domenica 6 febbraio 2011

Tre uomini e una Fiom

Massimalisti e riformisti, radicali e moderati, indipendentisti e autonomi, minoranza e maggioranza, quelli della mozione uno (Riccardo Nencini, Fausto Durante) e quelli della mozione due (Gianni Rinaldini, Maurizio Landini), o semplicemente quelli della Fiom (Federazione impiegati operai metallurgici). Chiamateli come volete, ma i sindacalisti metalmeccanici della Cgil sono sempre gli stessi.

DUE ANIME E UN SINDACATO. Le loro anime sono due e in 110 anni di vita operaia, nonostante i cambiamenti politici e sociali, sono riuscite a rigenerarsi mantenendo una dualità definita. A contraddistinguerle, una dialettica interna che sin dal primo accordo firmato nel 1906 con la fabbrica di auto Itala Torino portò allo scontro tra socialisti massimalisti e socialisti riformisti sull’intesa che prevedeva la rinuncia al diritto di sciopero in cambio della rappresentanza.
Da allora sono trascorsi anni di lotte operaie, cambi di segreteria, dall'organizzazione per correnti politiche si è passati a quella per aree programmatiche congressuali. La 'i' della sigla sta ora per 'impiegati' e non più per 'italiani', ma la Fiom, che oggi conta circa 360 mila iscritti su tutto il territorio nazionale, ancora si contraddistingue per avere due linee di pensiero e di azione. A rappresentarle, Landini, segretario generale, e Durante, ex segretario nazionale, sostenuto dal 27% del comitato centrale.

La maggioranza in Cgil è minoranza in Fiom
Landini fa capo all'ala dura, radicale e indipendentista, di cui fu promotore Claudio Sabattini, segretario storico dal 1994 al 2002, che riuscì a espellere dal sindacato i cosiddetti 'ragazzi di corso Trieste', i riformisti a cui si rifà oggi Durante, ovvero Gaetano Sateriale, Susanna Camusso, Cesare Damiano e Giampietro Castano.
Ed è proprio Camusso, neo segretario nazionale della Cgil, ad appoggiare oggi la minoranza Fiom guidata da Durante, segnando così con la segreteria dei metalmeccanici una rottura ancora più netta rispetto a quella che nel 1993 ci fu tra Bruno Trentin e Sabattini, quando fu firmato il protocollo tra i sindacati Cgil, Cisl e Uil, la Confindustria e il governo Ciampi sulla politica dei redditi e dell'occupazione e sugli assetti contrattuali.
Allora Sabattini seppur in contrasto con la scelta del leader della Cgil, seguì la casa madre.
Oggi la rottura tra Landini e Camusso è molto più netta. Il terreno di scontro sono gli accordi Fiat di Pomigliano e Mirafiori, e il referendum al quale i dipendenti di Torino saranno chiamati il 13 e 14 gennaio gennaio 2011 per esprimere il loro giudizio sull'intesa tra la Fiat e i sindacati. Quello che Fiom non ha firmato e che non firmerà, sostiene Landini, anche se al referendum dovesse vincere il sì.

Il Comitato centrale di Cremaschi
Ad accentuare ancora di più la distanza tra le due segreterie è Giorgio Cremaschi, presidente del comitato centrale della Fiom, più radicale di Landini, che ha definito Camusso «peggio di Epifani, ce l'avremo sempre contro». Cremaschi, allievo di Sabattini, è il leader dell'area programmatica interna alla Cgil, denominata 'Rete 28 aprile': è stato promotore a livello congressuale della mozione 2 ('La Cgil che vogliamo', firmata da Rinaldini) e continua a rimarcare la linea di confine con la Cgil.
Sebbene la sua corrente sia ormai sciolta, la sua esperienza ultratrentennale nelle segreterie provinciali di Brescia e di Torino ha dato un imprinting alle due aree più importanti per il settore metallurgico, che ancora oggi sono fortemente ispirate alla linea radicale. A partire dalla capitale del tondino, dove a sostenere la maggioranza Fiom c’è il segretario provinciale Michela Spera.

Brescia, Milano, Torino e Napoli con Landini
È a Brescia, infatti, che Camera del lavoro e Fiom sono in mano all'ala dura del sindacato. Un'affinità tra confederazione e associazione di categoria che mai è stata così forte.
La Camera del lavoro bresciana è sempre stata su posizioni di sinistra più radicali rispetto ad altre, condizionata dalla connotazione fortemente operaista della Fiom locale, che conta il più alto numero di iscritti tra le categorie industriali.
Un radicalismo accentuato almeno sino al 2007 con la segreteria di Dino Greco (ora direttore di Liberazione) che si è poi affievolito con il successore Marco Fenaroli e l'attuale, Damiano Galletti (entrambi del sindacato dei pensionati Spi-Cgil), ma rimanendo comunque fuori dalla galassia riformista. 
MILANO RADICALE MA CONCRETA. Una linea, che sino al 2004 è appartenuta alla Cgil di Milano, che pur nella sua parte radicale è sempre stata più concreta e incline alla contrattazione. Il capoluogo lombardo ha avuto infatti una Camera del lavoro riformista e una Fiom indipendentista ma più moderata, almeno sino all'arrivo di Maurizio Zipponi, che fu alla guida di Fiom di Brescia sino al 1988 e che, eletto segretario generale della Fiom di Milano nel 2002, rafforzò quella maggioranza oggi landiniana.
LANDINI SOTTO LA MOLE. Radicali come a Torino, dove però la Fiom più oltranzista, oltre alla battaglia per ottenere i diritti, ha sempre lottato per quella gestione del potere all'interno della fabbrica, che le permettesse di incidere a livello quotidiano sulle proprie condizioni di lavoro. Oggi a capo dei metalmeccanici c’è Federico Bellono, e prima di lui Giorgio Airaudo, storico segretario provinciale torinese, poi coordinatore regionale e oggi responsabile nazionale auto di Fiom.
Ma i due leader torinesi, stesso percorso di educazione politica e sindacale, pur sostenendo la maggioranza landiniana, tendono a distinguersi dalla posizione di Cremaschi che dice no per definizione alla newco Fiat Chrysler ed è più politicizzata. Ad Airaudo, per esempio, sta stretta la definizione di una Fiom massimalista: «La definirei radicale, ma sono gradazioni di colore di un sindacato che è e rimane unito e non ha bandiere. Landini, per esempio, è iscritto a Sel, ma io personalmente non ho nessuna tessera», dice.
LE REALTÀ EMILIANE. A sostenere sul territorio la maggioranza della Fiom sono non solo le province interessate al caso newco Fiat, e quindi Torino e Napoli (Pomigliano D’Arco), ma anche le realtà emiliane, Reggio Emilia (città dell'attuale leader Landini), Bologna e Modena.
Le zone rosse in cui secondo Durante «il conflitto è sempre stato visto come arma di risoluzione, legata a una visione battagliera della Fiom».

Con Durante Terni, Firenze e La Spezia
Per Durante, la minoranza può contare sul pieno sostegno di Valle D’Aosta, Liguria, Umbria e Sardegna, ma anche su sezioni provinciali importanti quali Treviso, Firenze, Terni, Varese, Pavia, Bari, Savona, La Spezia, «la linea radicale Fiom ha prodotto il paradosso per cui solo nell’industria metalmeccanica ci sono accordi separati».
L’area riformista da lui rappresentata ha iniziato a formarsi nel 2004, quando al congresso anticipato indetto da Rinaldini, allora segretario generale Fiom, Durante presentò il documento 'Le ragioni del sindacato', firmato insieme con Nencini, in sintonia con le posizioni maggioritarie della Cgil. Una linea che insiste più sulla contrattazione, sull'efficacia dell'azione sindacale e della mediazione anche politica.
NO ALLA SEGRETERIA. «Siamo meno preoccupati di sporcarci le mani e più di risolvere i problemi», dice Durante, che dopo aver rifiutato un posto nelle segreteria di Landini ha cercato di comunicare la sua linea attraverso incontri, documenti e convegni, come quello organizzato a Firenze con il sostegno del segretario provinciale Marcello Corti.
A condividerne la linea anche i rappresentanti provinciali di Terni, Attilio Romanelli della Thyssenkrupp, di Varese Maurizio Canepari, di Cagliari Marino Carboni. Ma se la presenza sul territorio e il confronto delle diverse posizioni è comunque la caratteristica predominante del sindacato dei metalmeccanici, è il potere politico a condizionare ancora la Fiom....

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quando la crisi economica montante, che non è certo finita e che si aggraverà in questo e nei prossimi anni, "farà chiarezza" non vi potrà che essere una sola Fiom, quella che oggi è di Cremaschi e di Landini.

Eugenio Orso