lunedì 27 dicembre 2010

Diritti o stipendio: il lavoro nel 2010 secondo Marchionne

Fuori dal lavoro chi osa protestare: o si accettano senza discutere le nuove regole imposte, o la fabbrica chiude i battenti – perché fallisce, schiacciata dal peso del proprio clamoroso insuccesso industriale, o ritenta la fortuna in paesi in cui la prestazione d’opera costa molto meno, anche perché nessuno tutela i lavoratori. Questo il senso dell’amara vicenda maturata alla Fiat per il rilancio (finora solo e sempre ventilato) dello storico stabilimento torinese di Mirafiori. Archiviare il contratto nazionale dei metalmeccanci nella fabbrica simbolo dell’industria italiana equivale al crollo di una diga: da Mirafiori in giù, qualsiasi azienda ora potrebbe imporre nuove regole, cancellando decenni di tutele sindacali.
Questo spiega la rabbiosa reazione della Fiom all’indomani dell’inedito accordo che la Fiat ha siglato con Fim e Uilm: se davvero l’azienda darà vita Maurizio Landinialla “new company” con la Chrysler per avviare a Torino la produzione di Suv dalla seconda metà del 2012, i metalmeccanici della Cgil non saranno più rappresentati in fabbrica e non potranno più partecipare a trattative; qualsiasi vertenza sarà appannaggio delle sole sigle sindacali che hanno accettato le condizioni di Sergio Marchionne, ovvero Cisl e Uil, non più attraverso delegati eletti dagli operai, ma nominati direttamente dai vertici sindacali. La fabbrica viene in pratica commissariata: è stata l’azienda stessa a indire per metà gennaio il referendum che chiama le maestranze a convalidare l’accordo; sottinteso che – se venisse bocciato – sfumerebbero i diecimila posti di lavoro previsti. 
«Si tratta di un imbarbarimento sociale: non è accettabile che per fare automobili si arrivi a questo», reagisce il segretario nazionale dei metalmeccanici Cgil, Maurizio Landini. «Si vuole impedire a un sindacato, la Fiom, di rappresentare i lavoratori che la votano». Messaggio chiaro: «Chi dissente non esiste. E’ evidente che la Fiat vuole un sindacato corporativo e aziendale che sia parte integrante delle gerarchie di fabbrica». A Mirafiori, la Fiat rappresenta il 22% dei lavoratori. Che dire degli altri sindacati, quelli Giorgio Airaudoche hanno accettato le condizioni imposte da Marchionne? «Dico che questo è un attacco a tutti: o si dice sempre di sì all’azienda, o si è fuori. Ci pensino».
L’accordo prefigura «120 ore di straordinario obbligatorio, come a Pomigliano», spiega Giorgio Airaudo, già leader della Fiom piemontese e ora responsabile del settore auto per i metalmeccanici della Cgil. L’azienda impone un sistema di turnazioni che può portare il dipendente a fare sei giorni di lavoro con 10 ore per turno. «C’è poi la riduzione di giorni di malattia pagati dall’azienda, che sono tre negli altri contratti di lavoro: a Pomigliano non ne viene pagato più neanche uno, a Torino solo uno». Non solo: «C’è la cancellazione di dieci minuti di pausa: erano 40 minuti per 8 ore di lavoro, adesso sono 30». I lavoratori, continua Airaudo, «firmeranno un contratto individuale con delle clausole con le quali di fatto vengono di fatto dissuasi a scioperare, altrimenti sono sanzionabili».
Secondo Airaudo, l’accordo di Mirafiori è fuori dalle regole dell’accordo interconfederale del luglio 1993, che consente a tutti i sindacati di presentare liste e avere rappresentanti nelle Rsu se ha il 5% dei lavoratori: «Così rendono impossibile la presenza dei metalmeccanici della Cgil. Siamo di fronte al tentativo di un’azione della Fiat per semplificare il pluralismo sindacale italiano, espellendo la Cgil e riducendo all’impotenza anche i sindacati consenzienti. E’ una lesione alla quale pensiamo debba rispondere l’insieme della Cgil». Tutto questo, dopo un mese di contatti nei quali operai Fioml’azienda si è soltanto limitata a illustrare i suoi piani, senza alcuna possibile flessibilità.
«Si deve sapere che non c’è mai stata trattativa», insiste Maurizio Landini. «Noi abbiamo fatto proposte per garantire l’investimento dicendo che nel contratto collettivo già sono disponibili flessibilità come i 15, 16, 17 turni e lo straordinario. Ma non si è voluto discutere. La “pagina bianca” di cui parlava Marchionne non c’è mai stata». Landini non crede che dal tavolo tra Federmeccanica e Fim, Uilm, Fismic possa uscire uno schema contrattuale in cui anche la Fiom possa rientrare: «La Fiat ha detto chiaro che considera quel tavolo inutile». E dire che una contro-proposta la Fiom l’avrebbe anche avanzata: «Propongo un contratto collettivo nazionale per l’industria con un secondo livello aziendale o di sito o di filiera che tenga conto delle specificità», dice Landini. «E’ una proposta o no? Ma qualcuno l’ha mai voluta discutere?».
Durissimo il leader della sinistra Fiom, Giorgio Cremaschi: abolire le rappresentanze sindacali unitarie elette dagli operai ed espellere la Fiom dalla fabbrica? «Questo si chiama fascismo aziendale». Si crea una nuova sigla industriale, sostiene Cremaschi, solo per azzerare i diritti sindacali: «È come se si accettasse che la Val d’Aosta uscisse dall’Italia. Nemmeno alla Lega viene in mente che il federalismo si decide regione per regione». Oggi, invece, con la Fiat abbiamo un sistema di deroghe che non è mai stato fatto Giorgio Cremaschivotare dai lavoratori italiani «e la ragione è molto semplice: se lo potessero votare tutti sarebbe chiaramente respinto».
A livello italiano, il contratto nazionale dei metalmeccanici è considerato una barriera a salvaguardia dei diritti: e così, a cominciare dalla Fiat, lo si neutralizzerà «azienda per azienda», continua Cremaschi: «Dove c’è la pressione degli imprenditori si vota per rinunciare al contratto nazionale: è una mostruosità giuridica». Conferma lo stesso Landini:
«Questa scelta della Fiat riguarda tutti, e non solo la Fiom o Mirafiori. E’ ovvio che le aziende dell’indotto vorranno applicare lo stesso schema. E poi che sarà emulato da altre categorie. E’ un problema che riguarda la Cgil».
E la consultazione aziendale prevista per gennaio? Per Landini, «il referendum è illegittimo perché è su materie indisponibili come il diritto all’associazione sindacale garantito dalla Costituzione». Più che un vero referendum, si annuncia come «un puro plebiscito autoritario e secessionista», lo liquida Cremaschi. Ma non s’erano aperti spazi per una trattativa? «Illusioni: non c’è mai stata una trattativa. La Fiat non ha mai trattato con nessuno, neanche con Bonanni e Angeletti, è tutto finto. La trattativa è solo con chi si piega ai diktat dell’azienda. È come quando Berlusconi dice che è disposto al dialogo, la stessa cosa».
Secondo Cremaschi, la “newco” a Mirafiori la Fiat «la fa solo per una ragione di autentico e puro fascismo aziendale: vogliono semplicemente impedire alla Fiom di presentarsi alle prossime elezioni delle Rsu. È fatto solo per questo. La rappresentanza sindacale andrà solo a chi firmerà accordo. E questo si chiama fascismo. Dire che una forza di opposizione viene eliminata è fascismo: quello di Marchionne è autentico fascismo. E chi firma cose di questo genere e non difende il diritto poter presentarsi alle elezioni, collabora al fascismo aziendale». Per Cremaschi, Cisl e Uil «si assumono responsabilità storiche gravissime: quello che fa Bonanni è una macchia di Marchionne e Chiamparinovergogna nella storia della Cisl. Neanche negli anni più bui si impedì alla Fiom di presentarsi alle elezioni».
E se poi l’accordo salta? «Non è possibile. È il frutto del servilismo», conclude Cremaschi. «Marchionne lo sa, perché dialoga con chi affonda nel servilismo politico e sindacale. Marchionne vuole evitare che la Fiom si presenti al voto per le Rsu. Tutti quelli che hanno firmato l’accordo si dovrebbero vergognare». E mentre il sindaco torinese del Pd, Sergio Chiamparino, plaude all’accordo – in sintonia con Marchionne, col premier Berlusconi e col ministro del lavoro Maurizio Sacconi – la Fiom-Cgil resta praticamente da sola in trincea: «Tra tutte le iniziative che metteremo in campo – dice Landini – chiedo esplicitamente che non si escluda lo sciopero generale. E aggiungo: chiedo a tutti di non lasciare soli i lavoratori di Mirafiori. Lo chiedo a Torino, alle forze politiche».

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