sabato 1 gennaio 2011

LETTERA APERTA DI EX SINDACALISTI DI CISL E UIL

Noi che sottoscriviamo questa lettera siamo tutti ex delegati Fim/Uilm che negli anni ’70-’80 hanno dedicato impegno ed energie a sostegno delle innumerevoli battaglie sindacali di quei tempi. Proprio in ragione di quell’impegno, crediamo utile ed importante per lo sviluppo della presenza sindacale sui luoghi di lavoro, ci sentiamo in diritto di esprimere alcune considerazioni in merito ai recenti vergognosi accordi sottoscritti dalle nostre ex-organizzazioni sindacali sia nel caso della Fiat di Pomigliano che della Fiat di Mirafiori. Non abbiamo dubbi sul fatto che da parte di voi che ci leggete possa nascere un’accusa fin troppo facile nei nostri confronti: “siete fuori dal tempo, le situazioni sono cambiate, vivete in un passato che non esiste più, ecc.”. Certamente i tempi sono cambiati come sono cambiati i leader sindacali e non ci può essere addebitata alcuna responsabilità se a segretari quali Pierre Carniti, con il quale ci si poteva confrontare e scontrate ma senza mai metterne in discussione la statura, sono succeduti personaggi per i quali il dovere primario della difesa dei diritti dei lavoratori sembra essere un aspetto del tutto estraneo e non solo da oggi. Siamo ancora sufficientemente lucidi da comprendere perfettamente che i tempi sono profondamente mutati e molto più complessi e difficili da affrontare ma, proprio per questi motivi, siamo altrettanto e ancor più profondamente convinti che al sindacato spetti focalizzare la propria iniziativa sulla difesa dei diritti dei lavoratori. Diciamo questo perché i recenti accordi sottoscritti con Marchionne non sono che altri passi in avanti di un percorso, iniziato negli anni ’80 e che ha il suo culmine nell’accordo concertativo del ’93 da parte di tutti i sindacati, che non fa che confermarci il progressivo abbandono di una parte del sindacato di quell’obiettivo primario precedentemente indicato. Come si potrebbero diversamente giudicare i tanti accordi sottoscritti in materia di riforma della previdenza senza mai tenere conto delle condizioni di tanti lavoratori maturi espulsi dal ciclo produttivo a pochi anni dalla pensione e lasciati del tutto privi di reddito ad attendere un traguardo che, modifica dopo modifica, si spostava in avanti nel tempo ? Come giudicare l’assenza di una seria, coerente battaglia perché, in parallelo alla miriade di riforme previdenziali, si varasse quella riforma universale degli ammortizzatori sociali di cui si blatera da almeno 15 anni ? Di fronte alla disoccupazione crescente, alla ormai avvenuta delocalizzazione di interi comparti industriali, alle enormi quantità di fondi pubblici affluiti nelle casse di aziende che alla prima occasione se ne sono andate all’estero, quali reali iniziative sono state messe in campo se non quelle di accettare accordi al ribasso che hanno certo salvato dalla miseria i lavoratori di alcune grandi aziende ma a scapito di chi il lavoro lo ha perso a livello individuale senza poter contare sul alcuno strumento di sostegno al reddito ? E come giudicare la partecipazione sindacale al lauto banchetto dei programmi pubblici a sostegno della ricollocazione il cui risultato in termini di nuovi posti di lavoro è praticamente nullo mentre certe sono le entrate economiche per chi gestisce tali progetti ? Dicevamo che non è un percorso nuovo, che Pomigliano e Mirafiori, non sono altro che un ennesimo passo in avanti iniziato da molti anni e ricordiamo lo scellerato Patto per il Lavoro sottoscritto con il Sindaco di Milano Albertini. Un patto che ha saputo produrre poche decine di posti di lavoro per gli ausiliari della sosta, un patto giudicato in seguito fallimentare dagli stessi firmatari nessuno dei quali, cose si usa in Italia, ha pagato il prezzo di una scelta particolarmente grave per la rottura, la prima di una serie infinita, prodotta all’interno del movimento sindacale. Quest’ultimo accordo di Mirafiori svuota inoltre tutta la rappresentanza sindacale di fabbrica togliendo ai lavoratori ogni possibilità di decisione e discussione sul contenuto del loro lavoro e di gestione delle lotte sia attraverso le nomine dirette da parte sindacale dei loro rappresentanti sia attraverso la limitazione dei contenuti rivendicativi a accordi tra imprenditori e sindacato, con ciò di fatto svuotando il diritto di sciopero e i diritti sanciti dalla Costituzione. Si torna mediante le RSA alle vecchie Commissioni Interne presenti prima degli anni ’70 e sostituite attraverso le lotte dei lavoratori con i Consigli di Fabbrica come esempio di democrazia sindacale. Siamo dovuti arrivare all’assurdo di un segretario confederale che esprime sottili distinguo rispetto al licenziamento di un lavoratore, di segretari confederali che, giorno dopo giorno, si ritrovano in sintonia con le posizioni di un Ministro del Lavoro e di Associazioni imprenditoriali capaci solo di proporre antiche ricette a danno dei più deboli di fronte ad una crisi di sistema che imporrebbe ben altre capacità di analisi e proposizione. Ed è anche in ricordo della nostra partecipazione alla vita sindacale che con profondo senso di vergogna abbiamo sentito il dovere di esprimere il nostro totale dissenso per scelte che pagheranno non solo i lavoratori direttamente coinvolti ma l’intera società, organizzazioni sindacali incluse. 

Vincenzo Arenella, ex-delegato FIM 
Bruno Carchedi, ex-delegato UILM 
Gianfranco Campiglio, ex-delegato FIM 
Severo Cazzulani, ex-delegato FIM 
Fiorella Fedeli, ex-delegata FIM 
Fulvio Negri, ex-delegato FIM 
Armando Rinaldi, ex-delegato FIM 
Vincenzo Robustelli, ex-delegato FIM

Lettera inviata ai mezzi di comunicazione, alle Segreterie dei Partiti e delle altre Organizzazioni Sindacali.

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