mercoledì 24 dicembre 2008

2009, l’anno lungo della recessione

Le previsioni danno una crescita del Prodotto mondiale pari all’1% con USA e UE in recessione. La ripresa è attesa per il 2010 con un recupero sia degli Stati Uniti che di Cina e India. E’ un quadro ottimistico secondo cui la crisi durerebbe solo un anno
...Più preoccupata è l’analisi di alcuni economisti, secondo i quali la contrazione della crescita si protrarrà oltre la fine del 2009 e non riguarderà solo le economie avanzate, ma anche quelle emergenti, a seguito della trasmissione degli shock finanziari e reali che hanno investito i paesi più sviluppati. La caduta molto veloce della domanda aggregata sta innescando un rischio deflazione che, portando alla trappola della liquidità, finirebbe con rendere inefficace la stessa politica monetaria. C’è dunque il pericolo di un avvitamento drammatico con redditi e occupazione in contrazione e caduta della domanda e dei prezzi.
Il rischio di un crollo sistemico è stato, almeno per il momento, scongiurato dall’iniziativa dei governi che stanno impiegando massicce risorse per tamponare le falle finanziarie e le crisi più gravi di interi settori produttivi. Fino ad ora, però, non si è fatto ancora nulla per affrontare gli squilibri dell’economia mondiale che sono alla radice dello tsunami finanziario. Grazie al signoreggio del dollaro, gli Stati Uniti hanno consumato, per oltre un decennio, molto più di quanto hanno prodotto, mentre la Cina, con l’enorme risparmio accumulato grazie ai bassi consumi interni, ha finanziato i deficit USA. Questo si è verificato per l’assoluta inadeguatezza dell’attuale “governance” mondiale che vede istituzioni internazionali (dal FMI, alla Banca mondiale, al WTO) in cui le grandi economie emergenti, Cina in testa, hanno ancora un ruolo marginale.
Il vertice mondiale del 15 novembre scorso, con la conferma dell’attuale G8 aperto in modo nebuloso alla consultazione del G20, ha affrontato in modo inadeguato questo nodo. Su questo esito del tutto insoddisfacente ha pesato la transizione politica in corso negli Usa. C’è da augurarsi che il Presidente Obama riesca a dare il necessario impulso alla tempestiva messa a punto di nuove regole condivise. Solo decise misure coordinate da parte dei paesi ad economia avanzata e di quelli ad economia emergente, infatti, possono evitare che la recessione globale si trasformi in depressione.
In questo contesto mondiale in cui domina l’incertezza, l’Europa si conferma come l’area con il ritmo di sviluppo più lento e l’Italia come il fanalino di coda della UE. A causa di un rigore antinflazionistico fuori luogo, la BCE ha provocato un apprezzamento dell’euro che ha frenato il Pil, mentre i vincoli del Trattato di Maastricht, in assenza di una politica economica unitaria, hanno ridotto le potenzialità di crescita dell’economia. Anche il piano anti crisi proposto dalla Commissione e approvato dai 27 leader dell’Unione venerdì scorso, fatica ad essere realizzato e, anche in questo caso, l’Italia è il fanalino di coda. Tremonti, per timore di perdere il controllo della finanza pubblica, ha imposto una manovra che, a giudizio del Centro Studi Bruegel di Bruxelles, avrà sull’economia non un effetto espansivo, ma un risultato restrittivo per lo 0,02 per cento del Pil.
Contro questa impostazione dettata dalla paura si sono pronunciate ormai tutte le forze sociali ed è contro questa politica che la Cgil ha effettuato lo sciopero generale del 12 dicembre. Il prossimo anno l’Italia, nel migliore dei casi, avrà una dinamica del Pil pari a -1 per cento e vicino allo 0 nel 2010. Se la crisi non si aggraverà, solo nel 2011 il Pil tornerebbe al livello del 2007: ciò è inaccettabile. A soffrirne non sarebbe solo il mondo del lavoro, con maggiore disoccupazione e cassa integrazione, ma la stessa finanza pubblica. Con un prodotto più piccolo, infatti, crescerebbe il rapporto debito- Pil e con esso la preoccupazione dei mercati finanziari sulla capacità del nostro Paese di onorare i debiti.

di Beniamino Lapadula

domenica 14 dicembre 2008

Giorgio Cremaschi: Questo è regime.

È semplicemente vergognoso il comportamento della grande stampa di informazione, che ha cancellato lo sciopero generale dalle notizie importanti. Questo si è un segnale di regime, la grande stampa può essere in disaccordo con Berlusconi su sky, ma è d’accordo con lui sul non dare rilevanza ai milioni di persone che ieri, nonostante le enormi difficoltà e il maltempo, hanno deciso di scioperare e di manifestare. Quando ci si chiederà ancora per quale ragione in Italia il lavoro sia cosi invisibile, bisognerà ricordare la giornata nera dell’informazione del 13 dicembre 2008.

venerdì 12 dicembre 2008

Lo sciopero è riuscito, bisogna continuare

“Nonostante la campagna contraria lo sciopero è riuscito, segno di una grande disponibilità delle lavoratrici e dei lavoratori per cambiare la politica economica e impedire il disegno contrattuale e sociale della Confindustria.”
“Questo sciopero deve essere considerato l’inizio di una fase di lotte e non certo un momento a sé stante o unico. Da tutte le piazze è venuto un messaggio chiarissimo: continuare. A gennaio, pertanto, la mobilitazione dovrà riprendere, anche perché oramai è chiaro che la linea della Cisl e della Uil di accettare tutto e non mobilitarsi mai non produce alcun risultato.”

domenica 7 dicembre 2008

SCIOPERO GENERALE

Le imprese hanno preferito alimentare la finanza scegliendo investimenti che aumentassero il profitto tralasciando sicurezza, ambiente, salario e diritti. Le banche, ingrassando, hanno collaborato sviluppando un sistema “finto” che si è gonfiato giorno dopo giorno. Quando è esplosa la bolla finanziaria i governi hanno trovato, in pochi giorni, migliaia di miliardi di euro per salvare il sistema.

Ma cosa hanno fatto per:
  • Salvare le lavoratrici, i lavoratori e le loro famiglie ?
  • Per aumentare i salari e i diritti ?
  • Per migliorare la vita di tutti ?
Niente, alle richieste sindacali ai vari livelli hanno sempre contrapposto competitività, produttività, crisi, buchi di bilancio, tesoretti scomparsi, ecc…
Serve invece un’altra politica economica e sociale del governo che difenda il lavoro e faccia pagare la crisi a chi non ha mai pagato.

La crisi del capitalismo la deve pagare chi l’ha provocata!!

Contro lo scambio salario/produttività
Contro lo smantellamento del contratto nazionale
Contro la precarietà
Contro il razzismo

Fermiamo i licenziamenti, l’attacco ai diritti e all’occupazione, fermiamo l’attacco al salario e alla scuola pubblica.

IL 12 DICEMBRE
RIEMPIAMO LE PIAZZE

giovedì 4 dicembre 2008

NOI NO!

PERCHE’ DICIAMO NO ALL’INTESA FIRMATA DA CISL E UIL CON LA CONFINDUSTRIA.


CISL e UIL hanno approvato senza interpellare i lavoratori, attraverso un documento di intesa, la proposta fatta e voluta a tutti i costi dalla CONFINDUSTRIA che riguarda la riforma della nostra contrattazione sia nazionale che integrativa, stracciando la rivendicazione unitaria fatta assieme alla CGIL e descritta nelle assemblee, perdendo per strada anche quei pochi elementi qualificanti di quella bozza, come per esempio il principio di un vero recupero del potere salariale.

La CGIL ha detto chiaramente che una “porcheria” del genere non poteva essere firmata.

Infatti, come descritto nel documento approvato da CISL e UIL, la base su cui verrà “calcolato il nostro salario” non sarà più l’inflazione programmata (ne tanto meno quella reale), ma un nuovo indice individuato da terzi che terrà conto dei prezzi al consumo epurandoli dall’inflazione importata.

Ciò significa che, se le aziende aumenteranno i prezzi dei loro prodotti al consumo giustificandolo con il rincaro dell’energia o delle materie prime, i lavoratori pagheranno due volte: la prima per non aver avuto il riconoscimento di quelle quote di salario riferite all’inflazione importata, la seconda per acquistare i beni che le aziende mettono sul mercato con gli aggiustamenti di prezzo.

Ma se tutto ciò non basta in aggiunta hanno previsto che la base di calcolo sulla quale apportare gli aumenti salariali non sarà più quella prevista fino ad oggi ma sarà più bassa; per intendersi se oggi l’aumento in percentuale del salario previsto dalla contrattazione nazionale è fatto su un valore, ad esempio 10, domani la percentuale di aumento si applicherà su 8, capite che in termini di salario un aumento del 2,5% del salario partendo da 10 darà un certo risultato economico su 8 darà un salario più basso.

La proposta di Confindustria avallata da CISL e UIL prevede anche che La durata del contratto sarà di tre anni e non è specificato come opererà il meccanismo di recupero automatico del delta tra quello che si era previsto come costo della vita e quello che in realtà si andrà a misurare a fine della vigenza contrattuale.

Si potrà presentare la piattaforma rivendicativa sei mesi prima della normale scadenza del contratto, ma per sette mesi non si potrà dichiarare sciopero a sostegno della trattativa, pena l’applicazione di sanzioni per i lavoratori in lotta.

Se dopo sei mesi la trattativa non va a concludersi, di fatto ci scippano il tavolo di trattativa e ne aprono uno a livello confederale tagliando fuori le categorie ed i lavoratori.

Anche la contrattazione di secondo livello durerà tre anni e a differenza di ciò che accade ora è che le richieste economiche potranno essere solo e soltanto variabili, legando buona parte del nostro salario a parametri di produttività, efficienza ,redditività. Tutto ciò che è a rischio!
Bisogna difendere ed aumentare i salari e garantire i diritti universali per tutti i lavoratori e le lavoratrici. Non si può decidere senza il pronunciamento ed il consenso dei lavoratori e delle lavoratrici perché il modello contrattuale definisce le regole per il SALARIO e per i DIRITTI di tutti.
Ciò che è ancora più allucinante è che nella contrattazione integrativa ciò che è previsto già in sede nazionale NON si potrà migliorare…. Però è permesso peggioralo in deroga!|

La FIOM ha detto NO all’intesa tra Confindustria, CISL e UIL!

Bisogna difendere ed aumentare i salari e garantire i diritti universali per tutti i lavoratori e le lavoratrici. Non si può decidere senza il pronunciamento ed il consenso dei lavoratori e delle lavoratrici perché il modello contrattuale definisce le regole per il SALARIO e per i DIRITTI di tutti.

lunedì 1 dicembre 2008

SCIOPERO CGIL

Si avvicina l'appuntamento con lo sciopero generale proclamato dalla Cgil per venerdì 12 dicembre. Trieste sarà sede i una delle quattro manifestazioni organizzate in Friuli Venezia Giulia.

Il ritrovo è fissato in piazza Goldoni alle 9.30, il comizio si terrà in piazza dell'Unità al termine del corteo.

sabato 29 novembre 2008

Il nuovo sfruttamento del lavoro in Italia e la crisi che avvantaggia il capitale

di Eugenio Orso

Di seguito presento un’analisi di Giorgio Cremaschi, della FIOM-CIGL e fondatore della Rete 28 Aprile, riguardante l’attacco ai diritti dei lavoratori in una fase di dissesto economico-sociale in atto nel nostro paese, dal titolo eloquente “Al capitalismo piace questa crisi”. La finalità del sindacalista, autore dello scritto, è quella di spiegare le ragioni più profonde dello sciopero generale del 12 dicembre prossimo venturo, che la CGIL ha proclamato in splendida solitudine per contrastare una manovra complessiva dell’esecutivo pidiellino-leghista, la quale sembra rivolta a “riformare” il mondo del lavoro italiano in senso favorevole alla sola industria decotta, riunita sotto le bandiere di Confindustria e decisa a continuare sulla via della compressione dei salari, della progressiva eliminazione delle garanzie ai lavoratori e dello sfruttamento della flessibilità selvaggia del lavoro in ogni settore.L’azione governativa dell’esecutivo pidiellino prevede tutta una serie di misure – da quelle relative alla detassazione dei soli straordinari, che rafforza la componente discrezionale della retribuzione a scapito di quella fissa e garantita, alla deregolamentazione che indebolisce il contratto nazionale [legge n° 133 del 2008], dal ripristino del lavoro a chiamata al peggioramento delle condizioni di salute e sicurezza del lavoratore – che delineano un quadro futuro molto fosco per gran parte della popolazione italiana, che di lavoro dipendente vive. Ritengo che l’analisi di Cremaschi sul tema del nuovo sfruttamento di un lavoro con sempre meno difese e protezioni sociali sia molto lucida, forse la migliore che ho avuto occasione di leggere in queste ultime settimane, e per tale motivo mi sento quasi in dovere di proporla.Dal mio punto di vista – per altro non troppo dissimile da quello del sindacalista della FIOM – insisto nell’affermare che tutti i segnali ci portano a concludere che il capitalismo internazionalizzato della terza età riassume i duri comportamenti, con effetti dirompenti di vistoso arretramento sul piano sociale, caratteristici del primo capitalismo ottocentesco.In particolare, torna d’attualità la spietata visione dell’economista classico David Ricardo, con la compressione della quota di prodotto riservata ai salari, nell’esaltazione finale di una vera e propria tara genetica del capitalismo: il principio della comparazione dei costi, con la ricerca del più basso costo di produzione che negli ultimi anni ha avuto respiro planetario ed ha conosciuto sempre meno limiti.Ricerca del più basso costo di produzione e massimizzazione del tasso di profitto – al di là di qualsiasi considerazione di ordine sociale, politico ed etico – significa, nella nostra realtà, compressione del costo del lavoro, in particolare se si privilegia, in un ottica meramente “difensiva” rispetto alla concorrenza di mercato, l’innovazione di processo in luogo dell’innovazione di prodotto, caratteristica dell’industria italiana in molti settori, negli ultimi due o tre decenni.Nella postmodernità, dunque, il capitalismo – assunta una dimensione finanziaria di moltiplicazione fittizia della ricchezza e un nomadismo senza uguali nelle epoche precedenti – ha proceduto nel tentativo di “smantellare” gli stati nazionali e le federazioni, ridotti a semplici catene di trasmissione dei suoi interessi, e di depotenziare, in particolare e per ciò che qui interessa, le tutele e coperture sociali assicurate al lavoro dal compromesso fordista e dalla nascita del welfare.Questo processo di autentica distruzione della dimensione politica e sociale, a solo vantaggio di quella privata e finanziaria del capitale, sembra non arrestarsi anche di fronte alla crisi che avanza, la quale potrà essere sistemica, portando a svolte epocali nella storia umana, e non rappresentare soltanto una “congiuntura” come ci fanno credere in molti.Fino a quali livelli si può comprimere il monte salari, a vantaggio della quota del prodotto sociale che va ai profitti?Secondo David Ricardo – che era un agente di cambio figlio di un banchiere ebreo, non dimentichiamolo – fino al minimo livello che può garantire la sopravvivenza del lavoratore e del suo nucleo familiare.In tali contesti e all’interno di questa logica socialmente aberrante, la forza-lavoro deve perciò poter riprodursi, fornire risorse il più possibile “intercambiabili” al capitale, ma non è richiesto né necessario che si emancipi o che gli sia garantito il raggiungimento di un livello di vita materiale più alto.Quanto precede spiega la recente, pelosa “carità pubblica” del IV governo Berlusconi, rivolta esclusivamente agli indigenti – ad esempio attraverso l’uso di una social card caricata mensilmente con pochi spiccioli – e senza vere ed estese misure di sostegno dei redditi da lavoro dipendente.Berlusconi si è detto dispiaciuto di non poter procedere alla detassazione delle tredicesime di operai e impiegati, eppure il pacchetto anti-crisi – di cui si vanta il super ministro dell’economia Giulio Tremonti – può contare su ben “sette strumenti” che si applicano ad un volume della bellezza di 80 miliardi di euro, detassazioni e trasferimenti netti compresi.Nella realtà, si vuole legare sempre di più i livelli retributivi – estendendo la parte variabile e discrezionale del salario a scapito di quella fissa, lasciando dilagare il precariato – agli andamenti economici aziendali, nella privatissima esaltazione della “efficienza”, della “produttività”, della crescita indefinita del tasso di profitto e nell’adorazione totemica del mercato. In paesi deboli e privi di autonomia nel decidere autonomamente le politiche economiche e sociali – quale è, in effetti, l’Italia – pur davanti all’imminenza del disastro non vi potrà essere un’inversione di tendenza, fintanto che ciò non avverrà nel cuore del “sistema” in cui è iniziata l’ultima mutazione del capitalismo, cioè negli Stati Uniti d’America e fino a che il vento del cambiamento non inizierà a soffiare con prepotenza anche nella periferia dell’Europa.Diamo spazio, dopo di questo non brevissimo e spero non inutile commento, alle parole di Cremaschi:

“Al capitalismo piace questa crisi”di Giorgio Cremaschi

Dobbiamo smetterla di discutere delle chiacchiere e guardare alla sostanza dei provvedimenti che vengono presi. Per ora non c'è un solo paese occidentale che abbia deciso misure per far aumentare i salari e fermare i licenziamenti. Anche Obama tace sul salario minimo di legge, che negli Usa è fermo al 1998. Al contrario tutte le decisioni che vengono concretamente varate servono a sostenere le banche, la finanza, i programmi d'investimento, di ristrutturazione, di licenziamento delle imprese. Sotto l'onda dell'emergenza globale si affermano criteri sociali che sono quelli di una vera e propria economia di guerra. E anche gli investimenti militari veri e propri aumentano. Mentre i poveri reali crescono a dismisura, si definiscono ristrette categorie di poveri ufficiali. In Italia stiamo sperimentando l'elemosina di stato che tocca, con la carta sociale del governo, un milione e duecento mila persone.C'è del metodo in questa follia. Si usa la crisi per selezionare un nuovo tipo di lavoratore, e costruire attorno ad esso una società ancora più ingiusta e feroce di quella attuale. Da noi hanno cominciato con la scuola e l'Università. Le controriforme del governo sono state scritte su dettatura della Confindustria e partono dall'assunto che è impossibile avere una scuola di massa pubblica ed efficiente. Così si abbandona a se stessa gran parte della scuola pubblica e si seleziona, assieme alle imprese, l'élite per il mercato e per il profitto. In Alitalia si è fatto lo stesso. L'intervento pubblico è servito a socializzare le perdite, che pagheremo tutti noi. I padroni privati invece potranno scegliere dal contenitore della vecchia società il meglio delle rotte, delle strutture, e naturalmente dei lavoratori. E chi non ci sta attenta all'interesse nazionale.Il Sole 24 ore ha dedicato un editoriale ai nuovi nemici del popolo, piloti, musicisti, lavoratori specializzati, che pretendono di difendere il proprio status. La macina del capitalismo diventa ancora più dura quando questo va in crisi. Nel 1994 la Fiat buttò in Cassa integrazione gran parte di quegli impiegati e capi, che sfilando a suo sostegno nell'ottobre del 1980, le fecero vincere la vertenza contro gli operai. Oggi si parla tanto di merito, ma tutte le categorie professionali subiscono gli effetti di un'organizzazione del lavoro sempre più parcellizzata e autoritaria, mentre l'unico merito che davvero viene riconosciuto è quello della fedeltà e dell'obbedienza.L'amministratore delegato della Fiat vuole che la sua azienda somigli sempre di più alla catena di supermercati Wall-Mart. Si dice che Ford abbia installato le prime catene di montaggio ispirandosi a come si lavorava nei magazzini della carne di Chicago. Il modello giapponese a sua volta nasce copiando la logistica dei moderni supermercati. Ora la Fiat annuncia un futuro copiato dalla più grande catena di supermercati a basso costo. Ma Wall-Mart è anche una società brutalmente antisindacale, che schiavizza i propri dipendenti. Il programma di Marchionne è dunque anche un programma sociale, che prepara ulteriori assalti all'occupazione e ai diritti dei lavoratori Fiat.Le leggi sul lavoro flessibile che centrosinistra e centrodestra hanno varato in questi anni, ora mostrano la loro vera funzione. Esse permettono di licenziare centinaia di migliaia di persone senza articolo 18 o altro che l'impedisca. E così la tutela contro i licenziamenti diventa un privilegio, quello che permette di essere almeno dichiarati come esuberi. E i soliti commentatori di entrambi gli schieramenti annunciano che con tanto precariato, i privilegi non si possono più difendere. Per i migranti la perdita dei diritti sociali diventa anche distruzione di quelli civili. Chi viene licenziato, grazie alla Bossi-Fini, diventa clandestino e con lui tutti i suoi famigliari.E la crisi avanza. Che essa fosse ben radicata nell'economia reale e non solo in quella finanziaria, lo dimostra la velocità con cui si ferma il lavoro, si licenziano o si mettono in cassa integrazione i dipendenti. Una velocità superiore a quella della caduta della Borsa.
Le ristrutturazioni nelle aziende non sono solo crisi. Esse, come sostengono tanti dottori Stranamore dell'economia, hanno una funzione "creatrice". Esse servono a frantumare le condizioni sociali e di lavoro, a dividere e contrapporre gli interessi, a fare entrare nel Dna di ogni persona che la sconfitta e di uno è la salvezza di un altro. La riforma del modello contrattuale vuole suggellare questa situazione. Distruggendo il contratto nazionale e limitando la contrattazione aziendale al rapporto tra salario e produttività, essa punta a selezionare una nuova specie di lavoratori super flessibili, super obbedienti e super impauriti. E per il sindacato resta la funzione della complicità, come è scritto nel libro Verde del governo.

Se è vero che le crisi sono occasioni, quella italiana sta delineando la possibilità di distruggere ogni base materiale dei principi contenuti nella Costituzione della Repubblica. Bisogna fermarli, bisogna travolgerli come stava scritto in uno striscione degli studenti. Non ci sono mediazioni rispetto al disegno di selezione sociale che sta avanzando sotto la spinta della Confindustria e del governo. O lo sconfiggiamo o ne verremo distrutti. Per questo lo sciopero del 12 dicembre non può concludere, ma deve dare l'avvio a un ciclo di lotte in grado di imporre un'altra agenda politica e sociale. Alla triade privato, mercato, flessibilità, bisogna contrapporre la difesa e l'estensione del pubblico sociale, dei diritti e dei salari. E l'Europa di Maastricht è nostro avversario così come il governo Berlusconi. C'è sempre meno spazio per quella cultura riformista che pensava di coniugare liberismo economico ed equità sociale. Per questo ci paiono sempre più stanchi e inutili i discorsi sull'economia sociale di mercato di tanti benpensanti di centrosinistra e centrodestra.
Solo un cambiamento radicale nell'economia e nella società può sconfiggere il disegno reazionario dei poteri e delle forze che ci hanno portato alla crisi attuale e che pensano di farla pagare interamente a noi. O si cambia davvero, o si precipita in una società mostruosa che avrà come necessario corollario l'autoritarismo nelle istituzioni. Forse è proprio la dimensione e la brutalità delle alternative che ci spaventa e frena, ma se questa è la realtà allora è il momento di avere coraggio.

giovedì 27 novembre 2008

IL LIBRO VERDE approvato DAL GOVERNO:

14 BUONI motivi per aderire allo sciopero generale della cgil di venerdì 12 dicembre.

Ecco i provvedimenti, che assieme alla riforma sui contratti, sconvolgeranno a breve il mondo del lavoro dipendente.

1. Detassazione degli straordinari Legge 126/24 luglio 2008
La bufala della detassazione penalizza i lavoratori part- time a basso reddito, rafforza il salario discrezionale e aumenta le disuguaglianze salariali. Inoltre un lavoratore per guadagnare 35 euro in più al mese sarà costretto a fare almeno 50 ore straordinarie.

2. Deregolamentazione del mercato del lavoro legge 133 del 5 agosto 2008
Nel decreto legge 112 del 25 giugno 2008, convertito in legge 133 il 5 agosto 2008, sono contenute molte norme di peggioramento delle condizioni di lavoro, di deregolamentazione dei contratti nazionali, di aumento della precarietà, di alleggerimento di controlli e obblighi per le imprese, di forte indebolimento dell’attività ispettiva e quindi delle politiche di contrasto del lavoro nero e irregolare, e di tutela della salute e sicurezza del lavoro.

3. Viene ripristinato per tutti i settori il lavoro a chiamata.

4. Il lavoro a tempo determinato è reso possibile anche per “l’ordinaria attività dell’impresa”, puntando quindi a una sorta di equivalenza con il “normale” rapporto di lavoro a tempo indeterminato; viene introdotto il principio della derogabilità in peggio rispetto al CCNL attraverso la contrattazione aziendale e territoriale.
Al momento della trasformazione in legge è stato inserita la clausola scandalosa e anticostituzionale che cancella per i procedimenti già in corso (leggi Poste e Alitalia) il diritto alla reintegra nel posto di lavoro per quei lavoratori di cui il giudice rilevi la nullità della interruzione del rapporto di lavoro, cioè quando si è rilevata la sussistenza di un falso contratto a termine, sostituendolo con un risarcimento economico.

5. Viene generalizzato il lavoro accessorio, ovvero quello temporaneo, retribuito al di fuori di qualsiasi contratto, tramite un Voucher o Buono prepagato, infatti viene allargata la platea dei soggetti che possono ricorrervi estendendolo a tutte le attività stagionali e non ponendo limiti per la sua durata.

6. Si peggiora l’apprendistato, riportando la possibilità di svolgere la formazione tutta interna all’azienda tramite accordo sindacale aziendale e/o con gli enti bilaterali, e quindi abrogando tutte le norme che prevedevano un controllo pubblico sulla qualità e sul reale svolgimento della formazione, ma anche tutti gli standard minimi.

7. Si cancella la legge che tutela le dimissioni volontarie, per contrastare la pratica delle “dimissioni in bianco”, legge fortemente voluta dalle donne che sono le più colpite da questa pratica illegittima e ricattatoria, molto più diffusa di quanto il governo e confindustria ci vogliono far credere. Questa legge non comportava spese per lo Stato, quindi la sua soppressione è puramente ideologica all’insegna della “ semplificazione” ovvero della più completa libertà per i padroni nella gestione dei rapporti di lavoro.

8. Si determinano modifiche in peggio della disciplina del lavoro notturno ( è considerato lavoratore notturno solo chi lavora di notte per più di tre ore continuative), il riposo settimanale ( viene calcolato sulla base di 14 gg) e giornaliero ( la reperibilità non interrompe le 11 ore di riposo obbligatorie ), viene abrogato l’obbligo per le imprese a comunicare alle Direzioni provinciali del Lavoro l’effettuazione del lavoro straordinario eccedente le 48 ore settimanali e il lavoro notturno per tutte le aziende non organizzate strutturalmente su turni.

9. Vengono abrogati libro matricola e libro paga, sostituiti da un nuovo LIBRO UNICO DEL LAVORO in cui i lavoratori vengono iscritti entro il giorno 16 del mese successivo, vanificando in questo modo l’attività ispettiva. Infatti i libri aziendali possono anche non essere tenuti presso il luogo di lavoro, bensì presso la sede del consulente aziendale, che ha altri 15 gg di tempo per consegnarli all’ispettore, nel caso di richiesta dello stesso. Le sanzioni relative al non corretto mantenimento dei libri aziendali sia per il datore di lavoro che per i consulenti diventano irrisorie, così come quelle per la non presentazione entro i tempi previsti.

10. La copia delle pagine del libro unico, inerenti il singolo rapporto di lavoro, mensilmente possono sostituire la busta paga del lavoratore, senza che il padrone sia obbligato a registrare le presenze e gli orari effettivamente svolti, quindi con un pesante indebolimento della possibilità da parte del singolo lavoratore di poter verificare e controllare le proprie competenze economiche ( indennità turni e reperibilità, pagamento straordinari , trattenute per ritardi, malattie e permessi non retribuiti e quant’altro collegato alla presenza), incidendo negativamente sul diritto dei lavoratori di recuperare attraverso le vertenze tutto ciò che gli è dovuto.

11. viene abrogata la sanzione per il datore di lavoro se i lavoratori non sono dotati del tesserino di riconoscimento, mentre rimane quella per i lavoratori che non lo esibiscono.

12. Si depotenziano e si abrogano le misure più significative del recente Testo Unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, diminuendone le sanzioni e depotenziando la natura pubblica dei controlli.

13. Sterilizzazione del processo del lavoro e mani legate per i giudici del lavoro Disegno di legge 1441 quater

Gravi sono le limitazioni poste all’ intervento del giudice del Lavoro in tema di controversie individuali relative all’instaurazione del rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento d’azienda e recesso, licenziamento, qualificazione dei rapporti di lavoro. Infatti - secondo questo pessimo disegno di legge di chiara ispirazione anticostituzionale- il giudice si deve limitare all’accertamento del presupposto di legittimità, e deve invece astenersi dal valutare condizioni connesse con l’organizzazione del lavoro e della produzione, sempre per salvaguardare il principio della libertà d’impresa.

Gli effetti di tale norma su tutte le azioni legali tese alla trasformazione di contratti precari ( a tempo determinato o atipici che siano) in contratti a tempo indeterminato è di facile intuizione, così come per tutte le cause che vogliono risalire alle responsabilità dei padroni in caso di incidenti sul lavoro!
Inoltre, in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, viene fatto divieto al giudice di discostarsi dalle valutazioni espresse dalle parti in sede di certificazione dei contratti di lavoro ( sempre gli enti bilaterali!), inserendo un principio di palese incostituzionalità per cui ciò che viene definito in sede di collegio di certificazione, supera ed ha un valore cogente superiore alla legge, determinando una obbiettiva disparità di diritto e di trattamento tra lavoratori con rapporti certificati e non. Per non parlare dell’incostituzionalità di norme lavorative che delimitano gli ambiti e le materie in cui il giudice può esercitare la funzione giudicante oltre che le procedure delle stesse.

14. Attacco all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: in materia di giusta causa di licenziamento si prevede che i contratti individuali, stipulati con l’assistenza o la consulenza delle commissioni di certificazione possano essere previste clausole diverse da quelle stabilite dalla legge 300 e dai contratti collettivi. E che il giudice deve attenersi a queste per valutare la legittimità del licenziamento . Gli effetti di questa norma avrebbero un effetto devastante sulla tutela del licenziamento perché si affermerebbe una pratica di completo aggiramento dell’art. 18 attraverso la stipula di contratti individuali, fortemente vessatori a cui i lavoratori potrebbero consentire pur di essere assunti.

Inoltre con L’Impugnativa del licenziamento si prevede la decadenza diritto ad impugnare il licenziamento dopo 120 giorni, termine che viene applicato anche per i casi di nullità del licenziamento, e di licenziamento inefficace, di recesso del committente nel caso di collaborazioni, così come nei licenziamenti che implicano la risoluzione di questioni inerenti alla qualificazione del rapporto di lavoro o la legittimità del termine apposto al contratto.
Norma fortemente ricattatoria specie nei confronti di tutti quei lavoratori a termine, che prima di muovere azione legale nei confronti del padrone aspettano a vedere se verranno richiamati per un successivo contratto precario.


IL 12 DICEMBRE SAREMO in piazza PER FERMARE QUESTI PROVVEDIMENTI!
E tu?

venerdì 21 novembre 2008

Comunicato sull'incontro con la Direzione Aziendale

Dall’ultima riunione del 20 novembre 2008, presenti il gruppo di lavoro aziendale, le OO.SS e le RSU, emerge una situazione tutt’ora poco chiara sugli sviluppi futuri di Insiel FVG e di Insiel Mercato rispetto alle intenzioni espresse nel Piano Industriale.
A poco più di un mese dalla costituzione di Insiel Mercato, la delegazione sindacale:
• non ha potuto ancora prendere visione dell’accordo quadro e del piano di formazione, anche nelle eventuali versioni bozza.
• ha riscontrato che l’auspicata riorganizzazione interna di Insiel FVG non è stata ancora avviata nonostante la paralisi produttiva in cui versa l’azienda.
• le osservazioni delle RSU in merito agli organici trasferiti ad Insiel mercato, espresse nell’incontro tecnico dello scorso 10 novembre, sono state valutate dal gruppo di lavoro aziendale ma la composizione delle competenze di Insiel Mercato rimane attualmente invariata.
• l’organizzazione e l’organigramma di Insiel Mercato e Insiel FVG sono ancora in fase di studio.
Inoltre, preso atto della costituzione dei gruppi di lavoro, la delegazione si augura che il prossimo incontro previsto per la metà di dicembre sia l’occasione per condividerne il lavoro che si presume sarà, a quel punto, prossimo al termine.

Tutto ciò considerato, la delegazione sindacale richiederà unitariamente un incontro con la proprietà Regione per condividere con la Presidenza le proprie preoccupazioni sullo stato di avanzamento delle attività rispetto ai tempi ormai stringenti e ricevere informazioni relative a bando di gara/vendita.

RSU E OO.SS. FIM – FIOM – FISMIC – UGL – UILM

giovedì 20 novembre 2008

Nota Stampa

Giorgio Cremaschi: “Berlusconi e Veltroni: ricette sulla crisi opposte e altrettanto vecchie”

Il precipitare della crisi economica dimostra che tutte le vecchie politiche economiche e sociali non servono a nulla. Non servono né le politiche liberiste e di rottura sindacale di Berlusconi, né gli appelli al patto sociale di Veltroni. Quello che serve oggi è un intervento immediato a sostegno dei redditi da lavoro e da pensione e per bloccare la cancellazione dei posti di lavoro. Non bisogna aver paura di ripristinare l’intervento pubblico nell’economia, ma, per quanto riguarda gli aiuti alle imprese, bisogna finanziare gli investimenti, pretendendo impegni occupazionali e produttivi. La Confindustria deve rinunciare all’idea di smantellare o anche solo ridimensionare il Contratto nazionale. Oggi infatti tutta l’impostazione sul salario-produttività e sull’aziendalizzazione delle relazioni sindacali, si rivela aria fritta, quando è necessario difendere il salario dei lavoratori in tutta Italia.
In conclusione è bene che si capisca che la drammaticità della crisi impone radicali cambiamenti a politici, imprenditori e sindacati e che nessuna continuità può esserci con le politiche economiche e sociali che in questi anni hanno compresso il costo e le condizioni di lavoro e esaltato la finanza e la speculazione.

Giorgio Cremaschi: “Dopo il voto al Senato che da il via libera ai licenziamenti di massa, lo sciopero generale del 12 è solo l’inizio della lotta contro l’alleanza tra governo e Confindustria”

Nelle more del decreto Alitalia abbiamo scoperto un nuovo vergognoso attacco ai fondamentali diritti del lavoro. Infatti, il voto del Senato sul decreto modifica l’articolo 2112 del Codice Civile, eliminando la garanzia di mantenimento del salario e dei diritti per i lavoratori che vengono trasferiti da un’azienda all’altra. Questo dimostra che si vuole affrontare la crisi colpendo ancor di più il salario e i diritti del lavoro e che l’Alitalia è stata la leva su cui agire per dare il via ai licenziamenti di massa.
Già con il decreto salva manager il governo aveva mostrato cosa intende per soluzione delle crisi: l’impunità per chi ne è responsabile. Oggi, con il voto al Senato, il governo, in totale accordo con la Confindustria, conferma che la crisi è un’occasione per licenziare e distruggere salari e contratti.
Dopo questa nuova decisione del governo non solo c’è la necessità di confermare lo sciopero generale, ma anche di continuare la mobilitazione contro l’alleanza industriali governo che sta portando il lavoro e il paese al disastro.

giovedì 13 novembre 2008

Rendimenti di Cometa nei primi 9 mesi del 2008

Valore delle quote dei comparti di Cometa al netto di tutti i costi

Rendimento del TFR, non confluito nei fondi pensione, a settembre 3%



dati tratti dal sito Cometa

lunedì 10 novembre 2008

Comunitato del Comitato degli Iscritti

In data odierna si è riunito il Comitato degli Iscritti della FIOM di Trieste il quale ha valutato che in data 23 settembre 2008 si è sottoscritto un accordo che fissa le modalità dello scorporo e le relative operazioni necessarie all'attuazione d’Insiel Mercato; operazioni da verificare e valutare con le RSU e le Segreterie Territoriali di Trieste e Udine.

Il Comitato degli Iscritti informato della richiesta aziendale di un incontro, che prevede il solo coinvolgimento delle RSU nel tavolo tecnico di definizione del personale coinvolto in Insiel Mercato, ritiene necessario:
  • Mantenere il coinvolgimento di tutta la delegazione sindacale allo scopo di evitare ambiguità che si potrebbero determinare dalla mancanza del coinvolgimento di tutti i firmatari.
  • Continuare il percorso avviato anche a seguito della individuazione dei 135 nominativi che corrisponde al diritto/dovere della proprietà di assumersi la responsabilità nel determinare le condizioni organizzative e professionali che coincide con gli impegni sottoscritti per la costituzione di due società in modo che queste aziende siano in grado di garantire l’occupazione e lo sviluppo nel settore pubblico e privato come descritto dall'accordo sottoscritto in data 23 settembre che prevede il monitoraggio su organizzazione, formazione e accordo quadro di cui sono garanti la Proprietà, le RSU e le Segreterie firmatarie dell'accordo medesimo.
  • Impegnare la RSU FIOM e la Segreteria FIOM a chiedere ed a ricevere risposta da parte delle altre RSU e delle segreterie di riferimento che tutte le informazioni derivanti dagli incontri siano sottoposte alla valutazione dei dipendenti dell'Insiel tramite la convocazione di assemblee generali.
Pertanto, Comitato degli Iscritti dà mandato alla RSU Fiom di essere presente agli incontri a condizione che la delegazione sindacale sia costituita da tutte le RSU di Trieste e Udine e dalla presenza (salvo comunicazione e/o decisione della singola delegazione sindacale) delle Segreterie Territoriali che hanno sottoscritto gli accordi, in caso contrario le RSU della FIOM di Trieste chiederà di sospendere gli incontri e chiederà alle altre RSU di creare le condizioni affinché sia rispettata la responsabilità di chi ha firmato gli accordi.

Siamo all’emergenza sociale

“C’è una situazione di emergenza sociale nel paese e questo richiede l'impiego di ingenti risorse come è stato fatto sul terreno delle banche. Non si può dire a chi è licenziato che c’è il vincolo della spesa pubblica. Bisogna tenere insieme un ragionamento di prospettiva con uno straordinario intervento sociale”. A dirlo è il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, secondo cui “il termine recessione è equivoco perché è stato usato troppe volte rispetto a situazioni meno gravi”.

Spiega il dirigente sindacale: “Siamo di fronte alla crisi più grave dal dopoguerra ad oggi perché riguarda l'intero modello di sviluppo e di crescita che ha segnato questi ultimi decenni. Un modello che teneva insieme basse retribuzioni, deregolazione sul terreno del lavoro e precarietà con un sistema di consumi fondato sul credito. Non basta avere un'idea di come uscire dalla crisi, ma bisogna affrontare anche l'emergenza”.

In Piemonte, dove oggi si trova Rinaldini, secondo i dati forniti dalla Fiom regionale le aziende in crisi sono ad oggi 533 con circa 60 mila addetti: sono quasi 6 mila le ore di cassa integrazione straordinaria richieste con circa 31 mila addetti coinvolti e quasi 4 mila i precari colpiti. A darne notizia è l’Ansa.

giovedì 6 novembre 2008

Riunione del Comitato degli Iscritti della FIOM d'Insiel

Il prossimo incontro degli iscritti FIOM è stato fissato per il giorno 7 novembre 2008 alle ore 14.00 presso la Saletta RSU in quarto piano di via S. Francesco. L’incontro verterà sulle prospettive occupazionali per i lavoratori di InsielFVG e per i 135 lavoratori di InsielMercato e durerà circa 1 ora. Invito tutti gli iscritti a partecipare ed a estendere l’invito a tutti i colleghi che possono essere interessati.

martedì 4 novembre 2008

LE PROPOSTE DELLA FIOM

Le ragioni della crisi
La riduzione del valore reale dei salari e delle pensioni, la riduzione del lavoro a paura merce con un estensione della condizione di precarietà senza precedenti, la deregolazione del laPolitiche di sistemavoro e sociale, la scomposizione del ciclo produttivo, sono parte integrante del processo di questi anni di finanziarizzazione dell’economia che ha prodotto la crisi economica e recessiva che stiamo vivendo, scaricandone i costi sulle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone.
Del resto l’idea predominante e di fondo di questi anni è stata che i consumi si potessero sostenere con il credito (cioè l’indebitamento delle persone) e che gli strumenti finanziari si potessero espandere senza limiti.
I segnali di una crisi economica dovuta ad una sovraccapacità produttiva ed al crollo della domanda e dei consumi erano già presenti ed in atto. La gravità della situazione è dovuta anche al fatto che a ciò si è sommata la crisi finanziaria. Non siamo quindi in presenza di una crisi passeggera o di semplice aggiustamento, ma bensì della crisi di un modello di sviluppo fondato sulla svalorizzazione del lavoro e la finanziarizzazione che ha prodotto una redistribuzione della ricchezza verso i profitti ed a danno dei salari (di oltre 10 punti di Prodotto Interno Lordo) ed un aumento delle diseguaglianze sociali.
In questo contesto non si può semplicemente assistere al fatto che ingenti risorse pubbliche siano indirizzate al salvataggio delle banche e delle istituzioni finanziarie e contemporaneamente pensare che un debole ed in alcuni casi arretrato sistema industriale italiano da solo possa farcela ad uscire prima o poi dalla crisi.
Così si sta semplicemente determinando una situazione paradossale in cui con i soldi pubblici si salvano le banche ed i costi della crisi si scaricano tagliando l’occupazione, i salari, le pensioni e lo Stato sociale.

Per invertire il processo
Ciò produce una situazione sociale drammatica ed inaccettabile.
Bisogna invertire questo processo e porre al centro nuove politiche pubbliche che indirizzino l’innovazione dei processi e dei prodotti.
Significa ad esempio investimenti verso un ammodernamento delle infrastrutture, una nuova idea di mobilità sostenibile, la produzione di apparecchi elettrodomestici di consumo e professionali eco-compatibili, una crescita della dimensione d’impresa anche attraverso la costruzione di reti tra imprese.
Si ripropone cioè il problema non solo di COME produrre ma di COSA e PERCHÉ produrre per definire un nuovo modello sociale e produttivo ambientalmente sostenibile, fondato sulla qualità del lavoro, la ricerca e l’innovazione.
Allo stesso tempo sono inaccettabili i tagli allo STATO SOCIALE, decisi del Governo, che nei fatti affondano la possibilità di esistere ad una SCUOLA PUBBLICA e ad un SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO quali diritti essenziali di cittadinanza e di civiltà.
In realtà tutto ciò rende esplicito e chiaro che la Confindustria con il sostegno del Governo quando parla di competitività e di produttività in realtà pensa ad un ulteriore intensificazione della prestazione lavorativa a un aumento dell’orario di lavoro e della discrezionalità unilaterale dell’impresa.

No all'allungamento dell'orario
E’ esemplificativo il fatto che il 16 dicembre a Bruxelles il PARLAMENTO EUROPEO è convocato per approvare una Direttiva Europea che prevede, attraverso la realizzazione di accordi individuali tra lavoratore e datore di lavoro, la possibilità di allungare l’orario fino a 65 ore settimanali.
Nel pieno di una grave crisi recessiva ed occupazionale, la ricetta dei padroni e della maggioranza dei governi europei è quella paradossale di aumentare gli orari di lavoro e peggiorare le condizioni di lavoro.
E’ importante che i sindacati europei in modo coordinato ed unitario per impedire che tale Direttiva sia approvata abbiano organizzato proprio per il 16 dicembre 2008 una manifestazione europea a Bruxelles, a cui la Fiom (che insieme a Fim e Uilm è stata tra i proponenti) è impegnata ad essere presente con la più ampia partecipazione possibile.

Le nostre rivendicazioni per costruire una rete sociale di protezione
La radicalità e la pervasività dei processi in atto richiedono soluzioni ed azioni di sistema, non episodiche, con un respiro almeno europeo e contemporaneamente si rende necessaria la costruzione di una RETE SOCIALE DI PROTEZIONE per tutti (lavoratori dipendenti, precari, giovani, migranti e pensionati) fondata sulla solidarietà e la giustizia sociale.
Bisogna evitare che la legislazione sul lavoro prodotta in questi anni, trasformi l’attuale crisi finanziaria ed economica in un conflitto tra lavoratori dipendenti, tra lavoratori italiani e migranti. É a partire da questi presupposti che per affrontare questa nuova situazione riteniamo necessario un nuovo intervento pubblico e una spesa sociale esplicitamente finalizzata e ondata sulle seguenti proposte:

Politiche di sistema
  • Un nuovo intervento pubblico nell’economia ha come primo obiettivo quello di superare i vincoli definiti a livello europeo (Maastricht) che altrimenti riducono nei fatti la spesa pubblica.
  • Qualificazione della spesa pubblica con finalità sociali.
  • Un nuovo modello di sviluppo deve assumere quale vincolo la compatibilità, la sostenibilità ambientale e le politiche industriali non possono ridursi ad incentivi per la rottamazione, ma devono incentivare e sostenere la ricerca, l’innovazione e la qualità dei prodotti, del lavoro e dei processi formativi.
  • Le nuove frontiere del futuro, anche per contrastare la pericolosa tendenza alla delocalizzazione, devono incentivare ad esempio la progettazione ecocompatibile, la riciclabilità dei prodotti, l’introduzione di controlli sulla conformità dei prodotti anche importati, lo sviluppo delle energie rinnovabili ed in questo contesto la sostituzione dei prodotti.
Anche per questo è necessario che la riorganizzazione e ristrutturazione dei settori industriali abbiano una dimensione europea.
Viceversa, le scelte del Governo e della Confindustria di contrastare i limiti europei in materia ambientale sono sbagliate e poco lungimiranti.

Struttura contrattuale e legislazione sul lavoro
L’obiettivo della Confindustria e del Governo è quello di utilizzare la crisi recessiva in atto per modificare le relazioni sociali ed industriali fino al punto di puntare nei prossimi anni all’annullamento dellaPolitiche di sistema contrattazione collettiva quale strumento democratico di mediazione tra diversi interessi.
In questo senso le LINEE GUIDA definite dalla Confindustria e le proposte del Governo prefigurano la riduzione programmata del valore reale delle retribuzioni e la negoziazione di una qualsiasi autonomia contrattuale sugli aspetti che compongono la prestazione lavorativa se non in modo subalterno alle esigenze delle imprese.
Del resto anche il metodo utilizzato da Confindustria e Governo ha reso evidente che al sindacato è soltanto consentito di aderire alle richieste ed alle esigenze delle imprese.
La produzione legislativa dell’attuale Governo sta delineando una totale deregolazione del lavoro nei suoi diversi aspetti sino ad arrivare alla manomissione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
A diversità del 2001 la strategia del Governo non declama un plateale e frontale attacco al diritto del lavoro, ma si sviluppa attraverso un’azione mirata giorno per giorno fatta di decreti il cui effetto è ancor più radicale e pericoloso.
Basta ricordare, ad esempio, alcuni dei provvedimenti più importanti decisi dal Governo o in via di discussione in Parlamento:
  • la detassazione del lavoro straordinario
  • il ripristino del lavoro a chiamata
  • la derogabilità dei CCNL in materia di contratti a termine
  • si peggiora l’apprendistato
  • si indeboliscono le norme per combattere lavoro nero e irregolare, l’evasione e l’elusione fiscale
  • si è cancellata la legge sulle dimissioni volontarie
  • si peggiorano norme in materia di orario (notturno e riposo settimanale)
  • vengono abrogati il libro matricola ed il libro paga
  • si depotenziano le sanzioni e la natura pubblica dei controlli previsti dal recente testo unico sulla sicurezza
  • si indeboliscono gli spazi d’intento per gli ispettori del lavoro e dell’INPS
  • si limitano gli spazi d’intento del giudice del lavoro
  • si indebolisce l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori
  • si rafforza l’istituto dell’arbitrato.
No al “Libro Verde” che cancella la tutela pubblica e universale
Se consideriamo inoltre, le proposte contenute nel libro verde predisposto dal Ministro del lavoro, emerge con chiarezza l’intenzione del Governo di liquidare il ruolo universale pubblico dello Stato sociale e degli istituti che ne caratterizzano i diritti sociali, di cittadinanza, nel lavoro e nell’accesso al lavoro.
Il Governo in accordo con il mondo delle imprese e con il mondo assicurativo punta, attraverso i tagli della spesa sociale annunciati, a trasformare lo Stato sociale in un nuovo mercato.
I diritti assistenziali, sociali, sanitari, di tutela al reddito, vengono nelle intenzioni del Governo sostituiti dagli Enti bilaterali gestiti dalle Associazioni imprenditoriali e dai Sindacati.
Così le lavoratrici, i lavoratori, i giovani e i pensionati, la crisi la pagano due volte e il sindacato se accetta tale impostazione nei fatti cambia la propria natura e il proprio ruolo.

Ammortizzatori sociali e occupazione
  • estensione a tutte le tipologie d’assunzione ed a tutte le imprese delle possibilità di aver diritto e di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni ed alla mobilità;
  • ripristino dell’integrazione salariale nella misura dell’80% (in caso di ricorso alla cassa integrazione) della retribuzione complessiva che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate e conseguente superamento dei massimali attualmente stabiliti dalla legge;
  • incentivazione all’utilizzo dei contratti di solidarietà;
  • aumento della indennità di disoccupazione ordinaria al 60% fino al 12° mese;
  • definizione di un reddito d’inserimento con percorso formativo per i giovani disoccupati;
  • definizione di un meccanismo che superi quanto previsto dal Regolamento attuativo della legge Bossi-Fini in caso di mobilità e conseguente prolungamento della durata del permesso di soggiorno rispetto a quella attualmente prevista.

Fisco e retribuzione
Con l’azione del Governo, nei fatti si è allentata l’azione di contrasto per ridurre l’evasione fiscale che rimane la più grande ingiustizia sociale del nostro Pese.
E’ inoltre evidente che un’azione che agisca a favore delle retribuzioni del lavoro dipendente può avere anche una funzione anticiclica, sul versante economico e produttivo favorendo una ripresa dei consumi.
Occorre quindi agire in due direzioni: con provvedimenti di carattere transitorio e congiunturale e con provvedimenti di carattere strutturale.

Provvedimenti transitori
  • detassazione per gli anni 2008 e 2009 della tredicesima mensilità,
  • detassazione dell’integrazione salariale in caso di ricorso alla Cassa integrazione, quale provvedimento alternativo e sostitutivo della detassazione degli straordinari.
Provvedimenti strutturali
  • ripristino della restituzione del drenaggio fiscale (che per il 2008 comporterebbe per il lavoro dipendente una restituzione media di almeno 360 euro annui);
  • detrazione delle spese sostenute per sostegno a familiari/coniuge/convivente non autosufficiente;
  • elevazione della tassazione delle rendite finanziarie fino al 20%;
  • tassazione alla aliquota più alta oggi esistente dello stock-option erogate ai dirigenti d’impresa;
  • superamento della defiscalizzazione degli straordinari e delle quote di salario unilateralmente erogate dalle imprese non frutto della contrattazione collettiva.
E’ inaccettabile che un’ora di lavoro in straordinario costi alle imprese meno di un’ora di lavoro ordinaria.
E’ una misura contro l’occupazione e che sa di beffa verso i lavoratori.

Provvedimenti immediati
Ci sono 2 provvedimenti legislativi che il Governo ed il Parlamento e quindi tutte le forze politiche dovrebbero immediatamente fare:
  • Una nuova legge sull’orario
Per ripristinare l’orario massimo giornaliero e settimanale rispettivamente nella misura di 8 ore e di 40 ore
  • Una nuova legge sulla rappresentanza
Per sancire che gli accordi e le piattaforme sono validi quando le lavoratrici ed i lavoratori interessati tramite Referendum nella loro maggioranza li approvano. Del resto a fronte di una situazione in cui esistono diverse posizioni, tra le organizzazioni sindacali, l’unico modo per evitare accordi separati è quello di far decidere le lavoratrici e i lavoratori.
La democrazia diventa così lo strumento con cui le lavoratrici ed ai lavoratori possono costruire le condizioni per una nuova fase di azione unitaria

Mobilitazione generale
E’ a partire da queste considerazioni, che la Fiom ha proclamato una giornata di sciopero generale della categoria con una manifestazione nazionale a ROMA, per il 12 dicembre 2008.
Ciò sarà preparato con attivi delle delegate e dei delegati in tutti i territori e con una campagna di assemblee da convocare in tutti i luoghi di lavoro.
Le proposte che la Fiom avanza e la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici, intendono contrastare le politiche fino ad oggi realizzate, dal Governo e dalla Confindustria, e ne chiedono un profondo cambiamento.
Inoltre, la Fiom ribadisce il sostegno all’azione di contrattazione collettiva per i rinnovi dei contratti aziendali e di secondo livello unitariamente avviate nella nostra categoria.
La Fiom-Cgil considera necessario per difendere l’occupazione e qualificare la struttura industriale, rivendicare e rimettere al centro un ruolo di responsabilità sociale dell’impresa per contrastare processi di delocalizzazione anche vincolando le imprese a investimenti,
interventi industriali e occupazionali sostitutivi sul territorio, riconfermando l’indisponibilità ai licenziamenti collettivi ed alle chiusure degli stabilimenti.

venerdì 31 ottobre 2008

“Il 12 dicembre, sciopero generale dei metalmeccanici con manifestazione nazionale a Roma”

Conclusa l’Assemblea cui hanno partecipato 5.000 delegate e delegati


“E’ proclamato lo sciopero generale dei metalmeccanici, con manifestazione nazionale a Roma, per la giornata di venerdì 12 dicembre.” E’ con queste parole, scandite dal Segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, che si è conclusa l’Assemblea nazionale delle delegate e dei delegati della federazione dei metalmeccanici Cgil, svoltasi oggi a Roma.

Di fronte ai 5.000 tra delegati e dirigenti della Fiom, provenienti da tutta Italia, che affollavano il Padiglione 22 della vecchia Fiera di Roma, Rinaldini aveva già preso la parola all’inizio dell’Assemblea. Nell’ampia relazione introduttiva, il Segretario generale della Fiom, dopo aver affrontato i punti più scottanti dell’attualità sindacale, a partire dall’accordo separato siglato ieri col Governo da Cisl, Uil, Ugl e Confsal, ha delineato i rischi di un mutamento del proprio ruolo cui i sindacati vanno incontro nell’attuale fase politica.

Dopo aver ribadito che per la Fiom, come per tutta la Cgil, il sindacato è, in primo luogo, un’organizzazione che esercita la rappresentanza sociale dei lavoratori a partire dai luoghi di lavoro, Rinaldini ha affrontato i problemi posti dalla crisi economica oggi in corso; una crisi che attanaglia non solo l’economia finanziaria ma anche “l’economia reale” e la cui gravità “non è ancora emersa” né sui mezzi di informazione, né nel dibattito politico.

“Diciamo a tutti – ha sottolineato Rinaldini – che questa crisi non sarà breve e che, per conseguenza, quella che si profila è ormai una vera e propria emergenza sociale.” Un’emergenza in cui sono a rischio migliaia di posti di lavoro nell’industria metalmeccanica, a partire da quelli oggi occupati dai lavoratori non assunti a tempo indeterminato, oltre a migliaia di posti di lavoro negli altri settori, pubblico impiego compreso.

“Quello che serve in primo luogo - ha detto Rinaldini - è adesso una nuova politica economica in cui l’intervento pubblico non sia volto a regalare contributi a pioggia alle imprese private, ma a sviluppare selettivamente la ricerca e la fabbricazione di nuovi prodotti concepiti in termini ecocompatibili.”

“Poi - ha proseguito Rinaldini - occorre pensare a una rete di protezione sociale che si proponga di tenere insieme tutto il lavoro dipendente”, oltre a “modificare la legge Bossi-Fini, perché non è possibile che un lavoratore straniero, che perde il lavoro a causa della crisi, diventi automaticamente un clandestino.”

Occorre infine una nuova politica fiscale che sia capace di impostare misure strutturali “a partire dalla restituzione del fiscal drag” e da una tassazione delle rendite finanziarie più alta di quella oggi esistente.

Nel dibattito, sono poi intervenuti, oltre a una decina di delegate e delegati rappresentativi delle diverse realtà del Paese, anche uno studente universitario romano e uno studente di un istituto tecnico di Padova, che hanno parlato delle motivazioni della lotta in corso contro la politica scolastica del Governo di centro destra.

A fine mattinata, infine, ha preso la parola il Segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che, in particolare, ha sottolineato la drammaticità dell’attuale crisi economica e la necessità di una nuova politica fiscale.

giovedì 30 ottobre 2008

Comunicato

Come previsto nel verbale di incontro del 24 settembre 2008, a valle dell’accordo del 23 settembre 2008, la delegazione sindacale ha chiesto una data per il primo degli incontri di verifica dello stato di avanzamento dei lavori rispetto all’attuazione del Piano Industriale in riferimento ai temi dell’organizzazione, del piano di formazione e dell’accordo quadro tra InsielFVG e InsielMercato. E la Direzione ha comunicato che “tale incontro si svolgerà entro la metà del prossimo mese di novembre” “considerato lo slittamento del calendario di approvazione da parte degli organismi competenti relativamente al processo di scissione di Insiel Mercato”.

Cogliamo l’occasione per ribadire la determinazione da parte delle RSU e OOSS di Udine e della RSU e Segreteria FIOM di Trieste ad attivare tutte le verifiche necessarie per chiarire:
• le prospettive occupazionali per i lavoratori di InsielFVG e per i 135 lavoratori di InsielMercato
• le linee di indirizzo nella riorganizzazione e per la formazione che permetteranno di valorizzare le professionalità di InsielFVG e di InsielMercato
• le modalità di identificazione delle competenze dei lavoratori assegnati a InsielMercato
• gli accordi che regoleranno i rapporti tra InsielFVG e InsielMercato che dovrebbero assicurare l’operatività di ENTRAMBE le aziende
• la focalizzazione del ruolo di InsielFVG come motore dello sviluppo di servizi ICT per la Regione e gli ee.ll del FVG.


RSU Insiel Udine e FIM FIOM di Udine

RSU FIOM Trieste


giovedì 23 ottobre 2008

Comunicato su Elenco Nominativi Insiel Mercato

In data odierna le RSU sono state convocate dall’Azienda, la quale ha comunicato i nominativi dei lavoratori destinati a Insiel Mercato.
Le RSU hanno preso atto dei nominativi e sospeso l’incontro in attesa di una riunione della Delegazione al completo.
L’Azienda inoltre, ha comunicato che la lista con i nominativi sarà resa pubblica nel pomeriggio.
Chiunque necessiti di informazioni può contattare la RSU FIOM.

mercoledì 22 ottobre 2008

“No alla repressione no agli sgombri”

La Rete 28 Aprile esprime piena solidarietà e totale sostegno alle lotte degli studenti e condanna le iniziative repressive annunciate o in corso, a partire dalla minaccia di sgombro nelle scuole e nelle università occupate. Allo stesso modo diciamo no allo sgombro dei Centri sociali.

La volontà repressiva del governo è il segno preciso che non si intende affrontare i veri problemi del Paese, della scuola e del mondo del lavoro, ed è per questo che occorre fronteggiare la repressione con il massimo di solidarietà e di mobilitazione.

Rete 28 Aprile

mercoledì 15 ottobre 2008

DICIAMO NO OVUNQUE

CONFINDUSTRIA, CISL E UIL CONCORDANO UNA RIFORMA DEL SISTEMA CONTRATTUALE CHE RIDUCE I SALARI, I DIRITTI E LA CONTRATTAZIONE

La Confindustria, la Cisl e la Uil hanno siglato assieme la condivisione di un documento che definisce “linee guida per la riforma della contrattazione collettiva”. Questo documento è un attacco alla contrattazione, ai diritti, al salario dei lavoratori.
Infatti:

1. Il documento programma la riduzione dei salari nel contratto nazionale, perché:
  • il contratto durerà 3 anni, invece che 2;
  • gli aumenti salariali potranno essere solo ed esclusivamente legati a un indice definito da un’autorità terza, che in ogni caso dovrà togliere l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime importate;
  • gli aumenti si calcoleranno in ogni caso su una paga di riferimento più bassa di quella su cui oggi vengono calcolati gli aumenti contrattuali nelle principali categorie dell’industria;
  • il recupero di un’eventuale inflazione più alta di quella definita, avverrà sempre togliendo l’aumento dei costi della benzina e dei beni energetici;
  • non ci sarà nessuna certezza della decorrenza del contratto nazionale dalla data di scadenza, si dovrà procedere esattamente come oggi con le una tantum, di fronte ai gravi ritardi nei rinnovi contrattuali.
In concreto, con un’inflazione ufficiale al 3,8% e con un aumento reale dei prezzi di prima necessità intorno al 6%, sulla base di queste linee guida si farebbero rinnovi contrattuali con aumenti attorno al 2%: ogni anno si avrebbe una perdita di potere d’acquisto sulle buste paga.

2. Sulla contrattazione aziendale, che dovrebbe essere quella che viene favorita dall’accordo, si stabiliscono invece vincoli, limiti e punizioni, che la rendono ancora più difficile rispetto ad oggi.Perché:
  • tutto resta come prima, non c’è nessuna estensione della contrattazione né in azienda, né a livello territoriale;
  • il salario dovrà essere ancora più flessibile e incerto di oggi, tanto è vero che già in alcune vertenze aziendali le imprese hanno detto no al consolidamento dei premi o all’aumento della parte fissa, usando il documento sottoscritto tra Confindustria, Cisl e Uil;
  • è vietato chiedere nelle vertenze aziendali ciò che è stato già discusso nel contratto nazionale. Orari, precarietà, normative sull’inquadramento, non potranno essere più discusse a livello aziendale, pena “punizioni” per le organizzazioni e le rappresentanze che lo fanno.
3. Tutto il sistema viene centralizzato, la Confindustria e le confederazioni sindacali firmatarie avranno il compito di controllare dall’alto tutto il sistema della contrattazione, nazionale e aziendale. L’arbitrato deciderà su eventuali controversie. Gli Enti bilaterali amministreranno sempre di più aspetti decisivi della condizione di lavoro.

4. Passa per la prima volta il gravissimo principio per cui a livello aziendale o territoriale si possono fare sconti sul contratto nazionale. Così le imprese o i territori in difficoltà potranno minacciare la chiusura delle aziende o i licenziamenti per ottenere sconti e deroghe sulle condizioni minime stabilite nel contratto nazionale. E’ questo un meccanismo persino peggiore del ritorno alle gabbie salariali.

Confindustria, Cisl e Uil auspicano poi che ci sia la riduzione del peso del fisco sui salari, ma in realtà lo chiedono solo per il salario flessibile e non per quello certo e garantito a tutte e a tutti.
Questo documento è un peggioramento delle stesse regole già negative dell’accordo del 23 luglio 1993 e, se applicato, porterà a una nuova riduzione dei salari per la grande maggioranza dei lavoratori mentre pochi potranno guadagnare qualcosa in più solo a prezzo di un maggiore sfruttamento.


Diciamo e facciamo dire di no nelle assemblee, nelle manifestazioni, ovunque tra le lavoratrici e i lavoratori alla controriforma della contrattazione.

NO all’attacco al contratto nazionale
e alla contrattazione dei diritti,

Sì all’aumento del salario
e al miglioramento delle condizioni di lavoro.


venerdì 10 ottobre 2008

Lo tsunami sull’economia cambia tutto

Svolta nella trattativa. Confindustria, Cisl e Uil si accordano su una serie di linee guida. Non un vero accordo separato. Cgil preme per politiche anticrisi. "La situazione è grave, un errore dividerci ora"

Siamo a una svolta della trattativa sulla riforma del modello contrattuale. Confidustria, Cisl Uil si accordano su una serie di linee guida, che non si possono leggere comunque come un accordo separato. Piuttosto sono un documento che farà parte della trattativa più generale richiesta dalla Cgil anche con le altre organizzazioni e gli altri soggetti, sulla scia dei modelli degli accordi storici degli anni novanta. “Questa mattina non abbiamo condiviso le linee guida di Confindustria, ma continueremo con l'allargamento del tavolo per cercare delle linee condivise", ha spiegato il 10 ottobre il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, subito dopo l'incontro con gli industriali e gli altri sindacalisti di Cisl e Uil sulla riforma del modello contrattuale. "Alla situazione già grave - ha spiegato a caldo Epifani - fatta di cassa integrazione, licenziamenti e chiusure di aziende si aggiunge lo tsunami della crisi finanziaria. E' un periodo molto duro e penso che sarebbe un errore dividerci con Cisl, Uil e Confindustria".

Il segretario della Cgil, parlando con i giornalisti, ha voluto precisare che "la situazione è molto difficile, anche perché gli effetti sull'economia reale, seppur spostati nel tempo, saranno pesanti". Quindi oltre a discutere di regole della contrattazione, per Epifani è urgente chiedere al governo l’avvio di "due tavoli: uno su prezzi e tariffe e l'altro sulle politiche anticrisi".

Per quanto riguarda invece gli altri protagonisti del negoziato sulla riforma contrattuale anche oggi si sono registrate dichiarazioni in favore di un’accelerazione, che potrebbe mettere in conto anche l’accordo separato. Lo ha detto a chiare lettere il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, secondo il quale non si può a tutt’oggi escludere 'che si possa arrivare ad un accordo separato sulla riforma del modello contrattuale”. 'Mi auguravo che la Cgil facesse un passettino avanti vista la drammaticita' del momento. Non e' stato fatto e ci dispiace - ha detto al temine dell'incontro con i sindacati - continueremo nel confronto ma non escludo che si possa arrivare ad un accordo separato. Non possiamo fermarci perche' la Cgil non condivide quasi nulla'. Bombassei ha spiegato che invece con Cisl e Uil 'sono state condivise delle linee guida, mentre continuano i distinguo della Cgil. Mi auguro - ha proseguito - che possa essere recuperata'.

Dichiarazioni cui la Cgil ha replicato a caldo con una nota di Susanna Camusso: secondo la segretaria confederale “stupisce che in una situazione così difficile Bombassei non colga l’esigenza di indicare l’urgenza di politiche anticrisi legate ai redditi da lavoro, all’occupazione e agli investimenti e si prodighi, invece, a favorire divisioni invocando accordi separati”. “Tanta rigidità - per Camusso - insieme al fomentare le divisioni, nasconde l’idea che il sindacato sia un fastidio e non il soggetto negoziale. Lo dimostra il fatto che Confindustria continua a negare l’estensione della contrattazione”.

Spingono sull’acceleratore anche i due ministri Sacconi e Brunetta. Il ministro della Funzione pubblica, riprende e rilancia in particolare la proposta contenuta nella dichiarazione congiunta Confindustria e sindacati (ad eccezione della Cgil) di condividere le linee guida per una riforma degli assetti della contrattazione collettiva anche per altri settori del lavoro privato e pubblico. Brunetta si dice ovviamente "favorevole all'allargamento della trattativa sul nuovo modello contrattuale anche al settore pubblico, tenendo comunque conto delle sue peculiarità e specificità normative". "Sono disponibile - spiega in una nota - a partecipare all'ulteriore corso degli incontri al fine di arrivare al più presto ad un nuovo accordo sul modello contrattuale unico. Fermo restando quanto previsto e stanziato dalla legge finanziaria 2009".

Secco, anzi quasi lapidario com’è nel suo stile, il commento del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, secondo il quale “le linee guida condivise da Confindustria, Cisl e Uil per un nuovo modello di rapporti tra imprese e lavoratori sono altamente significative non solo perché rappresentano un primo punto fermo dopo circa un decennio di inutili tentativi, ma anche perché intervengono nella grande crisi delle economie finanziarie opponendovi un forte segnale di volontà degli attori che producono autentica ricchezza”. “Come nel 1984 e nel 1992 – precisa Sacconi - governo e parti sociali possono offrire insieme un impulso decisivo alla ripresa della crescita dell'economia italiana, ancor più necessario nel drammatico contesto attuale che non lascia spazio alle vecchie logiche conflittuali”.

Posizioni articolate e con sfumature un po’ diverse dal solito quelle che provengono da Cisl e Uil. “Nella Cgil ho scorto segni di volontà ad andare avanti – ha detto per esempio il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni - non vedo alcun motivo per fare il contrario. Voglio leggere in tutti i modi questo piccolo segno di disponibilità della Cgil al confronto con le altre associazioni”. Per la Cisl, ha spiegato il suo segretario, “la scelta è stata quella di consolidare ciò che abbiamo trattato negli ultimi mesi con le altre associazioni, per poi arrivare al governo cui chiedere un taglio delle tasse e delle linee per il pubblico impiego. Oggi sono stati fatti significativi passi in avanti e seppure la Cgil non ha condiviso le linee guida, sono stati dati dei piccoli segnali di disponibilità”. "Abbiamo definito un documento che migliorerà le retribuzioni dei lavoratori dell'industria”, ha detto invece con un certo ottimismo il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, secondo il quale ora è necessario lavorare affinché l'intesa venga estesa a tutti, per garantire le stesse regole anche agli altri settori. Abbiamo seppellito l'inflazione programmata: adesso il salario aumenterà sia per il contratto nazionale sia per il secondo livello, cui si aggiunge una compensazione per chi non ha la contrattazione aziendale".

Dunque come si procederà? “E’ chiaro – risponde con nettezza Agostino Megale, segretario confederale della Cgil – che se ci fosse stato un accordo separato sulla riforma dei contratti, avremmo dichiarato lo sciopero. Ma siamo in presenza di linee guida che dovranno essere discusse anche con gli altri soggetti”. Quello che è anche chiaro, spiega ancora il sindacalista della Cgil che ha seguito tutta l’evoluzione della trattativa, è il fatto discutibile e negativo che Confindustria non ha avuto una reazione all’altezza della situazione, come se si venisse meno a una grande tradizione storica degli industriali italiani che hanno sempre cercato di mettere al primo posto – soprattutto nei momenti di crisi acute – le soluzioni per lo sviluppo. Ora in una situazione economica così difficile, spiega Megale, sono importanti le regole, ma sono molto più importanti le politiche che si metteranno in atto per rispondere alla crisi di cui non abbiamo visto che l’inizio. “Quello che abbiamo chiesto dunque come Cgil – conclude – è l’apertura di un tavolo con il governo per discutere di quali politiche scegliere, discutere prima di tutto di redditi da lavoro e occupazione”.

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Assemblea nazionale di 5.000 delegate e delegati Fiom-Cgil

La crisi finanziaria e la recessione si stanno scaricando pesantemente sulle lavoratrici e sui lavoratori già colpiti da salari insufficienti, dalla pressione sulle condizioni di lavoro, da licenziamenti, cassa integrazione, chiusura di fabbriche.
  • Anche in riferimento alle linee guida sulla riforma del modello contrattuale, va respinto l’attacco di Confindustria contro i contratti nazionali e la contrattazione aziendale che ha l’obiettivo di programmare una ulteriore riduzione dei salari e di annullare il libero esprimersi con la contrattazione del punto di vista delle lavoratrici e dei lavoratori.
  • Va respinta la scelta del Governo di indebolire gli ammortizzatori sociali, privando le lavoratrici e i lavoratori a rischio di disoccupazione dell’essenziale sostegno al reddito.
  • Va respinto l’attacco alla scuola, al lavoro e ai servizi pubblici, che cancella principi di solidarietà e uguaglianza e tutela solo i ricchi umiliando il lavoro dipendente.
  • È necessario sostenere i redditi delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso una riduzione dell’imposizione fiscale del lavoro dipendente e dei pensionati, a partire dalle retribuzioni più basse.
  • È necessario fermare la riduzione dello Stato sociale prevista dal “Libro Verde” e dai provvedimenti legislativi già presi dal Governo e in discussione in Parlamento che, fra l’altro, annullano le normative contro il lavoro nero e la sicurezza sul lavoro.
  • È necessaria una campagna di informazione diffusa in tutti i luoghi di lavoro per fermare questo attacco, estendere la contrattazione articolata e far crescere le iniziative.
LA FIOM CONVOCA L’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE DELEGATE E DEI DELEGATI IL 31 OTTOBRE 2008 PER DECIDERE LE ADEGUATE INIZIATIVE DI MOBILITAZIONE.

giovedì 9 ottobre 2008

Torna l'allarme sull'Articolo 18

Dopo oltre 8 anni di silenzio mediatico il governo Berlusconi torna all’attacco dell’articolo 18. Stavolta, però, non sceglie lo scontro frontale con i sindacati, ma più cautamente inserisce le norme che tentano di scalfire lo Statuto dei lavoratori nelle pieghe più nascoste del decreto sul lavoro, appena approvato dalla commissione della Camera. A lanciare l’allarme e' stata la Cgil, con una nota diramata in settimana ai tecnici del settore.

Nonostante la poca pubblicità in proposito, infatti, il provvedimento contenuto nell’articolo 65 del ddl 1441-quater, stabilisce che il magistrato dovrà tenere conto delle 'tipizzazioni' della giusta causa e del giustificato motivo contenute sia nei contratti collettivi sia nei contratti individuali di lavoro stipulati davanti alle cosiddette 'commissioni di certificazione'. E, nel definire le conseguenze da riconnettere al procedimento, il giudice dovrà tenere conto degli elementi e dei parametri fissati dai vari contratti (anche individuali), ma dovra' tenere presente anche 'le dimensioni e le condizioni dell'attivita' esercitata dal datore di lavoro, l'anzianita' e le condizioni del lavoratore, nonché il comportamento delle parti anche prima del licenziamento'.

In parole povere, se il ddl dovesse essere convertito in legge, la reintegrazione del posto di lavoro garantita dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori verrebbe sostituita da un risarcimento danni. Per di più si tratterebbe di una reintegrazione a 'fisarmonica' e il giudice sarebbe vincolato a quanto stabiliscono i contratti individuali anche se prevedono cose differenti rispetto a quelli collettivi. In caso di licenziamento per 'riduzione del personale', tra l’altro, sarà impossibile presentare ricorso perché il termine fissato nel ddl per farlo è di 120 giorni: esattamente lo stesso tempo che ci vuole per sapere se la riduzione del personale sia o meno la vera causa di licenziamento. Secondo l'avvocato del lavoro Bruno Cossu si tratta di un attacco esplicito all'articolo 18. 'In piu' - aggiunge Cossu– emerge una sorta di intolleranza nei confronti dei magistrati che non potranno più fare un controllo di legalità'. Anche perché si 'mettono in discussione dei diritti dei lavoratori costituzionalmente rilevanti' che invece, secondo la Consulta, neanche il legislatore potrebbe 'toccare'.

Ma c’è molto di più. Il disegno di legge del governo prevede infatti che si possano inserire nei contratti collettivi anche delle clausole compromissorie che stabiliscano, in caso di controversia, di rivolgersi ai collegi arbitrali anche se c'è solo 'il consenso tacito dei soggetti interessati'.

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E TUTTO QUESTO SI AGGIUNGE A:

Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria".



martedì 7 ottobre 2008

La FIOM e la Politica

Per rispondere a quelli che dicono che la FIOM fa politica:

" Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia."

Scuola di Barbiana

Ultimo Aggiornamento: Referendum Insiel Accordo 23 settembre 2008

Pubblico i risultati complessivi (Trieste + Udine + Gorizia + sedi esterne) sul referendum
dell'accordo del 23 settembre 2008.


Ha vinto il SI con 473 preferenze.

lunedì 6 ottobre 2008

La stagione dei fondi pensione è finita

"Il Governo garantisca il denaro dei lavoratori"

La "catastrofe" delle Borse avrà "effetti duraturi" sul sistema dei fondi pensione. Lo dice Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom e leader dell'area programmatica 'Rete 28 aprile' della Cgil.

"È evidente che senza adeguate garanzie e coperture pubbliche - spiega in una nota - anche i fondi più seri e garantiti rappresentano un rischio per il denaro dei lavoratori. Con una grande campagna di stampa i Governi finora succedutosi hanno pubblicizzato il vantaggio per i lavoratori di investire la propria liquidazione nei fondi pensione. Ora i fatti dimostrano che non è così".

Secondo Cremaschi occorre che "il Governo dichiari la piena garanzia pubblica sui fondi pensione, così come ha dichiarato sui risparmi. Neppure un euro del Tfr può essere a rischio; si valuti il futuro dei fondi pensione esistenti e se ne ridimensioni la funzione a puro accessorio e integratore marginale del reddito dei lavoratori; si rilanci fino in fondo la pensione pubblica eliminando le agevolazioni fiscali per i Fondi pensione e trasferendoli invece sulle pensioni pubbliche".

Il sindacalista della Cgil aggiunge che "le confederazioni devono cambiare radicalmente linea sul sistema pensionistico e tornare all'assoluta centralità della pensione pubblica e delle garanzie pubbliche sul Tfr. La stagione dei fondi pensione è finita con la crisi mondiale delle Borse, ora bisogna far sì che i lavoratori non paghino i costi della speculazione finanziaria".

sabato 4 ottobre 2008

Tanto per fare chiarezza

Valter Santarossa Presidente di Insiel S.p.A. dichiara sul quotidiano “il Messaggero Veneto” di oggi 4 ottobre 2008:

... ed aggiunge che, sulle voci di corridoio uscite nell'ambito dell'ultima assemblea dei dipendenti della sede di Trieste – voci che in sintesi parlavano di zero esuberi e contratti di pensionamento sul modello Telecom -, "non c'è nulla di vero, l'accordo con i sindacati è molto chiaro e i gossip lasciano il tempo che trovano" ...

venerdì 3 ottobre 2008

Comunicato RSU Insiel Udine

Dopo la conclusione delle operazioni di voto ci sentiamo in dovere di intervenire nella dialettica accesa ieri durante l'assemblea di ts fra la RSU FIOM e la RSU FIM.
Intendiamo chiarire che, se sono state riportate correttamente nel comunicato della RSU FIOM di Trieste le dichiarazioni rilasciate nell'assemblea di Trieste del 2 ottobre e riferite alla RSU FIM di Trieste, affermazioni peraltro non smentite dal comunicato della stessa RSU FIM del tardo pomeriggio di ieri, quanto riportato non è mai stato dichiarato ufficialmente dalla controparte ai tavoli di confronto, sia essa Regione o Direzione Aziendale, per quanto ci è stato dato di ascoltare e sentire.

Pertanto le Rsu Insiel di Udine invitano la RSU FIM di Trieste, come qualsiasi altra componente RSU e OO.SS. che possa aver acquisito informazioni diverse, a condividerle con la delegazione sindacale per evitare che siano diffuse versioni discordanti degli stessi incontri e interpretazioni difformi sui contenuti dell'accordo sottoscritto unitariamente il 23 settembre u.s. e riconfermato il 29 settembre u.s.

In conclusione, se qualche componente della delegazione sindacale, è in possesso di rassicurazioni concrete e dotate di qualche fondamento non potremmo che rallegrarcene, ma in assenza di una condivisione delle stesse non possiamo né confermarle né considerarle una motivazione dell'accordo siglato da tutta la delegazione.


RSU Insiel Udine