mercoledì 15 maggio 2013

Cremaschi: "sentenza Fiat-Fiom figlia della debolezza sindacale"

La sentenza del tribunale di Roma che, nel nome dell'accordo del 28 giugno 2011,dà torto alla FIOM sul contratto nazionale è sicuramente un brutto guaio per i diritti del lavoro.
Tuttavia essa conferma una volta di più la necessità di una legge che abbia come scopo la democrazia sindacale, intesa come diritto delle lavoratrici e dei lavoratori e non come garanzia per le organizzazioni.

La trattativa in corso sulla rappresentanza sindacale tra CGIL CISL UIL e Confindustria sta andando invece in tutt'altra direzione.

Lo scopo condiviso dalle "parti sociali" è infatti quello di far incontrare due esigenze. Quella delle imprese, che vogliono che l'accordo sia "esigibile", cioè che nessuno più contesti una volta che è firmato. Quella dei sindacati confederali, che vogliono essere presenti tutti al tavolo delle trattative, magari sulla base del peso effettivo delle proprie forze.

Esigibilità degli accordi e diritto alla rappresentanza ai tavoli sono le ragioni del patto, l'equilibrio probabilmente non è ancora stato trovato, ma alla fine si troverà. Ma cosa c è che non va?

Nel passato erano i lavoratori che rivendicavano la esigibilità degli accordi. Se si firmava un contratto la prima cosa che veniva detta nelle assemblee era: ma quanto dovremo ancora lottare per far applicare l'accordo?

Oggi sono i padroni che chiedono la garanzia che gli accordi siano applicati con rigore. La ragione è molto semplice. Gli accordi sindacali che ha in mente il mondo delle imprese sono tutti peggiorativi per il mondo del lavoro. Sono accordi che riducono i diritti, aumentano i carichi di lavoro e gli orari, tagliano i salari. Devono essere "esigibili" perché i lavoratori per primi sono interessati a non rispettarli. Gli accordi contrattuali che hanno in mente le imprese, e che in gran parte si fanno oggi, sono l'applicazione nei luoghi di lavoro delle politiche di austerità e rigore.

Per questo le imprese esigono un sistema contrattuale centralizzato e autoritario, ove una volta firmato l'accordo tutti coloro che vi sono sottoposti debbano solo obbedire. Per semplificare, il modello Marchionne.

Ma perché CGIL CISL UIL accettano di stare dentro questa gabbia, costruita proprio nel momento di maggiore debolezza di un mondo del lavoro ricattato dalla disoccupazione di massa? La risposta per la CGIL e la FIOM è che queste organizzazioni non reggono più gli accordi separati, non ce la fanno a contrastarli. Per CISL e UIL la risposta è che gli accordi separati non bastano per vivere.

Così la debolezza sindacale e il bisogno di legge e ordine di una Confindustria incapace di affrontare davvero la crisi economica, producono un accordo che è la negazione della democrazia sindacale.

Al tavolo di trattativa siederanno solo i sindacati che accettano preventivamente di obbedire alla esigibilità. Gli altri fuori.

Nei luoghi di lavoro potranno presentare liste per le rappresentanze aziendali solo i sindacati che preventivamente si impegnano a non contrastare gli accordi che non condividono.

Insomma i lavoratori non potranno scegliere liberamente chi li rappresenta, ma dovranno solo partecipare al sondaggio che misura il peso reciproco dei sindacati "esigibili". Sarà il tavolo a decidere chi rappresenta i lavoratori, e non questi ultimi scegliere chi li rappresenta al tavolo.

La politica di austerità diventa costituente anche per il sistema sindacale, essa diventa l'esigibilità della massima produttività del lavoro. E chi si oppone è fuori.

Non è accettabile che la politica delle larghe intese sindacali cancelli il diritto al dissenso e al conflitto. Per questo bisogna dire no all'accordo sulla rappresentanza e rivendicare una legge che realizzi il diritto costituzionale dei lavoratori alla democrazia sindacale.



G. Cremaschi - 14/05/2013
Rete28Aprile
fonte : http://www.contropiano.org

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