Nel 1935, Ezra Pound poteva ancora citare il Monte dei Paschi di Siena 
come esempio di "un sistema bancario sano", in quanto "i suoi profitti 
dovevano andare a ospedali ed opere a beneficio del popolo di Siena". 
Dai primi anni Novanta, la "privatizzazione" ha eliminato 
dall'ordinamento italiano il principio della pubblica utilità del 
credito, per cui le banche vengono destinate unicamente a fare profitto.
 I partiti sono tuttavia riusciti a mantenere il controllo sui capitali 
delle ex banche pubbliche, scorporando da esse le Fondazioni bancarie.
Così
 iniziava in Italia il ventennio del trionfo dell'economia del debito, 
capace di generare nel mondo "derivati" per un valore oltre dodici volte
 superiore a quello del lavoro annuo di tutta l'umanità. Le Fondazioni, e
 non solo le banche, hanno partecipato alla speculazione: col risultato 
che le sole prime 12 Fondazioni avrebbero bruciato, al settembre 2011, 
ben 10 miliardi di euro, cui nel 2012 si dovrebbero aggiungere altri 14 
miliardi di perdite sui titoli di Stato presenti nei loro portafogli. 
Dato
 che il patrimonio delle 88 Fondazioni bancarie italiane ammonta a oltre
 50 miliardi di euro, ci rendiamo conto di quanto la crisi finanziaria 
mondiale abbia intaccato uno dei più importanti patrimoni dell'Italia, 
costituito nel tempo dal lavoro degli Italiani e originariamente 
destinato al sostegno delle attività non lucrative, tra le quali, in 
primo luogo, la cultura.
Le improvvise, per gli ignari, notizie sulla
 grave crisi del Monte dei Paschi, che irrompono sulla campagna 
elettorale, annunciano, a nostro avviso, ulteriori difficoltà del 
sistema creditizio e delle fondazioni nel nostro paese: proprio quando 
recenti analisi di esperti confermano il fatto che questo sistema 
continua a sostenere soltanto le grandi aziende e le pubbliche 
amministrazioni, lasciando famiglie e piccole e medie imprese prive di 
denaro proprio quando sarebbe più necessario.
Una scelta strategica 
rivelatrice del fatto che per la finanza internazionalizzata il denaro 
non è il controvalore del lavoro di un popolo, ma lo strumento per 
renderlo schiavo attraverso la creazione del debito.
La patologica 
commistione di politica dei partiti e di speculazione finanziaria si 
traduce quindi nella rapida distruzione di risorse che il nostro popolo 
ha prodotto in decenni. Bruciando con gli strumenti della finanza 
derivata le ultime disponibilità destinate a sostenere non solo le 
attività economiche e imprenditoriali, ma anche quelle culturali 
creative artistiche, si minaccia quindi direttamente la stessa identità 
di ogni popolo.
Dietro i meri aspetti che tanto interessano i 
"tecnici", la questione di fondo è che con l'involuzione del credito e 
della banca, l'Italia regredisce ulteriormente dalla civiltà delle arti e
 dei mestieri, di cui è stata nobile espressione, alla dura soggezione 
alla brutale potenza dell'oro.
G. C. - www.clarissa.it - 23/01/2013       
  
    
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1 commento:
...tazebao... lunghi ed inutili... siamo già informati dai mass media, qualcosa su Insiel invece ?
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