Avendo passato un bel pezzo di vita sindacale a
contestare la concertazione, posso ben dire che non sono a lutto per la
sua fine, però non posso non tenere conto del fatto che essa cade dal
lato della finanza, delle banche e delle multinazionali, e non da quello
dei diritti del lavoro. Socialmente cade da destra.
Noi
che la contestavamo da sinistra abbiamo più volte denunciato il fatto
che lo scambio che stava alla base della concertazione, rafforzamento
del ruolo istituzionale di CGIL CISL UIL in cambio della loro
disponibilità ad accettare la regressione del mondo del lavoro, aveva
qualcosa di insano. Questo scambio, il sindacato come istituzione
stava meglio mentre per i lavoratori andava sempre peggio, non poteva
durare all'infinito.
Renzi e il sistema di
potere che lo ha messo lì e che oggi lo sostiene sono ingenerosi. Grazie
alla collaborazione o non opposizione dei grandi sindacati abbiamo
avuto la caduta dei salari, la precarizzazione di massa per legge, il
peggioramento delle condizioni di lavoro, un sistema pensionistico che è
tra i più feroci ed iniqui di Europa. Appena insediato come ministro
dell'economia, Tommaso Padoa Schioppa spiegò che il suo governo, quello
di Prodi, aveva gli stessi obiettivi di quelli della signora Thatcher,
solo li voleva realizzare con la collaborazione e non con lo scontro con
i sindacati.
Fino alla crisi la concertazione
ha funzionato e lor signori dovrebbero essere riconoscenti alla
moderazione sindacale. Ora però non serve più, con le politiche di
austerità e i diktat della Troika, anche la sola immagine di essa non
piace ai signori dello spread, per i quali il sindacato è negativo in
sé. Come diceva il generale Custer degli indiani, per chi guida la
finanza e ci giudica sulla base dei propri interessi, il solo sindacato
buono è quello morto. Già nel libro verde del ministero del lavoro
gestione Sacconi, si chiedeva il passaggio dal regime della
concertazione a quello della complicità con le imprese. E questa è
stata la richiesta dalla lettera BCE del 4 agosto 2011, assunta da
Berlusconi che sperava così di salvarsi, e poi resa operativa da Monti.
Renzi
è un puro continuatore di questa politica, ma è lì perché ha il
compito di costruire attorno ad essa quel consenso che non ha mai avuto.
Per questo dopo aver sostenuto Marchionne contro la FIOM, ora cavalca
lo scontento sacrosanto che c' è verso la passività di CGIL CISL UIL ,
ma per colpire il sindacato non per rafforzarlo. Renzi ha lamentato che
la CGIL si svegli dopo aver dormito venti anni, ciò che vuole è che quel
sonno continui per sempre.
Alla crisi e alla
ritirata dell'azione sindacale Susanna Camusso e Maurizio Landini stanno
reagendo in due modi conflittuali tra loro e comunque sbagliati
La
segretaria generale della CGIL difende la linea ed i comportamenti
della CGIL di oggi, ne nega la burocratizzazione e la passività e
ripropone la concertazione su scala ridotta, come azione comune delle
cosiddette parti sociali, sindacati e Confindustria tutti nella stessa
barca. L'accordo del 10 gennaio é una disperata difesa della casa che
crolla, ma in realtà aggrava la crisi democratica del sindacato
attraverso regole autoritarie e corporative.
La
risposta di Landini parte dalla giusta denuncia di questa crisi
democratica, ma poi finisce per scegliersi con interlocutore proprio
quel Renzi che è avversario politico di un sindacato davvero rinnovato.
Camusso,
per non cambiare, si aggrappa all'intesa con CISL UIL e Confindustria,
così prestando il fianco alla demagogia renziana contro le caste
sindacali.
Landini, che afferma di voler cambiare, si aggrappa a Renzi, così compromettendo tutto il senso della sua battaglia.
Entrambe
queste scelte sono il segno che la CGIL è una organizzazione in piena
crisi, i cui gruppi dirigenti hanno sinora tentato tutte le strade
tranne una. Quella di rompere con i palazzi della politica e del potere
e con ogni collateralismo con il centrosinistra, per ricostruire la
piena autonomia di azione sociale.
Il sindacato
deve cambiare e la sfida di Renzi va raccolta, ma proprio per lottare
meglio contro il suo governo, ultimo esecutore delle politiche di
austerità.
Giorgio Cremaschi
11/3/2014
11/3/2014
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