martedì 7 settembre 2010

Brevi note in merito al Comunicato Stampa di Fim-Cisl in relazione alla riforma del Ccnl dei metalmeccanici di Eugenio Orso

Leggo il comunicato e l’unica parola che al momento riesco a sussurrare è: gravissimo.
Come nel 49 a.C., valicato il Rubicone in spregio delle leggi e del Senato non rimane che Roma da occupare, e sembra che il potente e variopinto esercito che oggi attacca il lavoro dipendente in Italia – del quale la Cisl è l’”ala sinistra” mercenaria – è ormai arrivato a quel punto.
Dopo l’iniziale sorpresa deve però subentrare la riflessione.
Ma vediamo se ho capito bene, nell'essenziale, la "proposta" dei sindacalisti gialli, nonché la sua vera sostanza.
Dichiarandosi favorevole alla riforma del Contratto nazionale dei metalmeccanici, la quale non potrà che essere peggiorativa in termini economici e di garanzie al lavoro, la Fim-Cisl svela definitivamente il suo vero volto, vende all'incanto i lavoratori del settore ed offre una sponda a Confindustria, se non allo stesso Marchionne, mettendo in chiaro che la sua azione non è rivolta alla tutela del lavoro ma ad una progressiva flessibilizzazione dello stesso.
La manovra contro il lavoro di Fim assume come pretesto l'attacco Fiat, con la prospettiva dell'uscita della Fiat stessa da Federmeccanica/ Confindustria e la denuncia del contratto nazionale, cosa che innescherebbe una sorta di "reazione a catena" fra le aziende del comparto ed una vanificazione, di fatto, delle garanzie del Ccnl.
Si apre la strada all'utilizzo della contrattazione aziendale quale cavallo di Troia per scardinare la garanzia del contratto nazionale.
Le "deroghe" alle norme del Ccnl, stabilite in caso di crisi dell'organismo aziendale o per favorire un sempre più chimerico e improbabile sviluppo dell'occupazione, poggiano su motivazioni volutamente generiche, tali da consentire alle direzioni aziendali di valersi del predetto cavallo di Troia, usando per i loro scopi di precarizzazione/ flessibilizzazione del lavoro la contrattazione di secondo livello, ovviamente con il pieno supporto mercenario dei sindacalisti Fim-Cisl.
Questa "proposta" truffaldina, che consiste nel derogare al Ccnl aprendo, nei fatti, la strada ad un suo futuro superamento, poggia sulla paura [corrispondente ad un rischio reale dopo la minaccia della Fiat] che il contratto nazionale lo superino le stesse aziende con una nuova prassi, seguendo una strada tracciata da Marchionne.
Nel contempo, la "proposta" dei gialli Fim di fonda sulla lusinga di poter per questa via dare un contributo all'occupazione, ma oggettivamente attraverso la "deroga" al Ccnl apre la strada ad ulteriori de-emancipazioni.
Questo gioco sporco del bastone [la paura di un superamento del Ccnl da parte delle aziende, trascinate dal “creativo” Marchionne] e della carota [improbabili impulsi occupazionali che la deroga al Ccnl dovrebbe garantire] mi ricorda un po’ il gioco, altrettanto sporco, che è stato fatto con il cosiddetto accordo di San Valentino, il 14 febbraio dell’ormai lontano 1984, per demolire la scala mobile.
Gli attori politici erano diversi [al posto di Craxi oggi c’è Berlusconi, o meglio, il gruppo di potere che lo circonda], il clima sociale e culturale non troppo comparabile con quello odierno, ma di mezzo c’era sempre la Cisl [all’epoca quella di Pierre Carniti, sostenitore dell’accordo di San Valentino, non certo peggiore di quella attuale, con Raffaele Bonanni], pronta ad offrire una sponda a chi voleva superare una volta e per tutte il meccanismo della scala mobile, quale difesa del potere d’acquisto di salari e stipendi dall’inflazione.
In breve, anche in quella storica occasione si usarono bastone e carota, nel gioco truffaldino della paura e della lusinga.
La paura era quella dell’inflazione, che erodeva il potere d’acquisto dei redditi di lavoro dipendente, difesi dagli automatismi della scala mobile, e la lusinga consisteva nel far credere ai lavoratori che era proprio la scala mobile, con i suoi recuperi di potere d’acquisto ad alimentare il “mostro” depauperante dell’inflazione, e che solo abolendo tali meccanismi si poteva efficacemente combatterlo.
Tutto falso, come si è constato con il senno di poi, ma questa visione – alla quale aderiva anche l’ambigua Cisl di Carniti, “geloso” dell’influenza della Cigl sui lavoratori – ha indubbiamente trionfato, producendo i suoi frutti nefasti.
Oggi in gioco c’è la fondamentale garanzia rappresentata dal Ccnl e non più gli automatismi a salvaguardia del potere d’acquisto del lavoro, ma di mezzo c’è sempre il sindacalismo giallo della Cisl, auxilia di Confindustria e del governo in carica, con l’intento dichiarato di “lasciarsi coinvolgere” nelle scelte importanti della vita dell’impresa, nella loro gestione e nella distribuzione della ricchezza prodotta.
Intenzioni apparentemente lodevoli che riportano agli altrettanto truffaldini paradigmi, sostenuti in ambienti Cisl e nei suoi centri studi, della cosiddetta responsabilità sociale dell’impresa e del chimerico capitalismo sociale.
Perché dunque essere conflittuali, visto che della lotta di classe è stata proclamata ufficialmente la morte, o almeno la scomparsa, perché scegliere la via del conflitto e dei rapporti di forza?
Meglio essere condiscendenti, dice la Fim-Cisl, e “agevolare relazioni industriali che assumono l’impresa come luogo di interessi non necessariamente contrastanti”.
Il che equivale, in pratica, dati gli attacchi di Marchionne, le intenzioni di Confindustria e del governo, l’indifferenza della debole opposizione politica sistemica, al piegarsi a novanta gradi esatti davanti alle richieste “modernizzanti” di questo osceno Capitalismo Transgenico Finanziarizzato!
 

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