mercoledì 23 ottobre 2013

Racconto da Atene

Tutti insieme, nessuno da solo


Sembra essere questo lo slogan scelto dalla resistenza greca, una resistenza dura, per forza e entità eguale a quella sotto la dittatura. Non ci sono torture da evitare c’è da combattere la fame, la povertà, l’espropriazione di uno stato e dei diritti sociali che esso comporta, il fascismo in ascesa e impunito grazie alle coperture militari e governative.
È lo slogan adottato da tutte le associazioni di movimento e politiche di opposizione alle misure della troika che ha portato la Grecia come ci raccontano i compagni e le compagne greche non a un disastro sociale ma addirittura a una crisi umanitaria. Ad Atene si fanno i conti sia con quello che si vede che con quello che si sente. Decine di persone normali che di notte dormono per la strada, un negozio aperto e 10 chiusi, interi stabili in disuso, fabbriche chiuse e università di Atene chiusa con un grande striscione che l’attraversa per tutta la sua altezza.
Intorno ai 4 milioni (su una popolazione di 11!) di persone sono sotto la soglia di povertà. I consumi sono calati del 7,5% nel 2012. 350.000 persone sono state licenziate in un anno, 30.000 al mese.
Su 6 milioni di lavoratori 3 milioni hanno già perso i benefici della sicurezza sociale compresa la sanità e non possono in alcun modo curarsi. La disoccupazione giovanile è quasi del 60%, i salari sono stati tagliati del 22% e del 35% per i giovani. Il governo ha reso legale la vendita di cibi scaduti.
La delegazione Fiom ad Atene, composta da 8 persone tra delegati e funzionari, nei giorni 30 settembre e 1 ottobre ha dovuto misurarsi con questa realtà.

La presenza del sindacato europeo nasce dall’ultimo comitato esecutivo di Industriall Europe che approva la richiesta di partecipazione e solidarietà nei confronti dei lavoratori greci e in particolare dei delegati e sindacalisti (tra cui il presidente del Poem, sindacato metalmeccanico greco) del cantiere navale di Skaramanga che rischiano 6 mesi di galera per presunte violenze avvenute lo scorso inverno durante uno sciopero per rivendicare il loro salario dopo 30 mesi senza stipendio.
La delegazione è composta da 180 persone. La più numerosa è quella belga con la Mwb, sindacato metalmeccanico vallone, da anni gemellato con il Poem greco che ha ben 80 partecipanti.
Sindacato multietnico, multilingue, militante, composto da compagni e compagne figli di generazioni di migranti provenienti dall’Italia, dalla Spagna, dalla Grecia, chi per sfuggire al fascismo, chi alla fame. Cantano i canti della Resistenza italiana, così come quelli della guerra civile spagnola, conosciuti da tutti perché, mi spiega un compagno, li hanno imparati dai loro compagni di lavoro.

Tante le voci che abbiamo ascoltato, dal primo giorno io e Valentina incontriamo Joanna, avvocato che lavora in un pool di avvocati che sostengono legalmente i migranti e soprattutto le migranti. Ci racconta cose impensabili di violenze, razzismi, violazioni dei diritti umani.
Due le iniziative ufficiali che svolge la delegazione della Fiom: la prima è la visita ai cantieri navali di Elefesis la mattina del 30 di settembre, la seconda il pomeriggio al Parlamento greco, ospite del gruppo di opposizione di Syriza.
Il 30 mattina partiamo con un pulmino per Elefesis (oltre il Pireo), cantiere militare, non possiamo portare con noi il filmmaker né possiamo fare foto.
Ci ricevono i delegati sindacali nella loro saletta, il traduttore ha studiato a Perugia, come tanti altri greci che incontreremo e che hanno fatto i loro studi in Italia.
Il cantiere è privato (600 addetti) così come Siros (230 addetti) e Skaramanga (1.200 addetti), gli unici 3 rimasti in piedi dopo la privatizzazione.
Negli ultimi due anni la situazione dei cantieri è precipitata, anche cercando qualche capitale estero non c’è nessun risultato in assenza di qualsiasi sostegno industriale ed economico del governo che anzi incentiva gli armatori greci ad andare a costruire le navi in Corea, dove le banche danno un sacco di soldi a un tasso ridicolo.
 

Sono stati in sciopero per 3 mesi perché non venivano pagati da 18 mesi. Dopo le lotte hanno ripreso a lavorare un po’ (2 navi e fanno anche riparazioni) con la decurtazione del 20% del salario. Per i 18 mesi senza salario hanno recuperato solo 2.000 euro.
Nel 2004 fu venduto il primo cantiere Skaramanga (ai tedeschi della ThyssenKrupp) e dopo tutti gli altri. I risultati della privatizzazione sono sotto gli occhi di tutti. Cantieri chiusi e quelli aperti hanno un sacco di problemi.
Ci dicono che siamo fortunati e che Fincantieri ce l’ha fatta, ce lo dice anche il direttore che incontreremo dopo la discussione con il consiglio di fabbrica che se la prende con l’Europa che ha messo negli anni Novanta la cantieristica europea in competizione con i vari Stati anziché con il resto del mondo permettendo la penetrazione dei coreani.

Alessandro Pagano e i delegati dei cantieri spiegano come abbiamo salvato in Italia i nostri cantieri, con mesi di cassa integrazione, con una lotta dura, con la volontà di difendere ciò che esiste, delle difficoltà di farlo di fronte alla volontà opposta del governo e degli armatori, con il rigore e la determinazione che i lavoratori di Fincantieri insieme alla sola Fiom e al suo coordinatore nazionale, Sandro Bianchi, hanno messo nella battaglia contro la privatizzazione di Fincantieri.
Se avessimo privatizzato oggi saremmo senza lavoro, senza cantieri e senza uno dei pochi settori industriali rimasti, esattamente come i greci.
I compagni del consiglio di fabbrica ci portano a pranzo. Mi sento in imbarazzo e dico che non avrebbero dovuto spendere dei soldi per noi. La risposta è stata per me stupefacente ma anche un pugno nello stomaco: “stai scherzando? Per una volta che qualcuno ci viene a trovare e si interessa di noi, per noi è solo un piacere”. Questa frase mi dà l’idea di quanto le loro condizioni di vita e lavoro e le loro splendide lotte siano lontane da Bruxelles e da Ginevra.

Il pomeriggio andiamo in Parlamento e ci riceve una folta delegazione di deputati di Syriza, con a capo una donna, la deputata Fothiou (geniale!).
Ci illustrano la situazione drammatica e ci dicono che hanno intenzione di proporre una conferenza europea che chieda l’annullamento del debito per tutti i paesi del sud dell’Europa, e una campagna contro il razzismo e il nazismo. Spiegano che Alba Dorata esiste dal dopoguerra ma non aveva mai contato nulla in un paese antifascista. Tutti i parlamentari e i militanti di Syriza sono impegnati nella fitta rete di associazioni sociali e di ong a cui danno anche sostegno economico.
Il primo di ottobre partiamo tutti in pullman per il tribunale. La manifestazione è vivace, peccato un po’ di pioggia. Dopo un’ora escono i nostri compagni, il giudice ha rinviato il giudizio al 5 di maggio perché a parer suo la polizia non ha prodotto le prove (foto) dell’accusa.
I compagni greci non sono affatto soddisfatti, ci ringraziano commossi e ci diamo tutti appuntamento a maggio.

Sia nelle riunioni ufficiali che in quelle con il movimento tutti ci raccontano di una Grecia che resiste. Si sono aperte 41 farmacie e cliniche sociali che curano quelli che non possono permetterselo con il volontariato di 100 medici, distribuiscono pacchi alimentari, in ogni quartiere si fanno mense sociali e si mettono insieme sia quelli che danno il cibo che quelli che lo cucinano e lo mangiano, si sono istituiti corsi di educazione sociale (molte scuole hanno chiuso e in ogni caso la gente non può più permettersi le materie complementari) con corsi di musica o di lingua, pool di avvocati che danno sostegno legale a chi perde la casa o non può più pagare. Per tutto questo lavoro collettivo si decide in assemblea nei quartieri una volta alla settimana e tutti insieme si decidono le priorità. Si sono organizzate decine e decine di cooperative. Ci sono anche esempi di autogestione di fabbriche andate a buon fine.
Questo esperimento di solidarietà e collettività per loro non è solo un esperimento di sopravvivenza, con esso si afferma che nessuno è da solo ma che tutti insieme si danno una speranza di farcela.

La delegazione riparte e l’ultima immagine che ci portiamo dietro è di una signora distintissima che mentre chiacchieriamo dopo aver mangiato un souvlaki ci chiede se può portar via il pane avanzato.
Torniamo con la sensazione di aver fatto qualcosa di buono e di utile. Averci regalato questa sensazione è un merito di tutti e tutte le persone che abbiamo avvicinato.
Non basterà, questo lo sappiano soprattutto una volta tornati nelle nostre routine, chi più chi meno burocratiche e di interminabili, a volte vuote, a volte inutili discussioni.
Io volo a Bruxelles dove c’è il coordinamento sindacale della Fiat in Europa. Con tutto quello che succede nel mondo Fiat in Europa, impieghiamo 5 ore di discussione con i veti di Fim e Uilm per decidere di inviare una lettera all’azienda per convocare un Cae!
Mi viene da pensare che forse i greci, nessuno da solo e tutti insieme, si salveranno, ma noi di sicuro no.


Sabina Petrucci
Ufficio Europa Fiom nazionale


Roma, 10 ottobre 2013

http://www.fiom.cgil.it/europa/comunicati/c_13_10_10-racconto.htm

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