Le ragioni della crisi
La riduzione del valore reale dei salari e delle pensioni, la riduzione del lavoro a paura merce con un estensione della condizione di precarietà senza precedenti, la deregolazione del laPolitiche di sistemavoro e sociale, la scomposizione del ciclo produttivo, sono parte integrante del processo di questi anni di finanziarizzazione dell’economia che ha prodotto la crisi economica e recessiva che stiamo vivendo, scaricandone i costi sulle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone.
Del resto l’idea predominante e di fondo di questi anni è stata che i consumi si potessero sostenere con il credito (cioè l’indebitamento delle persone) e che gli strumenti finanziari si potessero espandere senza limiti.
I segnali di una crisi economica dovuta ad una sovraccapacità produttiva ed al crollo della domanda e dei consumi erano già presenti ed in atto. La gravità della situazione è dovuta anche al fatto che a ciò si è sommata la crisi finanziaria. Non siamo quindi in presenza di una crisi passeggera o di semplice aggiustamento, ma bensì della crisi di un modello di sviluppo fondato sulla svalorizzazione del lavoro e la finanziarizzazione che ha prodotto una redistribuzione della ricchezza verso i profitti ed a danno dei salari (di oltre 10 punti di Prodotto Interno Lordo) ed un aumento delle diseguaglianze sociali.
In questo contesto non si può semplicemente assistere al fatto che ingenti risorse pubbliche siano indirizzate al salvataggio delle banche e delle istituzioni finanziarie e contemporaneamente pensare che un debole ed in alcuni casi arretrato sistema industriale italiano da solo possa farcela ad uscire prima o poi dalla crisi.
Così si sta semplicemente determinando una situazione paradossale in cui con i soldi pubblici si salvano le banche ed i costi della crisi si scaricano tagliando l’occupazione, i salari, le pensioni e lo Stato sociale.
Per invertire il processo
Ciò produce una situazione sociale drammatica ed inaccettabile.
Bisogna invertire questo processo e porre al centro nuove politiche pubbliche che indirizzino l’innovazione dei processi e dei prodotti.
Significa ad esempio investimenti verso un ammodernamento delle infrastrutture, una nuova idea di mobilità sostenibile, la produzione di apparecchi elettrodomestici di consumo e professionali eco-compatibili, una crescita della dimensione d’impresa anche attraverso la costruzione di reti tra imprese.
Si ripropone cioè il problema non solo di COME produrre ma di COSA e PERCHÉ produrre per definire un nuovo modello sociale e produttivo ambientalmente sostenibile, fondato sulla qualità del lavoro, la ricerca e l’innovazione.
Allo stesso tempo sono inaccettabili i tagli allo STATO SOCIALE, decisi del Governo, che nei fatti affondano la possibilità di esistere ad una SCUOLA PUBBLICA e ad un SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO quali diritti essenziali di cittadinanza e di civiltà.
In realtà tutto ciò rende esplicito e chiaro che la Confindustria con il sostegno del Governo quando parla di competitività e di produttività in realtà pensa ad un ulteriore intensificazione della prestazione lavorativa a un aumento dell’orario di lavoro e della discrezionalità unilaterale dell’impresa.
No all'allungamento dell'orario
E’ esemplificativo il fatto che il 16 dicembre a Bruxelles il PARLAMENTO EUROPEO è convocato per approvare una Direttiva Europea che prevede, attraverso la realizzazione di accordi individuali tra lavoratore e datore di lavoro, la possibilità di allungare l’orario fino a 65 ore settimanali.
Nel pieno di una grave crisi recessiva ed occupazionale, la ricetta dei padroni e della maggioranza dei governi europei è quella paradossale di aumentare gli orari di lavoro e peggiorare le condizioni di lavoro.
E’ importante che i sindacati europei in modo coordinato ed unitario per impedire che tale Direttiva sia approvata abbiano organizzato proprio per il 16 dicembre 2008 una manifestazione europea a Bruxelles, a cui la Fiom (che insieme a Fim e Uilm è stata tra i proponenti) è impegnata ad essere presente con la più ampia partecipazione possibile.
Le nostre rivendicazioni per costruire una rete sociale di protezione
La radicalità e la pervasività dei processi in atto richiedono soluzioni ed azioni di sistema, non episodiche, con un respiro almeno europeo e contemporaneamente si rende necessaria la costruzione di una RETE SOCIALE DI PROTEZIONE per tutti (lavoratori dipendenti, precari, giovani, migranti e pensionati) fondata sulla solidarietà e la giustizia sociale.
Bisogna evitare che la legislazione sul lavoro prodotta in questi anni, trasformi l’attuale crisi finanziaria ed economica in un conflitto tra lavoratori dipendenti, tra lavoratori italiani e migranti. É a partire da questi presupposti che per affrontare questa nuova situazione riteniamo necessario un nuovo intervento pubblico e una spesa sociale esplicitamente finalizzata e ondata sulle seguenti proposte:
Politiche di sistema
La riduzione del valore reale dei salari e delle pensioni, la riduzione del lavoro a paura merce con un estensione della condizione di precarietà senza precedenti, la deregolazione del laPolitiche di sistemavoro e sociale, la scomposizione del ciclo produttivo, sono parte integrante del processo di questi anni di finanziarizzazione dell’economia che ha prodotto la crisi economica e recessiva che stiamo vivendo, scaricandone i costi sulle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone.
Del resto l’idea predominante e di fondo di questi anni è stata che i consumi si potessero sostenere con il credito (cioè l’indebitamento delle persone) e che gli strumenti finanziari si potessero espandere senza limiti.
I segnali di una crisi economica dovuta ad una sovraccapacità produttiva ed al crollo della domanda e dei consumi erano già presenti ed in atto. La gravità della situazione è dovuta anche al fatto che a ciò si è sommata la crisi finanziaria. Non siamo quindi in presenza di una crisi passeggera o di semplice aggiustamento, ma bensì della crisi di un modello di sviluppo fondato sulla svalorizzazione del lavoro e la finanziarizzazione che ha prodotto una redistribuzione della ricchezza verso i profitti ed a danno dei salari (di oltre 10 punti di Prodotto Interno Lordo) ed un aumento delle diseguaglianze sociali.
In questo contesto non si può semplicemente assistere al fatto che ingenti risorse pubbliche siano indirizzate al salvataggio delle banche e delle istituzioni finanziarie e contemporaneamente pensare che un debole ed in alcuni casi arretrato sistema industriale italiano da solo possa farcela ad uscire prima o poi dalla crisi.
Così si sta semplicemente determinando una situazione paradossale in cui con i soldi pubblici si salvano le banche ed i costi della crisi si scaricano tagliando l’occupazione, i salari, le pensioni e lo Stato sociale.
Per invertire il processo
Ciò produce una situazione sociale drammatica ed inaccettabile.
Bisogna invertire questo processo e porre al centro nuove politiche pubbliche che indirizzino l’innovazione dei processi e dei prodotti.
Significa ad esempio investimenti verso un ammodernamento delle infrastrutture, una nuova idea di mobilità sostenibile, la produzione di apparecchi elettrodomestici di consumo e professionali eco-compatibili, una crescita della dimensione d’impresa anche attraverso la costruzione di reti tra imprese.
Si ripropone cioè il problema non solo di COME produrre ma di COSA e PERCHÉ produrre per definire un nuovo modello sociale e produttivo ambientalmente sostenibile, fondato sulla qualità del lavoro, la ricerca e l’innovazione.
Allo stesso tempo sono inaccettabili i tagli allo STATO SOCIALE, decisi del Governo, che nei fatti affondano la possibilità di esistere ad una SCUOLA PUBBLICA e ad un SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO quali diritti essenziali di cittadinanza e di civiltà.
In realtà tutto ciò rende esplicito e chiaro che la Confindustria con il sostegno del Governo quando parla di competitività e di produttività in realtà pensa ad un ulteriore intensificazione della prestazione lavorativa a un aumento dell’orario di lavoro e della discrezionalità unilaterale dell’impresa.
No all'allungamento dell'orario
E’ esemplificativo il fatto che il 16 dicembre a Bruxelles il PARLAMENTO EUROPEO è convocato per approvare una Direttiva Europea che prevede, attraverso la realizzazione di accordi individuali tra lavoratore e datore di lavoro, la possibilità di allungare l’orario fino a 65 ore settimanali.
Nel pieno di una grave crisi recessiva ed occupazionale, la ricetta dei padroni e della maggioranza dei governi europei è quella paradossale di aumentare gli orari di lavoro e peggiorare le condizioni di lavoro.
E’ importante che i sindacati europei in modo coordinato ed unitario per impedire che tale Direttiva sia approvata abbiano organizzato proprio per il 16 dicembre 2008 una manifestazione europea a Bruxelles, a cui la Fiom (che insieme a Fim e Uilm è stata tra i proponenti) è impegnata ad essere presente con la più ampia partecipazione possibile.
Le nostre rivendicazioni per costruire una rete sociale di protezione
La radicalità e la pervasività dei processi in atto richiedono soluzioni ed azioni di sistema, non episodiche, con un respiro almeno europeo e contemporaneamente si rende necessaria la costruzione di una RETE SOCIALE DI PROTEZIONE per tutti (lavoratori dipendenti, precari, giovani, migranti e pensionati) fondata sulla solidarietà e la giustizia sociale.
Bisogna evitare che la legislazione sul lavoro prodotta in questi anni, trasformi l’attuale crisi finanziaria ed economica in un conflitto tra lavoratori dipendenti, tra lavoratori italiani e migranti. É a partire da questi presupposti che per affrontare questa nuova situazione riteniamo necessario un nuovo intervento pubblico e una spesa sociale esplicitamente finalizzata e ondata sulle seguenti proposte:
Politiche di sistema
- Un nuovo intervento pubblico nell’economia ha come primo obiettivo quello di superare i vincoli definiti a livello europeo (Maastricht) che altrimenti riducono nei fatti la spesa pubblica.
- Qualificazione della spesa pubblica con finalità sociali.
- Un nuovo modello di sviluppo deve assumere quale vincolo la compatibilità, la sostenibilità ambientale e le politiche industriali non possono ridursi ad incentivi per la rottamazione, ma devono incentivare e sostenere la ricerca, l’innovazione e la qualità dei prodotti, del lavoro e dei processi formativi.
- Le nuove frontiere del futuro, anche per contrastare la pericolosa tendenza alla delocalizzazione, devono incentivare ad esempio la progettazione ecocompatibile, la riciclabilità dei prodotti, l’introduzione di controlli sulla conformità dei prodotti anche importati, lo sviluppo delle energie rinnovabili ed in questo contesto la sostituzione dei prodotti.
Anche per questo è necessario che la riorganizzazione e ristrutturazione dei settori industriali abbiano una dimensione europea.
Viceversa, le scelte del Governo e della Confindustria di contrastare i limiti europei in materia ambientale sono sbagliate e poco lungimiranti.
Struttura contrattuale e legislazione sul lavoro
L’obiettivo della Confindustria e del Governo è quello di utilizzare la crisi recessiva in atto per modificare le relazioni sociali ed industriali fino al punto di puntare nei prossimi anni all’annullamento dellaPolitiche di sistema contrattazione collettiva quale strumento democratico di mediazione tra diversi interessi.
In questo senso le LINEE GUIDA definite dalla Confindustria e le proposte del Governo prefigurano la riduzione programmata del valore reale delle retribuzioni e la negoziazione di una qualsiasi autonomia contrattuale sugli aspetti che compongono la prestazione lavorativa se non in modo subalterno alle esigenze delle imprese.
Del resto anche il metodo utilizzato da Confindustria e Governo ha reso evidente che al sindacato è soltanto consentito di aderire alle richieste ed alle esigenze delle imprese.
La produzione legislativa dell’attuale Governo sta delineando una totale deregolazione del lavoro nei suoi diversi aspetti sino ad arrivare alla manomissione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
A diversità del 2001 la strategia del Governo non declama un plateale e frontale attacco al diritto del lavoro, ma si sviluppa attraverso un’azione mirata giorno per giorno fatta di decreti il cui effetto è ancor più radicale e pericoloso.
Basta ricordare, ad esempio, alcuni dei provvedimenti più importanti decisi dal Governo o in via di discussione in Parlamento:
Viceversa, le scelte del Governo e della Confindustria di contrastare i limiti europei in materia ambientale sono sbagliate e poco lungimiranti.
Struttura contrattuale e legislazione sul lavoro
L’obiettivo della Confindustria e del Governo è quello di utilizzare la crisi recessiva in atto per modificare le relazioni sociali ed industriali fino al punto di puntare nei prossimi anni all’annullamento dellaPolitiche di sistema contrattazione collettiva quale strumento democratico di mediazione tra diversi interessi.
In questo senso le LINEE GUIDA definite dalla Confindustria e le proposte del Governo prefigurano la riduzione programmata del valore reale delle retribuzioni e la negoziazione di una qualsiasi autonomia contrattuale sugli aspetti che compongono la prestazione lavorativa se non in modo subalterno alle esigenze delle imprese.
Del resto anche il metodo utilizzato da Confindustria e Governo ha reso evidente che al sindacato è soltanto consentito di aderire alle richieste ed alle esigenze delle imprese.
La produzione legislativa dell’attuale Governo sta delineando una totale deregolazione del lavoro nei suoi diversi aspetti sino ad arrivare alla manomissione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
A diversità del 2001 la strategia del Governo non declama un plateale e frontale attacco al diritto del lavoro, ma si sviluppa attraverso un’azione mirata giorno per giorno fatta di decreti il cui effetto è ancor più radicale e pericoloso.
Basta ricordare, ad esempio, alcuni dei provvedimenti più importanti decisi dal Governo o in via di discussione in Parlamento:
- la detassazione del lavoro straordinario
- il ripristino del lavoro a chiamata
- la derogabilità dei CCNL in materia di contratti a termine
- si peggiora l’apprendistato
- si indeboliscono le norme per combattere lavoro nero e irregolare, l’evasione e l’elusione fiscale
- si è cancellata la legge sulle dimissioni volontarie
- si peggiorano norme in materia di orario (notturno e riposo settimanale)
- vengono abrogati il libro matricola ed il libro paga
- si depotenziano le sanzioni e la natura pubblica dei controlli previsti dal recente testo unico sulla sicurezza
- si indeboliscono gli spazi d’intento per gli ispettori del lavoro e dell’INPS
- si limitano gli spazi d’intento del giudice del lavoro
- si indebolisce l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori
- si rafforza l’istituto dell’arbitrato.
No al “Libro Verde” che cancella la tutela pubblica e universale
Se consideriamo inoltre, le proposte contenute nel libro verde predisposto dal Ministro del lavoro, emerge con chiarezza l’intenzione del Governo di liquidare il ruolo universale pubblico dello Stato sociale e degli istituti che ne caratterizzano i diritti sociali, di cittadinanza, nel lavoro e nell’accesso al lavoro.
Il Governo in accordo con il mondo delle imprese e con il mondo assicurativo punta, attraverso i tagli della spesa sociale annunciati, a trasformare lo Stato sociale in un nuovo mercato.
I diritti assistenziali, sociali, sanitari, di tutela al reddito, vengono nelle intenzioni del Governo sostituiti dagli Enti bilaterali gestiti dalle Associazioni imprenditoriali e dai Sindacati.
Così le lavoratrici, i lavoratori, i giovani e i pensionati, la crisi la pagano due volte e il sindacato se accetta tale impostazione nei fatti cambia la propria natura e il proprio ruolo.
Ammortizzatori sociali e occupazione
Se consideriamo inoltre, le proposte contenute nel libro verde predisposto dal Ministro del lavoro, emerge con chiarezza l’intenzione del Governo di liquidare il ruolo universale pubblico dello Stato sociale e degli istituti che ne caratterizzano i diritti sociali, di cittadinanza, nel lavoro e nell’accesso al lavoro.
Il Governo in accordo con il mondo delle imprese e con il mondo assicurativo punta, attraverso i tagli della spesa sociale annunciati, a trasformare lo Stato sociale in un nuovo mercato.
I diritti assistenziali, sociali, sanitari, di tutela al reddito, vengono nelle intenzioni del Governo sostituiti dagli Enti bilaterali gestiti dalle Associazioni imprenditoriali e dai Sindacati.
Così le lavoratrici, i lavoratori, i giovani e i pensionati, la crisi la pagano due volte e il sindacato se accetta tale impostazione nei fatti cambia la propria natura e il proprio ruolo.
Ammortizzatori sociali e occupazione
- estensione a tutte le tipologie d’assunzione ed a tutte le imprese delle possibilità di aver diritto e di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni ed alla mobilità;
- ripristino dell’integrazione salariale nella misura dell’80% (in caso di ricorso alla cassa integrazione) della retribuzione complessiva che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate e conseguente superamento dei massimali attualmente stabiliti dalla legge;
- incentivazione all’utilizzo dei contratti di solidarietà;
- aumento della indennità di disoccupazione ordinaria al 60% fino al 12° mese;
- definizione di un reddito d’inserimento con percorso formativo per i giovani disoccupati;
- definizione di un meccanismo che superi quanto previsto dal Regolamento attuativo della legge Bossi-Fini in caso di mobilità e conseguente prolungamento della durata del permesso di soggiorno rispetto a quella attualmente prevista.
Fisco e retribuzione
Con l’azione del Governo, nei fatti si è allentata l’azione di contrasto per ridurre l’evasione fiscale che rimane la più grande ingiustizia sociale del nostro Pese.
E’ inoltre evidente che un’azione che agisca a favore delle retribuzioni del lavoro dipendente può avere anche una funzione anticiclica, sul versante economico e produttivo favorendo una ripresa dei consumi.
Occorre quindi agire in due direzioni: con provvedimenti di carattere transitorio e congiunturale e con provvedimenti di carattere strutturale.
Provvedimenti transitori
- detassazione per gli anni 2008 e 2009 della tredicesima mensilità,
- detassazione dell’integrazione salariale in caso di ricorso alla Cassa integrazione, quale provvedimento alternativo e sostitutivo della detassazione degli straordinari.
Provvedimenti strutturali
- ripristino della restituzione del drenaggio fiscale (che per il 2008 comporterebbe per il lavoro dipendente una restituzione media di almeno 360 euro annui);
- detrazione delle spese sostenute per sostegno a familiari/coniuge/convivente non autosufficiente;
- elevazione della tassazione delle rendite finanziarie fino al 20%;
- tassazione alla aliquota più alta oggi esistente dello stock-option erogate ai dirigenti d’impresa;
- superamento della defiscalizzazione degli straordinari e delle quote di salario unilateralmente erogate dalle imprese non frutto della contrattazione collettiva.
E’ inaccettabile che un’ora di lavoro in straordinario costi alle imprese meno di un’ora di lavoro ordinaria.
E’ una misura contro l’occupazione e che sa di beffa verso i lavoratori.
Provvedimenti immediati
Ci sono 2 provvedimenti legislativi che il Governo ed il Parlamento e quindi tutte le forze politiche dovrebbero immediatamente fare:
E’ una misura contro l’occupazione e che sa di beffa verso i lavoratori.
Provvedimenti immediati
Ci sono 2 provvedimenti legislativi che il Governo ed il Parlamento e quindi tutte le forze politiche dovrebbero immediatamente fare:
- Una nuova legge sull’orario
Per ripristinare l’orario massimo giornaliero e settimanale rispettivamente nella misura di 8 ore e di 40 ore
- Una nuova legge sulla rappresentanza
Per sancire che gli accordi e le piattaforme sono validi quando le lavoratrici ed i lavoratori interessati tramite Referendum nella loro maggioranza li approvano. Del resto a fronte di una situazione in cui esistono diverse posizioni, tra le organizzazioni sindacali, l’unico modo per evitare accordi separati è quello di far decidere le lavoratrici e i lavoratori.
La democrazia diventa così lo strumento con cui le lavoratrici ed ai lavoratori possono costruire le condizioni per una nuova fase di azione unitaria
Mobilitazione generale
E’ a partire da queste considerazioni, che la Fiom ha proclamato una giornata di sciopero generale della categoria con una manifestazione nazionale a ROMA, per il 12 dicembre 2008.
Ciò sarà preparato con attivi delle delegate e dei delegati in tutti i territori e con una campagna di assemblee da convocare in tutti i luoghi di lavoro.
Le proposte che la Fiom avanza e la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici, intendono contrastare le politiche fino ad oggi realizzate, dal Governo e dalla Confindustria, e ne chiedono un profondo cambiamento.
Inoltre, la Fiom ribadisce il sostegno all’azione di contrattazione collettiva per i rinnovi dei contratti aziendali e di secondo livello unitariamente avviate nella nostra categoria.
La Fiom-Cgil considera necessario per difendere l’occupazione e qualificare la struttura industriale, rivendicare e rimettere al centro un ruolo di responsabilità sociale dell’impresa per contrastare processi di delocalizzazione anche vincolando le imprese a investimenti,
interventi industriali e occupazionali sostitutivi sul territorio, riconfermando l’indisponibilità ai licenziamenti collettivi ed alle chiusure degli stabilimenti.
La democrazia diventa così lo strumento con cui le lavoratrici ed ai lavoratori possono costruire le condizioni per una nuova fase di azione unitaria
Mobilitazione generale
E’ a partire da queste considerazioni, che la Fiom ha proclamato una giornata di sciopero generale della categoria con una manifestazione nazionale a ROMA, per il 12 dicembre 2008.
Ciò sarà preparato con attivi delle delegate e dei delegati in tutti i territori e con una campagna di assemblee da convocare in tutti i luoghi di lavoro.
Le proposte che la Fiom avanza e la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici, intendono contrastare le politiche fino ad oggi realizzate, dal Governo e dalla Confindustria, e ne chiedono un profondo cambiamento.
Inoltre, la Fiom ribadisce il sostegno all’azione di contrattazione collettiva per i rinnovi dei contratti aziendali e di secondo livello unitariamente avviate nella nostra categoria.
La Fiom-Cgil considera necessario per difendere l’occupazione e qualificare la struttura industriale, rivendicare e rimettere al centro un ruolo di responsabilità sociale dell’impresa per contrastare processi di delocalizzazione anche vincolando le imprese a investimenti,
interventi industriali e occupazionali sostitutivi sul territorio, riconfermando l’indisponibilità ai licenziamenti collettivi ed alle chiusure degli stabilimenti.
Nessun commento:
Posta un commento