Leggo il  comunicato e l’unica parola che al momento riesco a sussurrare è:  gravissimo.
Come nel  49 a .C.,  valicato il Rubicone in spregio delle leggi e del Senato non rimane che Roma da  occupare, e sembra che il potente e variopinto esercito che oggi attacca il  lavoro dipendente in Italia – del quale la Cisl  è l’”ala sinistra” mercenaria – è  ormai arrivato a quel punto.
Dopo  l’iniziale sorpresa deve però subentrare la riflessione.
Ma  vediamo se ho capito bene, nell'essenziale, la "proposta" dei sindacalisti  gialli, nonché la sua vera sostanza.
Dichiarandosi  favorevole alla riforma del Contratto nazionale dei metalmeccanici, la quale non  potrà che essere peggiorativa in termini economici e di garanzie al lavoro,  la Fim-Cisl   svela definitivamente il suo vero volto, vende all'incanto i lavoratori del  settore ed offre una sponda a Confindustria, se non allo stesso Marchionne,  mettendo in chiaro che la sua azione non è rivolta alla tutela del lavoro ma ad  una progressiva flessibilizzazione dello stesso.
La  manovra contro il lavoro di Fim assume come pretesto l'attacco Fiat, con la  prospettiva dell'uscita della Fiat stessa da Federmeccanica/ Confindustria e la  denuncia del contratto nazionale, cosa che innescherebbe una sorta di "reazione  a catena" fra le aziende del comparto ed una vanificazione, di fatto, delle  garanzie del Ccnl.
Si apre  la strada all'utilizzo della contrattazione aziendale quale cavallo di Troia per  scardinare la garanzia del contratto nazionale.
Le  "deroghe" alle norme del Ccnl, stabilite in caso di crisi dell'organismo  aziendale o per favorire un sempre più chimerico e improbabile sviluppo  dell'occupazione, poggiano su motivazioni volutamente generiche, tali da  consentire alle direzioni aziendali di valersi del predetto cavallo di Troia,  usando per i loro scopi di precarizzazione/ flessibilizzazione del lavoro la  contrattazione di secondo livello, ovviamente con il pieno supporto mercenario  dei sindacalisti Fim-Cisl.
Questa  "proposta" truffaldina, che consiste nel derogare al Ccnl aprendo, nei fatti, la  strada ad un suo futuro superamento, poggia sulla paura [corrispondente ad un  rischio reale dopo la minaccia della Fiat] che il contratto nazionale lo  superino le stesse aziende con una nuova prassi, seguendo una strada tracciata  da Marchionne.
Nel  contempo, la "proposta" dei gialli Fim di fonda sulla lusinga di poter per  questa via dare un contributo all'occupazione, ma oggettivamente attraverso la  "deroga" al Ccnl apre la strada ad ulteriori de-emancipazioni.
Questo  gioco sporco del bastone [la paura di un superamento del Ccnl da parte delle  aziende, trascinate dal “creativo” Marchionne] e della carota [improbabili  impulsi occupazionali che la deroga al Ccnl dovrebbe garantire] mi ricorda un  po’ il gioco, altrettanto sporco, che è stato fatto con il cosiddetto accordo di  San Valentino, il 14 febbraio dell’ormai lontano 1984, per demolire la scala  mobile.
Gli  attori politici erano diversi [al posto di Craxi oggi c’è Berlusconi, o meglio,  il gruppo di potere che lo circonda], il clima sociale e culturale non troppo  comparabile con quello odierno, ma di mezzo c’era sempre la Cisl  [all’epoca quella di  Pierre Carniti, sostenitore dell’accordo di San Valentino, non certo peggiore di  quella attuale, con Raffaele Bonanni], pronta ad offrire una sponda a chi voleva  superare una volta e per tutte il meccanismo della scala mobile, quale difesa  del potere d’acquisto di salari e stipendi  dall’inflazione.
In  breve, anche in quella storica occasione si usarono bastone e carota, nel gioco  truffaldino della paura e della lusinga.
La paura  era quella dell’inflazione, che erodeva il potere d’acquisto dei redditi di  lavoro dipendente, difesi dagli automatismi della scala mobile, e la lusinga  consisteva nel far credere ai lavoratori che era proprio la scala mobile, con i  suoi recuperi di potere d’acquisto ad alimentare il “mostro” depauperante  dell’inflazione, e che solo abolendo tali meccanismi si poteva efficacemente  combatterlo.
Tutto  falso, come si è constato con il senno di poi, ma questa visione – alla quale  aderiva anche l’ambigua Cisl di Carniti, “geloso” dell’influenza della Cigl sui  lavoratori – ha indubbiamente trionfato, producendo i suoi frutti  nefasti.
Oggi in  gioco c’è la fondamentale garanzia rappresentata dal Ccnl e non più gli  automatismi a salvaguardia del potere d’acquisto del lavoro, ma di mezzo c’è  sempre il sindacalismo giallo della Cisl, auxilia di Confindustria e del governo  in carica, con l’intento dichiarato di “lasciarsi coinvolgere” nelle scelte  importanti della vita dell’impresa, nella loro gestione e nella distribuzione  della ricchezza prodotta.
Intenzioni  apparentemente lodevoli che riportano agli altrettanto truffaldini paradigmi,  sostenuti in ambienti Cisl e nei suoi centri studi, della cosiddetta  responsabilità sociale dell’impresa e del chimerico capitalismo  sociale.
Perché  dunque essere conflittuali, visto che della lotta di classe è stata proclamata  ufficialmente la morte, o almeno la scomparsa, perché scegliere la via del  conflitto e dei rapporti di forza?
Meglio  essere condiscendenti, dice la  Fim-Cisl , e “agevolare relazioni industriali che assumono  l’impresa come luogo di interessi non necessariamente  contrastanti”.
Il che  equivale, in pratica, dati gli attacchi di Marchionne, le intenzioni di  Confindustria e del governo, l’indifferenza della debole opposizione politica  sistemica, al piegarsi a novanta gradi esatti davanti alle richieste  “modernizzanti” di questo osceno Capitalismo Transgenico  Finanziarizzato!
 

 
 
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