Da Fiat a Fincantieri, gli imprenditori in mancanza di una azione del Governo stanno agendo “in proprio”.
Sono stato a Palermo e tutti i lavoratori che ho incontrato mi hanno ripetuto che si aspettavano che prima o poi sarebbe successo anche da loro come a Pomigliano. Gli imprenditori stanno usando il ricatto della crisi e il grosso deficit degli investimenti per attaccare alla radice il contratto nazionale. L’accordo separato scritto sotto dettatura Fiat nei metalmeccanici è puntualissimo da questo punto di vista. Siamo in fase di avvitamento della crisi industriale, ed è evidente che quell’accordo serve a lanciare il segnale a tutti gli imprenditori di rivalersi sui lavoratori. E’ una cosa che capiscono tutti perfettamente. E’ una linea di una miopia sociale e industriale come non c’è mai stata prima in Italia.
Ti ha soddisfatto la risposta del segretario generale della Cgil dopo la firma delle deroghe nel settore metalmeccanico?Una risposta totalmente inadeguata. Consiglierei ad Epifani di non usare più la parola dialogo e smetterla di cadere nella trappola. Tutte le volte che l’ha fatto si sono verificati dei guai clamorosi. E’ successo al congresso della Cgil dove le offerte verso Cisl, Uil e Confindustria sono durate lo spazio di una legge finanziaria di 25 miliardi di euro. Sabato scorso, poi, la liturgia del dialogo a Genova, dove persino Marchionne, che ha lanciato alcuni segnali di disponibilità, il giorno dopo ha dettato i contenuti dell’accordo sulle deroghe. Tutte le volte, insomma, alla parola dialogo corrisponde, per il Governo e gli imprenditori, il segnale di resa. La verità è che la Cgil o si arrende e si autodistrugge o lotta sul serio.
Cosa dovrebbe fare quindi?
A tutto questo c’è una sola risposta: lo sciopero generale contro la Confindustria, e quindi la rottura. Essere un sindacato di lotta e di governo è difficilissimo. Essere un sindacato di lotta e di resa è proprio impossibile. Del resto, nell’accordo separato sui metalmeccanici non c’è nulla di più berlusconiano, perché consegna la licenza di uccidere in mano ai padroni, addirittura con il principio del silenzio assenso. Il contratto nazionale, da questo punto di vista, non è più la cornice del minimo, come nel passato, ma il massimo possibile. La contrattazione aziendale quindi non solo interviene al ribasso ma rappresenta una vera e propria picchiata rispetto al contratto nazionale. E’ la legge della giungla. La peggiore controriforma sociale fatta in Italia da decenni a questa parte. Le regole sull’arbitrato completano il quadro. Lasciamelo dire, Cisl e Uil sono le appendici di Berlusconi e Marchionne. O la Cgil prende atto di questa situazione e si dà una mossa oppure sarà stravolta. Per l’ennesima volta ha sbagliato mossa.
Che quadro esce dal seminario di Todi?
Il seminario di Todi è stato un seminario in cui ho visto una storia di altri tempi, come quando si sosteneva che per difendere la scala mobile bisognava tagliarla. La sostanza è stata una negazione della realtà da parte del gruppo dirigente della Cgil. La Confindustria punta nella crisi a una sostanziale regressione sociale. Niente investimenti e conto finale tutto sulle spalle dei lavoratori. Che progresso c’è in questo? Si prepara l’ennesima truffa per cui dicono: fate i sacrifici per avere lo sviluppo. I sacrifici ci saranno e lo sviluppo non ci sarà. Lo sviluppo si fa migliorando la civiltà del lavoro e del paese. L’accordo di Pomigliano è il succo di una ideologia padronale e reazionaria: se vuoi lavorare devi rinunciare a tutto. Ti darò l’elemosina, ma intanto tu rinuncia.
La Cgil dice che il nuovo patto sociale potrebbe cominciare dalla verifica dell’accordo del 2009.
In ogni caso penso che la Cgil debba definire una propria piattaforma sì, ma una piattaforma sociale. Questa piattaforma, poi, deve essere sottoposta a una trasparente consultazione dei lavoratori e degli iscritti. Non voglio neanche pensare all’ipotesi di una Cgil che improvvisamente accetta la proposta di fare un tagliando all’accordo del 22 gennaio.
Epifani sostiene che ci sono alcuni contratti positivi da cui partire.
Le categorie che ancora le deroghe non ce le hanno devono prepararsi a lottare contro per difendersi. Non pensino di cavarsela con quello che hanno firmato.
Veniamo a Fincantieri, con la manifestazione del primo ottobre a Roma. C’entra qualcosa la privatizzazione che non sono riusciti a fare?
Ancora nell’ultimo incontro ci hanno rimproverato perché ci siamo opposti all’entrata in borsa. Se fossimo entrati in borsa ci troveremmo come la Francia, dove i cantieri sono stati comprati dai Coreani e successivamente il governo li ha dovuti rinazionalizzare perché quelli li stavano chiudendo. O c’è il disastro sociale o l’intervento pubblico. A Fincantieri abbiamo chiesto perché chiudevano in Italia e assumevano negli Usa, la risposta è stata che lì l’assunzione veniva imposta dal governo. Non si fa politica industriale lasciando tutto alla centralità del mercato facendo ricadere i costi sulle spalle dei lavoratori.
Intervista di F. Sebastiani a G.Cremaschi. Liberazione, 1 ottobre 2010.
Sono stato a Palermo e tutti i lavoratori che ho incontrato mi hanno ripetuto che si aspettavano che prima o poi sarebbe successo anche da loro come a Pomigliano. Gli imprenditori stanno usando il ricatto della crisi e il grosso deficit degli investimenti per attaccare alla radice il contratto nazionale. L’accordo separato scritto sotto dettatura Fiat nei metalmeccanici è puntualissimo da questo punto di vista. Siamo in fase di avvitamento della crisi industriale, ed è evidente che quell’accordo serve a lanciare il segnale a tutti gli imprenditori di rivalersi sui lavoratori. E’ una cosa che capiscono tutti perfettamente. E’ una linea di una miopia sociale e industriale come non c’è mai stata prima in Italia.
Ti ha soddisfatto la risposta del segretario generale della Cgil dopo la firma delle deroghe nel settore metalmeccanico?Una risposta totalmente inadeguata. Consiglierei ad Epifani di non usare più la parola dialogo e smetterla di cadere nella trappola. Tutte le volte che l’ha fatto si sono verificati dei guai clamorosi. E’ successo al congresso della Cgil dove le offerte verso Cisl, Uil e Confindustria sono durate lo spazio di una legge finanziaria di 25 miliardi di euro. Sabato scorso, poi, la liturgia del dialogo a Genova, dove persino Marchionne, che ha lanciato alcuni segnali di disponibilità, il giorno dopo ha dettato i contenuti dell’accordo sulle deroghe. Tutte le volte, insomma, alla parola dialogo corrisponde, per il Governo e gli imprenditori, il segnale di resa. La verità è che la Cgil o si arrende e si autodistrugge o lotta sul serio.
Cosa dovrebbe fare quindi?
A tutto questo c’è una sola risposta: lo sciopero generale contro la Confindustria, e quindi la rottura. Essere un sindacato di lotta e di governo è difficilissimo. Essere un sindacato di lotta e di resa è proprio impossibile. Del resto, nell’accordo separato sui metalmeccanici non c’è nulla di più berlusconiano, perché consegna la licenza di uccidere in mano ai padroni, addirittura con il principio del silenzio assenso. Il contratto nazionale, da questo punto di vista, non è più la cornice del minimo, come nel passato, ma il massimo possibile. La contrattazione aziendale quindi non solo interviene al ribasso ma rappresenta una vera e propria picchiata rispetto al contratto nazionale. E’ la legge della giungla. La peggiore controriforma sociale fatta in Italia da decenni a questa parte. Le regole sull’arbitrato completano il quadro. Lasciamelo dire, Cisl e Uil sono le appendici di Berlusconi e Marchionne. O la Cgil prende atto di questa situazione e si dà una mossa oppure sarà stravolta. Per l’ennesima volta ha sbagliato mossa.
Che quadro esce dal seminario di Todi?
Il seminario di Todi è stato un seminario in cui ho visto una storia di altri tempi, come quando si sosteneva che per difendere la scala mobile bisognava tagliarla. La sostanza è stata una negazione della realtà da parte del gruppo dirigente della Cgil. La Confindustria punta nella crisi a una sostanziale regressione sociale. Niente investimenti e conto finale tutto sulle spalle dei lavoratori. Che progresso c’è in questo? Si prepara l’ennesima truffa per cui dicono: fate i sacrifici per avere lo sviluppo. I sacrifici ci saranno e lo sviluppo non ci sarà. Lo sviluppo si fa migliorando la civiltà del lavoro e del paese. L’accordo di Pomigliano è il succo di una ideologia padronale e reazionaria: se vuoi lavorare devi rinunciare a tutto. Ti darò l’elemosina, ma intanto tu rinuncia.
La Cgil dice che il nuovo patto sociale potrebbe cominciare dalla verifica dell’accordo del 2009.
In ogni caso penso che la Cgil debba definire una propria piattaforma sì, ma una piattaforma sociale. Questa piattaforma, poi, deve essere sottoposta a una trasparente consultazione dei lavoratori e degli iscritti. Non voglio neanche pensare all’ipotesi di una Cgil che improvvisamente accetta la proposta di fare un tagliando all’accordo del 22 gennaio.
Epifani sostiene che ci sono alcuni contratti positivi da cui partire.
Le categorie che ancora le deroghe non ce le hanno devono prepararsi a lottare contro per difendersi. Non pensino di cavarsela con quello che hanno firmato.
Veniamo a Fincantieri, con la manifestazione del primo ottobre a Roma. C’entra qualcosa la privatizzazione che non sono riusciti a fare?
Ancora nell’ultimo incontro ci hanno rimproverato perché ci siamo opposti all’entrata in borsa. Se fossimo entrati in borsa ci troveremmo come la Francia, dove i cantieri sono stati comprati dai Coreani e successivamente il governo li ha dovuti rinazionalizzare perché quelli li stavano chiudendo. O c’è il disastro sociale o l’intervento pubblico. A Fincantieri abbiamo chiesto perché chiudevano in Italia e assumevano negli Usa, la risposta è stata che lì l’assunzione veniva imposta dal governo. Non si fa politica industriale lasciando tutto alla centralità del mercato facendo ricadere i costi sulle spalle dei lavoratori.
Intervista di F. Sebastiani a G.Cremaschi. Liberazione, 1 ottobre 2010.
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