Quando ho cominciato a fare il
sindacalista negli anni 70 del secolo scorso, dopo ogni accordo
sindacale la prima cosa che chiedevano i lavoratori in assemblea era:
ma il padrone lo applicherà? Allora in
genere si facevano accordi che miglioravano la condizione delle persone,
e la prima preoccupazione era quella di non dover fare troppi scioperi
anche per ottenere l'applicazione della intensa appena conquistata. Oggi
la piena " esigibilità" degli accordi viene vantata dal presidente
della Confindustria come il maggior pregio dell'accordo sulla
rappresentanza appena sottoscritto con CGIL CISL UIL .(...)
La ragione di questa inversione di ruoli è molto semplice, gli
accordi che si fanno e si faranno servono a peggiorare il salario e le
condizioni di lavoro e quindi è alle persone sottoposte ad essi che
bisogna imporre l'ubbidienza. Questo significa la piena applicazione
dell'accordo del 28 giugno 2011, con il suo via libera al regime delle
deroghe ai contratti nazionali.
L'accordo serve
a superare ciò che ancora resta della divisione tra lavoratori
garantiti e non, naturalmente estendendo a tutti la condizione peggiore.
Del resto la flessibilità dei salari e degli orari è ciò che ci chiede
la Commissione Europea per proseguire la politica di rigore.
L'accordo è la istituzionalizzazione della austerità nei luoghi di lavoro.
In pratica l'accordo istituisce il maggioritario sindacale con soglia di sbarramento.
Attenzione,
lo sbarramento vero non è quel confuso 5% di rappresentatività che
dovrebbe dare accesso al tavolo dei contratti, quello è un trucco per
gonzi e giornalisti economici, perché la selezione avviene prima.
Infatti fruiscono del diritto alla rappresentanza solo le organizzazioni
che sottoscrivono l'accordo impegnandosi al rispetto di tutte le sue
parti.
Per capirci è come se la nuova legge
elettorale stabilisse che possono candidarsi al Parlamento solo le forze
politiche che sottoscrivono la politica di austerità, il fiscal compact
e quanto altro serva. In fondo la proposta Finocchiaro ci è andata
vicino...
Escluso così preventivamente tutto il
mondo sindacale che non si riconosce in CGIL, CISL UIL e ancor di più
esclusa ogni nuova rappresentanza del mondo del lavoro, affermato il
principio che chi siede al tavolo oggi occupa tutti i posti presenti e
futuri, il maggioritario serve a disciplinare ciò che resta di diversità
conflittuale, per capirci la FIOM e quelle RSU che ancora organizzano
scioperi.
Il maggioritario sindacale stabilisce
che una volta scremata preventivamente tra buoni e cattivi la presenza
al tavolo, tra i rimasti la maggioranza decide e la minoranza si
adegua.
Bisogna dare atto al senatore Pietro Ichino di essere stato il primo a proporre un sistema di questo genere.
Tra
i sindacati firmatari, accedono al tavolo quelli che rappresentano più
del 5% tra iscritti e voti per la elezioni delle Rappresentanze
Sindacali Unitarie. Dove i lavoratori non votano per eleggere chi li
rappresenta, ma il sindacato nomina propri fiduciari con le RSA, si
continuerà a non votare e conterà per la misura della rappresentanza
solo il numero degli iscritti.
Fatti tutti questi conteggi, i sindacati che assieme raggiungono il 50% più uno della rappresentanza decidono.
Sulla
piattaforma decidono le organizzazioni senza consultazione dei
lavoratori e le aziende trattano solo con la maggioranza, la minoranza
sta al tavolo e guarda.
Sugli accordi decide
la stessa maggioranza e consulta i lavoratori, in modalità certificate
da definire. Cioè non necessariamente con il referendum, ma anche con
il voto palese registrato in assemblea. Sotto questo aspetto l'accordo è
più arretrato del modello Marchionne, che è stato instaurato con il
referendum.
Una volta deciso si esegue, anche se l'accordo non ti piace.
C'è
stata la consueta ipocrisia da parte dei dirigenti sindacali in questi
giorni. Noi non accetteremo le sanzioni contro gli scioperi, hanno
proclamato. Ma l'intesa confederale ovviamente non ha questo compito,
essa definisce un accordo quadro che verrà formalizzato nei contratti e
negli accordi aziendali, questi ultimi con le nuove rappresentanze
aziendali, appositamente selezionate nelle nuove elezioni e nomine
previste nei prossimi sei mesi.
Il testo in
ogni caso non si presta ad equivoci. I firmatari si impegnano a definire
nei contratti "clausole di raffreddamento", cioè inibizione dello
sciopero e delle azioni legali. E non esiste clausola di
raffreddamento che non preveda sanzioni per chi non la rispetta.
Per
capirci, se questa intesa fosse stata operativa quando la Fiat impose
l'accordo capestro a Pomigliano, la FIOM avrebbe dovuto accettare
l'intesa e in cambio sarebbe rimasta al tavolo e avrebbe continuato a
godere dei diritti sindacali. Ora la CGIL firma quell'accordo e lo
estende a tutto il mondo del lavoro anche per conto della FIOM.
Questo
accordo pretende di cancellare dai luoghi di lavoro la stessa idea del
conflitto sociale, vuole prevenire le lotte e le rivolte che si
preparano. Se esso fosse stato siglato negli anni 50 non avremmo oggi lo
Statuto dei lavoratori e quanto ancora resta dei diritti del lavoro e
dello stato sociale. Esso definisce il regime della complicità
sindacale, secondo la definizione del libro bianco dell'allora ministro
Sacconi, ed è il primo atto di una più vasta controriforma della
Costituzione repubblicana, sulla quale si stanno accingendo i partiti di
governo che esultano ed i poteri economici che festeggiano ancora di
più.
Per la CGIL è una resa rispetto ai propri principi fondativi.
Cosa
allora farà Landini, cancellerà per il classico piatto di lenticchie
tutto quello che ha significato in Italia il suo no alla Fiat, oppure
manifesterà e organizzerà il dissenso a questa intesa liberticida?
Speriamo,
in ogni caso la lotta alle larghe intese politiche e sindacali avrà un
nuovo avvio proprio dalla lotta a questo accordo. Qui bisogna subito
costruire l'unità dei tanti che non ci stanno. La ripresa sociale e
politica, l' alternativa alle politiche di austerità passa oggi anche
dal rigetto del patto sulla rappresentanza.
G.Cremaschi - 01/06/2013
Rete 28 Aprile
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