E’ proprio un gran darsi da fare. La signora Marcegaglia vola a New York per scongiurare l’amministratore delegato della Fiat di non abbandonare la Confindustria. Raffaele Bonanni, quello stesso segretario della Cisl che accusa la Fiom di fare politica quando fa sindacato, incontra Silvio Berlusconi e ne esalta la capacità di tenuta e la voglia di combattere. Eccoli qui i due principali rappresentanti delle parti sociali nel regime aziendalistico e padronale che si è costruito in Italia. Eccoli qui a darsi da fare nella perfetta imitazione degli uomini di palazzo, come due Gianni Letta qualunque.
Marchionne ha ottenuto tantissimo dalla Cisl e dalla Confindustria. Usando un linguaggio che è quello del Marchese del Grillo del compianto Monicelli: «Io sono io e voi non siete un c...» ha costretto i sindacati complici e la Confindustria a un percorso di guerra nell’asservimento. Prima ha imposto a Cisl e Uil un testo vergognoso per Pomigliano. Poi ha chiesto alla Confindustria di farlo diventare la base del nuovo contratto nazionale e, conseguentemente, ha costretto Fim Uilm e Federmeccanica a estendere l’accordo di Pomigliano a tutti i metalmeccanici. Non contento di questo ha deciso che bisogna comunque fare una nuova società, la Newco, che serve solo a cancellare il contratto nazionale e a sottoporre i lavoratori che ne faranno parte ad un regime produttivo da terzo mondo. E per ottenere questo risultato ha preteso l’extraterritorialità delle sue imprese industriali in Italia, esigendo di non applicare in esse neppure quel contratto che aveva appena imposto.
A sua volta Berlusconi, nonostante tutti i consigli sotterranei a trattare, pretende la fedeltà assoluta e la resa da parte di chi l’ha contestato. Anche se Fini, sul collegato lavoro assieme a Casini, ha finora votato tutte le sue leggi più importanti e nefaste. Così, come Marchione fa con Cisl e Confindustria, anche Berlusconi con il Terzo polo non si accontenta che siano d’accordo con le sue scelte di fondo. Vuole il diritto all’arbitrio e vuole che tutti costoro glielo riconoscano. Il percorso parallelo e convergente di Berlusconi e Marchionne, che mascherano con l’autoritarismo e la prepotenza la crisi economica e l’assenza di scelte valide per affrontarla, sta anche rivelando il vuoto del cosiddetto “centro riformista”.
Sia che si presenti nella veste dei leaders politici, sia che si manifesti come rappresentanti delle parti sociali, il polo della responsabilità e del patto sociale si rivela un concentrato di vecchia aria fritta della quale sia Marchionne che Berlusconi possono assolutamente farsi beffe.
In questi giorni le piazze d’Italia sono piene di studenti, di lavoratori, di migranti. C’è un paese che si è rimesso in moto e che vuole contrastare non l’immagine, ma la politica reale di Berlusconi, Marchionne, Tremonti. Questo Paese è perfino offeso dalla gestione ridicola della crisi che sta avvenendo nelle istituzioni della politica ed è per questo che il 14 si farà sentire con tutta la sua forza e tutta la sua indignazione. La sinistra, se vuole davvero farsi capire da chi lotta, dovrà scegliere di essere totalmente alternativa, sia al regime padronale di Berlusconi e Marchionne, sia ai penosi tentativi centristi di conservare quel regime senza i suoi attuali titolari.
Marchionne ha ottenuto tantissimo dalla Cisl e dalla Confindustria. Usando un linguaggio che è quello del Marchese del Grillo del compianto Monicelli: «Io sono io e voi non siete un c...» ha costretto i sindacati complici e la Confindustria a un percorso di guerra nell’asservimento. Prima ha imposto a Cisl e Uil un testo vergognoso per Pomigliano. Poi ha chiesto alla Confindustria di farlo diventare la base del nuovo contratto nazionale e, conseguentemente, ha costretto Fim Uilm e Federmeccanica a estendere l’accordo di Pomigliano a tutti i metalmeccanici. Non contento di questo ha deciso che bisogna comunque fare una nuova società, la Newco, che serve solo a cancellare il contratto nazionale e a sottoporre i lavoratori che ne faranno parte ad un regime produttivo da terzo mondo. E per ottenere questo risultato ha preteso l’extraterritorialità delle sue imprese industriali in Italia, esigendo di non applicare in esse neppure quel contratto che aveva appena imposto.
A sua volta Berlusconi, nonostante tutti i consigli sotterranei a trattare, pretende la fedeltà assoluta e la resa da parte di chi l’ha contestato. Anche se Fini, sul collegato lavoro assieme a Casini, ha finora votato tutte le sue leggi più importanti e nefaste. Così, come Marchione fa con Cisl e Confindustria, anche Berlusconi con il Terzo polo non si accontenta che siano d’accordo con le sue scelte di fondo. Vuole il diritto all’arbitrio e vuole che tutti costoro glielo riconoscano. Il percorso parallelo e convergente di Berlusconi e Marchionne, che mascherano con l’autoritarismo e la prepotenza la crisi economica e l’assenza di scelte valide per affrontarla, sta anche rivelando il vuoto del cosiddetto “centro riformista”.
Sia che si presenti nella veste dei leaders politici, sia che si manifesti come rappresentanti delle parti sociali, il polo della responsabilità e del patto sociale si rivela un concentrato di vecchia aria fritta della quale sia Marchionne che Berlusconi possono assolutamente farsi beffe.
In questi giorni le piazze d’Italia sono piene di studenti, di lavoratori, di migranti. C’è un paese che si è rimesso in moto e che vuole contrastare non l’immagine, ma la politica reale di Berlusconi, Marchionne, Tremonti. Questo Paese è perfino offeso dalla gestione ridicola della crisi che sta avvenendo nelle istituzioni della politica ed è per questo che il 14 si farà sentire con tutta la sua forza e tutta la sua indignazione. La sinistra, se vuole davvero farsi capire da chi lotta, dovrà scegliere di essere totalmente alternativa, sia al regime padronale di Berlusconi e Marchionne, sia ai penosi tentativi centristi di conservare quel regime senza i suoi attuali titolari.
Giorgio Cremaschi
articolo pubblicato su "Liberazione" il 10/12/2010
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