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mercoledì 8 giugno 2016
mercoledì 9 marzo 2016
L'ATTO DEL LAVORO: IL (MAGRO) BILANCIO DI UN ANNO DI INTERVENTI RENZIANI, E I LORO VERI OBIETTIVI
Premessa: quello che state per leggere è il nostro
quarto o quinto contributo sul Jobs Act. Se la nostra è un'ossessione,
lo è in misura speculare a quella del governo e dei suoi megafoni
ambulanti che, nel corso dell'ultimo anno, ci hanno quasi
quotidianamente edotto sui prodigiosi effetti delle politiche
governative sul lavoro.
Arriviamo buoni ultimi a rivelarvi che, in realtà, di prodigi se ne sono visti pochi: ma l'ansia da prestazione dell'apparato di governo su questi temi è di per sé rivelatrice del fatto che l'attacco al mondo del lavoro non può essere oggetto di alcuna critica. Il complesso di interventi volti a rendere più incerta la continuità lavorativa, minore e più precario il salario non consentivano critiche di alcun tipo: la realtà, però, è più forte di ogni rappresentazione, anche di quella di chi controlla le leve del potere politico e influenza paurosamente il potere mediatico.
Nota di metodo: ascriveremo alla categoria Jobs Act molte cose diverse: gli esoneri contributivi stabiliti dalla legge di stabilità 2015; i decreti che costituiscono il Jobs Act vero e proprio (decreti Poletti del 2014, contratto a tutele crescenti, demansionamento e controllo a distanza); l'estensione della possibilità di utilizzo dei voucher. Faremo questa mescolanza perché, al di là delle differenze tecniche tra i provvedimenti, ci interessa cogliere il nesso politico dietro tutta l'azione governativa sul lavoro, in un contesto, quello italiano, che non sembra proprio intenzionato a voler uscire dalla crisi (ammesso che qualcun altro ci sia effettivamente riuscito).
AGGIORNAMENTO 6 MARZO 2016: Nota sulle fonti
I dati che sono stati utilizzati per questo documento sono presi, essenzialmente, dall'Osservatorio sul Precariato dell'INPS e dal database dell'ISTAT. In particolare, quelli relativi all'incremento occupazionale 2015 e alla sua composizione sono tratti dal comunicato stampa ISTAT del 2 Febbraio 2016, reperibile qui. L'Istat ha, successivamente, aggiornato tutte le serie storiche relative all'occupazione, in seguito ad un'innovazione metodologica relativa alla destagionalizzazione dei dati. I cambiamenti non sono pochi, nè di scarso peso: per fare solo un esempio, il dato relativo all'incremento occupazionale 2015, che ammontava a +109.000 unità secondo il vecchio metodo, è “improvvisamente” diventato +163.606. Non avendo la possibilità di verificare di nuovo, e in breve tempo, tutti I dati, ci attestiamo su quelli che l'Istat forniva fino al mese scorso. Non possiamo fare a meno di notare, però, che la procedura seguita dal nostro istituto di statistica è poco rigorosa e piuttosto “bizzarra”, quantomeno dal punto di vista comunicativo. Del resto questo improvviso aumento di circa un terzo dei posti di lavoro in più per il 2015 – che ai malpensanti potrebbe far nascere più di un sospetto – è in scia con quanto è accaduto, ad esempio, in Grecia, Spagna e Portogallo negli anni scorsi; o con quanto è accaduto con I dati sulle migrazioni forniti da Frontex; dati che cambiano all'improvviso e che dimostrano, anche presupponendo la buona fede di chi li fornisce, il carattere profondamente politico, e quindi ideologicamente orientato, della raccolta ed elaborazione statistica di dati, sulla quale poi si fanno, o si giustificano, le scelte dei governi.
Le fonti utilizzate sono, come abbiamo detto, il bollettino mensile dell'Osservatorio sul Precariato dell'INPS e le rilevazioni statistiche dell'ISTAT.
Qual è la differenza tra le due fonti? L'INPS analizza i flussi, cioè l'andamento mensile delle attivazioni e delle cessazioni di contratti; l'ISTAT lo stock, cioè il saldo finale degli occupati, il suo incremento o decremento.
Non è la stessa cosa, un nuovo contratto o un nuovo posto di lavoro? No. Una stessa persona può essere intestataria di più contratti, contemporaneamente – due part-time, per esempio – o successivamente: ad un solo posto di lavoro possono corrispondere più contratti. Un altro esempio – è successo nel 2015 – è che un lavoratore, formalmente “autonomo”, diventa dipendente: quel lavoratore già era presente nel mercato del lavoro, quindi al nuovo contratto non corrisponde automaticamente un nuovo posto.
Che cosa ha fatto la propaganda governativa, a partire dall'inizio del 2015? Ha usato sistematicamente i dati INPS, cioè quelli sui contratti, e li ha spacciati per posti di lavoro (con la supina, pigra e colpevole complicità della quasi totalità della stampa nazionale); non solo, per cantare le lodi del Jobs Act il governo è arrivato addirittura a presentare come “crescita dell'occupazione” il dato lordo sui nuovi contratti attivati, senza calcolare le contemporanee cessazioni. Hanno imbrogliato spudoratamente e goffamente, per un anno intero.
La realtà, ovviamente, è diversa.
continua < QUI >
fonte :
http://clashcityworkers.org
6 marzo 2016
Arriviamo buoni ultimi a rivelarvi che, in realtà, di prodigi se ne sono visti pochi: ma l'ansia da prestazione dell'apparato di governo su questi temi è di per sé rivelatrice del fatto che l'attacco al mondo del lavoro non può essere oggetto di alcuna critica. Il complesso di interventi volti a rendere più incerta la continuità lavorativa, minore e più precario il salario non consentivano critiche di alcun tipo: la realtà, però, è più forte di ogni rappresentazione, anche di quella di chi controlla le leve del potere politico e influenza paurosamente il potere mediatico.
Nota di metodo: ascriveremo alla categoria Jobs Act molte cose diverse: gli esoneri contributivi stabiliti dalla legge di stabilità 2015; i decreti che costituiscono il Jobs Act vero e proprio (decreti Poletti del 2014, contratto a tutele crescenti, demansionamento e controllo a distanza); l'estensione della possibilità di utilizzo dei voucher. Faremo questa mescolanza perché, al di là delle differenze tecniche tra i provvedimenti, ci interessa cogliere il nesso politico dietro tutta l'azione governativa sul lavoro, in un contesto, quello italiano, che non sembra proprio intenzionato a voler uscire dalla crisi (ammesso che qualcun altro ci sia effettivamente riuscito).
AGGIORNAMENTO 6 MARZO 2016: Nota sulle fonti
I dati che sono stati utilizzati per questo documento sono presi, essenzialmente, dall'Osservatorio sul Precariato dell'INPS e dal database dell'ISTAT. In particolare, quelli relativi all'incremento occupazionale 2015 e alla sua composizione sono tratti dal comunicato stampa ISTAT del 2 Febbraio 2016, reperibile qui. L'Istat ha, successivamente, aggiornato tutte le serie storiche relative all'occupazione, in seguito ad un'innovazione metodologica relativa alla destagionalizzazione dei dati. I cambiamenti non sono pochi, nè di scarso peso: per fare solo un esempio, il dato relativo all'incremento occupazionale 2015, che ammontava a +109.000 unità secondo il vecchio metodo, è “improvvisamente” diventato +163.606. Non avendo la possibilità di verificare di nuovo, e in breve tempo, tutti I dati, ci attestiamo su quelli che l'Istat forniva fino al mese scorso. Non possiamo fare a meno di notare, però, che la procedura seguita dal nostro istituto di statistica è poco rigorosa e piuttosto “bizzarra”, quantomeno dal punto di vista comunicativo. Del resto questo improvviso aumento di circa un terzo dei posti di lavoro in più per il 2015 – che ai malpensanti potrebbe far nascere più di un sospetto – è in scia con quanto è accaduto, ad esempio, in Grecia, Spagna e Portogallo negli anni scorsi; o con quanto è accaduto con I dati sulle migrazioni forniti da Frontex; dati che cambiano all'improvviso e che dimostrano, anche presupponendo la buona fede di chi li fornisce, il carattere profondamente politico, e quindi ideologicamente orientato, della raccolta ed elaborazione statistica di dati, sulla quale poi si fanno, o si giustificano, le scelte dei governi.
1. Spazziamo il campo dalla falsa propaganda: il Jobs Act è stato un flop (a caro prezzo)
Vi chiediamo un momento di pazienza prima di iniziare. Vi sembrerà di essere sommersi da un mare di numeri contraddittori e incomprensibili, e di perdervi, ma state tranquilli: ne usciremo vivi.Le fonti utilizzate sono, come abbiamo detto, il bollettino mensile dell'Osservatorio sul Precariato dell'INPS e le rilevazioni statistiche dell'ISTAT.
Qual è la differenza tra le due fonti? L'INPS analizza i flussi, cioè l'andamento mensile delle attivazioni e delle cessazioni di contratti; l'ISTAT lo stock, cioè il saldo finale degli occupati, il suo incremento o decremento.
Non è la stessa cosa, un nuovo contratto o un nuovo posto di lavoro? No. Una stessa persona può essere intestataria di più contratti, contemporaneamente – due part-time, per esempio – o successivamente: ad un solo posto di lavoro possono corrispondere più contratti. Un altro esempio – è successo nel 2015 – è che un lavoratore, formalmente “autonomo”, diventa dipendente: quel lavoratore già era presente nel mercato del lavoro, quindi al nuovo contratto non corrisponde automaticamente un nuovo posto.
Che cosa ha fatto la propaganda governativa, a partire dall'inizio del 2015? Ha usato sistematicamente i dati INPS, cioè quelli sui contratti, e li ha spacciati per posti di lavoro (con la supina, pigra e colpevole complicità della quasi totalità della stampa nazionale); non solo, per cantare le lodi del Jobs Act il governo è arrivato addirittura a presentare come “crescita dell'occupazione” il dato lordo sui nuovi contratti attivati, senza calcolare le contemporanee cessazioni. Hanno imbrogliato spudoratamente e goffamente, per un anno intero.
La realtà, ovviamente, è diversa.
continua < QUI >
fonte :
http://clashcityworkers.org
6 marzo 2016
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mercoledì 11 novembre 2015
NOTE CRITICHE SULLA PIATTAFORMA FIOM
Punto per punto, alcune riflessioni su quel che non va della Piattaforma
FIOM 2016, tralasciando per lo più quel che altri hanno già detto.
di Lorenzo Mortara
Nuovismo – La prima cosa che colpisce della PIATTAFORMA
FIOM per il RINNOVO del CONTRATTO DEI METALMECCANICI 2016, è la voglia
di novità e di sperimentazione contrattuale. Tutto il preambolo è un
unico peana in onore del rinnovamento. Peccato che anche Federmeccanica,
non parli d’altro che di rinnovare l’assetto contrattuale. Questo vizio
di ammiccare alla controparte con le stesse parole, ben sapendo che le
lingue sono diverse, ha già prodotto disastri nel recente passato. Chi
non ricorda che Landini fu il primo ad aprire a Renzi? Il metodo era lo
stesso: il Berluschino del PD voleva cambiare l’Italia, e anch’io, disse
il nostro Leader, lo voglio, perché nessuno più dei lavoratori vuole
cambiare questo Paese. Sperava così di diventarne un interlocutore
privilegiato. Divenne solo un giocattolo nelle sue mani. Possibile che
dobbiamo fare un’altra volta la figura dei fessi? Così come Renzi vuole
cambiare in peggio il Paese, e Landini in meglio, almeno per i
lavoratori, alla stessa maniera l’innovazione contrattuale di
Federmeccanica è lo smantellamento del Contratto Nazionale,
l’innovazione della Fiom è invece il suo rafforzamento. Sono due cose
opposte e inconciliabili, perché quando due discorsi vaghi e generici
sul rinnovamento contrattuale si incontrano, tra i due prevale sempre
quello più forte. Esattamente come l’apertura a Renzi sul cambiamento
del Paese, non ha sortito altro che l’uso strumentale di Landini come
copertura delle sue politiche antioperaie. La colpa non è di Renzi, ma
di Landini che l’ha continuamente promosso, portandolo in palma di mano
per un paio di mesi, anziché smascherarlo subito senza pietà. La
Piattaforma ripete lo stesso errore col profondo rinnovamento
contrattuale…
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venerdì 9 gennaio 2015
Nessun pasto è gratis, ovvero…
…di alcune perplessità contabili della serva intorno alla presunta rivoluzione copernicana dell’attuale italico governo
In questo finire dell’anno corrente, in conseguenza dei meccanismi innescati dalla legge Fornero del 2012 in relazione alla riforma degli ammortizzatori sociali, decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici ultracinquantenni vengono licenziati in tutto il paese per «non perdere» un anno di mobilità; una quantità, al momento imprecisabile, di crisi aziendali viene risolta mettendo in mobilità, più o meno incentivata, migliaia di dipendenti a prescindere dalla possibilità di raggiungere i requisiti pensionistici, tanto sotto il profilo contributivo quanto sotto quello dell’età anagrafica: tutto questo per non perdere l’opportunità di un anno di indennità dal 30% al 50% inferiore al loro salario contrattuale, ma valido per maturare la copertura pensionistica figurativa.
In questo finire dell’anno corrente, in conseguenza dei meccanismi innescati dalla legge Fornero del 2012 in relazione alla riforma degli ammortizzatori sociali, decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici ultracinquantenni vengono licenziati in tutto il paese per «non perdere» un anno di mobilità; una quantità, al momento imprecisabile, di crisi aziendali viene risolta mettendo in mobilità, più o meno incentivata, migliaia di dipendenti a prescindere dalla possibilità di raggiungere i requisiti pensionistici, tanto sotto il profilo contributivo quanto sotto quello dell’età anagrafica: tutto questo per non perdere l’opportunità di un anno di indennità dal 30% al 50% inferiore al loro salario contrattuale, ma valido per maturare la copertura pensionistica figurativa.
Una botta di c… che di questi tempi non va sprecata.
Già dallo scorso anno, invece, sempre come conseguenza della legge Fornero, va assumendo dimensioni sempre più rilevanti il fenomeno delle dimissioni volontarie
cui viene, per così dire, indotti un numero crescente di dipendenti per
non danneggiare i padroni che, ove li licenziassero, dovrebbero pagare
all’Inps una penale di circa 240 €, compromettendosi altresì la
possibilità di godere di benefici contributivi e/o sgravi fiscali
assortiti. La perdita del diritto all’Aspi o alla MiniAspi, con annessi assegni al nucleo familiare da parte di lavoratori e lavoratrici è un incidentale effetto collaterale
che, per quanto deprecabile, costituisce il prezzo che qualcuno deve
pur pagare, e certamente non possono essere le imprese – fulcro delle
ipotesi governative per uscire dalla crisi – a farsene carico.
l'articolo continua > QUI <
fonte : http://www.connessioniprecarie.org
autore : M Fontana - 31 dicembre 2014
mercoledì 31 dicembre 2014
Cremaschi : 2015, col Jobs act sarà l’anno dei licenziamenti di massa
Era lecito domandarsi a che servisse togliere la tutela dell’articolo
18 a tutti i nuovi assunti, quando non si creano nuovi posti di lavoro e
la disoccupazione aumenta.
Il decreto natalizio del governo Renzi supera questa contraddizione. Senza che se ne fosse minimamente accennato nella discussione parlamentare sulla legge delega, il testo sfrutta al massimo l’incostituzionale mandato in bianco imposto col voto di fiducia e estende la franchigia anche al mancato rispetto delle regole sui licenziamenti collettivi.
La legge 223 infatti, recependo principi e regole in vigore in tutti i paesi industriali più avanzati e sostenute con forza da tutte le organizzazioni internazionali, Onu in testa, da oltre venti anni disciplina i licenziamenti collettivi per crisi, stabilendo criteri e regole nel loro esercizio. Ad esempio essa applica un concetto principe del diritto del lavoro degli USA, la “seniority list ” . Se proprio si deve licenziare si parte dagli ultimi arrivati , dai più giovani, da coloro che non hanno carichi familiari e si risale verso le madri e gli anziani capi di famiglia. In vetta a quella lista, nelle aziende Usa sindacalizzate, stanno addirittura i rappresentanti dei lavoratori.
In Italia non siamo così rigidi, ma il senso della regola è lo stesso.
La 223 stabilisce che solo con un accordo sindacale controfirmato da una pubblica autorità si possa derogare ai criteri dell’anzianità e dei carichi familiari. Così son state definite con le aziende, da ultimo con Meridiana, le uscite dei più anziani, in grado di raggiungere la pensione con la indennità di mobilità. Se un’azienda prima del decreto Renzi avesse voluto fare licenziamenti indiscriminati di massa , avrebbe subìto un doppio danno. Avrebbe dovuto pagare consistenti penali e avrebbe rischiato la reintegra da parte di un giudice di tutti i dipendenti licenziati senza il rispetto di regole e procedure. Questo vincolo ha frenato i licenziamenti di massa, anche in una crisi senza precedenti come quella attuale.
Ora viene tolto e le aziende potranno liberamente sbarazzarsi, per crisi e ragioni economiche, di lavoratrici e lavoratori che hanno l’articolo 18 e sostituirli con dipendenti precari a vita, pagati molto meno e per la cui assunzione riceveranno anche un consistente finanziamento pubblico.
La portata reazionaria di questo decreto mostra tutta la malafede di un governo che sa perfettamente che la liberalizzazione dei licenziamenti non ha mai prodotto, né mai produrrà un solo posto di lavoro aggiuntivo a quelli esistenti. Nessuno assume in più se non ha lavoro in più da far fare.
Ma se viene offerta la possibilità di realizzare, a condizioni più che favorevoli, quello che le imprese chiamano il ricambio organico del personale, perché rifiutarla? Questo è lo scopo vero del Jobact : un gigantesco scambio di manodopera tra chi ha più e chi ha meno diritti e salario. Come più di cento anni fa, quando i braccianti venivano cacciati dalla terra che avevano coltivato, perché agrari e baroni reclutavano gente più povera disposta a subire condizioni peggiori.
Non solo il Jobact non fa nulla contro la disoccupazione, ma anzi proprio per funzionare ha bisogno di una massa ricattabile di senza lavoro, senza i quali le sue norme resterebbero lettera morta. Alla fine l’ occupazione complessiva sarà ancora minore, come già sapientemente prevede la Confindustria, ma quella rimasta somiglierà molto di più a quella che lavora oggi in Cina rispetto a quella che aveva conquistato diritti e dignità in Italia. Le imprese rimaste festeggeranno per i maggiori profitti, mentre il lavoro sarà sottoposto alla schiavitù di un Medio Evo tecnologico.
A questo punto non serve aggiungere altre parole. Ogni atto del governo Renzi rappresenta una coerente azione di restaurazione sociale. Non si colpisce solo il lavoro, ma la scuola, la sanità. i servizi pubblici, mentre si rafforzano le spese militari. Quando si interviene, come all’Ilva, lo si fa per permettere alle multinazionali cui verrà ceduta di risparmiare i costi del risanamento e degli investimenti. Tutte le riforme politiche proposte stravolgono principi e libertà costituzionali.
Ma a questo punto continuare a rimproverare a Renzi e a Giorgio Napolitano, che ne è il primo sostegno, di fare quello che dichiarano di voler fare non serve a niente. Il governo Renzi è la personalizzazione della distruzione della Costituzione Repubblicana, è nato e opera per questo.
Rappresenta una classe dirigente italiana che ha deciso che il sistema sociale e democratico del dopoguerra non possa più essere mantenuto, di fronte ai vincoli della Troika e della finanza globale. O si contestano quei vincoli, euro compreso, o si insegue il modello del capitalismo selvaggio senza vincoli. Renzi e Napolitano hanno scelto di essere fino in fondo fedeli esecutori di quei vincoli, per questo oggi son avversari di tutto ciò che nella storia italiana ha significato progresso sociale e democratico. Renzi e Napolitano hanno scelto e chi si oppone a questa loro scelta deve essere altrettanto intransigente e rigoroso. Altrimenti la coerenza reazionaria del governo sarà la sola devastante forza in campo .
Giorgio Cremaschi
27 dicembre 2014 - popoffquotidiano.it
Il decreto natalizio del governo Renzi supera questa contraddizione. Senza che se ne fosse minimamente accennato nella discussione parlamentare sulla legge delega, il testo sfrutta al massimo l’incostituzionale mandato in bianco imposto col voto di fiducia e estende la franchigia anche al mancato rispetto delle regole sui licenziamenti collettivi.
La legge 223 infatti, recependo principi e regole in vigore in tutti i paesi industriali più avanzati e sostenute con forza da tutte le organizzazioni internazionali, Onu in testa, da oltre venti anni disciplina i licenziamenti collettivi per crisi, stabilendo criteri e regole nel loro esercizio. Ad esempio essa applica un concetto principe del diritto del lavoro degli USA, la “seniority list ” . Se proprio si deve licenziare si parte dagli ultimi arrivati , dai più giovani, da coloro che non hanno carichi familiari e si risale verso le madri e gli anziani capi di famiglia. In vetta a quella lista, nelle aziende Usa sindacalizzate, stanno addirittura i rappresentanti dei lavoratori.
In Italia non siamo così rigidi, ma il senso della regola è lo stesso.
La 223 stabilisce che solo con un accordo sindacale controfirmato da una pubblica autorità si possa derogare ai criteri dell’anzianità e dei carichi familiari. Così son state definite con le aziende, da ultimo con Meridiana, le uscite dei più anziani, in grado di raggiungere la pensione con la indennità di mobilità. Se un’azienda prima del decreto Renzi avesse voluto fare licenziamenti indiscriminati di massa , avrebbe subìto un doppio danno. Avrebbe dovuto pagare consistenti penali e avrebbe rischiato la reintegra da parte di un giudice di tutti i dipendenti licenziati senza il rispetto di regole e procedure. Questo vincolo ha frenato i licenziamenti di massa, anche in una crisi senza precedenti come quella attuale.
Ora viene tolto e le aziende potranno liberamente sbarazzarsi, per crisi e ragioni economiche, di lavoratrici e lavoratori che hanno l’articolo 18 e sostituirli con dipendenti precari a vita, pagati molto meno e per la cui assunzione riceveranno anche un consistente finanziamento pubblico.
La portata reazionaria di questo decreto mostra tutta la malafede di un governo che sa perfettamente che la liberalizzazione dei licenziamenti non ha mai prodotto, né mai produrrà un solo posto di lavoro aggiuntivo a quelli esistenti. Nessuno assume in più se non ha lavoro in più da far fare.
Ma se viene offerta la possibilità di realizzare, a condizioni più che favorevoli, quello che le imprese chiamano il ricambio organico del personale, perché rifiutarla? Questo è lo scopo vero del Jobact : un gigantesco scambio di manodopera tra chi ha più e chi ha meno diritti e salario. Come più di cento anni fa, quando i braccianti venivano cacciati dalla terra che avevano coltivato, perché agrari e baroni reclutavano gente più povera disposta a subire condizioni peggiori.
Non solo il Jobact non fa nulla contro la disoccupazione, ma anzi proprio per funzionare ha bisogno di una massa ricattabile di senza lavoro, senza i quali le sue norme resterebbero lettera morta. Alla fine l’ occupazione complessiva sarà ancora minore, come già sapientemente prevede la Confindustria, ma quella rimasta somiglierà molto di più a quella che lavora oggi in Cina rispetto a quella che aveva conquistato diritti e dignità in Italia. Le imprese rimaste festeggeranno per i maggiori profitti, mentre il lavoro sarà sottoposto alla schiavitù di un Medio Evo tecnologico.
A questo punto non serve aggiungere altre parole. Ogni atto del governo Renzi rappresenta una coerente azione di restaurazione sociale. Non si colpisce solo il lavoro, ma la scuola, la sanità. i servizi pubblici, mentre si rafforzano le spese militari. Quando si interviene, come all’Ilva, lo si fa per permettere alle multinazionali cui verrà ceduta di risparmiare i costi del risanamento e degli investimenti. Tutte le riforme politiche proposte stravolgono principi e libertà costituzionali.
Ma a questo punto continuare a rimproverare a Renzi e a Giorgio Napolitano, che ne è il primo sostegno, di fare quello che dichiarano di voler fare non serve a niente. Il governo Renzi è la personalizzazione della distruzione della Costituzione Repubblicana, è nato e opera per questo.
Rappresenta una classe dirigente italiana che ha deciso che il sistema sociale e democratico del dopoguerra non possa più essere mantenuto, di fronte ai vincoli della Troika e della finanza globale. O si contestano quei vincoli, euro compreso, o si insegue il modello del capitalismo selvaggio senza vincoli. Renzi e Napolitano hanno scelto di essere fino in fondo fedeli esecutori di quei vincoli, per questo oggi son avversari di tutto ciò che nella storia italiana ha significato progresso sociale e democratico. Renzi e Napolitano hanno scelto e chi si oppone a questa loro scelta deve essere altrettanto intransigente e rigoroso. Altrimenti la coerenza reazionaria del governo sarà la sola devastante forza in campo .
Giorgio Cremaschi
27 dicembre 2014 - popoffquotidiano.it
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venerdì 5 dicembre 2014
venerdì 28 novembre 2014
COME CAMBIA IL LAVORO AL TEMPO DEL JOBS ACT
E io contavo i denti ai francobolli, dicevo grazie a
dio, buon natale”. A differenza dell’impiegato di Fabrizio De André,
questa storia non inizia col maggio francese e non finisce con la bomba
che debutta in società: questa è la storia di un impiegato nel mondo
della Leopolda, quello in cui il Jobs Act è il nuovo Statuto dei
lavoratori, una storia di quando il futuro sarà il presente.
Avvertimento preliminare: tutto quello che verrà raccontato è coerente
con le disposizioni del ddl delega sul lavoro che diventerà legge la
prossima settimana.
SUL LUOGO DI LAVORO STALIN NON TI VEDE, L’IMPRENDITORE SÌ
Milano.
Anno decimo dell’era renziana del mercato del lavoro. Interno giorno.
Un classico ufficio, tre postazioni di lavoro, una grande finestra, è
l'ora di pranzo e un uomo solo guarda verso l’esterno.
È
Carlo G., laurea in Economia e Commercio, 45 anni, impiegato da sette
alla XXX SPA, media società che fornisce servizi logistici, sposato ,
due figlie. Carlo G. è un amministrativo e si occupa di preparare le
buste paga: da contratto lavora sette ore e 12 minuti al giorno, che poi
nella realtà sono spesso più di otto, guadagna 1.950 euro netti al
mese, non è iscritto a nessun sindacato e non s’è mai lamentato, i suoi
capi lo apprezzano.
Oggi,
però, l’impiegato Carlo G. è preoccupato. Gli è arrivata una email
dalla direzione: “Stante che un Dpcm del 2015 (governo Renzi) ci
autorizza a utilizzare forme di controllo a distanza sui dispositivi
aziendali, questa direzione è qui a chiederle informazioni sul suo
comportamento del 15 novembre u.s.
Dai dati raccolti sul suo Pc risulta infatti che le
operazioni di compilazione delle buste paga siano state interrotte senza
apparente motivo tra le ore 15:12 e le ore 16:03. Come risulta inoltre
dalla telecamera puntata sulla sua postazione – e non su di lei,
ovviamente, come prescrive il Dpcm citato – lei si è assentato dalla
postazione non solo in quel lasso di tempo, ma anche per mezz’ora nel
pomeriggio di due giorni dopo”.
(Marco Palombi per il Fatto Quotidiano via Dagospia)
lunedì 24 novembre 2014
IL DIRITTO DEI DIRITTI
Intervista a Alberto Piccinini
realizzata da Barbara Bertoncin
UNA CITTÀ n. 216 / 2014 ottobre
Le resistenze a intervenire nuovamente sull’articolo 18, dopo che già la Riforma Fornero ha fortemente limitato l’obbligatorietà del reintegro, vengono dalla preoccupazione che se si prevede una motivazione, una qualsiasi, che consente di non reintegrare una persona licenziata illegittimamente, i datori di lavoro potranno sempre licenziare con quella motivazione; la questione, irrisolta, della soglia dei 15 dipendenti, cioè tra chi ha diritto e chi no. Intervista ad Alberto Piccinini.
Alberto Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione, alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
> LINK <
realizzata da Barbara Bertoncin
UNA CITTÀ n. 216 / 2014 ottobre
Le resistenze a intervenire nuovamente sull’articolo 18, dopo che già la Riforma Fornero ha fortemente limitato l’obbligatorietà del reintegro, vengono dalla preoccupazione che se si prevede una motivazione, una qualsiasi, che consente di non reintegrare una persona licenziata illegittimamente, i datori di lavoro potranno sempre licenziare con quella motivazione; la questione, irrisolta, della soglia dei 15 dipendenti, cioè tra chi ha diritto e chi no. Intervista ad Alberto Piccinini.
Alberto
Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di
Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in
diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione,
alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del
collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina
Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta
antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati
ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
Alberto Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione, alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
> LINK <
Alberto
Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di
Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in
diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione,
alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del
collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina
Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta
antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati
ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
Alberto
Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di
Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in
diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione,
alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del
collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina
Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta
antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati
ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
Alberto
Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di
Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in
diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione,
alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del
collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina
Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta
antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati
ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
Alberto
Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di
Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in
diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione,
alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del
collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina
Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta
antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati
ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
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Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in
diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione,
alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del
collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina
Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta
antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati
ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
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Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di
Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in
diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione,
alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del
collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina
Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta
antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati
ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
Alberto
Piccinini, avvocato giuslavorista, dello "Studio Legale Associato” di
Bologna, ha sempre svolto la professione forense con specializzazione in
diritto del lavoro, patrocinando cause avanti alla Corte di Cassazione,
alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea. Membro del
collegio difensivo Fiom, con Franco Focareta, Massimo Vaggi e Lina
Grosso, ha difeso la Fiom di Potenza nel processo per condotta
antisindacale di Sata (Fiat) relativo ai licenziamenti di due delegati
ed un iscritto alla Fiom, dichiarati infine antisindacali.
venerdì 21 novembre 2014
Jobs act - Il nuovo articolo 18
da il Sole 24 ore
L’emendamento al Jobs act riformulato dal Governo e approvato in commissione Lavoro alla Camera fa entrare direttamente nel testo della delega ciò che finora non c’era: un riferimento diretto alla reintegra nel posto di lavoro, e dunque all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Agganciate all’introduzione del contratto a tutele crescenti, le nuove regole escludono per i licenziamenti economici la possibilità della reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegra ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento. Saranno i decreti delegati a dover recepire questi principi.
continua > QUI <
L’emendamento al Jobs act riformulato dal Governo e approvato in commissione Lavoro alla Camera fa entrare direttamente nel testo della delega ciò che finora non c’era: un riferimento diretto alla reintegra nel posto di lavoro, e dunque all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Agganciate all’introduzione del contratto a tutele crescenti, le nuove regole escludono per i licenziamenti economici la possibilità della reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegra ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento. Saranno i decreti delegati a dover recepire questi principi.
continua > QUI <
mercoledì 15 ottobre 2014
NO AL JOBS ACT !
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lunedì 29 settembre 2014
Comunicato delle RSU
ATTENZIONE :
Si fa presente che tale
attività può essere svolta solo FUORI ORARIO DI LAVORO, quindi gli interessati PRIMA
DI ANDARE in saletta RSU dovranno timbrare l'uscita dall'azienda come per le
assemblee fuori orario.
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martedì 23 settembre 2014
Audizione del presidente di Insiel sul nuovo piano industriale in prima commissione consiliare - resoconto da Twitter fiom insiel
(dal basso in alto)
*
[L'incontro è terminato]
Pozza: "si cercherà un tavolo di incontro ad personam per tutelare i dipendenti che devono restituire più soldi, esprimo piena solidarietà"
Pozza: "La posizione aziendale sul recupero delle quote è che non ci sono condizioni per fare diversamente"
Panontin: "A nostro giudizio non c'era modo di evitare il recupero dei soldi e non è un argomento più in discussione"
Panontin "mi piacerebbe pensare che al termine del triennio noi fossimo in grado di dire agli enti locali di diventare partner e non clienti"
Panontin: "In Insiel negli ultimi 6 mesi c'è stata una riduzione di costi di 2 milioni e mezzo"
Panontin: "Massima autonomia manageriale della società. Chiediamo al dottor Pozza di rispondere con i numeri"
Panontin: "Riordino di governance della regione a ruota dopo quello di Insiel"
Panontin: "Dobbiamo fare un patto molto chiaro con gli eell: se decidono di usare prodotti esterni se li devono pagare da soli"
Panontin: "la digitalizzazione distrugge posti di lavoro e ne crea altri, Pozza risponde ad un efficientemente della società"
Riccardi: "Non vorrei si passasse da un monopolio statale ad un monopolio privato"
Riccardi (pdl) : "Non so quante aziende siano in grado di offrire un servizio come quello che Insiel offre alla sanità"
Tondo (gr. misto) : "Ha senso che noi lasciamo questa società a competere con le piccole aziende o facciamo crescere l'autoimprenditoria locale?"
[AIA = Accordo Integrativo Aziendale]
Bianchi: "Vorrei conoscere anche la versione dell'azienda in merito, per sapere se è vero che la questione può essere risolta tramite AIA"
Bianchi: "Come si può mantenere in Insiel dei buoni rapporti se ci sono delle questioni aperte come quella del recupero dei soldi?"
Bianchi: "Messa a posto Insiel come sarà messa a posto la regione?"
Elena Bianchi (M5S) : "Trovo una buona idea spostare il focus di Insiel a centro servizi, mi chiedo come la regione si interfaccerà con l'Insiel"
[Il presidente Pozza ha concluso la sua presentazione]
Pozza: "L'azienda è disunita al suo interno e deve ritrovare la collaborazione"
Pozza : "Coordinamento con le strutture ICT DELLA regione che si occupano della sanità"
Pozza: "Processo di revisione per i sistemi core dell'azienda ormai tecnologicamente obsoleti"
Pozza : 35 milioni di euro investiti nei prossimi anni per portare i 30 megabit a tutti e i 100 megabit ad almeno il 50% dei cittadini della regione
Pozza : "Cittadino al centro della nostra azione di programma"
Pozza : "L'azienda è rimasta agli anni 80 per quanto riguarda i processi interni"
Pozza: "L'Insiel non può più pensare di fare tutto da sola. L'azienda deve in primis diventare un centro servizi"
Pozza: "Non possiamo pensare che i nostri servizi costino di più di altre aziende presenti sul mercato"
Pozza: "Ho visto in azienda quella capacità di reazione che mi fa pensare che sarà in grado di recepire questo cambiamento"
Pozza: "Ho speso il mio primo semestre cercando di capire la realtà informatica territoriale"
Le linee guida preparate da Insiel rispecchiano quanto richiesto dalla regione
Insiel viene definita una "sartoria informatica artigianale" dall'assessore Paolo Panontin
[Siamo in diretta dalla sala stampa del consiglio regionale]
*
[L'incontro è terminato]
Pozza: "si cercherà un tavolo di incontro ad personam per tutelare i dipendenti che devono restituire più soldi, esprimo piena solidarietà"
Pozza: "La posizione aziendale sul recupero delle quote è che non ci sono condizioni per fare diversamente"
Panontin: "A nostro giudizio non c'era modo di evitare il recupero dei soldi e non è un argomento più in discussione"
Panontin "mi piacerebbe pensare che al termine del triennio noi fossimo in grado di dire agli enti locali di diventare partner e non clienti"
Panontin: "In Insiel negli ultimi 6 mesi c'è stata una riduzione di costi di 2 milioni e mezzo"
Panontin: "Massima autonomia manageriale della società. Chiediamo al dottor Pozza di rispondere con i numeri"
Panontin: "Riordino di governance della regione a ruota dopo quello di Insiel"
Panontin: "Dobbiamo fare un patto molto chiaro con gli eell: se decidono di usare prodotti esterni se li devono pagare da soli"
Panontin: "la digitalizzazione distrugge posti di lavoro e ne crea altri, Pozza risponde ad un efficientemente della società"
Riccardi: "Non vorrei si passasse da un monopolio statale ad un monopolio privato"
Riccardi (pdl) : "Non so quante aziende siano in grado di offrire un servizio come quello che Insiel offre alla sanità"
Tondo (gr. misto) : "Ha senso che noi lasciamo questa società a competere con le piccole aziende o facciamo crescere l'autoimprenditoria locale?"
[AIA = Accordo Integrativo Aziendale]
Bianchi: "Vorrei conoscere anche la versione dell'azienda in merito, per sapere se è vero che la questione può essere risolta tramite AIA"
Bianchi: "Come si può mantenere in Insiel dei buoni rapporti se ci sono delle questioni aperte come quella del recupero dei soldi?"
Bianchi: "Messa a posto Insiel come sarà messa a posto la regione?"
Elena Bianchi (M5S) : "Trovo una buona idea spostare il focus di Insiel a centro servizi, mi chiedo come la regione si interfaccerà con l'Insiel"
[Il presidente Pozza ha concluso la sua presentazione]
Pozza: "L'azienda è disunita al suo interno e deve ritrovare la collaborazione"
Pozza : "Coordinamento con le strutture ICT DELLA regione che si occupano della sanità"
Pozza: "Processo di revisione per i sistemi core dell'azienda ormai tecnologicamente obsoleti"
Pozza : 35 milioni di euro investiti nei prossimi anni per portare i 30 megabit a tutti e i 100 megabit ad almeno il 50% dei cittadini della regione
Pozza : "Cittadino al centro della nostra azione di programma"
Pozza : "L'azienda è rimasta agli anni 80 per quanto riguarda i processi interni"
Pozza: "L'Insiel non può più pensare di fare tutto da sola. L'azienda deve in primis diventare un centro servizi"
Pozza: "Non possiamo pensare che i nostri servizi costino di più di altre aziende presenti sul mercato"
Pozza: "Ho visto in azienda quella capacità di reazione che mi fa pensare che sarà in grado di recepire questo cambiamento"
Pozza: "Ho speso il mio primo semestre cercando di capire la realtà informatica territoriale"
Le linee guida preparate da Insiel rispecchiano quanto richiesto dalla regione
Insiel viene definita una "sartoria informatica artigianale" dall'assessore Paolo Panontin
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volantino che verrà consegnato ai componenti della prima commissione
una nostra delegazione infatti è andata in Regione per seguire in diretta la presentazione di Pozza.
Vi invitiamo a partecipare numerosi all'assemblea delle 12.10
e di coinvolgere quanti più colleghi possibile.
Date massima diffusione!
Barbara, Max e Alex
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giovedì 18 settembre 2014
Comunicato RSU FIOM Insiel - Trieste
Oggi (17/09/2014) il Presidente Pozza, in un incontro con le Rsu di Insiel ha nuovamente approfondito i punti su cui verterà il piano industriale per il prossimo triennio.
Le Rsu Fiom Insiel di Trieste lo reputano insoddisfacente sia per i lavoratori che per l'utente "pubblica amministrazione" dunque per tutti i cittadini e le imprese del Friuli Venezia Giulia.
L'azienda nel suo piano è sfuggita alla caratteristica di strumentalità prevista dalla legge regionale 9/2011 puntando a trasformarsi prevalentemente in un centro d’acquisti della Regione Friuli Venezia Giulia, diventando cioè un "consumer" senza neppure definire quali saranno gli asset strategici dell’Azienda e quali non lo saranno (manca, ad esempio, l’indicazione su quali programmi ritenere fondamentali e quali acquistare all'esterno).
In questo piano industriale viene deciso di cambiare l’impostazione stessa dell’Azienda. Non sarà infatti più produttrice di software ma centro di servizi, questo di fatto cancella il ruolo dell’Insiel all’interno del sistema informativo regionale, facendo peraltro aumentare i costi dovuti agli appalti esterni e riducendo qualità e personalizzazioni fatte espressamente per gestire le specialità della regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
A conclusione dell'incontro La Direzione aziendale comunica la decisione unilaterale di trattenere ai dipendenti la parte di stipendio anticipata nel 2013 disconoscendo le richieste, fatte da più parti, di utilizzare metodi più concordati possibile e violando gli impegni previsti dall’accordo aziendale vigente.
Per questi motivi le Rsu FIOM dell'Insiel, invitando all'unità i lavoratori, dichiarano aperta la vertenza Insiel e nei prossimi giorni chiameranno i lavoratori a lottare per i propri diritti.
Le RSU FIOM di Trieste
Le Rsu Fiom Insiel di Trieste lo reputano insoddisfacente sia per i lavoratori che per l'utente "pubblica amministrazione" dunque per tutti i cittadini e le imprese del Friuli Venezia Giulia.
L'azienda nel suo piano è sfuggita alla caratteristica di strumentalità prevista dalla legge regionale 9/2011 puntando a trasformarsi prevalentemente in un centro d’acquisti della Regione Friuli Venezia Giulia, diventando cioè un "consumer" senza neppure definire quali saranno gli asset strategici dell’Azienda e quali non lo saranno (manca, ad esempio, l’indicazione su quali programmi ritenere fondamentali e quali acquistare all'esterno).
In questo piano industriale viene deciso di cambiare l’impostazione stessa dell’Azienda. Non sarà infatti più produttrice di software ma centro di servizi, questo di fatto cancella il ruolo dell’Insiel all’interno del sistema informativo regionale, facendo peraltro aumentare i costi dovuti agli appalti esterni e riducendo qualità e personalizzazioni fatte espressamente per gestire le specialità della regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
A conclusione dell'incontro La Direzione aziendale comunica la decisione unilaterale di trattenere ai dipendenti la parte di stipendio anticipata nel 2013 disconoscendo le richieste, fatte da più parti, di utilizzare metodi più concordati possibile e violando gli impegni previsti dall’accordo aziendale vigente.
Per questi motivi le Rsu FIOM dell'Insiel, invitando all'unità i lavoratori, dichiarano aperta la vertenza Insiel e nei prossimi giorni chiameranno i lavoratori a lottare per i propri diritti.
Le RSU FIOM di Trieste
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venerdì 18 luglio 2014
giovedì 12 giugno 2014
La Germania colpisce il diritto di sciopero
La giungla dei contratti
L’informazione mainstream, puntualmente,
ci parla delle “meravigliose sorti e progressive” del cosiddetto
modello tedesco. Ci dicono, e ci ripetono, che in Germania i sindacati e
i lavoratori partecipano e cogestiscono le contrattazioni e le sorti
dell’impresa, facendo un favore a lavoratori e padroni e instaurando
così una sorta di armonia che preannuncia l’evoluzione dell’umanità.
Addirittura, in un recente articolo di “Economia web”
del 21 Marzo si fa accenno a un accordo tra SPD e CDU sul salario
minimo, dipingendolo come un cedimento della Merkel alle istanze della
sinistra. Da tempo abbiamo imparato a diffidare di questi panegirici.
Tra le innumerevoli contraddizioni della
cosiddetta cogestione sindacati-padroni, infatti, troviamo questo (per
nulla) nuovo ritrovato della tecnica repressiva dei padroni: Si tratta
della prassi informale ma diffusa della Tarifeinheit, ovvero unità contrattuale (oppure unità di contrattazione).
Il sistema contrattuale tedesco è
particolare, non solo per il larghissimo ricorso alle agenzie interinali
che forniscono manodopera alle aziende, creando così una giungla di
contratti differenti, ma anche per la struttura federale dello Stato,
che prevede contrattazioni diverse da regione a regione. Inoltre, sono
previsti differenti trattamenti contrattuali a seconda dei settori
produttivi. Insomma, una vera e propria “boutique dello sfruttamento”
nella quale il padrone può scegliere le forme e i trattamenti che
preferisce.
Di recente, però, la coalizione di governo (un governo di larghissime intese) tedesca ha trovato un accordo sul cosiddetto piano Nahles per il lavoro. La riforma del ministro della SPD Andrea Nahles prevede di istituire per legge l’unità di contrattazione.
“Ad ogni fabbrica il proprio contratto”, recita un principio che sembra
essere tutto sommato condivisibile e che dovrebbe mettere ordine in
quella giungla di forme contrattuali che è una porta spalancata alla
precarietà, alla concorrenza tra lavoratori, alla subordinazione dei
diritti agli interessi dei padroni. Non è così, e il motivo è semplice:
l’unità di contrattazione si appoggia al principio secondo il quale solo i sindacati più rappresentativi possono gestire il conflitto e la contrattazione delle condizioni di lavoro.
continua QUI
da : http://clashcityworkers.org
09/06/2014
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lunedì 5 maggio 2014
lunedì 28 aprile 2014
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martedì 22 aprile 2014
giovedì 3 aprile 2014
Referendum tra i metalmeccanici sul Testo Unico sulla Rappresentanza.
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