mercoledì 31 marzo 2010

31 Marzo - Comunicato segreteria nazionale Fiom

La Segreteria nazionale della Fiom esprime forte apprezzamento per la decisione del Presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge sull’arbitrato. Questa legge offende i più elementari diritti costituzionali delle lavoratrici e dei lavoratori, tra i quali quello di poter ricorrere da un giudice a tutela dei propri diritti.
A questo punto è necessaria la più vasta mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori e dell’opinione pubblica democratica affinché il Parlamento fermi definitivamente questa legge ingiusta e incostituzionale. La Fiom è impegnata a organizzare, nelle prossime settimane, una mobilitazione che segua direttamente il confronto parlamentare sulla legge.

Comunicato sulla cancellazione della Resistenza e dell'Antifascismo dai testi scolastici.

Scopriamo, con preoccupazione, profondo sconcerto e indignazione che, dopo aver ridotto drasticamente il tempo dell’insegnamento scolastico della storia, nei nuovi programmi dedicati alla materia, tra tutti i fondamentali “nuclei tematici”, non compaiono l’Antifascismo, la Resistenza e la Liberazione. Si compie così un salto di ineguagliabile acrobazia storiografica tra il fascismo e la conquista della democrazia nel nostro Paese che non è certo sorta spontaneamente dal nulla. Un’omissione pensata, riflettuta fino alla sua codificazione, essendo impossibile immaginare un atto dell’ignoranza. Scopriamo inoltre che dai consiglieri stessi del Ministro, On. Gelmini, arriva una giustificazione: “Lo studio della Resistenza è importante ed è previsto nelle nuove indicazioni nazionali”.
Previsto, forse, ma non esplicitato. Perché? Ebbene, in virtù dell’impegno prospettato dal Ministro di voler educare alla cittadinanza e alla Costituzione i nostri ragazzi ed essendo la Costituzione stessa - come ben si sa - nata dalla Resistenza, dal sangue di migliaia di combattenti per la libertà, l’ANPI chiede che nei programmi definitivi di storia si ponga immediatamente rimedio ad un vuoto grave al quale non è estranea l’accondiscendenza al revisionismo antistorico di un Governo la cui maggioranza ha tentato vergognosamente di equiparare con una legge dello Stato i repubblichini di Salò ai partigiani.
La Segreteria Nazionale dell’ANPI invita tutte le sue strutture locali a mobilitarsi con iniziative tempestive e adeguate insieme a tutto l’associazionismo antifascista e della Resistenza affinché - con piena consapevolezza dell’intollerabile progetto governativo che oscura i valori e i principi della nostra Repubblica e della nostra democrazia – vi sia una forte, chiara, diffusa reazione delle forze politiche, dei sindacati, dell’associazionismo democratico oltre che determinati pronunciamenti in Parlamento e nelle Istituzioni locali.


Roma, il 31 marzo 2010

LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI

giovedì 25 marzo 2010

Tre no alla proposta di Bonanni

Ci sono tre obiezioni di fondo da rivolgere ai ragionamenti che Bonanni su “Il Sole 24-Ore” rispetto alla democrazia sindacale. La prima è che una legge sulla democrazia e la rappresentanza sindacale è necessaria proprio perché sono saltati tutti gli accordi unitari e perché non ha più funzionato il sistema dell’autoregolamentazione. La non credibilità dei dati degli iscritti, che lo stesso Bonanni ammette, è solo l’effetto patologico ultimo di questa situazione. Occorre quindi una legge sulla rappresentanza e non semplicemente un’intesa tra Cgil, Cisl e Uil che non ha funzionato e non funzionerebbe.
In secondo luogo non si può legare la legge all’attuazione dell’accordo sul sistema contrattuale. Quell’accordo è contestato da una parte dei sindacati e quindi non può diventare la base per la nuova democrazia sindacale.
Infine, ma non da ultimo, la legge sulla democrazia sindacale non può essere consociativa. Non può fondarsi sul principio che prima tutti i sindacati sono d’accordo tra loro e poi, forse, i lavoratori votano. La democrazia sindacale deve prima di tutto disciplinare e regolare il diritto dei lavoratori a decidere da quale sindacato essere rappresentati e se approvare o no piattaforme ed accordi, anche e soprattutto quando i sindacati non sono d’accordo.
In conclusione l’intervista di Bonanni su “Il Sole 24-Ore” dimostra la giustezza della scelta della Fiom di raccogliere le firme su una proposta di legge di iniziativa popolare. Il segretario della Cisl ripropone ancora una volta le posizioni che hanno portato alla rottura e alla paralisi della democrazia sindacale.
Giorgio Cremaschi
Intervista a Raffaele Bonanni (testo integrale)

mercoledì 10 marzo 2010

IL 12 MARZO SCIOPERO GENERALE IN DIFESA DELL’ART. 18

Cremaschi - La mozione 2 diventi area. Mi candido segretario FIOM

Non è la prima volta che uno sciopero generale della Cgil debba poi essere "aggiornato" ai temi del momento, come in questi giorni con l'attacco all'articolo 18. Che succede?
Succede che siamo in presenza di scioperi come grandi contenitori. Non è un modo giusto per gestire le lotte. Questo sciopero ha un senso se è una risposta immediata sulla questione dell'articolo 18. Del resto, sta andando sempre peggio. Confindustria e Governo cercano una resa dei conti finali, ma questo da un bel po', non da ieri. La gente lo sa e o si rassegna o, quando può, si ribella. La Cgil non si è fatta sentire a sufficienza non per debolezza, ma per contraddizioni politiche. Come dopo l'accordo del 22 gennaio, si è fatto finta di non sapere che c'è il consenso totale di Cisl e Uil. O si alza la polemica nei loro confronti oppure perdi. Se anche una personalità come Gallino rimprovera in modo durissimo alla Cgil di non essersi mossa a sufficienza, è chiaro che qualche problema c'è.

Mi sembra che dopo la querelle sulla partecipazione al voto, "La Cgil che vogliamo" abbia di fronte il nodo, passami il termine, "continuità della discontinuità".

La "mozione due" è di fronte a un doppio problema. Che giudizio dare sui risultati dei congressi di base e come, e se, andare avanti. Sul primo è chiaro che il risultato è inferiore alle aspettative e alla portata dello schieramento. Su questo non c'è dubbio. Non si può negare che la mozione abbia subito dei colpi. E' venuto meno con il risultato finale del congresso il punto di partenza e cioè l'alleanza di tre categorie e di alcune Camere del lavoro che potevano costituire un polo dialettico nuovo dentro la Cgil. D'altra parte questo risultato non rappresenta neanche la disfatta che vuol far sembrare il gruppo dirigente. Il correntone non ha sfondato. Tuttavia si vuole trasformare questo in una disfatta e lo si fa con i voti "non credibili". Un risultato più credibile, ovvero il 25%, non cambierebbe la tendenza di fondo. La forzatura in atto sui voti tende ad annichilire la mozione. E a questo bisogna rispondere.

Come proponi di rispondere?

Penso che la non certificazione dei dati decisa dalla mozione se non vuol essere una questione legale deve portare a risultati politici e a dei comportamenti coerenti. Ovvero, non si chiude unitariamente se non c'è una svolta nei comportamenti della maggioranza, e se la maggioranza non riconosce le ragioni della minoranza. Questo è il punto. Penso che abbiamo avuto un mandato non per sistemare un po' di posti ma per fare una battaglia politica duratura dentro la Cgil. E' la crisi stessa che lo impone.

Parli di un'area programmatica?

Sì. Bisogna che si discuta sul fatto che la mozione continui costituendosi come area programmatica. Un'area di dissenso e in alcuni casi anche di opposizione nella Cgil.

Podda e Rinaldini hanno sempre ripetuto di non voler costituire un'area programmatica.

Penso che sia Podda che Rinaldini si debbano rendere conto che la situazione è cambiata. Questo implica una scelta per la maggioranza della Fiom. Il fatto che in Fiom ci sia una maggioranza diversa da quella che c'è in Cgil è un fatto nuovo. Questo apre una dialettica che non può più essere solo quella tra strutture ma tra pratiche e linee sindacali. La Fiom deve farsi carico di essere l'architrave dell'area del dissenso in Cgil. Questo è quello su cui dovrà discutere il congresso nazionale della Fiom. E si sceglie il gruppo dirigente sulla base del mandato politico. In questo c'è la mia disponibilità, ma solo in questo contesto.

Ti candidi a segretario nazionale della Fiom?

Non capisco perché dovrei essere escluso a priori da questa discussione. Il punto che la Fiom deve scegliere è se continua fino in fondo sulla base della posizione che si è affermata come maggioranza o accetta, anche senza dirlo, di rientrare nei ranghi. Credo che la Cgil abbia bisogno che la dialettica continui. E ne abbia bisogno anche il paese. Da questo punto di vista mi auguro che la Cgil scenda in piazza anche contro il decreto sulle elezioni. In fondo fa parte della sua tradizione, da Tambroni in poi. L'attacco all'articolo 18 nasce in un momento in cui c'è il decreto salva-lista. E' l'idea di sopraffazione del diritto. E purtroppo, la Cisl e la Uil sono parte integrante dell'Italia di Berlusocni .

E la Confindustria?

Il potere di Berlusconi si fonda anche su un patto di concertazione e complicità con la Confindustria, la Cisl e la Uil. Senza questi sostegni, la maggioranza di Governo sarebbe già in crisi a causa del disastro economico-sociale che c'è nel paese. La Cgil è fuori da questo sistema di potere ma non sempre è contro. A volte è sull'uscio. Per questo al di là delle mozioni c'è il peso della realtà che continuerà ad incombere sulle scelte della Cgil. E c'è per questo bisogno di una forte dialettica di posizioni.

Scusa se insisto sulla tua candidatura...

Ogni tanto bisogna anche mettersi in discussione sul piano personale. Ho una grandissima stima di Maurizio Landini, pensò però che ci sono momenti in cui le organizzazioni devono scegliere. Come mi è spesso capitato accetterò le scelte e ne subirò le conseguenze. La situazione è troppo grave perché venga affrontata come un fisiologico ricambio di gruppi dirigenti. Sulla Fiom si concentrano tante speranze di resistenza del mondo del lavoro e non solo di esso.

Intervista a Liberazione, 9 marzo 2010. Fabio Sebastiani.

venerdì 5 marzo 2010

Il nuovo attacco all’articolo 18 avviene con l’accordo di Cisl e Uil

Come è ovvio su un punto il ministro Sacconi ha ragione: il progetto sull’arbitrato contenuto nel disegno di legge 1167 non è frutto di un colpo di mano del governo, ma è costruito con l’accordo della Confindustria, della Cisl e della Uil.
La giusta indignazione della Cgil, dell’opposizione politica, dei giuslavoristi rispetto al fatto che in questo modo si cancella tutto il sistema dei diritti del lavoro, dall’articolo 18 al contratto nazionale, e si passa al sistema della deroga individuale, non cambia la sostanza.
L’accordo separato del 22 gennaio 2009 conteneva l’arbitrato e alcuni contratti nazionali, in particolare quello dei chimici unitariamente e quello dei metalmeccanici sottoscritto solo da Fim e Uilm, contengono l’impegno a introdurre tale istituto nelle relazioni sindacali. E’ chiara la gravità e l’incostituzionalità della scelta del governo di inserire l’arbitrato come clausola che il lavoratore “sceglie” nel momento dell’assunzione. Cioè nel momento in cui il lavoratore è nell’alternativa tra mangiare la minestra e saltare dalla finestra. Così si conferma la volontà di distruggere il sistema della contrattazione dei diritti collettivi. Ma tutto questo è già contenuto nello spirito e nella sostanza dell’accordo del 22 gennaio 2009 ed ha quindi ragione Sacconi quando dice che sta semplicemente realizzando quell’accordo. D’altra parte le dichiarazioni di Bonanni e di Angeletti sostanzialmente confermano questa tesi: i due dirigenti sindacali non sono minimamente disponibili a mettere in discussione l’arbitrato e al massimo chiedono, come contenuto nell’accordo del 22 gennaio, che esso sia regolato dai contratti. Come se questo cambiasse qualcosa.
Il nuovo attacco ai diritti è frutto della complicità e dell’accordo tra Cisl, Uil, Confindustria e governo. E’ giusto allora che lo sciopero del 12 si caratterizzi prima di tutto contro l’arbitrato e in difesa dei diritti dei lavoratori. Ma sarebbe anche giusto che la Cgil traesse le dovute conseguenze dai comportamenti di Cisl e Uil. Inseguire l’unità con questi sindacati, oggi,  significa inseguire l’arbitrato e la distruzione dei diritti. Per difendere l’articolo 18 la rottura con Cisl e Uil deve essere chiara e netta.

Giorgio Cremaschi

giovedì 4 marzo 2010

Grave decisione del Governo che cancella l’Art. 18 e destruttura i Contratti nazionali

Comunicato della Segreteria Nazionale Fiom‐Cgil 
 
IL 12 MARZO SCIOPERO GENERALE
IN DIFESA DELL’ART. 18

 
Il  cosiddetto  “collegato  lavoro”  deciso  dal  Governo  e  approvato  al  Senato  contiene  norme  che  destrutturano i Contratti e, di fatto, annullano le tutele previste dall’Art. 18 dello Statuto dei lavoratori. 
La  Segreteria  nazionale  della  Fiom  sottolinea  che  questo  nuovo  e  gravissimo  attacco  ai  diritti  del lavoro e della democrazia, ulteriore frutto velenoso dell’Accordo separato sul sistema contrattuale, va respinto con la massima mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori.
Attraverso  la  certificazione  individuale  potrà  essere  chiesto  alle  lavoratrici  ed  ai  lavoratori  di  sottoscrivere  all’atto  dell’assunzione  condizioni  in  deroga  ai  Contratti  nazionali  e  peggiorative  anche  per  i  termini  che  riguardano  la  giusta  causa.  Inoltre  potrà  essere  richiesta  la  sottoscrizione  della  rinuncia  a  ricorrere  al  Giudice  del  lavoro  per  ogni  contenzioso  riguardante  il  rapporto  di  lavoro  e  il  licenziamento. 
Il ricorso all’arbitrato in alternativa al Giudice del lavoro diventa così una norma “capestro” che sarà  sottoposta  al  lavoratore  nell’atto  in  cui  è  più  ricattabile  ovvero  al  momento  in  cui  viene  assunto.  In  questo modo la tutela dell’Art. 18 viene annullata e resa inagibile. 
E’ un chiaro disegno per ripristinare un potere autoritario e indiscutibile del datore di lavoro che punta  a cancellare cento anni di lotte con cui si è conquistato il diritto nel lavoro. 
Altri  aspetti  inaccettabili  della  Legge  approvata  ieri,  che  si  configura  come  una  vera  e  propria  controriforma del diritto sul lavoro sono:  
  • la limitazione nei tempi per ricorrere contro i licenziamenti; 
  • la limitazione quantitativa per l’accesso ai benefici del prepensionamento dei lavoratori “usurati”; 
  • l’abbassamento  dell’età  di  apprendistato  a  15  anni,  che  riporta  il  diritto  allo  studio  ai  più  bassi  livelli europei; 
  • la delega dei 24 mesi al Governo per fare la riforma degli ammortizzatori sociali e per le politiche  dell’occupazione  del  lavoro  femminile,  che  sottrae  queste  materie  al  Parlamento  e  al  confronto  con le parti sociali. 

La Fiom chiama tutte le metalmeccaniche e i metalmeccanici a scendere in  piazza il 12 marzo per lo sciopero generale che a questo punto dovrà avere  come punto fondamentale la difesa del Contratto nazionale e l’Art. 18 ed  essere l’avvio di una vera e propria vertenza nei confronti del Governo e della Confindustria.

SEGRETERIA NAZIONALE FIOM‐CGIL