giovedì 15 dicembre 2011

Il trilemma dell'Unione europea

Nell suo ultimo bel libro sui paradossi della globalizzazione, l'economista di Harvard Dani Rodrik descrive il "trilemma" dell'economia mondiale: democrazia, sovranità nazionale e globalizzazione economica sono obiettivi che possono essere perseguiti solo a coppie. Secondo Rodrik, se si vuole perseguire l'iperglobalizzazione economica e mantenere la sovranità nazionale bisogna rinunciare ad elementi sostanziali di democrazia. Se si vuole salvare la globalizzazione e garantire allo stesso tempo la possibilità di scelte democratiche, bisogna rinunciare alla centralità della nazione in favore di autorità democratiche globali. Se invece si intende salvare lo Stato nazione e la democrazia politica, allora bisogna rinunciare all'iperglobalizzazione e limitarne l'azione in alcuni settori. Quest'ultima scelta è la soluzione preferita da Dani Rodrik: le diversità sociali e culturali fra i popoli del mondo impedirebbero una vera e propria democrazia globale.
Il trilemma descritto qui sopra, applicato a quell'esempio di sistema economico regionale che è l'Unione europea, spiega al meglio le diverse alternative che si presentano oggi ai cittadini europei. Anche nell'Unione europea, Stati nazionali, democrazia politica e Mercato unico imperniato sull'euro, non possono essere perseguiti tutti e tre allo stesso tempo, ma solo a coppie.
Se infatti si vuole salvare il Mercato unico (e con esso l'euro) e allo stesso tempo la sovranità nazionale bisogna rinunciare a quote significative di democrazia politica. Rodrik chiama questa opzione la "regola aurea": un meccanismo in cui per sopravvivere i governi nazionali dovrebbero perseguire solo politiche adatte ad attrarre capitali e a godere della fiducia dei mercati, e dunque gli ambiti delle scelte democratiche sarebbero estremamente limitati.
Al contrario, se si vuole mantenere partecipazione democratica e Stati nazionali bisogna rinunciare all'euro e al Mercato unico e ritornare al tempo del "Mercato comune" - il modello di integrazione europea esistente fino metà degli anni '80 - in cui non vi era piena libertà di movimento dei capitali e gli Stati potevano proteggere, in caso anche legiferando in autonomia, le caratteristiche essenziali dei propri compromessi sociali e dei servizi pubblici. 
In ultimo, se l'obiettivo è quello di preservare l'euro e allo stesso tempo la democrazia partecipativa, bisogna necessariamente sacrificare quote sostanziali di sovranità nazionale. Occorre cioè creare un governo democratico e federale dell'economia che possa legiferare in materia di politica economica e non solo.
L'illusione che questo "trilemma" non esista sta facendo prevalere nei fatti la prima opzione. Deve essere chiaro che il percorso tracciato da Merkel e Sarkozy il 9 dicembre scorso a Bruxelles, e appoggiato dall'attuale governo italiano, va esattamente nella direzione di ridurre, fino a renderli inconsistenti, i margini delle scelte democratiche. Norme di bilancio rigide, decise attraverso accordi intergovernatativi e gestite da entità sovranazionali come la Corte di giustizia di Lussemburgo (Maastricht 2), diventeranno tavole della legge sulle quali nessun potere democratico potrà incidere. Gli stessi trattati intergovernativi prevederanno modifiche della Costituzione - in primo luogo quella del pareggio di bilancio - avverando l'impensabile risultato di accordi fra governi in grado di modificare il patto sul quale si fonda il rapporto fra Stato e cittadini. Sul mercato del lavoro, la tassazione e le privatizzazioni, i popoli europei dovranno accettare che i propri governi mettano semplicemente lo stampino a quanto loro richiesto da organismi non eletti come la Commissione europea e la Banca centrale o del tutto imperscrutabili come i mercati.
Di fronte a tutto ciò occorrono massicce mobilitazioni sociali che siano in grado di bloccare questo processo e la più larga alleanza possibile fra le forze politiche, intellettuali e sociali di tutti i paesi europei. Tale sussulto di dignità e partecipazione non potrà prescindere da una dura opposizione al governo di Mercozy e Monti e dovrà mirare a far prevalere, contro ogni tentazione autarchica, l'opzione della salvaguardia dell'euro e allo stesso tempo dello spostamento a livello europeo di alcune scelte democratiche, con la creazione di un governo federale dell'economia. Questo governo dovrà legiferare sulle politiche di bilancio, sul fisco e sugli standard lavorativi, ma dovrà anche promuovere una salvaguardia dei beni comuni europei contro il loro progressivo svilimento.
Giuliano Garavini

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