Vent’anni di guerriglia verbale con Berlusconi,
 per poi andarci a nozze definitivamente, all’ombra del Quirinale, 
contro la volontà della stragrande maggioranza del paese e persino dei 
propri iscritti, esasperati dalla protervia marmorea di una nomenklatura
 grottesca.
Nella inquietante “notte della Repubblica” che si spalanca 
sull’incerto 2013, brilla il bagliore – non scontato – dei roghi delle 
tessere del Pd, il “popolo delle primarie” che sembra aver finalmente 
capito di esser stato ferocemente preso in giro: a personaggi come 
Bersani, Letta, Bindi, Violante, D’Alema e Finocchiaro non è mai passata
 nemmeno per l’anticamera del cervello l’ipotesi di un vero cambiamento.
 Se l’antiberlusconismo tanto sbandierato era solo un collante di 
comodo, fragile e insincero, ora è scaduto anche quello.
Così si 
comprende meglio l’irruzione sulla scena di Beppe Grillo, come sostiene 
Giovanni Minoli: «Grillo ha fatto un miracolo democratico, ha evitato 
una guerra civile».
Sul versante di sinistra, la democrazia italiana sembra sotto choc.
Ha scoperto all’improvviso che i presunti paladini del progressismo erano in campo per tutt’altra
 ragione. E cioè: addormentare l’opinione pubblica e impedirle di 
pretendere un vero riscatto civile. Meglio imbrigliarla con falsi 
obiettivi e abili diversivi, per far digerire al popolo del 
centrosinistra le misure più impopolari di sempre.
Avverte l’economista 
italo-danese Bruno Amoroso: a partire dallo scandalo Mps, la storia si 
sta incaricando di smascherare una “democratura” infiltrata da poteri 
fortissimi, esterni agli interessi dell’Italia, ai quali obbedire 
puntualmente, ogni volta mentendo al proprio elettorato e magari 
agitando bersagli di carta: la finta crociata contro l’ineleggibilità 
del Cavaliere, l’antimafia come orizzonte politico di parte e la 
denuncia dell’evasione fiscale come male assoluto, perfettamente adatto a
 colpevolizzare il paese.
Evasione e mafia, due metastasi italiane. 
Nulla, però, in confronto all’attacco al cuore dello Stato, organizzato 
dall’élite neoclassica e neoliberista di Bruxelles, intenzionata a 
confiscare quel che resta della sovranità democratica per privatizzare 
tutto, a costo di gettare milioni di persone nell’incubo della 
precarietà e del bisogno.
Rinnegati di sinistra, li chiama il filosofo Costanzo Preve: fino a 
ieri hanno potuto agire impunemente, protetti da un mainstream 
prezzolato e ipocrita, sempre pronto a non vedere, non dire, non 
discutere, e quindi ostile alla contro-narrazione improvvisata da 
Grillo, che ora è arrivata – nonostante l’interdizione sovietica di 
giornali e televisioni – a costruire una scomoda testa di ponte in 
Parlamento e nelle piazze indignate che assediano il Palazzo. Niente di 
rassicurante all’orizzonte: da una parte il bunker della partitocrazia 
in sfacelo, al guinzaglio dei signori di Bruxelles, e dall’altra 
un’opposizione di governo tutta da costruire, guardando all’Europa di 
domani.
Quella della Francia che ormai fischia Hollande, del Portogallo 
che dichiara anticostituzionale il Fiscal Compact, della Grecia 
dilaniata dal ricatto della nuova schiavitù, dell’Inghilterra sovrana 
che fa assorbire quote di debito dalla propria banca centrale.
Centrosinistra inesistente anche a Berlino, dove – mentre la 
Spd condivide con la Merkel il delirio del rigore spacciato per virtù – è
 la destra liberale di “Alternativa
 per la Germania” a mettere in discussione l’euro come sistema ingiusto,
 fallimentare e anche pericoloso, vista l’ondata di risentimento 
anti-tedesco che sta suscitando nel resto del continente.
La sinistra italiana, capace di imporre una sterzata popolare alla 
Costituzione materiale del paese, era quella guidata da Enrico 
Berlinguer e da personalità d’altri tempi come Sandro Pertini, in grado 
di parlare alla nazione, e come 
Gino Giugni, l’architetto democratico 
dello Statuto dei Lavoratori, che portò anche in fabbrica la democrazia nata dalla Resistenza antifascista.
Con l’inaudita rielezione di 
Napolitano al Quirinale sembra terminare un lungo equivoco, coltivato 
dallo strano regime bipolare (ma in realtà bipartisan) insediatosi dopo 
Tangentopoli con la promessa di riscattare il paese dal cancro della 
corruzione: distratta dai meritati applausi ai giudici di Mani Pulite, 
l’opinione pubblica non si era accorta che – lontano dai riflettori – il
 Trattato di Maastricht rappresentava l’inizio della fine della democrazia parlamentare e quindi della libertà. Era una cessione semi-clandestina 
della sovranità nazionale, concessa senza validazione popolare e senza 
neppure la contropartita democratica di un governo federale europeo. I 
risultati arrivano oggi e si chiamano catastrofe dell’economia, pareggio di bilancio e massacro sociale, manovre lacrime e sangue imposte da “ministri della paura” di ieri, di oggi e di domani.
Giuliano Amato, ricorda Franco Fracassi nel libro-inchiesta “G8 
Gate”, fu il premier che, un anno prima della mattanza di Genova, fece 
pestare a sangue i disoccupati che protestavano a Napoli: per la prima 
volta, osserva Fracassi, alla polizia antisommossa di Gianni De Gennaro 
fu ordinato di non lasciare vie di fuga ai manifestanti, trasformando la
 piazza in una trappola.
Dieci anni di letargo, dopo la sanguinosa 
liquidazione del movimento No-Global e l’infarto democratico mondiale 
dell’11 Settembre, hanno incubato i fronti più atroci di quella che 
Giulietto Chiesa annunciò col suo vero nome, la Guerra Infinita. 
Poi il 
crac della Lehman, gli Indignados, Occupy Wall Street.
In Italia, 
nonostante la sordità non casuale del Pd, parla una lingua 
internazionale la resistenza civile della valle di Susa contro l’assurda
 violenza di una “grande opera inutile” come il Tav Torino-Lione.
Nel 
fatidico 2011, l’anno del luttuoso avvento di Monti & Fornero, 
l’Italia sembrava essersi svegliata dal sonno: il clamoroso plebiscito 
democratico dei referendum per i beni comuni portava la firma, tra gli 
altri, di Stefano Rodotà. Ancora una volta, il Palazzo ha votato contro 
la volontà popolare, sfidandola. Ma oggi – a partire dalla rivolta di 
Vendola e dei militanti del Pd – i rottami del centrosinistra non 
potranno più ingannare l’opinione pubblica ricorrendo ai vecchi alibi, 
ora che sembrano apprestarsi a consegnare definitivamente il paese al 
super-potere straniero che lo sta sbranando.
  
Giorgio Cattaneo - 21/04/2013
http://www.libreidee.org
 
 
 
1 commento:
Un pezzo del tutto strampalato pieno di una retorica nazionalista che mi fa orrore. L'unica cosa positiva è che l'autore incomincia (faticosamente) a capire che i partiti politici l'hanno imbrogliato durante tutti questi anni (PD compreso). Troppo tardi e troppo poco.
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