Bisognerebbe forse rivolgersi a "Chi 
l'ha visto?" per avere notizie dei gruppi dirigenti di CGIL CISL  UIL. 
Sono scomparsi anche dallo spettacolo mediatico e se qualche presenza 
c'è  stata, non se ne è accorto nessuno. Qualcuno
 potrebbe obiettare che questo avviene perché le grandi confederazioni 
sono estranee all'avvitarsi su se stessa della crisi politica, fanno un 
altro mestiere. Ma è difficile dimenticare il loro impegno pre 
elettorale. La CISL è stata 
promotrice della lista Monti, mentre la CGIL ha investito tutto sulla 
vittoria di Bersani. Entrambi i gruppi dirigenti di queste 
confederazioni sono dunque usciti sonoramente sconfitti dal voto, a 
maggior ragione perché un gran numero degli iscritti alle loro 
organizzazioni non li ha seguiti e ha votato 5 stelle.(...)
Ma
 la scelta di collateralismo elettorale non è la causa,  ma solo un 
disperato, fallito,  tentativo di affrontare così una  crisi del 
sindacalismo confederale che  ora sta precipitando dopo anni e anni di 
scivolamento verso il basso.
Oggi
 milioni di lavoratori si chiedono a che serva il sindacato. E non 
perché abbiano sposato le teorie neoliberiste secondo le quali la 
contrattazione sindacale sarebbe un freno allo sviluppo. Ma al contrario
 perché sentono il sindacato assente o lontano dal disastro della loro 
condizione sociale.
I
 precari e i disoccupati sono fuori dal mondo sindacale organizzato, ma 
anche quest'ultimo è sempre meno tutelato dalla contrattazione. Gli 
accordi che si firmano sono solo peggiorativi, sia quelli separati come 
 l'ennesimo in Fiat, sia quelli unitari come alle Trenord. Ovunque i 
lavoratori sindacalizzati ricevono piu danni che benefici dagli accordi 
sindacali. 
Si
 può obiettare a questo brutale giudizio che sempre nei momenti di crisi
 e disoccupazione i sindacati hanno fatto fatica a reggere. Però bisogna
 anche provarci a resistere. 
Il
 governo Monti ha realizzato le sue peggiori controriforme, dalle 
pensioni all'articolo 18, e la sua disastrosa politica di austerità con 
il consenso della Cisl e con le brontolate senza mobilitazione della 
CGIL. La UIL non è pervenuta.
Questo
 ultimo anno catastrofico per le condizioni complessive del mondo del 
lavoro ha visto una complicità e una passività sindacale  uniche in 
Europa, o in ogni caso in contrasto clamoroso con quello che era 
considerato uno dei movimenti più forti del continente. Le resistenze 
della FIOM e dei sindacati di base, le singole lotte aziendali, non sono
 riuscite a fermare questa ritirata generale.
Si
 capisce allora meglio  perché i gruppi dirigenti di CGIL e CISL  si 
sono così platealmente spesi nella campagna elettorale. Dalla vittoria 
dello schieramento amico speravano di riottenere quel ruolo 
istituzionale che avevano perso senza lottare.
Non
 è andata così ed ora i gruppi dirigenti delle grandi confederazioni 
brancolano nel buio, sperando in chissà quale miracolo che permetta loro
 di continuare così senza cambiare nulla.
La 
burocrazia sindacale sente arrivare la crisi, ma spesso reagisce ad essa
 con  la chiusura al dissenso e l'obbligo alla fedeltà. Due operai, 
militanti sindacali esemplari generosi e onesti, sono stati espulsi 
dalla CGIL a Padova perché su internet contestavano i dirigenti. E non è
 certo il solo caso di autoritarismo nella vita interna.
Questo
 sindacato che oggi pare scomparso non produce  autocritiche, non 
ricerca vie nuove, non si rinnova né tantomeno si sburocratizza, ma 
pretende  solo l'arroccamento dell'organizzazione attorno ai gruppi 
dirigenti. 
Eppure oggi come non mai le 
lavoratrici ed i lavoratori, i precari e i disoccupati, quel 65 % della 
popolazione il cui reddito non basta più per vivere, avrebbero bisogno 
di un sindacato che lotti e soffra assieme a loro.
Serve
 oggi un sindacato di lotta e cambiamento sociale profondamente 
democratico e totalmente indipendente dagli schieramenti politici. E se 
per ottenerlo occorre che anche le grandi confederazioni siano colpite 
dallo tsunami che ha sconvolto il quadro politico, bene che accada.
Il
 prezzo che il mondo del lavoro paga oggi  anche per la passività 
sindacale, è  troppo pesante  e ingiusto per continuare così.
G. Cremaschi - 08/03/2013
Rete28Aprile
 
 
 
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