due articoli di Marco Cedolin dal suo blog http://ilcorrosivo.blogspot.it
Lavoro e dignità
Sul fatto che il lavoro possa
rappresentare la dignità, così come si evince da uno striscione
"lavoro é dignità" srotolato da un manipolo di operai dell'Ilva di Taranto,
impegnati ad occupare a turno l'altoforno in
odore di chiusura, continuiamo ad avere molti dubbi. Il lavoro molto
spesso non é altro che un sacrificio necessario per vivere o
sopravvivere e nel migliore dei casi può rivestire un ruolo
importante nell'ambito della realizzazione personale, ma non rende
liberi, nè tanto meno dignitosi.
La dignità é un qualcosa che alligna
nel nostro animo e traspare dalle azioni che compiamo tutti i
giorni, a prescindere dal fatto che noi si lavori o si sia
disoccupati.
L'unico fattore che accomuna i due
termini é l'evidenza del fatto che nell'Italia di oggi tanto il
lavoro quanto la dignità latitano drammaticamente, senza che nessun
segnale possa indurci a sperare che in tempi brevi il deficit venga
colmato....
In quella guerra fra poveri nella quale
si é ormai trasformato il moribondo mondo del lavoro italiano
esistono una marea di lavoratorie che stanno per essere trascinati
nell'inferno della precarietà e della disoccupazione dalle scelte di
un sistema di potere che loro stessi, ostentando ben poca dignità ed
ancor meno lungimiranza, hanno nel tempo avallato, per comodità, per
"timidezza" e per paura di perdere quelli che consideravano
privilegi acquisiti.
Non era certo impossibile comprendere
il punto di arrivo della politica iper liberista applicata dai
mentori della globalizzazione negli ultimi decenni, con il consenso
di larga parte della popolazione. Con tutto il suo carico di
delocalizzazioni, dumping sociale, scempi ambientali e ricatti
occupazionali.
Per realizzare quale sarebbe stato il
punto di arrivo di tutte le scelte scellerate (compiute scientemente
con uno scopo preciso) che ci hanno portati allo stato in cui siamo
oggi, sarebbe bastato applicarsi un poco e dedicare qualche ora ad
informarsi, magari rubandola alla full immersion nel calcio di sky,
nelle sitcom a lustrini, nei paradisi dello shoppimg o nelle
immancabili corse ai weekend fuori porta.
Per contrastare attivamente l'incedere
del treno costruito per trasportarci verso l'abisso sarebbe forse
stato sufficiente recuperare un poco di dignità e molto coraggio,
puntare i piedi e dire no a tutte quelle scelte velenose che la
politica ed i media presentavano come imprescindibili, quasi fosse
stato lo spirito santo ad imporle.
Mi dispiace, ma pur con l'ausilio di
svariati quintali di buona volontà, non riesco a vedere alcun
barlume di dignità allignare fra gli operai della Fiat che hanno
accettato di buon grado ogni passo del gambero sia stato loro imposto
dalla proprietà e dai sindacati collusi con la stessa. Non vedo
dignità fra gli operai dell'Ilva che mai si sono preoccupati del
fatto che il lavoro con il quale mantenevano le proprie famiglie
riempisse le corsie dei reparti di oncologia di malati condannati ad
una morte atroce, ma oggi ritengono di ostentarne una qualche forma,
salendo su un altoforno per difendere il posto di lavoro e fare gli
interessi della proprietà che da decenni costruisce profitti
miliardari sulla pelle della popolazione.
Così come non vedo alcuna dignità fra
gli operai della CMC che a Vicenza hanno costruito una base di guerra
e in Val di Susa stanno sbancando la montagna contro il volere dei
cittadini ai quali regaleranno tanti nuovi tumori e sotto la
protezione della polizia.
Il lavoro, a maggior ragione quando si
tratta di un lavoro "sporco" non é dignità. La dignità é
saper dire di no, quando si rivela necessario, anche se per aver
puntato i piedi occorrerà pagare dazio, mettersi in discussione e
rendere più duro il presente dei nostri figli, consapevoli del fatto
che si tratta di un sacrificio necessario perchè loro e gli altri
abbiano un futuro.
26/09/2012
* * *
Lo sciopero è un fatto inaccettabile
La giornata di sciopero del trasporto pubblico loocale che ieri ha paralizzato le principali città italiane sembra avere provocato di tutto e di più.
Orde di cittadini in preda al panico in fuga nelle gallerie del metrò milanese come fossero inseguiti dagli zombies di Resident Evil, ressa in ogni dove, malori, tensioni e perfino manipoli di "eroi" disposti ad immolare il proprio corpo strisciamdo sotto le saracinesche in chiusura, pur di riuscire a prendere l'ultimo treno prima dello stop alla circolazione. Orde di pennivendoli pronti a sbavare rabbia dichiarando che "uno sciopero così non è da paese civile" e addirittura il garante sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali Roberto Alesse che con un tempismo da orologio svizzero si è affrettato ad aprire un'inchiesta sull'astensione dal lavoro in oggetto.
Comprendiamo bene come nell'Italia
governata dai banchieri lo sciopero somigli sempre più ad una
creatura mitologica alla cui vista inorridire e darsi alla fuga
pervasi dal panico....
E lo stesso pensiero che qualcuno possa
scioperare, in un momento storico in cui qualsiasi lavoro da schiavo
viene considerato alla stregua di un privilegio inarrivabile sembri
ai più esercizio di pura follia.
Così come comprendiamo la frustrazione
e la paura delle molte persone il cui imperativo è quello di
arrivare al lavoro comunque con ogni mezzo, perché se non ci
arrivano nessuno pagherà loro la giornata e malauguratamente il
lavoro potrebbero anche perderlo, dal momento che i contratti da
schiavo sdoganati dalla legge Biagi fra i plausi generali non
contemplano più alcuna tutela.
E ancora comprendiamo la ferocia degli
scribacchini da guardia tenuti generalmente a catena, qualora in
occasioni speciali come questa venga loro concessa dal padrone
libertà di ringhiare, azzannare e sfogarsi come meglio credono,
purchè naturalmente si tratti delle gambe giuste. Ed anche lo zelo
con cui si è mobilitato il garante, dal momento che il suo mestiere
consiste proprio nel far si che gli eventuali scioperi non arrechino
danno a nessuno e possibilmente neppure si vedano.
Quello che invece fatichiamo a
comprendere é la presunzione ostentata da tutto il carrozzone
mainstream nel presentare uno sciopero generale alla stessa stregua
di una calamità naturale, sfruttando per avvalorare la propria tesi
l'isteria collettiva dei forzati da pendolarismo e la paranoia
modello americano che ormai si è impadronita di molti italiani.
Dimenticando completamente di
ragguagliare il lettore/ascoltatore sul motivo che ha indotto i
lavoratori del trasporto pubblico locale a scioperare. Cioé il fatto
che il loro contratto non viene rinnovato dal 2007, abominio
realmente indegno di un paese civile e anche di quelli che nella
nostra supponenza siamo usi considerare scarsamente ricchi di
civiltà.
L'unico fatto realmente inaccettabile è
proprio quello che l'informazione, primo gurdaspalle dei banchieri,
anzichè rispondere alla domanda "ma perchè questi
scioperano?"che ieri milioni di cittadini si saranno posti,
preferisca focalizzare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla
calca, i disagi, gli svenimenti.
Si trattava di uno sciopero, il cui
scopo precipuo è proprio quello di creare disagi, per attirare
l'attenzione su un problema, in questo caso anche di una certa
gravità.
Non di un ciclone tropicale, anche se
di questi tempi nel nostro paese è certo più alta la probabilità
d'imbattersi nel secondo piuttosto che nel primo.
03/10/2012
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