Mettiamoci nei panni di un imprenditore  straniero, o anche indigeno: ha a disposizione la globalità del mondo  per decidere dove investire conmaggior profitto i suoi soldi.
Perché  dovrebbe scegliere l’Italia, in cui l’unica economia che tira e investe è  quella criminale?
In cui la corruzione pubblica e privata raggiunge  vertici da capogiro?
In cui le infrastrutture fanno schifo?
In cui i  tempi della burocrazia e della giustizia sono preistorici?  
Adesso però gli imprenditori non hanno più alibi, dice gioiosamente la coppia Monti-Fornero, e sapete perché? 
Perché è stata introdotta la libertà di licenziamento individuale,  quelli collettivi c’erano già.
E dunque, benvenuti padroni finalmente  liberi di fare carne di porco della forza lavoro.
Non li liberiamo dalla  camorra, dalla corruzione, dai disservizi ma possono sempre liberarsi  degli operai.
Ce lo chiedono i mercati e l’Europa, ai quali due governi  hanno chiesto di chiedercelo.
In Italia non c’è lavoro, la  disoccupazione pura e quella (finora, prima della controriforma degli  ammortizzatori sociali) camuffata, esplodono mentre crolla il potere  d’acquisto di salari e pensioni.
Soprattutto piangono i giovani grazie  alla riforma pensionistica.
Il governo non ha uno straccio di progetto  per rilanciare lo sviluppo, persino il peggiore che è quello senza  vincoli sociali e ambientali.  
E cosa fa Monti per sopperire a questo disastro?
Cancella  un pezzo di democrazia italiana: l’art. 18 dello Statuto.
E per fortuna che c’è stata la mediazione di Bersani, sennò che sarebbe successo?
La stessa cosa che succede ora, dopo la mediazione.
Monti e Fornero sono contenti,  la boccia è in buca e se ne vantano a livello globale. I licenziamenti  discriminatori saranno puniti con il reintegro, come prima. Peccato che  nessun imprenditore scriva nella lettera di licenziamento che il  poveraccio è gay o iscritto alla Fiom, o la poveraccia è incinta.
Sì,  però adesso varrà per tutti, anche per chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti. Peccato che già prima esistesse una legge di tutela contro le discriminazioni, a prescindere dal numero di  dipendenti.
Poi ci sono i licenziamenti disciplinari, in cui il  reintegro si trasforma in optional nelle mani del giudice che solo in  casi eccezionali potrà ordinare al padrone di rimettere al lavoro la persona ingiustamente licenziata, altrimenti si  limiterà a imporre un indennizzo di 12-24 mensilità (con lo sconto  rispetto al testo iniziale per non disturbare troppo i manovratori).
Infine, i licenziamenti per motivi economici: il giudice, che  espressamente non potrà indagare sulle ragioni economiche dell’impresa,  solo in caso in cui la motivazione sia «manifestamente insussistente» potrà ordinare il reintegro. Ma come farà a dimostrare l’insussistenza senza mettere il naso nell’economia dell’azienda?
Così si passa dalla norma alla eccezionalità.
Monti e Fornero rivendicano la  loro rivoluzione precisando che il diritto al 
reintegro non c’è perché  sancirebbe una «concezione proprietaria del posto di lavoro». Che invece  è di proprietà esclusiva del padrone,e così si torna al proletario di Marx, proprietario solo della sua prole. 
Mentre Monti conferma la nostra analisi spiegando come il reintegro diventi altamente improbabile,la  segreteria della Cgil plaude al nuovo sistema di regole.
Una  testimonianza illuminante dell’autonomia del sindacato dalle forze  politiche.
O almeno della Cgil.
La Fiom è di tutt’altro avviso, ma come è  noto Landini è quello che tira i gatti morti sul finestrino di Marchionne, e anche di Monti.
L Campetti - 06/05/2012
il Manifesto
 
 
 
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