Sono passati pressoché sotto silenzio, con tutti i drammi e i problemi che ci sono, due accordi interconfederali con la firma di tutti. E invece si tratta di due accordi pericolosi la cui sottoscrizione da parte della Cgil è un fatto politicamente grave.
Il primo è un avviso comune che riguarda le cosiddette politiche di conciliazione della vita delle donne con l’organizzazione dei tempi di lavoro. Sotto una valanga di buoni propositi si celano almeno due code velenose. La prima è il riferimento esplicito al piano Italia 2020, per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, che finora era stato giudicato negativamente dalla Cgil. In secondo luogo, con il solito pretesto della conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro, si apre alla flessibilità annuale degli orari di lavoro.
Sono due scelte che, giustamente, Sacconi considera patrimonio della propria impostazione di governo.
Ancora più grave è la sottoscrizione da parte della Cgil di un accordo sulla detassazione delle retribuzioni per produttività, nel quale vengono accettati tre principi gravissimi. Il primo è la sussidiarietà e “cedevolezza” della contrattazione aziendale e territoriale rispetto a quella nazionale. Con questo concetto sostanzialmente si dà il via libera alle deroghe al contratto nazionale La Cgil non aveva mai accettato il principio della sussidiarietà nella contrattazione, perché farlo significa considerare meno importante il contratto nazionale degli accordi aziendali e territoriali. In secondo luogo la contrattazione sui salari viene disciplinata da accordi territoriali confederali. Si cancella così l’autonomia delle categorie e ancora di più quella delle Rsu. In terzo luogo si fa riferimento nell’intesa al recepimento dei contratti nazionali applicati, il che vuol dire che nella sostanza si dà il via libera al valore generale degli accordi separati.
Queste due firme non sono frutto di errori o trascuratezza, ma delle ambiguità che continuano in una linea politica della Cgil, che da un lato proclama lo sciopero generale, ma poi ne riduce la portata quantitativa e qualitativa. Si dichiarano 4 ore di sciopero generale contro il governo, ma poi nella politica contrattuale si continua a subire la linea di flessibilità e decontrattualizzazione che esercitano assieme governo e Confindustria. D’altra parte nei volantini sinora emessi dalla Confederazione per spiegare lo sciopero non c’è un solo accenno alle posizioni della Confindustria e del sistema delle imprese. In questo modo l’aggressione e il logoramento al sistema dei diritti sindacali e contrattuali continua senza che la Cgil costruisca una vera opposizione ad essa.
di Giorgio Cremaschi
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