Anche per questo Cgil, Cisl e Uil rinsaldano la loro unità
attorno a una piattaforma politica che dovrà sostenere la
manifestazione unitaria del 22 giugno e decidono di fare un passo avanti
sul tema della rappresentanza. Uniti di fronte alla crisi e di fronte
al nuovo governo che, sui temi sociali, già annuncia di voler
intervenire in profondità. Il neo-ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha infatti già dichiarato la propria volontà di rivedere la legge Fornero per introdurre un po’ più di flessibilità
in un mercato del lavoro che, francamente, è già tra i più flessibili
d’Europa.
L’alleanza con il Pdl, gli errori di Elsa Fornero e le
richieste reiterate degli industriali porteranno la nuova maggioranza ad
allentare le restrizioni sui contratti a termine. Restrizioni, va
detto, adottate da Fornero con l’intenzione, positiva, di porre un freno
agli abusi delle aziende e che, invece, si sono trasformate in
strumenti a disposizione di quest’ultime per mettere alle strette i lavoratori precari.
Ci riferiamo, in particolare, all’intervallo obbligatorio, fino a 60 giorni, per rinnovare un contratto a termine. Si tratta della dimostrazione di quanto le regole astratte vengano predisposte a dispetto della realtà concreta del mercato del lavoro che si fa sempre più differenziato, frantumato, con lavoratori e lavoratrici in balia di sé stessi.
Questa realtà, però, non la comprende, e non la rappresenta, nemmeno il sindacato che si fa forte di milioni di lavoratori pensionati
e di categorie storiche che ne costituiscono il nucleo centrale ma che
poco ha da dire a milioni di precari i quali non si sentono
rappresentati in nessun modo.Ci riferiamo, in particolare, all’intervallo obbligatorio, fino a 60 giorni, per rinnovare un contratto a termine. Si tratta della dimostrazione di quanto le regole astratte vengano predisposte a dispetto della realtà concreta del mercato del lavoro che si fa sempre più differenziato, frantumato, con lavoratori e lavoratrici in balia di sé stessi.
La sua ritrovata unità, quindi, sembra più un arroccamento attorno a parole d’ordine poco efficaci e generiche e che non riescono a esprimere un programma generale capace di appassionare e di convincere le nuove generazioni. Che assisteranno svogliate a questa nuova fase, così come assistono a un concerto più o meno riuscito.
Mercoledì scorso la Fiom ha rilanciato la proposta del reddito di cittadinanza
con l’idea di offrire ai lavoratori, e al sindacato, una rete di
protezione universale che permetta di sottrarsi al ricatto della
disoccupazione. Poter beneficiare di un reddito di garanzia dovrebbe
servire a “riunificare il mondo del lavoro” e a poter avanzare richieste
contrattuali con maggiore forza.
Può essere una strada, probabilmente
insufficiente e della quale occorre spiegare l’entità e le modalità di
finanziamento. Ma è una proposta che parla al tempo presente. Non a caso
è il punto centrale della proposta del Movimento Cinque Stelle.
Viviamo
una fase di transizione molto particolare. Se nei primi anni 90
l’Italia ha visto lo smottamento dei partiti cardine della Prima
Repubblica, Dc e Psi, sostituiti improvvisamente dal messaggio
affascinante di Silvio Berlusconi, oggi assistiamo allo
sbriciolamento della sinistra moderata – quella radicale è già
scomparsa – dietro la quale si intravede lo scricchiolamento della forza
sindacale. I due mondi sono talmente collegati che lo stesso Pd pensa
di affidare la propria ricostruzione all’ex segretario Cgil, Guglielmo Epifani.
Sarà
facile ricondurre le contestazioni di Torino e Napoli a gruppi di
centri sociali o di contestatori organizzati. Ma a Torino si è assistito
anche alla protesta di militanti Pd e a Taranto c’è stata la presenza
di tanti artisti che, negli anni scorsi, non avrebbero esitato a
schierarsi con la Cgil. Sono segnali di una crisi strisciante che si
riflettono anche nel dibattito interno al sindacato, a tutti i livelli.
Il modo in cui è stato allontanato Giorgio Cremaschi, unico intervento
critico, dalla riunione degli esecutivi unitari di Cgil, Cisl e Uil è la
dimostrazione di una debolezza reale.
Il crollo non è
ancora avvenuto e non è detto che avverrà. Ma i segnali dello
smottamento ci sono tutti. Grillo è lì pronto ad approfittarne
consapevole che, sic stantibus rebus, il prossimo scontro politico sarà
tra il suo movimento e la coalizione di Berlusconi.
S. Cannavò - 02/05/2013
Il Fatto Quotidiano
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