lunedì 5 agosto 2013

Autumn incoming

Tutti a casa
G. Cremaschi - 03/08/2013
Rete28aprile


Negli ultimi due anni PD e PDL hanno governato assieme, prima attraverso Monti poi direttamente. La politica di austerità, la disoccupazione di massa, il massacro sociale li hanno amministrati assieme.Pochi giorni fa Enrico Letta è andato in Grecia per ribadire la comunanza delle scelte politiche con il governo di quel paese e annunciando per l'autunno una nuova ondata di privatizzazioni. Quasi contemporaneamente una insegnante greca moriva di infarto allorché leggeva il proprio nome nella lista dei 25000 dipendenti pubblici licenziati su ordine di quella Troika, cui obbediscono Atene e Roma.
Assieme PD e PDL hanno deciso di procedere alla controriforma della Costituzione, cercando addirittura di cancellare le procedure previste per la sua modifica, una sorta di golpe bianco.(...)


Assieme PD, PDL e il loro nume tutelare Giorgio Napolitano hanno sperato che la Corte di Cassazione cancellasse la condanna, non la prima e non l'ultima, di Silvio Berlusconi. Per poter continuare a stare assieme.

Purtroppo per loro non è andata così e ora, di fronte alla paura e alla rabbia del pregiudicato Berlusconi, il Palazzo trema e si confonde.Tra  PD e PDL comincia ora  il gioco del cerino acceso su chi brucerà il governo, che comunque non è più credibilmente in grado di operare. Il Presidente Napolitano raccoglie quello che ha seminato. Se imponi un governo con Berlusconi, lo ricevi al Quirinale dopo una condanna, lo accrediti come statista, non puoi stupirti se poi ti chiede la grazia quando ne ha bisogno.

Ma questo è proprio ciò che più colpisce della crisi politica attuale. Una classe politica allevata all'insegna del realismo e della spregiudicatezza nella scelta del meno peggio, educata a tutte le  manovre e i giochi possibili pur di conservare il potere, che precipita nelle fantasie e nei sogni senza costrutto.

Davvero il gruppo dirigente del PDL aveva creduto che la politica delle larghe intese preservasse Berlusconi dalle condanne penali. Davvero il gruppo dirigente del PD aveva creduto che la politica delle larghe intese preservasse il governo Letta dagli effetti della condanna di Berlusconi.Davvero Giorgio Napolitano alimentava queste illusioni, e con lui quella grande stampa che ora si agita anch'essa in stato confusionale, predicando pateticamente senso di responsabilità.

Ora, in questo 8 settembre della classe dirigente della seconda repubblica, si cercano soluzioni confuse e disperate. La prima è una improbabile sopravvivenza a sé stesso del governo Letta. Chi la propone si aggrappa soprattutto al fatto che le decisioni di fondo del nostro sistema politico commissariato vengono prese a Bruxelles, e quindi basta obbedire con entusiasmo ai  diktat di Troika e spread, e si può continuare a far finta di governare. 

La seconda alternativa è quella di elezioni a breve in cui PD e PDL si sbranino, per recuperare il consenso dei rispettivi elettorati delusi. Tanto poi, chiunque vinca, saranno sempre Troika e spread a decidere. E le linee guida del governo saranno sempre le stesse che questi due partiti, sotto diverso nome, hanno seguito in questi venti anni. Diciotto dei quali in finta alternanza e gli ultimi due assieme.

Non facciamoci fregare un'altra volta; quale che sia che la via che il Palazzo alla fine si vedrà costretto a scegliere dobbiamo sostenere un solo concetto. Nelle piazze e nelle eventuali urne dobbiamo prima di tutto affermare:  tutti a casa.

* * * 

Come i tartari del deserto di Buzzati
G.Cattaneo - 04/08/2013
megachip.globalist.it



Berlusconi condannato, governo in bilico: notizie che cadono sul marciapiede come fossero chissà che. Come se davvero - dalle sorti del Cavaliere e da quelle dell'esecutivo Letta - dipendesse qualcosa di importante, per la vita degli italiani. Gli italiani: quelli che, a febbraio, bocciarono in massa il mainstream, la cosiddetta offerta politica dell'establishment: uno su quattro disertò le urne, mentre un altro 25% votò per Grillo. Restavano metà dei voti, e se li divisero i due acerrimi nemici, il Pd e l'uomo di Arcore. A semplificare il copione, chiarendo l'equivoco, provvide il Quirinale. Ed ecco il riluttante Napolitano appena rieletto che "persuade" il Pd a sposare il Pdl, per "larghe intese" in continuità con il governo-horror di Mario Monti, il commissario euro-americano inviato dai padroni della Terra con una missione precisa: mettere l'Italia in ginocchio e consegnare la sua residua sovranità ai poteri occulti che si nascondono dietro sigle straniere come Bce, European Commission, Fmi.
A dettare le regole - diktat veri, per nuove leggi-capestro - sono soggetti alieni come la potentissima Ert, European Roundtable of Industrialists, e il Transatlantic Business Dialogue, mentre sono i bankster della Jp Morgan Chase a "spiegare" che la vetusta Costituzione italiana, "fondata sul lavoro" e "nata dalla Resistenza antifascista", con la sua mania di tutelare le libertà democratiche partendo dai diritti dei cittadini-lavoratori, finisce solo col frenare il business e quindi va al più presto cambiata, rimossa, amputata, utilizzando ovviamente la manovalanza locale disponibile, Pd e Pdl. Qualcuno, all'indomani dell'ultima sentenza anti-Berlusca, strilla: impossibile che a mettere mano alla Costituzione sia un pregiudicato per gravi reati. Volendo, la storia dei reati gravi è lunghissima. La madre di tutte le illegalità - il trattato-fantasma di Maastricht, fondamento dell'euro-potere che sta devastando l'Italia - secondo l'ex ministro Giuseppe Guarino costituisce una pericolosa violazione della Costituzione nazionale, nonostante la "legge dell'obbedienza europea" firmata dal super-tecnocrate Antonio La Pergola già alla fine degli anni '80, quando il pubblico era distratto dalle ultime imprese di Craxi e Forlani.
Il popolo del centrosinistra, quello che ha sprecato vent'anni nella guerra di carta contro il Caimano, ora inonda di proteste il Pd "rinnegato e collaborazionista", credendo ancora che sia stato il Cavaliere ad affossare l'Italia, e non il bonario Romano Prodi, l'uomo che sorrideva a reti unificate e intanto si preparava alla condanna del paese, quella vera, l'economicidio ricattatorio del debito, lo scalpo dell'allora settima potenza industriale del mondo - troppo vitale e incontrollabile, troppo vicina al petrolio della Libia e al gas della Russia di Putin. Affiora, lentamente, l'enormità dell'irreparabile: il ruolo dei colossi finanziari dietro alle marionette della politica, le drammatiche urgenze degli scenari geopolitici in vista della confrontation con la Cina, la evidente simmetria tra le guerre locali della Nato e la crisi economica indotta nella quale sta annegando l'Europa, il gigante tradito e nanizzato dall'euro.
Finita la recita dell'uomo di Arcore, il mainstream italiano è interamente occupato a presidiare militarmente la scena mascherando il vuoto politico e proponendo il consueto teatro d'ombre, nell'ora delle mezze figure - Letta, Alfano, Renzi - mentre si affacciano in prima serata (come in ogni vero cambio di stagione) nomi poco consueti come quelli di giuristi e costituzionalisti, da Rodotà a Zagrebelsky, a indicare che qualcosa di strano, oscuro e incomprensibile sta probabilmente per accadere. Tutto è pericolosamente immobile, sospeso: legge elettorale, giustizia e riforme costituzionali, la sinistra calamità del presidenzialismo che incombe sull'orizzonte come i tartari del deserto di Buzzati, mentre il paese reale strangolato dalle nuove tasse imposte dall'euro-regime guarda ormai con crescente allarme all'autunno che arriva. Chi scommette sull'alternativa - l'unica possibile: democrazia contro oligarchia - punta tutto sulla sola data decisiva che abbiamo di fronte, le elezioni europee della primavera 2014. Pace e salvezza, equità e giustizia. Cioè lavoro, e quindi spesa pubblica. In una parola: sovranità. E' a Bruxelles - soltanto lì - che si potrà davvero difendere l'umanesimo della Costituzione italiana, la sua vocazione ad un futuro senza orrori.


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