L'Assemblea Nazionale dei 500 delegati Fiom, tenutasi a Cervia il 22 e 23 settembre, rischia di rappresentare qualcosa di più di una semplice battuta d'arresto.
Purtroppo, come spesso accade in questi casi, nel materiale prodotto in questa due giorni di assise non si troveranno che tracce molto labili di questi pericolosi segnali. Non è tanto quello che è stato detto e scritto nei documenti e negli interventi (su cui torneremo tra breve), ma quello che NON è stato scritto e detto che ci induce a suonare con forza il campanello d'allarme sul futuro della Fiom.
Nella relazione e nelle conclusioni del compagno Landini non vi è stata praticamente traccia, se non una breve quanto larvata allusione, della gravissima decisione assunta dalla segreteria CGIL, proprio il giorno prima, di apporre la firma definitiva sull'accordo del 28 Giugno scorso. Questa è stata la ragione di fondo per cui Susanna Camusso ha partecipato all'assemblea e dato il suo pieno avvallo alla piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale presentato dalla Fiom.
Landini ha scelto, assieme a quasi tutto il gruppo dirigente, di tentare un accordo con la confederazione. In cambio dell'appoggio alla vertenza per il rinnovo del CCNL da parte della Cgil, la Fiom accetta, pur senza rinnegare il proprio giudizio critico in merito, di sorvolare e non continuare la battaglia contro l'accordo del 28 Giugno. Lo stesso Fausto Durante, leader dell'ala filo-Camusso in Fiom ha dichiarato che c'è un “percorso di riavvicinamento già iniziato”.
La ragione di questa scelta è stata ben sintetizzata dalla battuta del segretario nazionale Giorgio Airaudo quando ha affermato “sei [cioè la Fiom NdR] sott'acqua senza ossigeno e qualcuno [cioè la Cgil NdR] ti passa due bombole” (Liberazione 23/09/2011).
É per di più evidente come la scelta del silenzio di Landini sia in netto contrasto con le dichiarazioni di fuoco, assolutamente condivisibili, rilasciate dal compagno Rinaldini (coordinatore nazionale dell'area La Cgil che vogliamo) proprio contro l'accordo: “La firma della Cgil va contro lo statuto dell'organizzazione” e “con questa firma Bonanni e Confindustria incassano contemporaneamente l'accordo di giugno e l'articolo 8 inserito nella manovra da Sacconi” [la Repubblica 22/09/2011]. Come possono conciliarsi queste due posizioni diametralmente opposte? Delle due l'una.
Inutile dire che chi scrive ritiene grave anche il solo pensare di poter sorvolare su una questione centrale come la battaglia per contrastare l'intesa del 28 Giugno. Un accordo che ha permesso, tra l'altro, al giudice di Torino di considerare come “legittimi” i contratti separati siglati da Fiat e Fim-Cisl e Uilm-Uil a Pomigliano e Mirafiori.
Spiace che, nei fatti, la vera sostanza dell'assemblea di Cervia non sia stata chiaramente esplicitata, se non sulle pagine dei giornali, e sia stata di fatto affrontata solo nel finale, frettolosamente, durante la discussione su un ordine del giorno messo ai voti.
La piattaforma per il rinnovo del CCNL e i suoi punti deboli
Tutto il dibattito si è nei fatti incentrato su due punti della piattaforma che hanno suscitato una certa perplessità tra delegati.
Nella discussione sul contratto non vi è dubbio che il primo limite è stato di metodo. Quella che doveva passare alla storia come la piattaforma più democratica e partecipata, è risultata essere la più blindata. Non solo non si sono svolte, come precedentemente stabilito, le assemblee nei luoghi di lavoro per raccogliere i contributi “dal basso”. Pure durante la due giorni di Cervia non è stato possibile conoscere il testo della piattaforma se non qualche ora prima che venisse posta in votazione. Inoltre non è stata prevista una modalità di voto punto per punto, né la possibilità di proporre emendamenti modificativi di singole parti del testo. Si è proceduto esclusivamente alla votazione separata di due paragrafi, su cui il dissenso e la richiesta di cancellazione era emersa all'interno della Segreteria e della Direzione.
Da un lato il testo presentato prevede le richieste classiche della Fiom sulla democrazia, il ruolo del contratto nazionale, il rifiuto delle deroghe e una richiesta di aumento di 206 euro (in cui però sono inclusi i 44euro dell'ultima tranche del contratto separato di Fim e Uilm). Dall'altro però introduce due elementi di novità su materie molto delicate che rischiano di aprire precedenti molto pericolosi.
In primo luogo si avanza la richiesta della costituzione di un “fondo nazionale per la sicurezza del lavoro e le tutele sociali”. Non v'è dubbio che tale richiesta, per quanto si dica esplicitamente che dovrebbe essere a integrazione delle risorse pubbliche, rischia di andare esattamente nella direzione di chi, usando questi istituti, vuole ridurre il ruolo del pubblico a favore del privato nell'ambito dello stato sociale. Inoltre, per quanto non scritto nel testo ed esplicitamente negato nel dibattito, è evidente che una proposta del genere può lasciare intendere una disponibilità ad introdurre quegli enti bilaterali contro cui la Fiom da sempre si batte.
Il secondo, e più discusso, punto di dissenso riguarda il capitolo delle “Procedure di informazione e confronto preventivo”. La richiesta avanzata è quella che si stabilisca il diritto di proposta per le RSU e i sindacati ogni qualvolta le aziende vogliano modificare aspetti inerenti le politiche industriali, gli investimenti, l'organizzazione del lavoro, la ristrutturazione e la trasformazione dell'impresa. Il diritto cioè di essere informati e coinvolti preventivamente, attraverso l'apertura di specifici tavoli di confronto. Qualora tale sistema di relazioni industriali venisse introdotto, la Fiom darebbe la disponibilità, a livello aziendale, a concordare, “con il consenso di tutte le parti, una procedura di confronto entro la quale verranno esaminati i problemi e ricercare le soluzioni senza che le parti procedano ad azioni unilaterali”.
Mentre la parte inerente la richiesta di maggior coinvolgimento nelle scelte aziendali vedeva tutti concordi, è sulla seconda parte che sono emerse le contrarietà di diversi delegati, specie, e non a caso, del gruppo Fiat oltre che di chi scrive e del compagno Cremaschi. A scanso di equivoci, è bene precisare che attraverso la suddetta clausola, per come è stata scritta e qui integramente citata, la Fiom non dà né la disponibilità a limitare il diritto di sciopero, né tanto meno ad avallare esplicitamente procedure cosiddette di raffreddamento. Per come è scritta si intende dire che prima che vi siano cambiamenti nella vita aziendale di qualsiasi tipo, ci deve essere una trattativa. Perciò l'azienda non potrà agire unilateralmente in alcun modo prima di aver consultato il sindacato e la RSU, e, di converso, questi si impegnano a non proclamare sciopero (ma solo sulle questioni specifiche in quel momento materia di confronto) fino a che la fase “partecipativa” non sarà ritenuta conclusa. Certamente, in astratto, poter impedire ad un padrone di fare quello che gli pare in azienda senza manco avvertire, può essere considerato, come fanno gli estensori del testo, un diritto in più. Tuttavia è chiaro che una clausola del genere è gravida di innumerevoli rischi. Dimostrazione ne è il fatto che tra quello che si è illustrato nella relazione e nel dibattito e quello che poi si è scritto in piattaforma ci sono state svariate oscillazioni e modifiche. Per esempio, in un primo momento, una delle ragioni, forse la più grave, addotte da Landini nella sua introduzione per giustificare tale clausola è stata che se non si regola a livello sindacale la questione, il governo potrebbe varare una legge per limitare il diritto di sciopero. Oltre ad essere una argomentazione che ricorda molto (troppo) quella usata dalla Cgil per giustificare l'accordo del 28 Giugno (poi miseramente franata nei fatti col famoso l'art.8 della finanziaria), è evidente che con una tale argomentazione il Segretario Generale stava smentendo esplicitamente se stesso quando poco prima aveva affermato che in tale clausola non vi era alcun riferimento al diritto di sciopero.
Inoltre, chi scrive afferma con forza che non vi è alcuna ragione o modalità di relazioni sindacali per cui un sindacato di classe possa mai accettare anche solo di moderare temporaneamente la propria conflittualità. Ogni qualvolta i lavoratori scendono in lotta, per qualsiasi ragione e in qualsiasi forma, il sindacato non deve mai fare da pompiere o pacificatore, nemmeno per un sol giorno. È la lotta che fa avanzare la coscienza di classe e la forza dei lavoratori, perciò non può né deve mai essere frenata ma bensì alimentata e diretta alla conquista di nuovi diritti e migliori condizioni.
Su questo punto il problema vero non è tanto quello che è stato scritto formalmente nella piattaforma, ma il segnale politico che si rischia di dare. In un contesto come quello attuale è evidente che avversari e nemici della Fiom leggeranno questa come una apertura e disponibilità a discutere di limitazioni agli scioperi. Non è forse ciò che è emerso su tutti i giornali a partire da quello di Confindustria che scrive “è una clausola di raffreddamento che vincola sia le aziende che i sindacati che durante le vertenze si impegnano a sospendere gli scioperi” [il sole24ore 23/09/2011]?
Infine, anche da un punto di vista strettamente e tatticamente sindacale, nessuno mai, quando avanza delle rivendicazioni in una piattaforma, inserisce già le mediazioni che sarebbe disposto a fare. Soprattutto se stiamo parlando di un testo che Confindustria, con ogni probabilità, rispedirà immediatamente al mittente giudicandolo comunque irricevibile. L'unica conseguenza pratica sarà che rischiamo di rendere questa clausola parte integrante della linea contrattuale della Fiom, trovandoci così su ogni tavolo di trattativa aziendale padroni che chiedono clausole di raffreddamento. Non è forse quanto avvenuto alla LEAR di Napoli dove anche la Fiom proprio il 21 settembre ha firmato un contratto aziendale gravissimo che prevede clausole di raffreddamento del conflitto? Recita quell'accordo: “Il sistema delle relazioni sindacali è improntato ai principi di correttezza, buona fede e trasparenza dei comportamenti ed orientato, in particolare, alla prevenzione dei conflitti. Pertanto in caso di vertenzialità, le parti concordano un primo incontro in sede aziendale con la RSU, da tenersi entro 5 giorni dalla richiesta avanzata da una delle parti. In caso di esito negativo del confronto, su richiesta di una delle parti, ed entro 10 giorni dalla stessa, si terrà un incontro in sede territoriale, finalizzato alla risoluzione del conflitto. Durante l'attivazione delle suddette procedure, le Parti non assumeranno iniziative unilaterali sulle materie oggetto della vertenza.”...insomma ci vogliono 15 giorni per fare uno sciopero.
Per come è stata scritta e spiegata, la clausola presente nella piattaforma Fiom per il CCNL non dovrebbe avere nulla a che vedere con accordi di questo genere.
Tuttavia è evidente che nei fatti essa può ingenerare enormi ambiguità e confusioni, con il rischio fortissimo di una diffusione a macchia d'olio di clausole di raffreddamento proprio in stile LEAR.
Gli ordini del giorno sull'accordo 28 Giugno: la vera discussione...mancata!
Le votazioni sui due punti controversi hanno fatto registrare rispettivamente i seguenti risultati: il primo 72 favorevoli alla cancellazione e 442 contrari, il secondo 88 favorevoli all'abrogazione e 416 contrari. Alla Fine la piattaforma è stata approvata con soli 7 astenuti ed un contrario.
Tuttavia, il vero significato dell'assemblea dei 500 si è palesato al momento della discussione su un ordine del giorno presentato da una ventina di delegati, tra cui chi scrive assieme al compagno Antonio Santorelli, a diversi RSU del gruppo Fiat, Piaggio ecc., e che ha visto come primo firmatario il compagno Paolo Ventrella della Rsu Ferrari. Tale testo, oltre ad esprimere un giudizio fortemente negativo in merito alla scelta della Cgil di firmare l'accordo del 28 Giugno, affermava altresì che essendo questa firma avvenuta in violazione dello statuto Confederale, la Fiom non riconosceva come valido e vincolante l'accordo. A tale OdG Landini ne ha presentato in contrapposizione un altro, approvato a larga maggioranza, che ribadiva sì il giudizio negativo sul 28 Giugno, ma cancellava completamente la parte inerente al non rispetto di tale accordo da parte della categoria.
Qui sta il punto vero da chiarire nella discussione che dovremo fare in Fiom nel prossimo periodo.
Una volta che la confederazione ha firmato l'accordo del 28 Giugno, come si comporterà la Fiom? Lo applicherà disciplinandosi o lo contrasterà? Tutto quanto accaduto a Cervia fa sorgere il timore che un pezzo molto consistente dell'apparato dei meccanici Cgil stia pensando che l'accordo del 28 Giugno possa diventare il “non detto”. Possa cioè essere lo strumento mal celato attraverso cui ritornare a firmare un contratto unitario con Fim e Uilm. In questo senso, la pronta dichiarazione del Segretario della Fim Giuseppe Farina ha il sapore di un sincronismo davvero perfetto: “Mi sembra che ci siano primi segnali di cambiamento […] Segnali che vanno tutti approfonditi, a partire dalla necessità di sapere se la Fiom condivide o meno le regole del 28 Giugno e se vuole applicarle al contratto dei metalmeccanici. […] Noi abbiamo interesse a fare un contratto unitario. Però le nostre posizioni sono molto chiare: la base sono le regole nuove sulla rappresentanza e sui contratti”.
Anche gli iscritti, i militanti, i delegati della Fiom che per dieci anni hanno seguito la nostra organizzazione sentono il bisogno, per ragioni diametralmente opposte a quelle di Farina, di sapere se il loro sindacato riconosce o meno le regole dell'accordo del 28 Giugno. Non si può glissare questo argomento magari in attesa che a metà dell'anno prossimo si apra il tavolo di trattativa per il rinnovo del CCNL di Fim e Uilm e magari si utilizzi quell'occasione per rientrare al tavolo di trattativa. Per rispetto della nostra base questa discussione la dobbiamo fare ora e stabilire inequivocabilmente dove vuole andare la Fiom. Se si deciderà di proseguire non solo nella lotta contro gli attacchi padronali, ma anche nel contrasto intransigente della linea adottata dalla Confederazione, allora la Fiom rimarrà quel grande punto di riferimento per chiunque decida di alzare la testa. Ma se il gruppo dirigente dei meccanici, pur continuando ad esprimere le proprie critiche, accetterà di disciplinarsi alle scelte della Cgil accettando nei fatti di applicare l'accordo del 28 Giugno, questa costituirà nei fatti una vera capitolazione. Se così sarà, si sappia che c'è chi non ha nessuna intenzione di piegarsi e continuerà la battaglia anche dentro la stessa Fiom. Noi non abbiamo nessuna intenzione di gettare alle ortiche dieci anni di lotte gloriose né, tanto meno, di piegarci alla logica dell'unità nazionale!
Paolo Brini, Comitato centrale Fiom Cgil