A Brescia, i quattro lavoratori migranti sono scesi dalla gru dopo una resistenza eroica di 17 giorni, sostenuta da un’eccezionale appoggio popolare. Quest’ultimo è quello di cui si è meno parlato, anche perché si è dato credito alla tesi di regime che la città di Brescia era nemica nei confronti dei migranti in lotta. Invece per 16 giorni sotto la gru c’è stato un presidio popolare di migranti e nativi che nella storia della città non ha precedenti. Va dato merito di questo a tante e tanti persone e organizzazioni, ma in particolare all’instancabile gruppo dell’Associazione Diritti per tutti e della Radio Onda d’Urto, i cui redattori hanno continuato ad entrare ed uscire dalla Questura tra un servizio e l’altro. Migliaia di persone si sono alternate a sostenere i lavoratori sulla gru. Tenute a ben distanza da uno schieramento di polizia che ha solo i precedenti con quanto avvenuto a Genova nel 2001.
Questa solidarietà non solo dei migranti, ma di una parte rilevante della città è la dimostrazione che il regime leghista che vuole impadronirsi del Nord può essere sconfitto se la sinistra, i sindacati, le forze democratiche escono dall’autoreferenzialità, dalla passività, dall’ipocrisia.
Sono scesi dalla gru, ma è bene ricordare che tutte le ragioni della loro lotta restano in piedi. Esse saranno sostenute ancora da altri presidi che, a partire da quello di Milano, sono in corso o sono annunciati. La lotta dei migranti contro la “sanatoria truffa” cominciata al Nord è il segno di una ribellione di milioni di lavoratori a una condizione di supersfruttamento. Dopo Rosarno e Casalprincipe, a Brescia gli operai migranti hanno detto basta. Ed è per questo vengono perseguitati. Tutto il regime poliziesco e persecutorio impiantato dal governo nei confronti dei migranti ha il solo scopo di impedire la lotta per i diritti e l’eguaglianza sociale da parte di milioni di lavoratori. Nessuno può permettersi in Italia di non avere migranti. Ciò che si vuole imporre è una presenza di migranti privi di qualsiasi diritto.
Il Ministro Maroni, che non si sa per quale ragione ha ricevuto persino elogi a sinistra per il suo “rigore”, in queste vicende ha mostrato il peggio di sé. La polizia ha messo sotto controllo un quartiere e un’intera popolazione a Brescia. Le persone venivano fermate per il colore della pelle o per i tratti somatici. Durante una delle cariche è stato persino arrestato il vigilante in divisa del cantiere presidiato dai migranti, il quale continuava a urlare che lui era lì per lavoro e che aveva divisa e pistola. Ma è stato portato in questura per la semplice ragione che era nero. E a proposito del “rigore”, diversi operai egiziani sono stati fermati dalla polizia a Brescia perché partecipavano al presidio. Senza alcuna accusa particolare sono state inviati al Cie e poi imbarcati a Malpensa e spediti in Egitto. Evidentemente non erano parenti di Mubarak.
Tutto questo non avviene se non c’è un impulso preciso inculcato dall’alto. Del resto il Ministro Maroni ha dichiarato che finché lui sarà titolare degli interni non ci sarà né sanatoria, né diritto al voto per i migranti. Oltre che fornirci una ragione in più per cacciarlo, queste sue affermazioni hanno il pregio di farci cogliere quali sono la realtà e le dimensioni del lavoro migrante oggi in Italia.
Spesso si afferma che nel Nord, e in particolare nel Nord-Est, la maggioranza degli operai vota Lega. Non è vero, la maggioranza degli operai non vota, o perché avendone il diritto non lo esercita o perché questo diritto le viene formalmente negato. Ci sono città del Nord a sindaco leghista dove, se potessero votare gli operai migranti probabilmente il sindaco sarebbe un africano.
A questo ci ha abituato il regime di discriminazione costruito in questi anni, a sprofondare progressivamente nell’apartheid senza neanche accorgercene. I quattro lavoratori saliti sulla gru hanno avuto il pregio di farci vedere la realtà e di spingere tante e tanti a ribellarsi contro di essa. Comincia con essi la lotta contro l’apartheid italiano.
di Giorgio Cremaschi articolo pubblicato su Micromega
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