La strategia Camusso non prevede dissenso e blinda l'accordo interconfederale del 28 giugno scorso: «Il voto eventualmente espresso da non iscritti o da lavoratori iscritti ad altre Organizzazioni non potrà in nessun modo essere preso in considerazione»
Domanda: come fa una importante organizzazione sindacale che consulta i lavoratori su un accordo impopolare ad occultare un risultato (prevedibilmente) sgradito? Risposta: con un referendum secretato. Ovvero disegnando un omissis, come nei documenti dei servizi segreti. Non ci credete? Per ulteriori precisazioni chiedere all’ideatrice di questo ennesimo paradosso del burocratese sindacale, Susanna Camusso.
PER QUANTO POSSA sembrare incredibile, infatti, la segretaria generale della Cgil ha avuto una pensata da manuale, per disinnescare con un trattamento “bulgaro” ogni possibile dissenso all’ultimo accordo che ha sottoscritto: ha preso carta e penna, e ha scritto alle organizzazioni del suo stesso sindacato incaricate di organizzare le consultazioni nelle fabbriche, di tenere segreti i risultati dei lavoratori non iscritti.
Ancora una volta non ci credete? Questo il passaggio testuale: "Il voto eventualmente espresso da non iscritti o da lavoratori iscritti ad altre Organizzazioni non potrà in nessun modo essere preso in considerazione". Compresa la comunicazione dei risultati finali. Ovviamente anche questo ennesimo pasticcio del burocrate-sindacalese ha una spiegazione che rende comprensibile, non tanto la scelta suicida, ma almeno la logica che l’ha guidata.
La Camusso, infatti, si prepara a fronteggiare il presumibile dissenso all’accordo che ha appena firmato insieme alla Cisl e alla Uil con Confindustria: questo accordo, che abbiamo definito il “porcellum sindacale”, annulla il voto dei lavoratori sui contratti (già questa una bella pensata) quando la maggioranza dei rappresentanti sindacali lo sottoscrive. In pratica: se il 50% più uno dei rappresentati sindacali firma un contratto (a seconda delle fabbriche bastano anche due sole organizzazioni) non si vota. In virtù di questo accordo, poi, i sindacati firmatari, sono vincolati a non scioperare. Un patto oneroso per la Cgil, soprattutto per quella parte dell’organizzazione (la Fiom, ma non solo) che aveva fatto del consenso la bandiera delle ultime battaglie (a partire dai referendum alla Fiat).
QUINDI SI PREPARA a fronteggiare il sindacato di Maurizio Landini (che fa votare iscritti e non iscritti) predisponendo un protocollo quasi brezneviano. In virtù del regolamento interno e delle interpretazioni che la stessa Camusso sollecita alla Commissione di garanzia, l’unico organismo dirigente che si può pronunciare sulla materia è il direttivo: in tutte le sedi e in tutte le assemblee, si potrà illustrare una sola posizione. Indovinate quale? Quella della Camusso.
Ma anche la Fiom adotta le sue contromosse. Il sindacato dei metalmeccanici sceglie di stampare il testo, senza commenti e di diffonderlo, così almeno i lavoratori sapranno che cosa votano. Certo, questa volta a temere il voto non sono la Confindustria e gli altri sindacati, ma gli stessi dirigenti Cgil. Così, la burocratja sindacale partorisce: il voto invisibile.
Secondo la segretaria della Cgil, infatti, si possono consultare i lavoratori, solo a patto di non divulgare il loro verdetto. Sarebbe come far vedere la partita solo agli spettatori della tribuna, sarebbe come fare le primarie in America consentendo il voto solo agli agit prop dei comitati
elettorali democratici o repubblicani, sarebbe come fare le elezioni e limitare lo scrutinio solo agli iscritti ai partiti.
L’ultima ciliegina? “L’invito scrive ancora la segretaria è a dare puntuale attuazione alle modalità di consultazione definite dal Comitato direttivo nazionale della CGIL affinché tutti i voti delle iscritte e degli iscritti siano considerati e concorrano ad approvare l’Accordo”. Quelli che votando, insomma, concorrono solo ad approvarlo. Una bella idea della democrazia diretta.
Ma si sa, nel tempo in cui tutto cambia, chi ha paura di essere sconfitto preferisce nascondere i fatti piuttosto che incassare una bocciatura.
di Luca Telese, il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2011
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