lunedì 9 maggio 2011

Una Confindustria di assassini e stragisti di Eugenio Orso


E’ inutile girare intorno alle questioni, con espressioni ipocrite, eleganti perifrasi o distinguo pelosi, quando sono chiare ed inequivocabili.
Ci sono situazioni in cui è inutilizzabile, come schermo, anche il “politicamente corretto”, e questo è esattamente il caso degli applausi tributati da una platea di confindustria [che da questo momento in poi scriverò, per disprezzo, con l’iniziale minuscola] all'amministratore delegato di Thyssenkrupp, Espenhahn, un assassino condannato a 16 anni e 6 mesi per omicidio volontario, in seguito alla morte di sette operai nello stabilimento di Torino il 7 dicembre del 2007.
Qualsiasi giustificazione si può addurre, davanti alle ovazioni tributate dal consesso di industriali ad un assassino e stragista, nato dalla putrefazione del peggior capitalismo mutante, non è sufficiente, non basta per non farci dire: ecco cos’è veramente confindustria, un covo di sfruttatori e parassiti disposti alla strage, abituati da troppo tempo al caviale dei contributi erogati con i soldi pubblici ed allo champagne del profitto estorto ai lavoratori.
Dietro l’aspetto austero, moderatamente piacente ed elegante di Emma Marcegaglia, si malcela un nido di serpenti, assassini e sfruttatori che si fanno apertamente beffe della sicurezza sul lavoro, degli stessi operai caduti sulle linee di produzione, perché tanto il lavoro è interamente a carico degli altri, e la cosa non li riguarda, se non nel momento di intascare gli utili e di consolidare la loro posizione di privilegio.
La vecchia immagine dell’imprenditore-puttaniere privato usata dai soliti “comunisti” otto-novecenteschi, il quale sfruttava cinicamente i lavoratori, costringendoli ad oltre dieci ore di lavoro giornaliere per la mera sopravvivenza, mentre lui se ne andava tranquillamente a puttane [ieri cocotte ed oggi escort] e si baloccava nel vizio con i frutti del lavoro coatto altrui, oggi ci sembra tornata prepotentemente di moda, quanto mai veritiera ed attuale.
Gli applausi di una platea di assassini e sfruttatori ad un loro complice, condannato ma naturalmente a piede libero – perché i veri assassini in questo sistema non pagano mai, confermano una volta di più che non esiste “il lavoro libero” capitalistico, ma agiscono forme di costrizione che in questa epoca tendono a diventare più stringenti, tanto è vero che un ministro della repubblica, nella persona di Giulio Tremonti, ha dichiarato tempo fa in merito alla sicurezza sul posto di lavoro, dalla legge 626 del 1994 al Testo Unico Sicurezza Lavoro [Decreto legislativo n. 81 del 2008] che avrebbero dovuto garantirla per tutti: “robe come la 626 sono un lusso che non possiamo più permetterci”, perché troppo costosa, una mera zavorra nella competizione globale.
Ma forse è meglio dire, con chiarezza, non ci si può più permettere la sicurezza sul posto di lavoro – accettando come se nulla fosse le morti bianche, quali incidenti collaterali dello “sviluppo economico” – esclusivamente perché limita il profitto intascato dalla stessa platea di assassini e schiavisti che ha applaudito Espenhahn.
Altri ministri in carica [Romani, Calderoli] hanno debolmente condannato, ma senza esagerare nel biasimo, l’atteggiamento benevolo, anzi, apertamente favorevole, di confindustria nei confronti dell’AD pluriomicida di Thyssenkrupp, parlando di “applauso improprio” [Romani] o “fuoriluogo” [Calderoli].
Pur apprezzando la moderata e cauta umanità di questi ministri [Romani e Calderoli] davanti alla sfacciatezza degli assassini che si riconoscono e si applaudono pubblicamente, devo rilevare che l’applauso non è improprio né fuoriluogo, ma rappresenta il più palese riconoscimento che Harald Espenhahn è in tutto e per tutto uno di loro, figlio della stessa logica sistemica e membro della stessa classe, e fa quello che anche loro cercano di fare, per perseguire obbiettivi di puro arricchimento personale, di carriera e di potere vendendo la pelle degli altri, se necessario.
Il rischio d’incendio c’era, alla Thyssenkrupp di Torino, e la cosa era nota alla dirigenza che aveva deciso di continuare la produzione, senza però provvedere alla manutenzione degli impianti, in uno stabilimento in dismissione, tanto che in quel tragico 7 di dicembre del 2007 si poteva dire che le morti erano annunciate, e che potevano essere evitate manutenendo gli impianti ancora in attività.
Anche le condizioni di pulizia dell’ambiente di lavoro, tali da incidere sulla sicurezza, erano in quel caso discutibili, tanto che il giorno dopo l’incidente [8 dicembre 2007] la ditta incaricata delle pulizie che da tempo interveniva “a chiamata”, dovette pulire tutte le linee di produzione, meno l’ultima, quella in cui si era verificata la tragedia, perché posta sotto sequestro giudiziale.
Il risparmio sulla sicurezza e quello sulle stesse pulizie dell’ambiente di lavoro, la rinuncia alla manutenzione degli impianti, che posso costituire un pericolo per l’incolumità fisica dei lavoratori, hanno un solo scopo: alimentare il profitto, la creazione del valore ad esclusivo beneficio dell’”azionista” [l’Investitore], davanti al quale in questo liberalcapitalismo sovrano non c’è etica né legislazione che tenga.
In altre parole, c’è chi si sente al di sopra della legge civile e penale degli stati, riconoscendo soltanto “la legge del mercato” che per lui significa ricchezza e potere e per moltissimi altri sfruttamento, povertà e morte.
Anzi, ai gradi ed ai livelli più alti della scala sociale, i grandi Investitori sono “esenti” anche dalla spietata legge del mercato, che colpisce sempre e soltanto i subordinati, quale strumento di dominazione e sistema di razionamento ed esclusione imposto.
Altro che il vecchio ordigno islamico Bin Laden che si sognava nuovo califfo, ma ormai quasi arrugginito, morto da poco oppure, secondo altre fonti, dieci anni fa … sappiamo bene, qui, in occidente chi e cosa rappresentano il vero pericolo per il nostro futuro!
E’ ora di finirla di parlare di “imprenditori buoni” in contrapposto a quelli “cattivi”, di bere menzogne come quelle della “coesione sociale”, di cercare “concertazioni” che penalizzano sempre e comunque lavoratori e subordinati.
Il nemico sociale va riconosciuto e combattuto senza esclusione di colpi, altrimenti si moltiplicheranno le platee che applaudiranno con esultanza gli stragisti e gli assassini di questo capitalismo, mentre noi saremo condannati in massa ad una nuova, più pesante e più invasiva servitù, a quel punto senza scampo.

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