Nel testo, infatti, non si assume la centralità del tema della redistribuzione per una fuoriuscita dalla crisi connotata, al momento attuale, solo da pesanti interventi di contenimento della spesa e di tassazione aggiuntive a carico del lavoro dipendente e delle pensioni. La somma delle due operazioni non solo accentua il carattere recessivo della nostra economia ma produce nell'immediato, con trascinamenti strutturali, un gravissimo peggioramento delle condizioni materiali delle persone che noi dovremmo rappresentare.
CGIL CISL UIL non individuano con nettezza nella creazione di nuovo lavoro e/o nella sua redistribuzione attraverso riduzione dell'orario di lavoro da incentivare fiscalmente l'unica strada per sollevare il Paese dalla crisi economica e sociale nella quale è precipitato e non rivendicano investimenti pubblici e privati finalizzati alla ricerca e all'innovazione. La riproposizione dell'aumento della produttività attraverso la detassazione di salario da contrattazione aziendale e territoriale è un obiettivo vecchio, ormai ampiamente sconfitto dalla decrescita del PIL, mentre diventa sempre più urgente intervenire a sostegno della produttività attraverso interventi per l'innovazione tecnologica e su salari e stipendi attraverso una generalizzata riduzione della tassazione.
Centralità del lavoro, nella sua qualità e quantità, e redistribuzione sono l'asse di una nuova politica economica che possa ricostruire le condizioni di un'Europa politica che combini sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile con la difesa e la valorizzazione del modello sociale. Questa battaglia deve diventare strategica nelle relazioni col Governo Monti che si caratterizza sempre più come esecutivo tutto politico che utilizza la gravità della crisi attuale per la definitiva affermazione di un modello sociale e politico fondato sulle disuguaglianze, sulla contrazione dei diritti e delle tutele del lavoro, riconfermando quella stessa impostazione liberista all'origine della crisi economica.
L'assenza di scelte nette sul piano generale si ripropone sul merito delle questioni legate al mercato del lavoro. Nell'attuale situazione, in presenza di tassi elevati di disoccupazione giovanile e femminile, di intollerabile pandemia di precarietà, di massicci espulsioni dal lavoro, sarebbe stato quanto mai necessaria e urgente la rivendicazione di una riforma organica dell'impianto legislativo sulle modalità di accesso al lavoro e una vera riforma degli ammortizzatori sociali in senso universale.
Nel documento unitario, invece, si elencano una serie di indicazioni di massima che non mettono minimamente in discussione l'attuale impianto legislativo, che lasciano inalterata la pletora di forme precarie non assumendo fino in fondo il tema dell'unificazione del mercato del lavoro. Il rischio è che ci si trovi al tavolo proposte come il contratto unico e / o prevalente senza che CGIL CISL UIL abbiano concordato una posizione comune o, peggio, senza che tale posizione comune sia stata esplicitata nel documento unitario.
Con buona pace della democrazia sindacale.
Nel merito, sulle questioni del mercato del lavoro:
Sul part-time , col riferimento alle clausole elastiche e flessibili, si accentuano i rischi di disponibilità assoluta del lavoratore alle richieste dell'impresa.
Sul contratto a termine non viene citata la rivendicazione della cogenza della causali per il ricorso allo stesso,mantenendo inalterato l'attuale utilizzo del lavoro somministrato.
È inaccettabile che vengano salvati il lavoro parasubordinato e persino i voucher, forme le più insidiose di accesso al lavoro perchè totalmente sostitutive del CCNL.
Sugli ammortizzatori sociali il documento è particolarmente ambiguo in merito al ruolo del sistema della bilateralità :andrebbe invece assunta la rivendicazione di una riforma strutturale che garantisca l'universalità degli ammortizzatori sociali. Non si rivendica nemmeno un rafforzamento quantitativo dell'indennità di disoccupazione.
Non si capisce per quale ragione non sfidare il Governo sul tema del reddito minimo, rivendicandone l'immediata attuazione.
Sulle questioni della previdenza, non si assume la rivendicazione della riapertura della discussione, dopo lo smacco subito dalle organizzazioni sindacali che per la prima volta nella storia sono state estromesse dalle decisioni sul tema.
Nel merito, condividendo la necessità di modifiche per gli esodati e per i precoci, non si comprende la logica in virtù della quale si rivendica maggiore gradualità nell'attuazione della riforma e l'estensione della norma sui 64 anni ai lavoratori del pubblico, norma che di graduale non ha proprio nulla.
La CGIL che Vogliamo conferma le proposte avanzate col proprio documento al direttivo del 12 gennaio, documento reso di fatto necessario dalla genericità dei contenuti presenti nel documento di maggioranza.
Nessun commento:
Posta un commento