali meccanismi assicurativi che di equo, secondo principi  di giustizia sociale contenuti della Carta costituzionale, poco, se non  nulla, hanno.
Antonio di Stasi - 16/03/2012
Professore di Diritto del lavoro 
nell'Università Politecnica delle Marche
 
 
 
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