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mercoledì 24 gennaio 2018

CONFERENZA STAMPA


24 gennaio 2018

Il Piano Industriale Insiel 2018-2021 è causa, per i lavoratori, di dubbi e preoccupazioni per ciò che riguarda il destino attuale e futuro dell’azienda.
Questo nuovo Piano è una continuazione del precedente. E’ fondato sull’assunto che Insiel sia stata una “Software House” e che ora sia necessario trasformarla in un’azienda del genere “System Integrator”.
In realtà tutti noi sappiamo che questo non è vero. Insiel si è sempre occupata di produrre Sistemi Informativi. Questi sono stati utilizzati in ambito Regione FVG, ma non solo. Insiel in particolare ha operato per creare un sistema regionale informatico integrato, capace di interagire e di essere omogeneo.

E quali sono i dubbi e le preoccupazioni dei lavoratori di fronte a questo Piano Industriale?
1) mancanza di strategia di medio-lungo periodo che dica dove questa azienda debba posizionarsi nei prossimi anni. Fin qui l’unica strategia evidente è il taglio dei costi senza alcun obiettivo strategico;
2) mancanza di presenza attiva sul mercato extra-regionale. Con il superamento della legge Bersani è oggi possibile operare anche fuori Regione per una quota pari al 20% del fatturato di Insiel;
3) mancanza di formazione volta ad aumentare la professionalità e la competenza dei lavoratori, vera ricchezza dell’azienda. A questo proposito la “legge Madia” ha fortemente ridotto le possibilità di Formazione e impedisce il ricambio generazionale limitando le assunzioni di personale.

A supporto di queste considerazioni, i lavoratori hanno sottoscritto un documento che ha raccolto oltre 400 firme fra gli oltre 600 dipendenti. Insiel costituisce un patrimonio per tutti i cittadini della Regione: i suoi lavoratori pretendono che la politica regionale, attraverso le proprie strutture, ne valorizzi l’attività nell’interesse di tutti.

Si chiede un nuovo piano industriale che delinei altre strategie e politiche per l'informatica regionale. Che sia incentrato sul territorio e che applichi quanto previsto dalla legge regionale n. 9 del 2011, in cui si definisce il ruolo centrale della Regione FVG nella promozione del proprio territorio, con strategie innovative basate sull’utilizzo intensivo dell’Information and Communications
Technology (ICT).

Un asse portante di questo piano industriale è che Insiel opera mediante 2 tipi di esternalizzazioni: quelle “pure” e quelle "camuffate" dalla cosiddetta "integrazione di sistemi".
A prescindere da come viene chiamata, l'esternalizzazione elevata a sistema porta alla mancanza di investimenti nell'innovazione e nella formazione delle persone in forza all'azienda. Porta ad un progressivo depauperamento di Insiel. Assistiamo quotidianamente ad una perdita di competenze tecnologiche sui servizi e sulle applicazioni dei nostri clienti. I tagli alla Gestione diminuiranno i servizi, in contraddizione con quanto è obbligatorio fare, viste le continue scadenze normative che impongono di produrne di nuovi e specifici, ad alto valore aggiunto e che non possono essere esternalizzati.

La missione di Insiel va rivista con un’idea di crescita. Bisogna aumentare le competenze, reingegnerizzare i processi, ma soprattutto investire sulle persone. Insiel è leader nelle soluzioni tecnologiche per la PA e per la Sanità, può e deve proporre soluzioni in anticipo su AGID, non comportarsi solamente come ”follower” di AGID. E’ opportuno che sia Insiel a suggerire alla Regione FVG i processi utili a ridurre la burocrazia e a migliorare la vita di cittadini, imprese e aziende. Insiel deve esser messa in connessione e collaborare con tutti i centri di ricerca e le istituzioni scientifiche presenti nei parchi scientifici e tecnologici della Regione: pensiamo all’Area di Ricerca di Padriciano, al Sincrotrone, all’ICTP (Centro di Fisica Teorica di Miramare) e alle Università di Udine e Trieste.
E’ ora di finire di ricorrere a consulenze esterne, sostanzialmente inutili oltre che costose. Si utilizzino le competenze interne e le capacità intellettuali delle istituzioni scientifiche succitate per costruire il futuro e produrre innovazione.

Nel corso degli anni Insiel ha subito troppe riorganizzazioni. Queste ultime non hanno sortito particolari effetti se non introdurre ulteriori confusione nella gestione aziendale. Abbiamo continuato a portare risultati perchè tante persone hanno lavorato duramente, non grazie al supporto dell’organizzazione aziendale, ma NONOSTANTE l’organizzazione aziendale.

La Regione tramite Insiel, non solo deve mantenere e tutelare i dati personali dei cittadini, deve avere il controllo delle procedure software che li gestiscono e quindi detenere codice sorgente, procedure e funzionalità. In questo modo è possibile avere la capacità di intervento per modifiche, ottimizzazione, gestione e controllo del sistema informativo e informatico.

Il mercato vuole la sanità gestita da Insiel e la Cartella Clinica è stata messa in gara per un importo pari a 12 ML/€ in 3 anni, mentre si potrebbe fare in Insiel con risorse proprie. Domanda: Insiel conserverà il Dominio oppure i sorgenti saranno di chi vince la gara? In questa seconda ipotesi, Insiel perderà tutta la Sanità dopo decenni in cui la Sanità-Insiel è stata fiore all’occhiello del FVG, invidiata da tutti i leader in Italia. Chi ha voluto la gara per la Cartella Clinica ha commesso uno sbaglio enorme - o magari scientemente ha scelto di spazzare via Insiel dal mercato della Sanità Pubblica - che dev’essere corretto.

Si deve cambiare rotta prima cha la nave Insiel affondi facendo così la felicità di tanti soggetti che proporranno ognuno la propria soluzione come la migliore, salvo poi costare molto di più al contribuente FVG. Si devono internalizzare risorse e si deve aumentare la gestione, non informatizzare l’esistente ma rinnovarlo completamente.
Si guardi alle nuove opportunità e alla possibilità di accordi con altre Regioni, allargando l’Azionariato pubblico e mirando ad aumentare il business nel mercato della P.A.

Si faccia crescere l’indotto in Regione, con nuova occupazione ad alto livello di conoscenze tecnologiche, per impedire l’emigrazione all’estero dei nostri giovani.
Crescere, crescere, crescere, è l’unico modo per fermare il declino e contribuire allo sviluppo del sistema Paese, dove l’Insiel può fornire lo strumento qualitativo per i cittadini della Regione FVG.

La Regione tramite Insiel, non solo deve mantenere e tutelare i dati personali dei cittadini, deve avere il controllo delle procedure software che li gestiscono e quindi detenere codice sorgente, procedure e funzionalità. In questo modo è possibile avere la capacità di intervento per modifiche, ottimizzazione, gestione e controllo del sistema informativo.

Questa è la nostra idea di informatica in Regione FVG e vogliamo confrontarci con tutta la politica per capire se hanno intenzione di condividere la nostra idea di futuro oppure vogliono gettare alle ortiche quarantaquattro anni di innovazione informatica e di competenza.

le Rappresentanze Sindacali Unitarie di INSIEL

lunedì 25 luglio 2016

Comunicato unitario 25 luglio


Trieste, Udine - 25 Luglio 2016
 
Dopo l’ennesima e incomprensibile decisione aziendale di sospendere l’erogazione del contributo a favore dei colleghi che intendono avvalersi della future convenzioni per gli asili nido subordinandole "…all’eventuale ridefinizione del contratto integrativo…",
 
le RSU denunciano per l’ennesima volta

una politica aziendale che, con le nuove disposizioni su Orario di lavoro, Ferie, Asilo nido, Part time, Parcheggi, Politica sui Premi, Sedi di Udine, Polizza Sanitaria (ad oggi nulla è dato sapere circa le decisioni a tal riguardo dell’ultimo CdA) e tutte le altre voci, alimenta il malcontento generale esercitando un atteggiamento pervasivo e autoritario nei confronti dei lavoratori al solo scopo di fare  pressione sulle RSU aziendali.

Le RSU di Insiel ritengono questi atteggiamenti  inadeguati ed inopportuni

ai fini del mantenimento  delle corrette relazioni industriali.

A partire da oggi, pertanto, ogni rapporto con l’Azienda  è interrotto a tempo indeterminato.
 
Per quanto sopra esposto, a questo punto, le RSU ritengono prioritario incontrare la proprietà, come promesso dalla Presidente Serracchiani nel corso dell’incontro del 1 giugno, per avere risposte sulla politica industriale e soprattutto sulle modalità inerenti alla sua attuazione e solo dopo valutare la ripresa delle relazioni industriali.

Le RSU Insiel di Trieste e Udine

mercoledì 8 giugno 2016

INCONTRO CON LA PRESIDENTE SERRACCHIANI


 
Trieste, Udine 07 Giugno 2016
 
Mercoledì 1 Giugno si è tenuto l’incontro che avevamo richiesto alla Presidenza della Regione riguardante le problematiche che avevamo evidenziato e condiviso con i lavoratori a più riprese in questi mesi.
All’incontro erano presenti, oltre alla Presidente Serracchiani, anche l’Assessore Panontin e il Presidente Puksic.
In apertura la Presidente si è detta soddisfatta di come Insiel applica il piano industriale, informandoci di come le Direzioni Regionali apprezzino il nuovo dinamismo e in generale il nuovo modo in cui Insiel si interfaccia con loro, affermando di non capire le preoccupazioni esposte dai lavoratori ma dimostrandosi disponibile a recepirle e dove possibile trovare una soluzione.
Dopo l’ esposizione puntuale  da parte della delegazione di quanto contenuto nel documento stilato e approvato dall’ Assemblea dei Lavoratori la presidente ha annotato i punti prendendosi l’impegno, in qualche settimana, di valutarli e rispondere puntualmente ad ogni uno degli stessi.
In particolare ci aspettiamo una risposta su:
  • Definizione dei servizi strategici: ha preso l’impegno di individuare gli stessi (sottolineando che la riposta “potrebbe piacerci oppure no”).
  • Formazione: ha dichiarato che verificherà la possibilità di utilizzare fondi europei destinati alla regione.
  • Organizzazione interna: verificherà con la direzione aziendale il perché di questa ennesima riorganizzazione e la situazione dei passaggi di consegne.
  • Relazioni sindacali: ha annunciato la volontà di imporre all’azienda un maggiore coinvolgimento dei sindacati nelle discussioni.
  • Esternalizzazioni: ha annunciato un approfondimento ribadendo la sua contrarietà all’uso delle esternalizzazioni.
  • Assunzioni: ha precisato che da legge esistono precisi limiti all’ utilizzo di lavoratori in somministrazione (come diversamente comunicato dall’azienda) e verificherà la possibilità di attingere alla disponibilità pubbliche/regionali di lavoratori.
Le RSU, pur esprimendo preoccupazione per certe affermazioni della Presidente, rimangono in attesa di risposte da parte della Proprietà.
Non essendo intervenuti ulteriori elementi atti a modificare l’attuale stato delle relazioni industriali con l’azienda, confermano le azioni fino a qui intraprese a tutela dei lavoratori.
 
Le RSU Insiel

giovedì 19 maggio 2016

Comunicato 18 maggio 2016


Dopo l’ennesima richiesta di chiarimento da parte delle RSU circa la gestione delle ferie, si conferma il metodo adottato dall’Azienda, totalmente iniquo e a discapito di tutti quelli che le ferie le fanno; alle RSU Insiel non resta che stigmatizzare le decisioni unilaterali dell’Azienda, che violano il CCNL e la normativa attuale.

Le RSU sono quindi costrette a confermare

la rottura di ogni qualsivoglia relazione industriale.

La Direzione aziendale perde sempre più credibilità, anche alla luce delle voci di dimissioni da parte della D.G. a tutt’oggi non smentite, sia per la gestione dei rapporti con i lavoratori, sia per la gestione dell’organizzazione interna del lavoro, sia per la fallimentare implementazione del piano industriale (già di per sé discutibile).

Le RSU denunciano con forza il teatrino messo in piedi dal presidente Puksic che, usando l’Azienda per i propri fini personali, veicola risorse e mezzi verso attività inutili e al di fuori della mission aziendale.
Le iniziative che si sono accavallate in questi mesi, tutte di facciata (un inutile ed inutilizzato social network aziendale, i corsi sui social network, We Change Insiel, Internet Day, Totem, etc.….), mirano a buttare fumo negli occhi ai lavoratori distraendoli dai reali problemi aziendali:
  • Assenza di progettualità indipendente dalla proprietà Regione.
  • Mancanza di un piano formativo.
  • Disastrosa organizzazione interna del lavoro.
  • Perdita di Know How a seguito di un mancato passaggio di consegne.
  • Esternalizzazione dello sviluppo software, da sempre attività core di Insiel.
  • Mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo
 
Le RSU Insiel

mercoledì 27 aprile 2016

Lettera alla Presidenza della Regione

Il Piano Industriale Insiel 2014-2017 mediante il quale la Regione si prefigge l’obiettivo di rilanciare l’Azienda, considerata strategica e strumento indispensabile per mettere in atto le importanti riforme che ha predisposto per gli Enti Locali e la Sanità, suscita ancora parecchie perplessità e preoccupazioni nei lavoratori.

A metà del suo percorso non sono stati ancora definiti, in maniera chiara ed esaustiva, i prodotti e i servizi che fanno parte del core-business e si presume, visti l'indecisione e la mancanza di risposte della Direzione aziendale, che non ci sia una strategia definita che consenta tale operazione in tempi brevi.

A oggi l’unico punto del Piano Industriale messo in atto sembra essere quello relativo all'art.4 della Legge Fornero con i trentadue pre-pensionamenti del 2015, senza peraltro aver predisposto un adeguato ed efficace piano di passaggio di consegne.

Ciò è causa di un evidente impoverimento del know-how aziendale e rischia di produrre rilevanti problemi sulla continuità dell’erogazione dei servizi in essere e di mettere in serio pericolo la buona riuscita dei servizi a sostegno delle riforme strategiche Regionali.

In questo quadro di depauperamento di competenze tecniche, l'Azienda fa apparire come inevitabile il ricorso a esternalizzazioni, che oltre ad essere onerose, non garantiscono risultati soddisfacenti nell'erogazione e nella qualità dei servizi, come già verificatosi in diverse occasioni.

Le esternalizzazioni, con affidamento ad aziende terze, della realizzazione dei prodotti sottostanti ai servizi, drenano risorse economiche dirottandole da Insiel ad aziende che spesso non operano sul territorio e non danno garanzie sulla gestione post-realizzazione dei servizi, accollando ad Insiel gli oneri e tenendosi per sé i profitti e il know how.

Non è stato presentato alcun progetto di riqualificazione del personale e gli unici progetti formativi riguardano l’uso dei social network, sicurezza dati e qualche corso limitatamente ad alcuni profili professionali.

Questa situazione sta portando ad un impoverimento dell’offerta di Insiel a tutto vantaggio di soggetti terzi concorrenti, con possibili pericolosissime ricadute sui livelli occupazionali aziendali. Una simile prospettiva è negativa non soltanto per l'Azienda e i suoi lavoratori, ma darà un’immagine negativa a tutta la Regione che dovrà rinunciare a una delle più importanti aziende nel campo dell'ICT.

Una strategia regionale che non può che destare perplessità e malumori nei lavoratori che ritengono più opportuno un vero rilancio dell'azienda con il recupero delle competenze tecniche e di know how disperse anche nelle precedenti sciagurate amministrazioni.

I lavoratori di Insiel riuniti in assemblea il 13 aprile 2016, condividendo tutto quanto sopra espresso, chiedono attraverso i loro rappresentanti sindacali che sia richiesta alla proprietà REGIONE FVG una verifica puntuale dell’attuazione del Piano Industriale e che siano chiariti percorsi e strategie regionali riguardo all’azienda Insiel.

I lavoratori altresì chiedono che venga rilanciata seriamente l’occupazione in Insiel con una forte opera di inserimento di nuovi profili nella società (che vada aldilà del turnover 1:2 previsto con la legge Fornero  che recenti interviste dei vertici aziendali danno per acquisito, sia in uscita che in entrata, ma che ad oggi, nei numeri, risulta ben lungi dall’essere realizzato) che possano apportare le energie per fare di Insiel il motore digitale del territorio e l’azienda leader nella PA.

In attesa di un vostro riscontro, si porgono
Cordiali Saluti.

RSU Insiel di Trieste e Udine

mercoledì 28 ottobre 2015

La dottrina del Jobs Act e il deserto dei diritti


di Domenico Tambasco

Proprio centodieci anni fa, di questi tempi, la Corte Suprema statunitense nella causa Lochner contro New York dichiarava incostituzionale la “limitazione” a dieci ore lavorative giornaliere (ovvero 60 ore settimanali) introdotta dallo Stato di New York a favore dei dipendenti dei panifici. Nella motivazione di tale provvedimento, è dato leggere che “la norma priva queste persone della libertà di lavorare finché lo desiderano”[1].

Una sentenza analoga desterebbe oggi ilarità e stupore; eppure, nell’era del Jobs Act si considerano con serietà le affermazioni di uno degli ispiratori delle moderne “riforme del lavoro”, Pietro Ichino, che nel brandire il vessillo della “protezione nel mercato del lavoro e non dal mercato del lavoro”[2] e nell’auspicare un regime nel quale il licenziamento “è considerato come evento appartenente alla normale fisiologia della vita aziendale, in qualche misura utile anche alle stesse persone che lavorano”[3], afferma perentoriamente che “non c’è legge o contratto collettivo, non c’è giudice, o ispettore, o sindacalista, che possano assicurare a una persona che vive del suo lavoro la libertà e la dignità che le è data dalla possibilità di andarsene sbattendo la porta dall’azienda dove è trattata male, perché sa dove trovarne un’altra dove la trattano meglio. Un mercato del lavoro fluido e innervato da buoni servizi per l’incontro fra domanda e offerta può fare molto di più, per la dignità e libertà dei lavoratori, di quanto possa la Gazzetta Ufficiale”[4].

A parte il secolo di distanza, tra i principi sanciti dalla Corte Suprema e le tesi espresse da Ichino non c’è proprio nessuna differenza: la “libertà di lavorare finché lo si desidera” e la “libertà di andarsene via sbattendo la porta” sono pure mistificazioni, nello stile della neolingua orwelliana[5], costruite ad arte allo scopo di isolare il lavoratore e il suo prodotto, il lavoro, abbandonandoli alle leggi di mercato. Un vecchio schema distruttivo, già collaudato nei decenni del primo liberismo e del laissez faire, che risponde all’applicazione del principio della libertà di contratto[6], ovverosia un ritorno all’infanzia del diritto del lavoro, dove lavoratore e datore di lavoro erano parti accomunate dall’astratta ed apparente eguaglianza in un contratto di scambio[7].

Dinanzi alla “dottrina” del Jobs Act, si staglia tuttavia la cruda realtà del mercato del lavoro: la costitutiva, connaturale disparità di potere economico che da sempre caratterizza i rapporti tra lavoratore e datore di lavoro ed un immane esercito industriale di riserva, rappresentato da una massa di disoccupati e da “un vasto sistema legale di occupazioni con contratti di breve durata, a tempo parziale, in affitto, pagate al di sotto della soglia di povertà”[8].

Al deserto dei diritti sul lavoro, perfezionato dalla recente liberalizzazione dei licenziamenti anche nei contratti a tempo indeterminato e dalla legittimazione dei demansionamenti, fanno da controcanto le misere compensazioni nel mercato del lavoro, costituite dall’aumento dell’indennità di disoccupazione e da qualche voucher, senza tuttavia alcun serio ricorso a misure doverose (e diffuse in quasi tutta Europa) di reddito minimo garantito: i jobcentre dell’esperienza tedesca o inglese sono solo un miraggio[9].

Quale libertà di scelta potrà mai avere l’impiegato cinquantenne licenziato dall’oggi al domani? Quale libertà di definire la propria retribuzione potrà avere il lavoratore di fronte ad aziende che, con migliaia di “lavoratori poveri” alle porte, fanno del contenimento del costo del lavoro il proprio “cavallo di battaglia”? Quale employability[10] sul mercato del lavoro (per utilizzare gli anglicismi cari alla neolingua del Jobs Act) potrà mai vantare il lavoratore ora “liberamente” demansionato per anni a seguito di una decisione unilaterale del datore?

Parlare di libertà del lavoratore nel mercato del lavoro in questo scenario, dunque, è come gettare una persona nel mare in burrasca, rassicurandola che è libera di nuotare per salvarsi.

E allora è proprio il caso di chiamare le cose con il loro nome, tornando all’epoca in cui abbiamo trovato la sentenza della Corte Suprema, e seguendo l’opposto discorso di un personaggio animato dalla penna di un altro statunitense, Jack London, le cui parole paiono ancora tanto attuali: “Quando parlava dell’uguaglianza delle probabilità per tutti, alludeva alla facoltà di spremere guadagni......desiderate l’occasione per spogliare i vostri simili uno alla volta e vi suggestionate al punto di credere che volete la libertà…...trasformate il desiderio di guadagno, che è puro e semplice egoismo, in sollecitudine altruistica per l’umanità sofferente…….la parola libertà, nel caso vostro, significa ricavare profitti dagli altri[11].



fonte
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-dottrina-del-jobs-act-e-il-deserto-dei-diritti/


[1] La sentenza del 1905 è citata da Ha-Joon Chang in Economia, istruzioni per l’uso, Milano, Il Saggiatore, 2015, p. 334, come esempio della logica economica liberista in materia di lavoro.
[2] P. Ichino, Il lavoro ritrovato, Rizzoli, Milano, 2015, p. 69.
[3] P. Ichino, cit., p. 71.
[4] P. Ichino, cit., p. 85.
[5] La neolingua del Jobs Act, Micromega, 11 marzo 2015.
[6] Karl Polanyi, La grande trasformazione, Einaudi, Torino, ed. 2010, p. 210.
[7] Maria Vittoria Ballestrero, Il lavoro e l’eguaglianza nel deserto dei diritti, in La vocazione civile del giurista – saggi dedicati a Stefano Rodotà, Roma-Bari, Laterza, 2013, pp. 166-167.
[8] Luciano Gallino, Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegati ai nostri nipoti, Torino, Einaudi, 2015, p. 119.
[9] Si rimanda alla completa trattazione di G. Perazzoli, Contro la miseria, Roma-Bari, Laterza, 2014.
[10] Traducibile con il termine “occupabilità”.
[11] Si tratta del discorso di Ernest nel capitolo “I distruttori della macchina” del romanzo di Jack London, Il tallone di ferro, 1907, ed. 2014, Feltrinelli, Milano, pp. 105 e 109.
 

lunedì 16 febbraio 2015

alla Presidente Debora Serracchiani



Le lavoratrici e i lavoratori dell'Insiel di Trieste, riuniti in assemblea il 12 febbraio 2015, ravvisando la fragilità e l'inadeguatezza del Piano Industriale 2014-2017, anche a fronte delle ultime correzioni avanzate dall'Assessore Panontin, proclamano lo stato di agitazione e richiedono la Sua esclusiva partecipazione ad una assemblea di lavoratori in Insiel.

Si ritiene necessario un confronto diretto al fine di chiarire e approfondire la vision imposta ad Insiel S.p.a. dalla Regione FVG,  in nome e per conto di un rilancio e nell'ottica di una innovazione nel settore informatico dell'azienda che riveste fin dalla sua nascita un ruolo pubblico .

In particolare i lavoratori vogliono approfondire i seguenti argomenti connessi al futuro dell'azienda:

- cambio di mission da Software House a Service Providing;

- cessione degli sviluppi del software Sanità ed Ascot a favore di aziende private con relativo finanziamento pubblico;

- licenziamento dei ricorrenti di Insiel Mercato, per mancato rientro in servizio, nonostante l'Insiel sia già ricorsa in appello alla sentenza di primo grado risultata favorevole ai ricorrenti.
  
In attesa di un Suo positivo riscontro entro il prossimo 25 febbraio 2015, i lavoratori si asterranno da iniziative di protesta.


RSU FIM, UILM e FIOM di Trieste e le rispettive OO.SS.
 
*
La risposta della Presidente 



Riscontro la vostra mail odierna.
In relazione alla richiesta formulatami non ho evidentemente alcun problema a ragionare con i lavoratori del piano industriale, della questione sanità e dei licenziamenti dei ricorrenti.
Ritengo però che essendo stata avviata una trattativa a livello regionale con le segreterie di Cgil Cisl e Uil, vi sia la necessità di procedere in questa direzione e solo all’esito di questa trattativa incontrare i lavoratori.
Naturalmente ci tengo a ribadire l’assoluta priorità da parte della Regione nel considerare Insiel un asset regionale prezioso, cui affidare la gestione delicata delle riforme che sono state intraprese da questa Amministrazione e le azioni di rilancio già indicate nel piano industriale.
La trattativa in corso e il dialogo comunque avviato anche con l’intervento dell’Assessore delegato auspico potranno essere anche l’occasione per un miglioramento e rafforzamento delle relazioni sindacali.
Di un tanto informo le segreterie regionali e l’Assessore Panontin che mi leggono in copia.
Cordiali saluti,

Debora Serracchiani
 

 

mercoledì 31 dicembre 2014

Cremaschi : 2015, col Jobs act sarà l’anno dei licenziamenti di massa

Era lecito domandarsi a che servisse togliere la tutela dell’articolo 18 a tutti i nuovi assunti, quando non si creano nuovi posti di lavoro e la disoccupazione aumenta.

Il decreto natalizio del governo Renzi supera questa contraddizione. Senza che se ne fosse minimamente accennato nella discussione parlamentare sulla legge delega, il testo sfrutta al massimo l’incostituzionale mandato in bianco imposto col voto di fiducia e estende la franchigia anche al mancato rispetto delle regole sui licenziamenti collettivi. 
La legge 223 infatti, recependo principi e regole in vigore in tutti i paesi industriali più avanzati e sostenute con forza da tutte le organizzazioni internazionali, Onu in testa, da oltre venti anni disciplina i licenziamenti collettivi per crisi, stabilendo criteri e regole nel loro esercizio. Ad esempio essa applica un concetto principe del diritto del lavoro degli USA, la “seniority list ” . Se proprio si deve licenziare si parte dagli ultimi arrivati , dai più giovani, da coloro che non hanno carichi familiari e si risale verso le madri e gli anziani capi di famiglia. In vetta a quella lista, nelle aziende Usa sindacalizzate, stanno addirittura i rappresentanti dei lavoratori. 
In Italia non siamo così rigidi, ma il senso della regola è lo stesso. 
La 223 stabilisce che solo con un accordo sindacale controfirmato da una pubblica autorità si possa derogare ai criteri dell’anzianità e dei carichi familiari. Così son state definite con le aziende, da ultimo con Meridiana, le uscite dei più anziani, in grado di raggiungere la pensione con la indennità di mobilità. Se un’azienda prima del decreto Renzi avesse voluto fare licenziamenti indiscriminati di massa , avrebbe subìto un doppio danno. Avrebbe dovuto pagare consistenti penali e avrebbe rischiato la reintegra da parte di un giudice di tutti i dipendenti licenziati senza il rispetto di regole e procedure. Questo vincolo ha frenato i licenziamenti di massa, anche in una crisi senza precedenti come quella attuale. 
Ora viene tolto e le aziende potranno liberamente sbarazzarsi, per crisi e ragioni economiche, di lavoratrici e lavoratori che hanno l’articolo 18 e sostituirli con dipendenti precari a vita, pagati molto meno e per la cui assunzione riceveranno anche un consistente finanziamento pubblico.

La portata reazionaria di questo decreto mostra tutta la malafede di un governo che sa perfettamente che la liberalizzazione dei licenziamenti non ha mai prodotto, né mai produrrà un solo posto di lavoro aggiuntivo a quelli esistenti. Nessuno assume in più se non ha lavoro in più da far fare. 
Ma se viene offerta la possibilità di realizzare, a condizioni più che favorevoli, quello che le imprese chiamano il ricambio organico del personale, perché rifiutarla? Questo è lo scopo vero del Jobact : un gigantesco scambio di manodopera tra chi ha più e chi ha meno diritti e salario. Come più di cento anni fa, quando i braccianti venivano cacciati dalla terra che avevano coltivato, perché agrari e baroni reclutavano gente più povera disposta a subire condizioni peggiori. 
Non solo il Jobact non fa nulla contro la disoccupazione, ma anzi proprio per funzionare ha bisogno di una massa ricattabile di senza lavoro, senza i quali le sue norme resterebbero lettera morta. Alla fine l’ occupazione complessiva sarà ancora minore, come già sapientemente prevede la Confindustria, ma quella rimasta somiglierà molto di più a quella che lavora oggi in Cina rispetto a quella che aveva conquistato diritti e dignità in Italia. Le imprese rimaste festeggeranno per i maggiori profitti, mentre il lavoro sarà sottoposto alla schiavitù di un Medio Evo tecnologico.
A questo punto non serve aggiungere altre parole. Ogni atto del governo Renzi rappresenta una coerente azione di restaurazione sociale. Non si colpisce solo il lavoro, ma la scuola, la sanità. i servizi pubblici, mentre si rafforzano le spese militari. Quando si interviene, come all’Ilva, lo si fa per permettere alle multinazionali cui verrà ceduta di risparmiare i costi del risanamento e degli investimenti. Tutte le riforme politiche proposte stravolgono principi e libertà costituzionali.

Ma a questo punto continuare a rimproverare a Renzi e a Giorgio Napolitano, che ne è il primo sostegno, di fare quello che dichiarano di voler fare non serve a niente. Il governo Renzi è la personalizzazione della distruzione della Costituzione Repubblicana, è nato e opera per questo. 
Rappresenta una classe dirigente italiana che ha deciso che il sistema sociale e democratico del dopoguerra non possa più essere mantenuto, di fronte ai vincoli della Troika e della finanza globale. O si contestano quei vincoli, euro compreso, o si insegue il modello del capitalismo selvaggio senza vincoli. Renzi e Napolitano hanno scelto di essere fino in fondo fedeli esecutori di quei vincoli, per questo oggi son avversari di tutto ciò che nella storia italiana ha significato progresso sociale e democratico. Renzi e Napolitano hanno scelto e chi si oppone a questa loro scelta deve essere altrettanto intransigente e rigoroso. Altrimenti la coerenza reazionaria del governo sarà la sola devastante forza in campo .

Giorgio Cremaschi
 
 

martedì 23 settembre 2014

Audizione del presidente di Insiel sul nuovo piano industriale in prima commissione consiliare - resoconto da Twitter fiom insiel

(dal basso in alto)

*

[L'incontro è terminato]

Pozza: "si cercherà un tavolo di incontro ad personam per tutelare i dipendenti che devono restituire più soldi, esprimo piena solidarietà"

Pozza: "La posizione aziendale sul recupero delle quote è che non ci sono condizioni per fare diversamente"

Panontin: "A nostro giudizio non c'era modo di evitare il recupero dei soldi e non è un argomento più in discussione"

Panontin "mi piacerebbe pensare che al termine del triennio noi fossimo in grado di dire agli enti locali di diventare partner e non clienti"

Panontin: "In Insiel negli ultimi 6 mesi c'è stata una riduzione di costi di 2 milioni e mezzo"

Panontin: "Massima autonomia manageriale della società. Chiediamo al dottor Pozza di rispondere con i numeri"

Panontin: "Riordino di governance della regione a ruota dopo quello di Insiel"

Panontin: "Dobbiamo fare un patto molto chiaro con gli eell: se decidono di usare prodotti esterni se li devono pagare da soli"

Panontin: "la digitalizzazione distrugge posti di lavoro e ne crea altri, Pozza risponde ad un efficientemente della società"

Riccardi: "Non vorrei si passasse da un monopolio statale ad un monopolio privato"

Riccardi (pdl) : "Non so quante aziende siano in grado di offrire un servizio come quello che Insiel offre alla sanità"

Tondo (gr. misto) : "Ha senso che noi lasciamo questa società a competere con le piccole aziende o facciamo crescere l'autoimprenditoria locale?"

[AIA = Accordo Integrativo Aziendale]

Bianchi: "Vorrei conoscere anche la versione dell'azienda in merito, per sapere se è vero che la questione può essere risolta tramite AIA"

Bianchi: "Come si può mantenere in Insiel dei buoni rapporti se ci sono delle questioni aperte come quella del recupero dei soldi?"

Bianchi: "Messa a posto Insiel come sarà messa a posto la regione?"

Elena Bianchi (M5S) : "Trovo una buona idea spostare il focus di Insiel a centro servizi, mi chiedo come la regione si interfaccerà con l'Insiel"

[Il presidente Pozza ha concluso la sua presentazione]

Pozza: "L'azienda è disunita al suo interno e deve ritrovare la collaborazione"

Pozza : "Coordinamento con le strutture ICT DELLA regione che si occupano della sanità"

Pozza: "Processo di revisione per i sistemi core dell'azienda ormai tecnologicamente obsoleti"

Pozza : 35 milioni di euro investiti nei prossimi anni per portare i 30 megabit a tutti e i 100 megabit ad almeno il 50% dei cittadini della regione

Pozza : "Cittadino al centro della nostra azione di programma"

Pozza : "L'azienda è rimasta agli anni 80 per quanto riguarda i processi interni"

Pozza: "L'Insiel non può più pensare di fare tutto da sola. L'azienda deve in primis diventare un centro servizi"

Pozza: "Non possiamo pensare che i nostri servizi costino di più di altre aziende presenti sul mercato"

Pozza: "Ho visto in azienda quella capacità di reazione che mi fa pensare che sarà in grado di recepire questo cambiamento"

Pozza: "Ho speso il mio primo semestre cercando di capire la realtà informatica territoriale"

Le linee guida preparate da Insiel rispecchiano quanto richiesto dalla regione

Insiel viene definita una "sartoria informatica artigianale" dall'assessore Paolo Panontin

[Siamo in diretta dalla sala stampa del consiglio regionale]

volantino che verrà consegnato ai componenti della prima commissione

una nostra delegazione infatti è andata in Regione per seguire in diretta la presentazione di Pozza.
Vi invitiamo a partecipare numerosi all'assemblea delle 12.10 
e di coinvolgere quanti più colleghi possibile. 
Date massima diffusione! 

Barbara, Max e Alex







giovedì 18 settembre 2014

Comunicato RSU FIOM Insiel - Trieste

Oggi (17/09/2014) il Presidente Pozza, in un incontro con le Rsu di Insiel ha nuovamente approfondito i punti su cui verterà il piano industriale per il prossimo triennio.
Le Rsu Fiom Insiel di Trieste lo reputano insoddisfacente sia per i lavoratori che per l'utente "pubblica amministrazione" dunque per tutti i cittadini e le imprese del Friuli Venezia Giulia.
 

L'azienda nel suo piano è sfuggita alla caratteristica di strumentalità prevista dalla legge regionale 9/2011 puntando a trasformarsi prevalentemente in un centro d’acquisti della Regione Friuli Venezia Giulia, diventando cioè un "consumer" senza neppure definire quali saranno gli asset strategici dell’Azienda e quali non lo saranno (manca, ad esempio, l’indicazione su quali programmi ritenere fondamentali e quali acquistare all'esterno).

In questo piano industriale viene deciso di cambiare l’impostazione stessa dell’Azienda. Non sarà infatti più produttrice di software ma centro di servizi, questo di fatto cancella il ruolo dell’Insiel all’interno del sistema informativo regionale, facendo peraltro aumentare i costi dovuti agli appalti esterni e riducendo qualità e personalizzazioni fatte espressamente per gestire le specialità della regione autonoma Friuli Venezia Giulia.

A conclusione dell'incontro La Direzione aziendale comunica la  decisione unilaterale di trattenere ai dipendenti la parte di stipendio anticipata nel 2013 disconoscendo le richieste, fatte da più parti, di utilizzare metodi più concordati possibile e violando gli impegni previsti dall’accordo aziendale vigente.

Per questi motivi le Rsu FIOM dell'Insiel, invitando all'unità i lavoratori, dichiarano aperta la vertenza Insiel e nei prossimi giorni chiameranno i lavoratori a lottare per i propri diritti.

Le RSU FIOM di Trieste