lunedì 10 gennaio 2011

Nè soldi né posti sicuri. La Fiat torna al fascismo

L'«accordo di Mirafiori» appartiene al genere delle «cose note» di cui ben pochi conoscono il contenuto. A pochi giorni dal «voto» dei lavoratori interessati ci è sembrato utile chiedere un parere infomato a Carlo Guglielmi, avvocato e presidente del Forum Diritti-Lavoro.

Cosa c'è in questa «proposta che non si può rifiutare?» 
C'è una «parte transitoria» e una «definitiva» con i contorni di un vero e proprio contratto collettivo di stabilimento. Già nella prima ci sono passaggi rivelatori. Per esempio, si prevede la cassa integrazione per tutti per un anno; ma «non sarà previsto e richiesto a carico azienda alcuna integrazione o sostegno al reddito sotto qualsiasi forma diretta o indiretta», neppure durante i corsi di formazione preparatori per la newco. Non è insomma una cig per ristrutturazione, ma per «evento improvviso», oltre che per la crisi di mercato.

Quale?
Non è detto. Per me può essere anche la stessa firma dell'accordo. O i tre voti al governo Berlusconi.

E non si applica l'art. 2112?
Affermano che non c'è perché «nell'operazione societaria non si configura il trasferimento di ramo d'azienda».

Com'è possibile?
Sono possibili diverse interpretazioni. La più semplice è che serviva solo a costringere i lavoratori a firmare individualmente l'accordo, in modo che fossero loro stessi ad accettare la discontinuità tra passato e futuro. Le altre sono peggio. Una sta in un comma poco noto del 2112 che dice che la «sostituzione» tra un contratto e l'altro, in caso di cessione d'azienda, può avvenire solo tra contratti del medesimo livello. Un giudice potrebbe sostenere che un contratto aziendale - come quello per Mirafiori - non lo è e quindi continua ad applicarsi il contratto dei metalmeccanici, compresa la Rsu. La terza è il modello Alitalia, ossia un fallimento controllato della vecchia società. Ma è talmente enorme che nessuno ci può pensare. 

Ma non è una «nuova società». Stabilimento, personale, prodotto, marchio, capitale sono gli stessi...
Infatti è una menzogna dichiarata. Ma tutti la prendono per buona, altrimenti l'«accordo» non ha fondamento. Nessuno ha mosso questa obiezione.

Tutti licenziati e tutti riassunti?
Anche qui va «letto». Penso cheMarchionne non abbia ancora deciso. Può essere che alla fine chieda «dimissioni volontarie» contestuali alla «nuova assunzione». Quantomeno a Mirafiori faranno una «pulizia etnica» generazionale, lasciando fuori tutti i più anziani, che sono anche lo «zoccolo duro» dei sindacalizzati. Ma da nessuna parte si afferma che saranno tutti riassunti. Né che ci sarà davvero un investimento. Il testo dice che «prioritariamente» ci si rivolgerà agli ex dipendenti ( ma senza conservare i livelli di inquadramento). Se poi ci dovesse essere occupazione supplementare, avverrà solo con contratti precari. Hanno voluto anche specificarlo...

Non c'è l'investimento?
Non c'è nessun impegno scritto né per l'investimento, né per l'occupazione sicura. Eppure tutti ne parlano...

E per il diritto di sciopero?
I giuslavoristi vicini alla Fiat sostengono che l'accordo non è anticostituzionale perché... esiste la Costituzione. Il riferimento al divieto di sciopero, comunque, c'era nel testo di Pomigliano, ma qui l'anno sostituito.

In meglio?
In peggio. C'è un discorso genericissimo e più minaccioso a «quei comportamenti individuali e/o collettivi idonei a violare... in misura significativa le clausole del presente accordo... inficiando lo spirito che lo anima».

Come si fa soppesare lo spirito?
E infatti non c'è bisogno nemmeno dello sciopero. Basta forse il malumore, o il votare in modo non gradito. Questa è una clausola «sentimentale», ampiamente discrezionale. 

Ma la produttività c'entra qualcosa?
Nulla. Avrebbero potuto risolverla molto facilmente anche con il contratto metalmeccanico del 2008 (quello firmato anche dalla Fiom, ndr). Se veramente potessero arrivare a quei picchi di produzione, non ci sarebbe problema a spendere qualche euro in più per saturare gli impianti. È come se Marchionne avesse detto: «non so cosa voglio fare, ma quando lo deciderò nessuno si deve poter mettere di traverso». Il risultato viene dal combinato disposto con lo straordinario. Potrebbero decidere, con questo accordo, di far fare sei mesi di seguito 7 giorni su 7. Fantascienza, certo. ma questo è il potere che viene dato a Fiat. 

E la rappresentanza sindacale?
L'unico sindacato ammesso è quello che ha firmato. Vado a memoria, ma la Carta del lavoro del 1927 (sotto il fascismo, ndr), fondativa dell'ordinamento corporativo, prevedeva gli stessi principi, con le stesse parole. Uno stato debole che si chiude e che attacca per prima cosa la democrazia sindacale. 

E' previsto un potere di veto per l'ingresso di altre rappresentanze?
Si mescolano due cose. Il referendum del '95, voluto dalla sinistra sindacale, che stabilisce: la rappresentanza ce l'ha chi firma gli accordi. Attutito però dal fatto che due anni prima era stato siglato l'accordo sulle Rsu. Gli unici a rimetterci, da allora in poi, erano stati i sindacati di base, fuori dal protocollo del '93. Adesso viene tolto l'«ammortizzatore» del '93 e diventa assolutamente evidente che i «rappresentanti dei lavoratori» vengono selezionati dall'azienda. Può «rappresentare» il lavoro solo chi dice sì al padrone. L'altro elemento è la clausola della «unanimità» per l'adesione. Se anche la Fiom andasse col cappello in mano dagli altri sindacati per poter firmare, basterebbe che uno solo (magari l'associazione dei capi Fiat) dicesse no per lasciarla fuori. Alla faccia della «firma tecnica»!

A chi non firma cosa resta?
Abbiamo uno Statuto che prevede diritti «onerosi» per il datore di lavoro (bacheca, permessi, ritiro quote sindacali, assemblea). Tutto questo non lo può più fare. Ma Marchionne ha voluto anche di più: è entrato nel diritto «non oneroso», ossia il proselitismo. Che in un'azienda avanzata viene fatto col sistema informatico (zero costi!). I sindacati che firmano hanno autorizzato l'azienda a «perquisire» caselle e-email e telefoni aziendali dei dipendenti, in deroga allo Statuto.
E nessuna informazione deve trapelare fuori dalla fabbrica...
Il trait d'union tra conflitto e democrazia è l'informazione. Tagliandola, chiudi il cerchio ideologico di questo «accordo».

www.ilmanifesto.it

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