Una delle basi della democrazia è la garanzia dei diritti e della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori. Su questo terreno l’Italia è da tempo un Paese a rischio. Ecco perché vi propongo alcuni stralci del seguente appello a difesa dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, già firmato da centinaia di giuristi:
“Desta grande sconcerto, tra gli operatori giuridici (avvocati, magistrati) che quotidianamente hanno a che fare, per il loro lavoro, con la tematica dei licenziamenti, il livello di approssimazione e di assoluta lontananza dalla realtà con cui tanti autorevoli personaggi della politica, del giornalismo e persino dell’economia affrontano l’argomento, contribuendo ad alimentare una campagna di disinformazione senza precedenti.
Sta infatti entrando nella convinzione del cittadino (che non abbia, in prima persona o attraverso persone vicine, vissuto il dramma della perdita del posto di lavoro) la falsa impressione che in Italia sia pressoché impossibile licenziare, persino nei casi in cui un’impresa, in comprovate difficoltà economiche e finanziarie, con forte calo di ordini e bilanci in rosso, avrebbe necessità di ridurre il proprio personale (caso spesso citato nei dibattiti televisivi per mostrare l’assurdità di una legislazione che ingessi fino a questo punto l’attività imprenditoriale). Queste leggi assurde, poi, si salderebbero con una asserita “eccessiva discrezionalità interpretativa” dei magistrati (categoria della quale, nell’ultimo ventennio, ci hanno insegnato a diffidare) e sarebbero la causa, o quantomeno la concausa, del precariato giovanile.
Senza considerare che è l’Europa a chiederci di rivedere la normativa in tema di licenziamenti, perché eccessivamente rigida. Inoltre il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro sarebbe un’ “anomalia nazionale”.
…. Come mai non riusciamo a leggere in nessun giornale che gli indici OCSE che segnalano la cd. rigidità in uscita collocano attualmente l’Italia (indice dell’1.77) al di sotto della media europea (basti dire che la Germania ha l’indice 3.00)? Ed è proprio vero che il diritto alla reintegrazione (in caso di licenziamento dichiarato illegittimo) è previsto solo nel nostro Paese? Premesso che il discorso dovrebbe essere approfondito, va detto che in certi Paesi è addirittura costituzionalizzato (Portogallo) ed in altri è un rimedio possibile (ad esempio Svezia, Germania, Norvegia, Austria, Grecia, Irlanda, in taluni casi Francia) spesso accompagnato da ulteriori tutele.
La verità è che non esiste un vero collegamento tra la ripresa produttiva e la libertà di licenziare, e forte è quindi il timore che il ”governo tecnico”, approfittando della crisi economica, possa dare attuazione ad un antico progetto di riassestamento del potere nei luoghi di lavoro, che per essere esercitato in modo sovrano mal tollera l’esistenza di norme di tutela dei lavoratori dagli abusi. Perchè è questo, e solo questo, il senso profondo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: una norma che sanziona il comportamento illegittimo del datore di lavoro ripristinando lo status quo ante che precedeva il licenziamento – lo si ribadisce – illegittimo. E la cui esistenza, per l’appunto, impedisce che il potere nei luoghi di lavoro (con più di 15 addetti, purtroppo, perchè altrove, appunto, tale tutela non c’è) possa essere esercitato in modo arbitrario e lesivo della dignità dei dipendenti.
… Perchè si vorrebbe impedire al giudice anche un accertamento di legittimità (e non di merito) sulle motivazioni addotte? Forte è il sospetto che in questo modo si voglia consentire al datore di lavoro di liberarsi di dipendenti scomodi semplicemente adducendo una motivazione economica, anche se non vera. Sancendo così, automaticamente, il pieno ritorno agli anni cinquanta, quando i licenziamenti erano assolutamente liberi e la Costituzione nei luoghi di lavoro, faticosamente introdotta nel 1970 dallo Statuto dei lavoratori, semplicemente un sogno. Auspichiamo proprio che, con la scusa di dover riformare il mercato del lavoro, non si arrivi a tanto”.
Chiunque voglia aderire può scrivere alla mail dello studio legale Piccinini di bologna segreteria@studiolegaleassociato.it
Vi invito a farlo, perché si tratta davvero di una questione di civiltà. Su questa cadde a suo tempo Berlusconi. Sarebbe davvero paradossale che ad abolire in un modo o nell’altro l’art. 18, riesca il governo Monti, con l’appoggio del PD o di una sua gran parte… Del resto coloro che spingono per abolirlo non possono dare nessuna lezione di moralità, si vedano i guai giudiziari della famiglia Marcegaglia o la furbizia fiscale del caro Marchionne. Padroni, no grazie! Meglio stare dalla parte dei lavoratori, se si vuole davvero salvare questo nostro Paese!
Fabio Marcelli,giurista
Il Fatto Quotidiano - 23/02/2012
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