venerdì 23 novembre 2012

Alcune considerazioni sull'accordo «produttività»

Come è noto a tutti, nella tarda serata di mercoledì 21 novembre, governo e “parti sociali”, insieme a numerose organizzazioni di categoria, hanno firmato l'accordo sulla produttività, con la sola esclusione della Cgil.
Ancora una volta, per "salvare le sorti del paese" e tentare di rilanciare lavoro all'interno della produttività, si fanno accordi sulla pelle dei lavoratori. A presentare l'incartamento è un soggetto, il governo, e alcune pecore (per non perdere il treno e la voglia politico sindacale di stare seduti sui tavoli che contano), i sindacati confederali, abituati a firmare a prescindere.
In parole povere, il modello Marchionne fa scuola anche all'interno del mondo dei "tecnici".

Facciamo bene attenzione: non ci si deve illudere sulla non-firma della Cgil, perché se si vanno ad analizzare le dichiarazioni del sindacato di Corso Italia, è vero che c'è dissenso rispetto a quel documento, ma rimane presente quella continua ricerca di una unitarietà attraverso gli accordi del 28 giugno, per arrivare alla gestione totale del mondo del lavoro, una sorta di co-gestione sul modello tedesco, lo stesso modello tanto decantato all'interno della conferenza stampa dei firmatari.

C'è bisogno di fare una premessa in tutto questo discorso e spiegare quali sono le reali condizioni e i rapporti di forza che si hanno all'interno dei posti di lavoro. Questo per dire che è ormai palese come Confindustria e poteri forti hanno in mano questa parte di società - concetto questo, ribadito con forza con il piano Marchionne - non trovando nessuna resistenza all'interno proprio dei posti di lavoro, trovando complicità con una buona parte dei sindacati e debolezza da parte della Cgil e dalla classe lavoratrice. Tutto questo ha permesso alla classe imprenditoriale di muoversi all'interno di questa lunga guerra come voleva, lasciando con il tempo assopire lotte e diritti acquisiti e lentamente toglierli uno ad uno. L'ultimo in ordine di tempo è il contratto nazionale, lasciato sul banco per una questione di principio ma che con il tempo sta perdendo la sua importanza e forza; un soggetto contenente norme spesso derogate e non tenute in considerazione a cui si affianca l'aspetto economico che ad ogni rinnovo perde la sua importanza non essendo più in grado di andare a coprire inflazione e recuperi salariali; qui scatta il ruolo dell'accordo firmato in questi giorni dove si pone al centro la contrattazione di secondo livello, ovvero un contratto che non tutti hanno: leggendo i dati possiamo affermare che solo il 30% dei posti di lavoro hanno una contrattazione di secondo livello.

Ma cosa vuole dire contrattazione di secondo livello? É una contrattazione che va ad aggiungersi al contratto nazionale fatta singolarmente all'interno di ogni azienda, se questa ritiene di averlo; una contrattazione che vede protagonista l'azienda e le organizzazioni sindacali e le rsu. Qui, allora, si svela il trucco dell'accordo sulla produttività, perché in uno scenario come quello italiano, delegare equivalenza delle mansioni, organizzazione del lavoro, orario di lavoro e sua distribuzione flessibile, impiego di nuove tecnologie, ecc. vuole dire consegnare piena libertà alle aziende di avere pieno potere sul lavoratore con la complicità dei sindacati “amici”, sopratutto se premi e salario saranno sempre più legati alla produttività. Cosa tra l'altro che in molti posti di lavoro è già presente, fattore legato molto alla presenza individuale, cioè: il tuo futuro salario sarà legato alla tua disponibilità, come piace ai padroni. Disponibilità che sarà legata al filo della ricattabilità quotidiana sui posti di lavoro.

In sintesi l'accordo sulla produttività non ha fatto altro che definire le posizioni all'interno del mondo del lavoro: i Padroni che avranno piena mano libera su scelte delle loro aziende e sui lavoratori, una serie di sindacati collaborativi e pronti a partecipare in maniera attiva alla gestione del mondo del lavoro e al momento un sindacato, la Cgil, in attesa che ci siano quelle condizioni necessarie per rientrare senza snaturare troppo la sua natura davanti a milioni d' iscritti.

Proprio su quest'ultima riprendendo il nostro editoriale: dopo aver assopito le lotte nella speranza diarrivare alla gestione totale del mondo del lavoro, si ritrova in un limbo pieno di contraddizioni dopo le numerose manovre che sono avvenute in questi ultimi mesi, partendo dal cambio della segreteria nazionale della Fiom, dove sono stati fatti fuori gli uomini della cosiddetta sinistra o ala radicale della Fiom e della Cgil, dal contratto firmato dai chimici da un segretario di categoria sfiduciato sia dalla base che dalla stessa Cgil, che pone pericolosi precedenti all'interno della contrattazione nazionale, dallo stesso contratto degli alimentaristi dove ancora una volta per non perdere il tavolo della gestione si firmano contratti al ribasso e in difesa nonostante 5 categorie di settore non l'abbiano ancora firmato, cercando di vedere se ci sono le basi per un modello Marchionne anche nel mondo degli alimentari arrivando in fine alla farsa dello sciopero europeo sovrastata dall'imponenza e dalla rabbia del mondo della formazione e di quella base che ha scelto da che parte stare. Per questo diventa interessante analizzare le prossime mosse perché in questa fase risulta difficile andare a chiedere di scioperare con le rivendicazioni che si porta dietro la Cgil, andare a scioperare in difesa e sempre al ribasso per andare ad assecondare le logiche di potere di un sindacato che con il tempo, perduta quella nomea di “lotta” da molto tempo, si sta dirigendo verso un sindacato di servizi e gestione del mondo del lavoro.

Ovviamente in tutto questo non ci si può scordare delle numerose lotte che ogni giorno molti lavoratori portano avanti, dalla Sodexo a Pisa alla Gesip di Palermo, passando dai lavoratori delle cooperative dell'Ikea (apriamo una parentesi su questa lotta per dire che la Cgil nel suo ultimo direttivo ha respinto un ordine del giorno in solidarietà ai lavoratori in lotta perché questi vanno contro accordi firmati dalla stessa Cgil e perché la lotta è portata avanti dal SìCobas) e della coop arrivando a quelle del Sulcis, lotte che non devono essere lasciate isolate ma che devono trovare un filo logico per cominciare a contrastare in maniera seria questo lento ma portentoso attacco al mondo del lavoro.



Un rsu-Cgil della provincia di Modena

Infoaut - 22/11/2012

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Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia
 

Premessa 

Le Parti firmatarie del presente documento considerano la contrattazione collettiva uno strumento utile per perseguire la crescita della produttività e della competitività in Italia. Attraverso la contrattazione collettiva è, infatti, possibile definire modalità e strumenti per perseguire e raggiungere obiettivi di miglioramento della produttività contemperando le ragioni delle imprese e delle persone che vi lavorano.
In questo senso le Parti firmatarie credono che l'autonomia contrattuale debba essere valorizzata anche con riferimento ai contenuti delle intese finalizzate a perseguire i miglioramenti della produttività e, pertanto, si attendono che le determinazioni di Governo e Parlamento, volte a incentivare questi processi, risultino conseguentemente coerenti. Le Parti considerano, quindi, essenziale che la scelta, confermata anche con la presente intesa, a favore della valorizzazione degli accordi collettivi per il miglioramento della produttività, venga sostenuta e promossa da adeguate e strutturali misure di incentivazione fiscale e contributiva.
Le Parti, pertanto, chiedono al Governo e al Parlamento di rendere stabili e certe le misure previste dalle disposizioni di legge per applicare, sui redditi da lavoro dipendente fino a 40 mila euro lordi annui, la detassazione del salario di produttività attraverso la determinazione di un' imposta, sostitutiva dell'IRPEF e delle addizionali, al 10%. Le Parti, con riferimento alla decontribuzione del salario di produttività, chiedono che venga data compiuta applicazione ai contenuti della legge numero 247 del 2007 che prevede lo sgravio contributivo per incentivare la contrattazione collettiva di secondo livello fino al limite del 5% della retribuzione contrattuale percepita.
Le Parti firmatarie sono consapevoli della necessità che la scelta a favore della contrattazione
collettiva per la produttività debba trovare un adeguato sostegno nella legislazione di vantaggio e in questa prospettiva fissano nel presente documento le linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia.
 

1. Considerazioni introduttive

Dalla prima metà degli anni 90 l'economia italiana ha presentato, nel confronto internazionale, più bassi livelli di sviluppo, sia in termini effettivi che potenziali, denunciando la natura strutturale e di lungo periodo della stagnazione della domanda aggregata.
La crisi economica ha accentuato il fenomeno e i dati ufficiali di crescita indicano che il Pil in Italia si è ridotto più che altrove. Il conto che il Paese sta pagando per i nodi strutturali che frenano l'economia italiana è molto alto, sia in termini di perdita di lavoro che di benessere, e si traduce in minori retribuzioni reali, minori consumi, più bassa redditività delle imprese, carenti risorse per la solidarietà, l'istruzione e la ricerca, più elevata pressione fiscale.
Diviene centrale il tema della produttività su cui incidono, oltre al lavoro, molte altre voci sia
materiali (energia, logistica, trasporti) sia immateriali (ad esempio burocrazia, sicurezza, legalità, istruzione) che producono costi e diseconomie sensibilmente diversi fra Nord e Sud d'Italia e fra grandi e piccoli centri urbani. Diviene, altresì, centrale l'investimento nell'ammodernamento dei macchinari e in ricerca e sviluppo per l'introduzione di innovazioni di prodotto e di processo. La modernizzazione del Paese e l'aumento della sua competitività si accompagnano necessariamente alla rimozione dei vincoli materiali e immateriali che ne bloccano lo sviluppo e alla promozione delle potenzialità. Le Parti ritengono che questi temi programmatici debbano trovare adeguato rilievo nella Agenda di Governo del Paese.
La più bassa crescita della produttività comporta un aumento del costo del lavoro per unità di
prodotto (CLUP) e, quindi, una perdita di competitività che è immediatamente riscontrabile nell'alto deficit con l'estero e si traduce in uno spostamento dei redditi e dell'occupazione a favore di altri paesi. Il tema della produttività è all'attenzione del Governo e delle Parti Sociali perché la crescita della produttività e della competitività del Paese possono permettere una ripresa dell'economia, dell'occupazione, del benessere sociale e consentire un più solido riequilibrio di bilancio.
Le Parti Sociali sono, però, consapevoli della impossibilità di ottenere significativi risultati sul
versante della crescita della competitività di sistema se non vi sarà una efficace azione del Governo volta a crearne le condizioni. A tal fine è necessario che il Governo definisca rapidamente indirizzi programmatici e piani di intervento per la modernizzazione del Paese in cui investimenti pubblici e privati concorrano ad accrescere i livelli di produttività del sistema Italia. In questo quadro è necessario che il Governo tracci le linee guida per attuare una riforma strutturale del sistema fiscale che lo renda più equo e, quindi, in grado di ridurre la quota del prelievo che oggi grava sul lavoro e sulle imprese in maniera del tutto sproporzionata e tale da disincentivare investimenti e occupazione.
Le Parti sociali, dal canto loro, sono consapevoli degli effetti che la contrattazione collettiva, in
particolare al secondo livello, può esercitare sulla crescita della produttività e a tale riguardo
convengono sulla necessità di condividere con il Governo i criteri di applicazione degli sgravi
fiscali e contributivi definiti in materia di salario di produttività.
Il rilancio della crescita economica, lo sviluppo occupazionale e l'aumento della produttività sono obiettivi confermati dagli Accordi Interconfederali e da quelli di settore che contengono principi in grado di definire un positivo punto di equilibrio degli assetti della contrattazione collettiva.


2. Relazioni industriali e contrattazione collettiva
 

In diretta conseguenza di quanto precede, le Parti firmatarie del presente documento confermano l'obiettivo comune di sviluppare un sistema di relazioni industriali che crei condizioni di competitività e produttività tali da rafforzare il sistema produttivo, l'occupazione e le retribuzioni. Per questo intendono orientare la contrattazione collettiva, nelle diverse sedi, alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro, all'emersione del sommerso, alla produzione di quel maggior valore aggiunto che possa essere distribuito fra i fattori che hanno contribuito a determinarlo. Per cogliere questi obiettivi le Parti, tenuto conto delle specificità dei diversi comparti produttivi, consolideranno un modello contrattuale nel quale il contratto collettivo nazionale di lavoro abbia la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori, ovunque impiegati nel territorio nazionale, e la contrattazione di secondo livello, facilitata da idonee e strutturali politiche fiscali di vantaggio, operi per aumentare la produttività attraverso un migliore impiego dei fattori di produzione e dell'organizzazione del lavoro, correlando a tale aspetto la crescita delle retribuzioni dei lavoratori.
Diviene, pertanto, essenziale definire compiutamente, attraverso specifiche intese, un sistema di relazioni sindacali e contrattuali regolato e, quindi, in grado di dare certezze non solo riguardo ai soggetti, ai tempi e ai contenuti della contrattazione collettiva ma anche sull'affidabilità ed il rispetto delle regole stabilite. Per favorire questo processo è necessario, altresì, incrementare e rendere strutturali, certe e facilmente accessibili tutte le misure fiscali e contributive volte ad incentivare la contrattazione di secondo livello che collega parte della retribuzione al raggiungimento di obiettivi di produttività, di qualità, di redditività, di efficacia, di innovazione, di valorizzazione del lavoro, di efficienza organizzativa e altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività del settore produttivo.
Le Parti si danno atto della necessità di favorire, soprattutto attraverso la contrattazione di secondo livello, soluzioni coerenti con i principi enunciati negli Accordi Interconfederali e in quelli di settore, al fine di agevolare la definizione di intese modificative delle norme contrattuali più mirate alle esigenze degli specifici contesti produttivi. Queste soluzioni contrattuali di secondo livello, peraltro, possono anche rappresentare un'alternativa a processi di delocalizzazione, divenire un elemento importante di attrazione di nuovi investimenti anche dall'estero, concorrere alla gestione di situazioni di crisi per la salvaguardia dell'occupazione, favorire lo sviluppo delle attività esistenti, lo start up di nuove imprese, il mantenimento della competitività, contribuendo così anche alla crescita territoriale e alla coesione sociale.
In questo quadro è opportuno che i CCNL, tenendo conto delle specificità dei diversi settori,
affidino alla contrattazione di secondo livello il compito di definire condizioni di gestione flessibile degli orari di lavoro, al fine di rispondere alle diverse dinamiche temporali della produzione e dei mercati, nel rispetto della vigente normativa comunitaria oltre che dei diritti e delle esigenze delle persone. Le parti firmatarie – riferendosi per la parte di rappresentanza delle imprese ognuna ai rispettivi settori di pertinenza – confermano, per quanto concerne lo stato delle relazioni industriali e degli assetti della contrattazione collettiva, le scadenze di verifica già precedentemente concordate, da effettuarsi anche alla luce delle risultanze della attuale stagione contrattuale che le parti auspicano si concluda entro le scadenze naturali.
Le parti firmatarie ritengono, pertanto, che per favorire la crescita della produttività, delle
retribuzioni ad essa correlate e dell'occupazione sia necessario informare i rispettivi sistemi di
contrattazione ai seguenti principi:
•il contratto collettivo nazionale di lavoro, tenuto conto di quanto già definito in specifici comparti produttivi, avendo la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori rientranti nel settore di applicazione del contratto, deve perseguire la semplificazione normativa, il miglioramento organizzativo e gestionale, prevedere una chiara delega al secondo livello di contrattazione delle materie e delle modalità che possono incidere positivamente sulla crescita della produttività, quali gli istituti contrattuali che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l'organizzazione del lavoro;
•il contratto collettivo nazionale di lavoro – superato definitivamente con il Protocollo del 1993 il
sistema di indicizzazione dei salari – avendo l'obiettivo mirato di tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni, deve rendere la dinamica degli effetti economici, definita entro i limiti fissati dai principi vigenti, coerente con le tendenze generali dell'economia, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e gli andamenti specifici del settore;
•i contratti collettivi nazionali di lavoro possono definire che una quota degli aumenti economici
derivanti dai rinnovi contrattuali sia destinata alla pattuizione di elementi retributivi da collegarsi ad incrementi di produttività e redditività definiti dalla contrattazione di secondo livello, così da
beneficiare anche di congrue e strutturali misure di detassazione e decontribuzione per il salario di produttività definito dallo stesso livello di contrattazione. Tale quota resterà parte integrante dei trattamenti economici comuni per tutti i lavoratori rientranti nel settore di applicazione dei contratti nazionali laddove non vi fosse o venisse meno la contrattazione di secondo livello;
•la contrattazione di secondo livello deve disciplinare, valorizzando i demandi specifici della legge o della contrattazione collettiva interconfederale e nazionale, gli istituti che hanno come obiettivo quello di favorire la crescita della produttività aziendale.
 

3. Rappresentanza
 

Le Parti firmatarie dell'Accordo Interconfederale 28 giugno 2011, per dare effettività a un sistema ordinato di relazioni industriali, definiscono un altrettanto ordinato sistema di regole sulla rappresentanza secondo i seguenti principi:
•entro il 31 dicembre 2012, la materia verrà disciplinata, con accordo e regolamento integrativo, per consentire il rapido avvio della procedura per la misurazione della rappresentanza nei settori di applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, in attuazione dei principi contenuti nell'Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011;
•entro il 31 dicembre 2012, in diretta conseguenza della definizione delle procedure di cui al punto precedente, saranno definite, per i settori interessati, le modifiche da introdurre alla disciplina delle rappresentanze sindacali unitarie contenuta nell'Accordo Interconfederale 20 dicembre 1993, per armonizzarle con le finalità fissate il 28 giugno 2011 (esplicitare il superamento del terzo); 

•le intese dovranno, altresì, prevedere disposizioni efficaci per garantire, nel rispetto dei principi concordati nell'Accordo Interconfederale 28 giugno 2011, l'effettività e l'esigibilità delle intese sottoscritte, il rispetto delle clausole di tregua sindacale, di prevenzione e risoluzione delle controversie collettive, le regole per prevenire i conflitti, non escludendo meccanismi sanzionatori in capo alle organizzazioni inadempienti.
 

4. La partecipazione dei lavoratori nell'impresa
 

Le Parti, tenuto conto che la legge 28 giugno 2012, n.92, dispone che siano i contratti collettivi a dare attuazione alle misure per la partecipazione, ritengono che il Governo, nella prospettiva di conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di informazione e consultazione dei
lavoratori, nonché di partecipazione dei dipendenti agli utili e al capitale, debba esercitare la delega in materia subordinatamente ad un approfondito confronto con le Parti sociali.
La cultura della partecipazione è favorita, altresì, da un modello di relazioni industriali moderno,
attento agli obiettivi generali dell'economia, orientato alla competitività delle imprese allo sviluppo coeso dei territori e al miglioramento delle condizioni e della qualità del lavoro.
La cultura della collaborazione fra imprese e lavoratori è favorita, anche, dal ruolo che possono
svolgere gli enti bilaterali di matrice contrattuale per la diffusione di modelli partecipativi. Per
diffondere questa cultura le Parti ritengono opportuno valorizzare, nei diversi livelli contrattuali, i
momenti di informazione e consultazione previsti, anche per favorire un responsabile
coinvolgimento nelle scelte dell'impresa sulle materie che migliorano la produttività, le condizioni di lavoro, lo sviluppo dell'impresa. In questa prospettiva le Parti ritengono, altresì, utile monitorare e rendere più omogenee le forme di welfare contrattuale fin qui realizzate con effetti positivi sia per la collettività in cui agiscono che per i lavoratori che ne beneficiano. In questo ambito le Parti ritengono che i contributi che le imprese e lavoratori versano per i sistemi di welfare contrattuale definiti dalla contrattazione collettiva nazionale e/o di secondo livello debbano beneficiare di un regime fiscale e contributivo di vantaggio, a partire dalla previdenza complementare.
Le Parti ritengono, infine, utile avviare un confronto sul quadro di riferimento normativo per
favorire l'incentivazione dell'azionariato volontario dei dipendenti, anche in forme collettive.
 

5. Formazione e occupabilità delle persone
 

Per il miglioramento della produttività occorre un sistema scolastico e formativo che punti
concretamente all'occupabilità delle persone, rilanci e valorizzi, arricchendola anche di contenuti nuovi, l'istruzione tecnico-professionale, esaltando maggiormente le competenze e le capacità di apprendimento delle persone, valorizzando la capacità formativa dell'impresa e del lavoro.
Le Parti ritengono necessario realizzare un miglior coordinamento tra il sistema della formazione pubblica e privata non solo per ottenere, attraverso collaborazioni e sinergie, maggiori benefici e migliori risultati, ma anche per favorire, ai diversi livelli, processi di coordinamento e indirizzo con le politiche attive.
Le Parti Sociali considerano che dal sistema della formazione possa, infatti, derivare un contributo anche nelle attività volte alla ricollocazione delle persone. Pertanto, chiedono al Governo di adottare misure dirette ad agevolare l'attività formativa, anche nell'ambito di procedure di sospensione collettiva, cassa integrazione guadagni o di mobilità, in applicazione di accordi collettivi aziendali o territoriali volti a favorire, attraverso tutte le sinergie possibili, la ricollocazione delle persone. In questa prospettiva le Parti sono convinte che un ruolo fondamentale possa essere svolto anche dai fondi interprofessionali per la formazione continua che, pur nelle specificità dei differenti settori, hanno dimostrato di operare efficacemente non solo per l'aggiornamento delle competenze dei lavoratori occupati ma anche per lavoratori coinvolti in procedure di cassa integrazione, di mobilità o sospensioni collettive dal lavoro.
Le parti sociali, al fine di rendere più agevole ed efficace l'azione dei Fondi Interprofessionali per la formazione, anche nella prospettiva del potenziamento delle politiche attive, auspicano la chiara affermazione per legge della loro natura privatistica.

In questo ambito le parti ritengono auspicabile una verifica e una riorganizzazione del sistema della formazione professionale.
 

6. Mercato del lavoro e misure di solidarietà intergenerazionale
 

E' intenzione delle Parti chiedere al Governo un confronto sui temi del mercato del lavoro con
particolare riferimento alla verifica sugli effetti della applicazione della recente riforma
sull'occupazione. È, altresì, intendimento delle Parti Sociali convenire iniziative di tipo
sperimentale sul territorio coinvolgendo gli enti locali, i soggetti pubblici e privati operanti
nell'ambito delle attività tipiche del mercato del lavoro per avviare un sistema più efficace di
politiche attive del lavoro. Le Parti ritengono, inoltre, opportuno definire "linee guida operative" per affrontare con il Governo, di concerto con gli enti pubblici del territorio, i processi di
ristrutturazione e le situazioni di crisi, individuando procedure e strumenti per attenuarne le ricadute occupazionali e favorire la ricollocazione delle persone e la tutela della capacità produttiva dei territori.
È volontà delle Parti firmatarie proporre al Governo l'istituzione di un osservatorio permanente sul sistema produttivo, con la partecipazione del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero del Lavoro, allo scopo di individuare e condividere politiche per lo sviluppo della struttura produttiva e dei livelli occupazionali.
È volontà delle Parti individuare soluzioni utili a conciliare le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori più anziani, favorendo percorsi che agevolino la transizione dal lavoro alla pensione, creando nello stesso tempo nuova occupazione anche in una logica di "solidarietà
intergenerazionale". In questa prospettiva le Parti chiedono la definizione di una cornice normativa che agevoli queste soluzioni, definendo misure per garantire una adeguata e certa copertura contributiva.
 

7. Contrattazione collettiva per la produttività
 

Le parti ritengono necessario che la contrattazione collettiva fra le organizzazioni
comparativamente più rappresentative, nei singoli settori, su base nazionale, si eserciti, con piena autonomia, su materie oggi regolate in maniera prevalente o esclusiva dalla legge che, direttamente o indirettamente, incidono sul tema della produttività del lavoro. Le Parti s'impegnano ad affrontare, pertanto, in sede di contrattazione collettiva le questioni ritenute più urgenti quali in via esemplificativa:
•l'affidamento alla contrattazione collettiva di una piena autonomia negoziale rispetto alle tematiche relative all'equivalenza delle mansioni, alla integrazione delle competenze, presupposto necessario per consentire l'introduzione di modelli organizzativi più adatti a cogliere e promuovere l'innovazione tecnologica e la professionalità necessarie alla crescita della produttività e della competitività aziendale;
•la ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione anche con modelli flessibili, in
rapporto agli investimenti, all'innovazione tecnologica e alla fluttuazione dei mercati finalizzati al
pieno utilizzo delle strutture produttive idoneo a raggiungere gli obiettivi di produttività convenuti.
•l'affidamento alla contrattazione collettiva delle modalità attraverso cui rendere compatibile
l'impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare
l'attivazione di strumenti informatici ordinari, indispensabili per lo svolgimento delle attività
lavorative.
Le Parti chiedono che, in conseguenza di quanto sopra convenuto per affrontare i temi legati
all'incremento della produttività delle imprese e del lavoro, vengano assunti a livello legislativo,
anche sulla base di avvisi comuni, provvedimenti coerenti con le intese intercorse e con la presente
intesa.


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