lunedì 29 novembre 2010

E la Camusso lascia fuori lo sciopero

Primo discorso dal palco: «Pronti alle vertenze contro il Collegato lavoro»
«Il futuro è dei giovani». Anche se di giovani, a parte gli studenti, ce ne erano pochini, è stato questo il timbro che la neosegretaria della Cgil Susanna Camusso ha impresso sul suo primo discorso di piazza da leader del più grande sindacato dei lavoratori in Italia. Un discorso che ha badato molto alle cose concrete su fisco, welfare, migranti, legalità e scuola, «la Cgil non dice solo dei no ma fa anche delle proposte», che ha coniugato lo sciopero generale al "futuro neutro", «è il Paese per cui abbiamo scioperato e continueremo a scioperare», e che si è tenuto ben lontano da Confindustria. L'unica accusa agli imprenditori è stata rivolta alla Fiat, accusata di voler "emigrare" all'estero e di voler peggiorare i diritti in Italia. Per ora la Cgil ha solo un nemico giurato, ed è il Governo guidato da Silvio Berlusconi, non in grado di traghettare il Bel Paese fuori dalla crisi. «Il nostro Paese non merita questa classe politica, queste manifestazioni di machismo da parte dei potenti», dice dal palco.Insomma, Camusso riconferma che anche per la Cgil il punto fondamentale in questo momento è buttare giù l'attuale esecutivo. Poi, se nel mentre, magari sotto gli auspici di un "governo tecnico" (che poi è lo stesso schema, in fondo, dell'accordo sulla concertazione) si riesce a fare un bel "patto sociale" tutto di guadagnato. Del resto questa preoccupazione su un governo che non sa fare il suo mestiere è anche della Confindustria, fa capire la leader della Cgil. E questo varrà bene un tavolo, o no? A quale stadio è il confronto, però, Camusso non l'ha detto. Nè ha accennato alle linee dei possibili sviluppi. E' usando la chiave dei giovani che la Cgil promette, innanzitutto, battaglie nelle aule giudiziarie. Susanna Camusso è pronta ad aprire gli uffici della Cgil a tutti quei precari che tra «cinquantasette giorni» si troveranno strozzati dal ricatto del Collegato lavoro. C'è una norma, infatti, che a partire dalla fine di gennaio 2011 azzera tutti i contenziosi per il riconoscimento della stabilizzazione a danno di tutti quei lavoratori precari che non hanno aperto una vertenza. Dove lo troveranno il coraggio di fare questo atto di "insubordinazione" i lavoratori precari che, in fondo, sul luogo di lavoro si ritrovano da soli? Il ddl lavoro «è una legge crudele e ingiusta», dice Camusso. «Dobbiamo dire a tutti che hanno 57 giorni per impugnare un contratto irregolare, illegale, a progetto senza progetto oppure chiedere giustizia. Sappiamo che è una scelta difficile tra la speranza di un lavoro, seppure precario, e la volontà di giustizia. E qualunque legge costringa qualcuno a decidere in solitudine è una legge che limita i diritti. Per questo diciamo che il ddl lavoro è una legge crudele e ingiusta», aggiunge. Il sindacato, invece «è pronto ad ascoltarli e a dare risposte». A rispondere soprattutto a chi «pensava che bastasse una legge per cancellare il futuro dei precari». E la Cgil ribadisce: «Noi sì che non lasceremo solo nessuno perchè il futuro si costruisce così; il futuro non è fuggire ed avere paura; un futuro senza giovani è peggio per tutti», conclude. Camusso ha attaccato frontalmente anche la ministra Gelmini, dicendosi stupita delle sue parole sull'unità tra pensionati e studenti. « Forse la ministra - ha detto - non sa come è fatto questo Paese e che dietro ai giovani e agli studenti ci sono famiglie ed un Paese che li sostiene». Per il resto, se da una parte la Cgil ripete il no a "deroghe nei contratti", «perchè il contratto collettivo nazionale di lavoro è un diritto universale per i lavoratori. I contratti devono guardare a tutti», dall'altra sposta l'asticella della "democrazia sindacale", proprio perché c'è il tavolo sul patto sociale insieme alla Cisl, nel territorio della cosiddetta "via pattizia". Niente legge, quindi, ma un accordo con quei sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori. Per Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della Fiom, il discorso di Susanna Camusso è stato «deludente». «Non si può rimandare sine die lo sciopero generale. Cosa deve accadere ancora? E non si può continuare a non citare nemmeno gli imprenditori», ha detto. Per Gianni Rinaldini, portavoce della "Cgil che vogliamo", è chiaro che l'iniziativa «non può avere come sbocco il patto sociale o una improbabile agenda per le forze politiche». A chiedere lo sciopero è anche la Fiom. «Bisogna arrivare allo sciopero generale. La prossima settimana c'è un direttivo della Cgil, resta da indicare una data», dice Maurizio Landini, leader del metalmeccanici, sostenendo che «a questo punto il problema non è solo il governo e la mancanza di una politica industriale, ma è anche la Confindustria con la sua politica».
Più possibilista Nicola Nicolosi, membro della segreteria nazionale e leader di "Lavoro e Società". «Il 17 settembre abbiamo deciso un percorso che traguarda lo sciopero generale nel caso in cui non dovessero essere accolte le nostre richieste. C'è da mettere nel conto, aggiunge, anche se ci sarà o no la crisi di governo. Se non ci sarà decideremo dopo il 14 dicembre».

Fabio Sebastiani
Articolo su Liberazione del 29/11/2010

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