Nell’autunno del 2010, quando la crisi
dei debiti sovrani era già scoppiata ed erano iniziati i primi
programmi di rigore per rientrare dai deficit, Alberto Alesina si lanciò
in una previsione piuttosto azzardata col senno del poi. Secondo
l’economista, professore ad Harvard e diventato noto in Italia come
editorialista de “Il Sole 24 Ore” e del “Corriere della Sera”,
l’austerità imposta dalla Germania conservatrice di Angela Merkel e
dalla Bce di Trichet stava dispiegando i suoi frutti positivi sulla
crescita dell’Eurozona. Grazia ai tagli alla spesa pubblica la crisi
si sarebbe risolta in fretta, mentre in realtà è scoppiata la più grave
contrazione economica dalla Grande Depressione. «Sembra che la velocità
della ripresa europea sia sostenuta, più rapida di quella degli Stati
Uniti», scriveva Alesina, «e la Bce ha recentemente aumentato le
previsioni di crescita dell’Eurozona».
La sortita di Alesina, osserva Gad Lerner sul suo blog, partiva da un documento redatto nel 2009 insieme alla sua collega di Harvard Silvia Ardagna,
che rimarcava come l’austerità fosse il modo migliore per uscire dalla
grande contrazione globale scoppiata dopo il crack di Wall Street.
«L’analisi dei due economisti italiani – rivela Lerner – è stata una
delle ricerche accademiche che più hanno influenzato le forze
conservatrici, come il governo Cameron o i deputati repubblicani legati
al movimento del Tea Party, che hanno introdotto politiche anti-crisi basate su più o meno pesanti tagli
alla spesa pubblica». Come riporta il blog di uno degli economisti
citati da Alesina, Mike Konzcal, i due “guru” italiani rimarcavano come «un aggiustamento fiscale dal punto di vista della
domanda può diventare espansivo se gli agenti reputano che la riduzione
delle spese generi un cambiamento nel sistema che elimini il bisogno di
un più grande, forse molto più distruttivo aggiustamento in futuro».
Gli economisti di Harvard, aggiunge Lerner, cristallizzano in questa
frase la cosiddetta “teoria della fata fiducia”, ovvero: come una
riduzione del perimetro dell’intervento pubblico faccia tornare la
fiducia degli attori privati, così da generare una nuova mole di
investimenti che sappiano stimolare la crescita. «Una posizione tipica
degli economisti di scuola neoliberale, che fino ad ora si è scontrata,
in modo anche doloroso, contro la realtà». L’errore di Alesina? Non è
tanto in una previsione così clamorosamente sbagliata, come l’annuncio
di una sostenuta ripresa dell’Eurozona, in realtà precipitata nei mesi
successivi nella sua crisi
più grave dal dopoguerra ad oggi. «Il punto vero – scrive Lerner – è la
riproposizione di una tesi già allora piuttosto smentita dai fatti», e
cioè «che tagli
alla spesa significhino, automaticamente, crescita economica». Lo ha
ammesso lo stesso Fondo Monetario Internazionale, che in questi mesi ha
pubblicato vari studi che hanno evidenziato come questa posizione sia
stata, quantomeno, smentita dalla realtà della crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona.
www.libreidee.org - 08/03/2013
fonte: http://www.libreidee.org/2013/03/piu-rigore-piu-crescita-le-deliranti-profezie-di-harvard/
Nessun commento:
Posta un commento