Non sono solo le
vendite di tappeti in saldo di Berlusconi, lo scandalo della banca
senese, le incertezze per il senato a far ripartire la cosiddetta
sfiducia dei mercati.
Il regime politico informativo oggi dominante, anch'esso in vacanza sulle Alpi, oggi fa lo scandalizzato, ma è colpevole come i partiti della grande finzione e ancora una volta depista dalla realtà. Che è molto semplice e brutale: la crisi economica si è aggravata e si aggraverà in Italia e in tutta Europa e i mercati lo sanno.
Il numero reale di disoccupati nel nostro paese sfiora i cinque milioni. Decine di migliaia di studenti universitari mancano all'appello, eppure la lotta alla disoccupazione di massa e la catastrofe della pubblica istruzione non sono entrate nello spettacolo elettorale. Non è un caso.
Centrodestra e centrosinistra hanno governato, assieme ora e nel passato in alternanza, sulla base degli stessi principi liberisti di fondo. Hanno approvato la controriforma delle pensioni e dell'articolo 18, il pareggio costituzionale di bilancio e il fiscal compact. Cioè hanno già definito i capisaldi di una politica economica di rigore e massacro sociale che ha prodotto la depressione economica più grave dagli anni trenta del secolo scorso. Non solo, ma si sono impegnati a continuarla, al di là delle battute elettorali.
L'ultimo voto attuativo del pareggio di bilancio c' è stato alla Camera a fine dicembre scorso ed è stato unanime.
Con buona pace di Vendola, ha ragione Bersani quando afferma che nella carta dei principi di Italia Bene Comune tutto il centrosinistra è impegnato a rispettare i patti che sanciscono rigore ed austerità.
Il
governo assieme a Monti è dunque una concreta possibilità alla luce del
sole dei programmi di fondo, e non degli accordi sottobanco. Bersani e
Monti sono destinati a governare assieme perché così vogliono lo
spread e chi lo governa.Il regime politico informativo oggi dominante, anch'esso in vacanza sulle Alpi, oggi fa lo scandalizzato, ma è colpevole come i partiti della grande finzione e ancora una volta depista dalla realtà. Che è molto semplice e brutale: la crisi economica si è aggravata e si aggraverà in Italia e in tutta Europa e i mercati lo sanno.
Il numero reale di disoccupati nel nostro paese sfiora i cinque milioni. Decine di migliaia di studenti universitari mancano all'appello, eppure la lotta alla disoccupazione di massa e la catastrofe della pubblica istruzione non sono entrate nello spettacolo elettorale. Non è un caso.
Centrodestra e centrosinistra hanno governato, assieme ora e nel passato in alternanza, sulla base degli stessi principi liberisti di fondo. Hanno approvato la controriforma delle pensioni e dell'articolo 18, il pareggio costituzionale di bilancio e il fiscal compact. Cioè hanno già definito i capisaldi di una politica economica di rigore e massacro sociale che ha prodotto la depressione economica più grave dagli anni trenta del secolo scorso. Non solo, ma si sono impegnati a continuarla, al di là delle battute elettorali.
L'ultimo voto attuativo del pareggio di bilancio c' è stato alla Camera a fine dicembre scorso ed è stato unanime.
Con buona pace di Vendola, ha ragione Bersani quando afferma che nella carta dei principi di Italia Bene Comune tutto il centrosinistra è impegnato a rispettare i patti che sanciscono rigore ed austerità.
La dimenticanza di disoccupazione e scuola non è dunque solo frutto di una rimozione, ma ha qualcosa di consapevole.
Con i vincoli che si sono assunti non c'è alcuno spazio per creare davvero lavoro dignitoso o finanziare la formazione pubblica. Non ci sono i soldi, meglio parlare d'altro finché si può.
O forse è peggio ancora, cioè si preferisce non dire cosa si farà davvero per mantenere i patti che si sono sottoscritti, altre manovre e altri tagli sono rinviati a dopo il voto.
Certo che sarebbero necessarie invece elezioni verità. Si sarebbe dovuto chiedere ai cittadini di scegliere tra la continuità della austerità e del rigore, con i costi sociali che comporta, o la rottura con essa, con altri costi pagare con Merkel, banche e finanza mondiale.
Un vero scontro tra via liberista e di mercato e via pubblica ed egualitaria per affrontare la crisi, questo sarebbe servito, questo sarebbe stato un segno di vera democrazia, un confronto elettorale utile.
Ma questo scontro avrebbe frantumato i principali schieramenti e messo in crisi i loro gruppi dirigenti e, nel paese del trasformismo e del "ma anche", sperare questo per ora è una pura utopia.
Così Bersani Monti e Berlusconi sono andati avanti a litigare sulle spese della villeggiatura, finché la brutalità della crisi li ha interrotti.
E hanno anche il coraggio di chiedere il voto utile, utile a che?
G.Cremaschi - 06/02/2013
Rete28aprile
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