Non ci sono solo i debiti verso le imprese. Per 
molti anni, la pubblica amministrazione non ha versato i contributi 
previdenziali all'Inpdap, con un buco stimato in 30 miliardi. Che ora, 
dopo la fusione, si riversa sulla previdenza dei lavoratori del settore 
privato. La lettera del presidente ai ministri Fornero e Grilli.
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Guardate che l’Inps è messo male, fate qualcosa quanto prima. È il 22 marzo quando il presidente Antonio Mastrapasqua – certo, in termini più gentili – mette nero su bianco il concetto in una lettera ai ministri dell’Economia e del Lavoro, Vittorio Grilli e Elsa Fornero.
 La storia è in parte nota, ma l’allarme del pluripoltronato capo 
supremo del più grande ente previdenziale d’Europa testimonia che la 
situazione è persino più grave del previsto, tanto più che sia 
Mastrapasqua che Fornero hanno sempre sostenuto in questi mesi che i 
conti dell’Inps non destano alcuna preoccupazione.
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Invece, il 
nostro comincia la sua missiva – di cui Il Fatto quotidiano è in 
possesso – riportando alcuni passaggi della relazione della Corte dei Conti sul bilancio preventivo 2012 in cui si sostiene quanto segue: l’inglobamento di Inpdap ed Enpals
 (rispettivamente l’ente che si occupa degli statali, in perdita per 
miliardi, e quello che serve i lavoratori dello spettacolo) sta 
affossando i conti dell’Inps: “Il patrimonio netto… è sufficiente a 
sostenere una perdita per non oltre tre esercizi” (fino al 2015,
 per capirci) e il governo continua a tagliare i trasferimenti; se le 
amministrazioni dello Stato rallentano ancora un po’ i pagamenti avremo 
“ulteriori problemi di liquidità con incidenza sulla stessa correntezza (sic) delle prestazioni”. Tradotto: rischiamo a breve di non pagare le pensioni in tempo.
 Conclude Mastrapasqua: “Minori trasferimenti, riduzione dell’avanzo 
patrimoniale, strutturale contrazione delle entrate contributive della 
gestione pubblica (ex Inpdap)” stanno mettendo a rischio “la più grande 
operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico”. 
Volendo,
 si può tradurre l’allarme del presidente Inps nei numeri impietosi – e 
per di più destinati a peggiorare – del bilancio di previsione 2013 
approvato a fine febbraio dal Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) 
dell’Inps: 10,7 miliardi il disavanzo di competenza; 23,7 miliardi il disavanzo patrimoniale complessivo dell’ex Inpdap;
 un patrimonio netto sceso dai 41 miliardi del 2011 ai 15,4 previsti per
 quest’anno; 265,8 miliardi le prestazioni previdenziali da erogare 
contro un incasso in contributi stimato in 213,7 miliardi (ovviamente al
 netto delle compensazioni statali). Numeri che, peraltro, dovranno 
essere rivisti in peggio visto che sono stati calcolati sul Def di 
settembre, quello che prevedeva una recessione per il 2013 solo dello 
0,2%, mentre su quello nuovo c’è scritto -1,3.
Com’è stato 
possibile tutto questo? Le magagne più grosse, come si sarà capito, sono
 nel bilancio dell’ex ente degli statali e sono dovute a una sorta di 
paradosso italiano: la Pubblica amministrazione (tanto locale, quanto centrale) per lunghi anni – e in parte ancora adesso – non ha pagato i contributi previdenziali per i suoi dipendenti.
 Oltre ai debiti fantasma nei confronti dei fornitori, insomma, ci sono 
anche quelli dello Stato nei confronti di se stesso: stime non 
confermate parlano di un buco di almeno trenta miliardi di euro che si riversa di anno in anno, man mano che i lavoratori vanno in pensione, dentro i bilanci ufficiali del nuovo SuperInps.
Roba
 nota, che però ora interagisce con un nuovo contesto e sta creando una 
voragine nel sistema previdenziale pubblico italiano. Ecco perché: gli 
ultimi governi non si sono limitati a tagliare i trasferimenti agli 
enti, ma tra blocco del turn over e prepensionamenti hanno tagliato 
anche il numero dei dipendenti statali, cioè di chi – coi contributi – 
paga l’assegno di chi è già in pensione. Per questo Mastrapasqua chiede a
 Grilli e Fornero di darsi una mossa, ovvero nel suo linguaggio che “sia
 opportunamente approfondita e valutata ogni più utile iniziativa”.
“Noi
 ci eravamo opposti fin da subito all’integrazione tra i due maggiori 
enti previdenziali”, dicono i sindacalisti dell’Usb, “perché è 
funzionale al disegno di smantellamento del sistema previdenziale 
pubblico, avviato con la riforma Dini del 1995 e perfezionato nel tempo, da ultimo con la riforma delle pensioni targata Monti-Fornero”.
 Per l’Unione sindacale di base, che sta pensando a uno sciopero per 
denunciare la situazione drammatica dell’ente previdenziale, la faccenda
 è molto semplice: “La fusione Inps-Inpdap non è utile a rilanciare la 
previdenza pubblica, ma ad affossarla: hanno semplicemente voluto 
scaricare sull’Inps (che gestisce i contributi dei lavoratori del 
privato, ndr) i debiti delle amministrazioni statali”. Chissà se 
stavolta il ministro Fornero potrà ripetere la secca risposta che diede a
 ottobre: “La fusione non determina nessun problema sui conti Inps. I 
dati erano conosciuti”.
M Palombi - /14/04/2013  Da Il Fatto Quotidiano del 13 aprile 2013
 
 
 
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