mercoledì 20 aprile 2011

I sindaci berlusconiani del Partito Democratico

Le reazioni degli enti locali di Terni alla sentenza ThyssenKrupp servono a capire perché Berlusconi si senta autorizzato a dire quel che dice contro i giudici e la magistratura.
Mi si dirà che il linguaggio e i toni dei rappresentanti delle istituzioni umbre non sono gli stessi del Presidente del Consiglio. E' assolutamente vero, nessuno nega la gravità estrema del linguaggio e delle scelte di Berlusconi. E, tuttavia, dobbiamo chiederci perché dopo una sentenza che per la prima volta inchioda alle sue responsabilità il gruppo dirigente e l'azienda dove è avvenuta una strage, vi siano state a sinistra, nel fronte che tutti i giorni accusa Berlusconi di voler sovvertire la Costituzione, reazioni come quelle del Sindaco e del Presidente della provincia di Terni. Costoro hanno subito paventato la possibilità che la ThyssenKrupp, troppo condannata, abbandoni l'Italia.
Nessuno, tranne qualche pazzo milanese, attacca la magistratura in quanto tale. Se i giudici si limitano al minimo sindacale ed esercitano la loro funzione soprattutto senza invadere il campo della politica o del mercato, non c'è niente da dire. I contrasti sorgono quando il potere giudiziario pone dei limiti veri all'arbitrio dei potenti. Siano essi quelli eletti dai cittadini, siano essi quelli che guidano il mercato.
Si vorrebbe  una magistratura di tipo ottocentesco, che non tocchi i notabili e gli affari ma che si limiti a perseguire i reati di coloro che possono essere condannati senza danneggiare alcun potere. E c'è ancora una parte della magistratura che a queste regole non scritte si attiene.
Se seguiamo lo sviluppo di altri processi per strage sul lavoro,  la Saras di Cagliari o l'Umbria Olii ancora nell'Umbria, troviamo una giustizia molto più cauta, sia nella estensione, sia nella qualità, sia nella forza delle indagini e delle incriminazioni.
La battaglia di Berlusconi contro la magistratura non è quindi solo un atto di follia senile. Essa nasce nei poteri profondi del paese. La Fiat e Craxi negli anni Ottanta si lanciarono in campagne contro i “pretori del lavoro” che, si diceva, con le loro sentenze toglievano potere alle imprese e ai sindacati. Oggi, in una condizione sociale e democratica molto più degenerata, è chiaro che un intervento rigoroso della giustizia per affermare i principi contenuti nella Costituzione sconvolge gli equilibri sociali e politici consolidati. Questo perché il paese sta scivolando verso un regime aziendalistico padronale nel quale i diritti scompaiono sotto il peso degli interessi e dei poteri.
Sono convinto che gli amministratori locali umbri considerino un'offesa essere anche lontanamente paragonati a Berlusconi. Eppure le loro affermazioni stanno dentro quel corso politico e culturale. Quello di chi pensa che a un certo punto la giustizia si deve fermare, se mette in discussione troppe cose nell'assetto costituito.
D'altra parte il sindaco di Terni è in buona compagnia. Il suo collega di Torino era parte civile contro la ThyssenKrupp, che in quella città conta ormai poco, Ma quando Marchionne ha minacciato lo stesso ricatto che oggi lancia la multinazionale tedesca, si è piegato in due secondi. Il sindaco democratico di Torino, il suo collega di Pomigliano del Pdl, hanno fatto proprie le minacce dell'azienda e hanno spiegato ai lavoratori che le rinunce ai diritti e ai contratti sono poca cosa di fronte al rischio che il padrone se ne vada.
Il degrado della nostra democrazia è prima di tutto dovuto al fatto che  c'è sempre un contesto, c'è sempre un territorio, c'è sempre un'istituzione o un'azienda ove le regole e i principi devono essere adattate agli interessi concreti in campo. I diritti, la salute e la sicurezza, la democrazia e la legalità, o sono esigibili sempre, o non lo sono mai. E se non fermiamo questa subalternità crescente dei poteri politici ai diktat del mercato e delle multinazionali, noi non avremo più in Italia un posto ove si possa dire: qui è ancora in vigore la Costituzione della Repubblica.

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