lunedì 30 agosto 2010

Tassazione Agevolata sul Lavoro Notturno

Con la Risoluzione 83/E del 17 agosto 2010 l’Agenzia delle Entrate ha reso nota una consulenza giuridica (sollecitata dalla CGIL) in merito alla tassazione agevolata, con imposta sostitutiva del 10%, sulle somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato con particolare riferimento al lavoro notturno.

In particolare è stato precisato che lo speciale regime di tassazione è applicabile non  soltanto alle indennità o alle maggiorazioni erogate per prestazioni di lavoro notturno, ma anche al compenso ordinario corrisposto per quella stessa prestazione lavorativa.

In molti casi i datori di lavoro avevano dato una interpretazione diversa, sottoponendo a tassazione sostitutiva, in riferimento al lavoro notturno, solo l’indennità o la maggiorazione e quindi assoggettando ad imposta ordinaria la parte ordinaria della retribuzione oraria per lavoro notturno.

L’Agenzia, con la suddetta risoluzione, ha chiarito anche la retroattività di tale interpretazione precisando che, per le retribuzioni sottoposte per gli anni passati alla tassazione ordinaria, anziché all’imposta sostitutiva del 10%, i lavoratori potranno far valere la tassazione più favorevole presentando:
  • una dichiarazione integrativa, se per l’anno interessato avevano fatto la dichiarazione dei redditi;
  • una istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973 se per l’anno interessato non avevano fatto la dichiarazione dei redditi;
A tale fine il datore di lavoro dovrà certificare l’importo delle somme erogate sulle quali non ha applicato la tassazione sostitutiva.
 
Si prospettano quindi soluzioni diverse a seconda dell’anno in cui sono state percepite le somme e a seconda del fatto che, per l’anno in questione, il lavoratore abbia presentato oppure no la dichiarazione dei redditi. Per comodità qui di seguito indichiamo alcuni esempi.
 
  1. Somme percepite nel 2008 e lavoratore che nel 2009 ha presentato la dichiarazione dei redditi (730 o UNICO): è possibile presentare dichiarazione integrativa con modello UNICO entro il 30 settembre 2010 e far valere il maggior credito nella prima dichiarazione utile. 
  2.  Somme percepite nel 2008 e lavoratore che nel 2009 NON ha presentato la dichiarazione dei redditi: è possibile presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973, all’ufficio periferico dell’Agenzia competente per territorio di residenza del lavoratore.
  3. Somme percepite nel 2009 e lavoratore che nel 2010 ha presentato la dichiarazione dei redditi con modello 730:sarà possibile presentare un UNICO integrativo fino al 30 settembre 2011.
  4. Somme percepite nel 2009 e lavoratore che nel 2010 NON ha presentato la dichiarazione dei redditi:è possibile presentare la dichiarazione con modello UNICO/2010 entro il 30 settembre 2010 e far valere il maggior credito nella dichiarazione del prossimo anno.
Oltre il 30 settembre e fino al 29 dicembre 2010 la presentazione della dichiarazione sarà possibile pagando la sanzione per tardiva presentazione.
Oltre il 29 dicembre è possibile presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973, all’ufficio periferico dell’Agenzia competente per territorio di residenza del lavoratore.

L’agevolazione si applica nel rispetto dei requisiti e dei limiti previsti dalla normativa e, pertanto, per un importo massimo di 3000 euro per l’anno 2008 e di 6000 euro per gli anni 2009 e 2010 in favore dei titolari di un reddito di lavoro dipendente che non abbia superato nell’anno precedente un determinato importo (non superiore a euro 30000  lordi per il 2007, euro 35000 lordi sia per l’anno 2008 che per il 2009).

PER ULTERIORI INFORMAZIONI PUOI RIVOLGERTI ALLE SEDI DELLA CGIL NEL TERRITORIO.

venerdì 27 agosto 2010

Cremaschi: «A Epifani dico: nessun dialogo con chi vuole imporre le regole»

Giorgio Cremaschi della Fiom Cgil. Ascoltando il discorso di Marchionne a Rimini mi è venuta in mente una celebre vignetta di Altan. Quella dove c’è un operaio che dice: “La lotta di classe è roba d’altri tempi, Cipputi”. E lui di rimando: “Sarà meglio avvisare l’ Agnelli, che non continui all’oscuro di tutto”. Agnelli non c’è più ma in Fiat le cose non sembrano cambiate.
Anzi, sono peggiorate. Il discorso di Marchionne è un discorso autenticamente reazionario. Il modello sociale che lui ha in mente nega al lavoro qualsiasi libertà e autonomia. Cosa dice Marchionne in sostanza? Che è il mercato a decidere qual è il livello di diritti e di dignità che l’impresa può accettare. E quindi che il lavoro, per esistere, deve stare nel mercato con l’impresa. Quindi viene negata la libertà sindacale alla sua radice.

Non è solo Marchionne a pensarla così. Il suo intervento è stato a più riprese applaudito dalla platea di Rimini, a cui il giorno prima Tremonti aveva spiegato che «una certa qualità di diritti e di regole non possiamo più permettercele in uno scenario globale». Il ministro ha addirittura definito «un lusso» le norme a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Vorrebbero una Italia come la Cina. Nel nostro paese è in atto una offensiva reazionaria. La ministra Gelmini che sta distruggendo la scuola pubblica, Tremonti che sta distruggendo lo stato sociale, Marchionne che sta distruggendo i diritti dei lavoratori, Marcegaglia che sta distruggendo il contratto nazionale di lavoro sono insieme portatori di un disegno di distruzione della civiltà sociale italiana.

Come ci si può opporre a questo disegno?
La mia valutazione personale, di cui credo dovrà discutere il direttivo della Cgil, è che questi appelli al dialogo con la Fiat da parte di Epifani non servono assolutamente a niente. Perchè vengono presi dalla controparte solo come una dimostrazione di debolezza.

Con Marchionne e la Confindustria che accusano la Cgil di dire sempre di no, forse la preoccupazione di Epifani è quella di far vedere all’opinione pubblica che non è lui che rifiuta il dialogo.
Di tattiche si muore. La parola dialogo è malata, è servita per coprire le più brutali sconcezze a favore del potere. Il vero problema è affrontare di petto l’attacco che viene da Confindustria e dalla Fiat ai diritti fondamentali dei lavoratori italiani. Noi vogliamo le trattative sindacali, non il dialogo. Non c’è da dialogare, c’è da riconoscere, cosa che Marchionne non fa, che l’impresa è fatta di due interessi che hanno pari legittimità: quello dell’imprenditore e quello dei lavoratori. Epifani deve dire alla Fiat: «Per trattare con noi devi accettare la Costituzione, lo Statuto dei Lavoratori e il contratto nazionale. Se invece mantieni un atteggiamento eversivo, ti combatteremo». Questa è la cultura della Cgil. Marchionne fa una operazione autoritaria di stampo ottocentesco quando dice “non ci sono gli interessi del lavoro, ci sono solo quelli dell’impresa e i lavoratori devono stare con l’impresa”. Siamo alla riproposizione, dopo tremila anni, dell’apologo di Menenio Agrippa. E allora non c’è da dialogare. Il servo della gleba non deve dialogare con il feudatario, deve conquistare i diritti di cittadinanza. La Fiat non può voler imporre le sue regole a tutti i costi e poi chiedere agli altri di dialogare. Questo è un modo per pretendere subordinazione e passività.

In concreto, cosa proponi?
Bisogna costruire un grande movimento di lotta e avere fiducia nelle persone. In fondo Marchionne è andato in difficoltà di fronte a tre operai di Melfi che hanno affermato la loro dignità, che non si sono accontentati di avere il salario ma che hanno detto «noi vogliamo anche faticare». Dobbiamo essere capaci di far emergere che i problemi di competitività dell’Italia derivano unicamente dal sistema di potere delle imprese, dalle banche, dal sistema politico che non si rinnova e non da un mondo del lavoro che guarda al passato.

Intervista di R.Farneti a G.Cremaschi. Liberazione, 27 agosto 2010.

martedì 24 agosto 2010

Grazie ai tre operai di Melfi

Marchionne rifiuta di applicare l'ordinanza del giudice.
Nell'Italia di Berlusconi questo non dovrebbe fare scandalo e invece, per fortuna, un po' lo fa. Forse perché da un lato c'è l'assoluta arroganza della Fiat, che rivendica sfacciatamente l'extraterritorialità delle sue aziende, ma dall'altro ci sono tre operai che semplicemente chiedono di poter lavorare. Di non essere semplicemente pagati per stare a casa.
La Fiat non riesce mai a capire il concetto di dignità. Non è la sola. Nell'Italia di oggi trova vasto consenso chi considera questa parola vecchia e inutile e sempre monetizzabile. Alla Fiat di Melfi, però, ci sono tre operai che, contro tutti i loro interessi immediati, decidono di sfidare la Fiat perché vogliono lavorare e non essere pagati gratis dall'azienda. E' questo l'atto eversivo che sconvolge il regime dei padroni che la Fiat è riuscita a imporre in Italia. Naturalmente non durerà molto. Marchionne ritroverà rapidamente tutti gli amici che lo hanno criticato. Bonanni che, stando dalla parte dell'azienda, gli ha solo detto di non esagerare per non favorire il nemico comune, la Fiom. Il Ministro Sacconi, che neppure questa volta ha trovato il coraggio istituzionale di dire che la sentenza va rispettata, dimostrando una libidine di servitù verso l'azienda che non ha precedenti nel suo ministero. E naturalmente torneranno da Marchionne i tanti commentatori, politici, economisti, e continueranno a spiegare che lui, sì, sarà anche magari un po' duro, ma intanto ha salvato la Fiat e dà lavoro.
E' l'Italia di oggi, che precipita nella crisi senza essere in grado di riconoscere le vere responsabilità di essa, salvo nel confuso e indisponente teatrino della politica. E' l'Italia di oggi dove, anche a sinistra, si può considerare una scelta intelligente il contratto dell'auto, quando oramai è chiaro a tutti che serve solo a stabilire che per lavoratori della Fiat oggi, per tutti gli altri domani, non sono più in vigore le leggi e la Costituzione della Repubblica.

Nell'Italia che precipita verso la crisi, Marchionne che pratica gli slogan di Berlusconi contro la Magistratura e il diritto, può avere un certo successo. Ma intanto, in questi giorni, tre operai, forti della sola loro dignità, hanno svelato la vera faccia dell'amministratore delegato della Fiat. Per questo dobbiamo ringraziarli.
 
di Giorgio Cremaschi

martedì 10 agosto 2010

Operai licenziati, il Tribunale boccia la Fiat

Il giudice del lavoro ordina il reintegro dei tre lavoratori della Sata di Melfi licenziati a luglio dal Lingotto: bloccarono alcuni carrelli durante un corteo interno. Fiom Basilicata: “Chi parlò di sabotaggio ora chieda scusa”
 
Il giudice del lavoro ha ordinato l’immediato reintegro di Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino (entrambi delegati Fiom) e Marco Pignatelli. I tre operai della Fiat Sata di Melfi furono licenziati perché, durante un corteo interno, secondo l’azienda bloccarono un carrello robotizzato che portava materiale ad altri operai che invece lavoravano regolarmente. Il licenziamento fu deciso dall’azienda il 13 e 14 luglio scorso, ma oggi (10 agosto) il tribunale del lavoro ha sancito il carattere di “antisindacalità”, annullando il provvedimento.

A confermare la notizia è il segretario della Fiom Basilicata, Emanuele De Nicola. “La sentenza - osserva - indica che ci fu da parte della Fiat la volontà di reprimere le lotte a Pomigliano d’Arco e a Melfi e di ‘dare una lezione’ alla Fiom”. In seguito prima alla sospensione, l’8 luglio scorso, e poi al licenziamento dei tre operai, a Melfi ci fu una serie di scioperi e proteste. I tre operai licenziati - uno dei quali si è sposato cinque giorni fa - occuparono poi per alcuni giorni il tetto della Porta Venosina, l’antico monumento situato nel centro storico della città lucana, dove vi fu anche una manifestazione promossa dalla Fiom.

“La sentenza - aggiunge De Nicola - dimostra che le lotte democratiche dei lavoratori non hanno nulla in comune con il sabotaggio. Il teorema ‘lotte uguale eversione o sabotaggio’ è stato di nuovo smontato e ci aspettiamo le scuse di quanti vi hanno fatto riferimento, a cominciare da personalità istituzionali o rappresentanti degli imprenditori. Speriamo che la Fiat torni al tavolo per discutere dei temi che stanno a cuore ai lavoratori, a cominciare dai diritti e dai carichi di lavoro”.