Mario monti colpisce ancora, stavolta a livello continentale: il 21  marzo scorso la Commissione europea ha varato un testo che rischia di  imbrigliare il diritto di sciopero. Autore: l'allora libero docente  Super Mario
Mario Monti colpisce ancora. Ma questa volta,  data la sua nota vocazione europea, colpisce a livello - per ora -  continentale. Il 21 marzo la Commissione europea ha varato un testo  basato sul documento chiesto da Barroso all'allora libero docente Mario  Monti, che rischia di imprigionare il diritto di sciopero.  
Il testo va sotto il nome di «consigli di  regolamentazione dell'esercizio del diritto di promuovere azioni  collettive nel contesto della libertà d'impresa e della garanzia dei  servizi». La filosofia insita nel testo varato dalla Commissione sulla  base del documento Monti è semplicissima: i diritti dei lavoratori vanno  armonizzati con quelli economici. Siccome non esiste sciopero degno di  tale nome che non vada in contrasto con l'impresa contro cui esso è  rivolto, è ovvio che si vuole fortemente ingabbiare ogni possibilità di  conflitto. A meno che, naturalmente, l'esercizio di un diritto  sacrosanto non sia ritenuto «compatibile» con gli interessi, tanto per  essere espliciti, del padrone. Cioè mai, almeno sul piano della logica. 
Da Strasburgo, dove il testo della  Commissione Josè Manuel Barroso è appena stato recapitato, arrivano i  primi allarmi. Innanzitutto a preoccuparsi sono alcuni parlamentari  italiani che hanno imparato a conoscere la filosofia del presidente del  consiglio Monti. Tra questi c'è sicuramente Sergio Cofferati, il cui  rapporto con l'articolo 18 non va certo spiegato ai lettori del  manifesto. Quando il parlamento europeo incaricherà le commissioni  competenti di analizzare il testo della Commissione, l'ex segretario  generale della Cgil si occuperà, molto probabilmente, di spiegare ai  suoi colleghi europarlamentari la pericolosità di una tale svolta  nell'area geografica del perduto «modello sociale europeo». Le  commissioni non hanno possibilità di emendare il documento ma soltanto  di «proporre alcune modifiche», oppure di rigettarlo in toto, che  sarebbe l'opzione più tranquillizzante.
Quel che emerge dal testo Monti-Barroso è  che i diritti connessi alla sfera economica vengono prima dei diritti  dei lavoratori. Di conseguenza, il diritto del lavoro può essere  condizionato quando non impedito da quello dell'impresa. Se questa  filosofia dovesse essere approvata dall'europarlamento, i vincoli già  esistenti per i dipendenti pubblici sarebbero estesi anche ai lavoratori  occupati nei settori privati. E di conseguenza si estenderebbero a  tutti i limiti al diritto di sciopero. Per fare un esempio,  l'essenzialità del lavoro di un operaio alla catena di montaggio sarebbe  equiparata a quella di un medico ospedaliero. Si va oltre il liberismo  per sfociare nell'assurdo e nella provocazione. C'è di più. Cosa  potrebbe accadere per la rappresentanza dei lavoratori nelle aziende? Il  libero esercizio dell'attività sindacale potrebbe addirittura essere  considerato in contrasto con i «diritti dell'impresa», visto che è nelle facoltà  delle rappresentanze sindacali indire scioperi e in generale iniziative  di lotte a tutela della condizione e dei diritti di chi lavora.
C'è un filo logico che tiene insieme la  cosiddetta «riforma del mercato del lavoro» e questa fantastica trovata  europea. Se guardiamo all'impianto dei provvedimenti presi sul mercato  del lavoro, è evidente nell'approccio dei professori la priorità  dell'impresa sui lavoratori. Il presidente Monti sta attraversando  l'Estremo Oriente per spiegare che finalmente in Italia si è introdotta  la libertà di licenziamento. Persino il giudice è stato tolto di mezzo e  ora finalmente i diritti connessi alla sfera economica sono considerati  prevalenti sui diritti connessi al lavoro.
Il padrone ha sempre ragione, al massimo sarà  tenuto a monetizzare il danno prodotto. Addirittura l'onere della prova  in caso di licenziamento per motivi economici non è più  dell'imprenditore, ma dell'operaio che dovrà dimostrare che invece il  suo licenziamento ha ben altre motivazioni, rappresenta cioè una  discriminazione. Questa filosofia, che grazie al presidente Monti da  Roma rischia di estendersi all'intera Unione europea, segna il  rovesciamento del fondamento stesso della nostra Carta costituzionale,  nonché evidentemente dello Statuto dei lavoratori, basati sul  presupposto che il soggetto più debole va protetto con maggiori tutele.  Oggi invece il soggetto degno di maggiori tutele e diritti rischia di  diventare il più forte, cioè l'impresa. Alla base di tutto c'è il  mercato, alle cui esigenze tutto va piegato: leggi e uomini. 
Il testo consegnato al parlamento europeo  ha già subito una prima serie di correzioni che ne hanno addolcito il  gusto, senza però privarlo del suo veleno. Tant'è che, secondo l'ufficio  giuridico della Cgil, «i rischi di impatto sui sistemi di relazioni  sindacali sono ridimensionati, seppur non scongiurati». La partita è  aperta e ora il mazzo delle carte passa nelle mani dell'Europarlamento  di Strasburgo. Sarebbe utile che le organizzazioni sindacali facessero  sentire la loro voce, non solo nel ruolo di «mediatori» istituzionali ma  anche di promotori di conflitto sociale in difesa di quel che resta del  modello sociale europeo. 
Loris Campetti - 28/03/2012
il Manifesto
 
 
 
Nessun commento:
Posta un commento