venerdì 30 ottobre 2009

Metalmeccanici, la Fiom va alla guerra

Rinaldini a Bologna davanti a 5mila delegati: "Faremo saltare l'accordo separato". Dal 9 al 13 novembre scioperi di 4 ore e cortei. "Rapporti unitari? Solo ipocrisia". Al via anche le firme per il referendum: "Ne possiamo raccogliere migliaia e migliaia"

Scatta la linea dura della Fiom contro l’accordo separato: mobilitazione dal 9 al 13 novembre con un pacchetto di quattro ore di sciopero, manifestazioni e presìdi, che saranno anticipati al 6 novembre a Bergamo, quando nella città lombarda si terrà l’assemblea nazionale dei delegati di Fim e Uilm. Sono soltanto alcune delle decisioni annunciate oggi dal leader delle tute blu Cgil, Gianni Rinaldini, che per circa un’ora ha parlato al Paladozza di Bologna davanti a 5mila delegati Fiom giunti da tutta Italia, interrotto più volte dagli applausi nei passaggi in cui veniva evidenziata la rottura con Cisl e Uil.

“RAPPORTI UNITARI? IPOCRISIA”. L’assemblea Fiom, è stato lo stesso Rinaldini ad annunciarlo dal palco, ha deciso per la “rottura di tutte le relazioni unitarie a partire dalla disdetta del patto di solidarietà”, con la richiesta di far applicare i contratti azienda per azienda attraverso le Rsu. Il conflitto aperto “non si risolve solo in due mesi”, ha aggiunto Rinaldini, sottolineando che per “reggere agli attacchi all’occupazione” degli ultimi mesi il sindacato userà “tutti gli strumenti a disposizione” perché “questa volta ci vogliono far fuori sul serio. Noi quel modello contrattuale lo vogliamo far saltare perché in questo modo viene calpestata la democrazia e la dignità dei lavoratori”. Ormai quella di mantenere rapporti unitari nelle singole aziende “è una pura ipocrisia”, ribadisce il segretario che si dice disposto a “fare di tutto, in trasparenza, affinché i delegati, azienda per azienda, possano convocare come Rsu assemblee rivolte a tutti i lavoratori”.

VIA AL REFERENDUM. Poi arriva l’annuncio della raccolta di firme: “La lanceremo fra i delegati che rifiutano l’accordo separato e chiedono il referendum fra tutti i lavoratori e le lavoratrici, siamo in grado di raccoglierne migliaia e migliaia”. Non solo. La Fiom si confronterà anche con giuristi ed esperti di diritto del lavoro: “Vogliamo uscire con una proposta di legge di iniziativa popolare per affermare i diritti dei lavoratori”. L’attacco a Cisl e Uil prosegue: “Basta accettare tutto quello che dice Federmeccanica che si fanno tutti i contratti senza dieci ore di sciopero. L’accordo è pessimo, loro lo giudicano ottimo. Anzi dicono che è tanto più importante perché non hanno fatto dieci secondi di sciopero. Permettetemi una battuta, avrei voluto vederli, Fim e Uilm, proclamare lo sciopero dei metalmeccanici”.

“GIU’ TASSE SU LAVORO E PENSIONI”. “Vedo che Marcegaglia dice cose strane. Mi pare che l’Irap sia già stata diminuita in maniera consistente con il cuneo fiscale del governo di centrosinistra. Oggi l’intervento fiscale deve essere sui lavoratori dipendenti e sui pensionati che hanno visto aumentare la pressione piu’ di qualsiasi altra categoria”, ha poi aggiunto il leader della Fiom, chiedendo al contrario uno sgravio per i dipendenti e i pensionati, “necessario specie dopo l’operazione scandalosa dello scudo fiscale che è stata una vera e propria vergogna”. E quando termina il proprio intervento, dalle tribune del Paladozza qualcuno grido ancora “Bergamo, Bergamo, Bergamo”.

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giovedì 22 ottobre 2009

INSIEL MERCATO VENDUTA A GRUPPO TBS

(Adnkronos) - La societa' "Insiel mercato" e' stata venduta a una newco del gruppo Ital Tbs di Trieste. La seduta pubblica si e' tenuta in mattinata presso la sede della direzione Patrimonio della Regione Friuli Venezia Giulia, a Trieste, e ha concluso la procedura di vendita avviata lo scorso febbraio, rispettando le finalita' e le tempistiche previste dal piano industriale. A fronte del prezzo a base d'asta di 6 milioni e 895 mila euro, la Regione introitera' dall'operazione 13 milioni e 300 mila euro proposti dalla "Tbs Telematic e biomedical service GB e Tbs FR".

La procedura di gara, avviata lo scorso febbraio, dopo che Insiel, la societa' informatica della Regione, si era gia' scissa in "Insiel Mercato" e "Insiel Fvg", aveva fissato alcuni vincoli cautelativi a tutela dei dipendenti. L'aggiudicataria dovra' garantire che per i tre anni successivi al trasferimento non ridurra' il personale, manterra' la sede legale e le altre sedi produttive della Societa' attualmente presenti all'interno del territorio regionale, proseguira' nel raggiungimento dei risultati economici, finanziari e industriali contenuti nel business plan e manterra' per i dipendenti il contratto collettivo di lavoro e gli accordi aziendali attualmente in essere.

Al primo luglio, termine della scadenza delle offerte erano state presentate 9 proposte: Expriva spa di Molfetta (Bari), Reply spa di Torino, Maggioli tributi spa di Sant'arcangelo di Romagna, Engineering spa di Roma, Progetto 09 srl e Dynamic srl di Venezia, TSF Telesistemi ferroviari spa di Roma, NoemaLife spa di Bologna, Infocent spa di Roma e appunto Ital Tbs. L'assessore regionale Sandra Savino ha espresso il proprio apprezzamento per il risultato, che "mantiene in Regione le capacita' economiche - ha detto - e la forza lavoro e contestualmente segna il raggiungimento di un obiettivo che il presidente Renzo Tondo sin dal suo insediamento si era prefissato, a tutela dei lavoratori di Insiel".

lunedì 19 ottobre 2009

Attacco al lavoro (Accordo separato per il rinnovo del Ccnl dei metalmeccanici) di Eugenio Orso

Con l’accordo separato di ottobre fra i sindacati [ormai definibili a pieno titolo “gialli”] Fim-Cisl e Uilm-Uil e la Federmeccanica per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, l’attacco ai diritti e al potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti si precisa in termini di “profondità” e di gravità.
La questione, è meglio precisare subito, non riguarderà soltanto i lavoratori del settore metalmeccanico, il loro contratto, i loro diritti e le loro prospettive di tutela sul posto di lavoro, ma nel prossimo futuro riguarderà direttamente anche tutti gli altri lavoratori dipendenti, perché è chiaro che il Ccnl dei metalmeccanici funge da banco di prova per far pagare interamente il conto della crisi e il costo della cassa integrazione guadagni, non certo alla Grande Finanza e all’Industria Decotta – che hanno pesanti responsabilità in ordine alla crisi italiana –, ma ai già miseri e fiscalmente tartassati redditi da lavoro dipendente e rappresenterà una tappa importante, decisiva per giungere, alla fine della fiera, ad avere campo libero in materia di licenziamenti e di eventuali, nuove assunzioni.
Anzi, dopo le ondate di disoccupazione che è ragionevole aspettarsi anche nel 2010 – primo anno di vigenza di tale contratto – eventuali assunzioni, o riassunzioni, potranno avvenire a condizioni decisamente favorevoli per il Capitale e punitive per il Lavoro, consentendo una piena “ristrutturazione” di ciò che rimarrà in piedi del sistema produttivo italiano, ri-mercificando pienamente il lavoro senza più difese e procedendo sulla via della modificazione dell’ordine sociale, nel senso di una “brasilianizzazione” a piè sospinto della società italiana con la concentrazione di ricchezza, potere e “prestigio sociale” [i classici, maxweberiani differenziali di classe] interamente nelle mani di pochi.
Assieme ad una parte economica miserrima, che determinerà per i prossimi tre anni peggioramenti significativi nelle condizioni di vita materiali di tutti i lavoratori metalmeccanici, i sindacati “gialli” firmatari hanno permesso l’applicazione di una subdola tecnica dilatoria, grazie alla quale le tranches maggiori di aumento scatteranno a partire dal 2011 ed hanno sottoscritto l’introduzione e l’attivazione del così detto “Ente bilaterale”, o meglio dell’Organismo bilaterale nazionale per il settore metalmeccanico e della installazione d’impianti, finanziato sostanzialmente dai contributi [in parte consistente dei lavoratori] stabiliti dallo stesso Ccnl.
Entrando brevemente e da non “esperti” nel merito della parte economica, si nota che l’aumento medio – per la 5a categoria – è di 110 euro lordi, di cui soltanto 28 euro lordi corrisposti per il 2010 [a far data dal primo gennaio], mentre al primo gennaio 2011 arriveranno 40 euro e il primo gennaio 2012 42 euro.
Se pensiamo che una buona parte del milione e mezzo di lavoratori metalmeccanici è inquadrata in 3a categoria, per moltissimi gli aumenti lordi saranno ancora inferiori, rasentando cifre insignificanti, inferiori persino a quelle della social card tremontiana: 24,15 euro con la prima tranche, 34,50 con la seconda e 36,23 con l’ultima.
Una sorte migliore non avranno coloro che sono inquadrati nella 7a categoria, poiché del lordo totale pari a 144,38 euro per il prossimo triennio, nel 2010 vedranno soltanto 36,75 euro.
Con l’accordo separato per il Ccnl metalmeccanico si costituisce altresì un Fondo di sostegno al reddito ad adesione volontaria, che dovrebbe essere impiegato a favore di quei lavoratori che subiscono riduzioni di reddito per periodi prolungati, al quale oltre alle imprese contribuiranno con un euro mensile di prelievo [versamento a gennaio 2013] i lavoratori che vi avranno aderito.
Sullo sfondo si staglia l’ombra della [mitica] contrattazione di secondo livello, probabile ultima spiaggia per integrare con qualche spicciolo questo possibile, futuro e pessimo Ccnl, pensato per affossare più che sostenere il “potere d’acquisto” dei metalmeccanici.
Ipocritamente, nel testo dell’accordo-truffa si pone l’accento sugli agognati Premi di risultato e sui “sistemi incentivanti”, opportunamente defiscalizzati [ad evidente vantaggio del Capitale], perché in realtà si vuole favorire l’estensione delle voci variabili stipendiali, in progressiva sostituzione delle componenti fisse della retribuzione che sole possono garantire al lavoratore dipendente un reddito non soggetto ad incertezza.
Il nocciolo della questione – vista in prospettiva – è che si vuole “scardinare” la contrattazione di primo livello, fingendo di esaltare il merito, la produttività, l’introduzione generalizzata di sistemi incentivanti con la contrattazione aziendale, ma puntando subdolamente al terzo livello di contrattazione, quello che maggiormente esalta il potere e la forza del Capitale davanti al Lavoro, e che “lascia solo” il lavoratore, ormai atomizzato, nella condizione di in-dividuo con poca o nessuna tutela effettiva, davanti alla parte più forte.
I prossimi tre anni saranno dunque anni molto duri, e questo anche per gli stessi iscritti ai sindacati “gialli” firmatari, la Fim-Cisl e La Uilm-Uil.
Ma la cosa che risulta evidente a tutti coloro che sono in buona fede, è che questo accordo è stato fatto senza la Fiom-Cgil, presente alle trattative soltanto con un osservatore, e, di fatto, è stato siglato dalle “parti sociali” in perfetta concordia, contro il sindacato più rappresentativo dei lavoratori del settore, con il placet del governo Berlusconi e con il silenzio compiacente del cartello elettorale del Pd.
Se si trattasse soltanto di manovre per emarginare la Cgil ed in particolare la Fiom al suo interno, visti come avversari “politici” per la supremazia nel mondo del lavoro dipendente, la cosa sarebbe forse un po’ meno grave di quanto è in realtà, perché il vero scopo è quello di emarginare i lavoratori tutti, di ridurli a merce “muta”, di impedire che possano partecipare alle decisioni che riguardano il loro futuro.
Non a caso i vertici di Fim-Cisl e Uilm-Uil – gli auxiliares di Confindustria e quinta colonna in questo decisivo attacco al lavoro dipendente – faranno di tutto pur di impedire di far votare l’accordo a tutti i metalmeccanici, come dovrebbe essere e prescindendo dal fatto che siano iscritti o meno ad un sindacato.
Mi è stato fatto notare, da chi ha competenza in queste materie ed esperienza in campo sindacale, che il quadro generale dell’offensiva contro il lavoro dipendente [e gli stessi lavoratori] deve essere ricostruito “mettendo insieme”, come si fa con le tessere sparse di un mosaico da ricomporre, la legge finanziaria del governo, il libro verde di Sacconi, i protocolli di intesa fra i governi e le parti sociali [dal Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo e siglato dalle parti sociali nel lontano mese di luglio del 1993 all’Accordo Interconfederale del 15 di aprile 2009] fino ad arrivare al livello contrattuale, livello in cui l’attacco al lavoro si concretizza e si precisa nelle parti economica e normativa.
Ma questo attacco, partito con la così detta “marcia dei quarantamila” quadri e impiegati della FIAT il 14 di ottobre del lontano 1980, guidata da Luigi Arisio e promossa dalla storica azienda, continuato con il blitz contro la scala mobile e l’adeguamento automatico delle retribuzioni all’inflazione nel giorno di San Valentino, il 14 febbraio del 1984 – in un processo ormai storico che ha determinato la “rotta di classe” della classe operaia, salariata e proletaria e che è giunto quasi a compimento – oggi è rivolto con decisione, approfittando della crisi sistemica, contro il livello contrattuale nazionale ed ancora una volta, nell’affondo finale e conclusivo, in primo luogo contro i diritti dei lavoratori metalmeccanici.
La cosa grave è che tale processo di ri-mercificazione del lavoro e di ri-plebeizzazione dei lavoratori ha trovato una sponda utile in un certo sindacalismo, pur minoritario, che assieme ai diritti dei lavoratori, alla così detta democrazia sindacale [per altro già di per sé insufficiente], sta vendendo, come si faceva nel mondo ellenistico-romano della “villa” con gli schiavi, le persone, le loro famiglie e il loro futuro.
Evidentemente questo frammento di sindacato [CISL e UIL], prono davanti ai voleri della Grande Finanza & Industria Decotta e della politica italiana sistemica che funge da supporto a tali interessi, sta cercando con ogni mezzo e a qualsiasi prezzo di sopravvivere alla “onda d’urto” della distruzione creatrice, scatenata dalla “tempesta perfetta” della crisi finanziaria globale, ed anzi di trarne vantaggio – quale centro di potere autoreferenziale e co-gestore degli “Enti bilaterali” – proponendosi come docile strumento al servizio dei soliti “poteri forti”.
Attraverso l’escamotage degli “Enti bilaterali” si decideranno in futuro assunzioni e licenziamenti, si farà formazione, si “flessibilizzerà” ulteriormente il lavoro e si aumenterà la dipendenza dei lavoratori dalle direzioni aziendali, diminuendo le tutele legali e rendendo il lavoro dipendente in modo sempre più pieno ed evidente una merce, mentre invece è parte, inscindibile dal tutto, dell’esperienza esistenziale delle persone e un loro carattere “istitutivo”.
Non è bastato, dunque, lo scudo fiscale concesso quale regalo e premio alla grande evasione, dalla mafia agli speculatori finanziari, da una certa Confindustria ai trafficanti di droga che muovono centinaia di milioni di euro … la distruzione creatice innescata dalla crisi prevede anche l’attacco al lavoro dipendente e, in ultima analisi, all’Etica stessa, se si concepisce l’Etica come Logos, cioè come razionalità ed equilibrata distribuzione della ricchezza e del potere.
Riflettano su questo brutto e insidioso accordo, dunque, tutti i lavoratori, siamo essi impiegati o operai, iscritti alla Fiom o non iscritti, aderenti ai sindacati “che hanno tradito” o non aderenti, perché il momento storico è grave e solenne, e fra tre anni – alla scadenza del contratto dei metalmeccanici in via di rinnovo – niente sarà più come prima.

Orso Eugenio

Non è più tempo di pace sociale

Le recenti dichiarazione del ministro Tremonti sull’opportunità di ritornare al “posto fisso” sono una lezioncina alla sinistra che ha tutto il sapore della presa in giro.

Tremonti predica il posto fisso. La Chiesa di Ratzinger invoca la responsabilità sociale delle imprese e dei paesi ricchi. Sacconi e la CISL chiedono la partecipazione agli utili delle imprese. E tutti insieme intendono una società più gerarchica, depauperata di meccanismi di partecipazione democratica, raccolta intorno alle elemosina che i ricchi vorranno concedere ai poveri.


La verità che è finito il tempo della pace sociale: quella pace continuamente invocata da Tremonti, Sacconi e Ratzinger. Questo tempo è scaduto simbolicamente il giorno in cui il Governo e la Confindustria hanno dichiarato guerra alla CGIL, dopo che per oltre venti anni questa aveva pacatamente accettato riduzioni dei salari reali, aumenti dei prezzi dei servizi e continue privatizzazioni, espandersi del sistema del precariato che scarica sui giovani le incertezze della competizione commerciale e finanziaria globale. La ricompensa per questo atteggiamento “responsabile” è stata che, alla prima pesante crisi economica, si è colta al volo l’occasione per scardinare l’unità dei sindacati e spezzare le reni all’unico sindacato confederale che aspira a mantenere un rapporto diretto con il mondo del lavoro e favorire la sua partecipazione ai processi decisionali.


E siccome c’è gente che fraintende: che sia finita la pace sociale, non significa ovviamente che sia iniziato il tempo delle rivolte armate. Significa invece qualcosa di più complesso e di più duraturo.


Significa che a livello sindacale occorre mutare radicalmente la strategia della concertazione per aprire una nuova stagione in cui si ricostruisca il rapporto con i lavoratori e, soprattutto, con il mondo del precariato. Occorre un cambiamento che porti, già dal prossimo congresso, alla guida del maggior sindacato confederale chi lo considera un luogo indipendente dalle contese interne ai partiti, in grado di leggere l’economia nazionale e internazionale e proporre ricette autonome e non semplicemente farsi trainare dalle analisi di organismi internazionali come l’OCSE o il Fondo Monetario.


Significa, a livello politico, che il tempo delle microscissioni, il tempo di quella che Corrado Guzzanti definirebbe “la strategia del microrganismo” (vincere sparendo dal mondo del visibile), non ha più senso. Non hanno più senso quelli che “Di Pietro non è di sinistra”. Occorre un fronte comune di tutte le opposizioni sociali, da Rifondazione a Di Pietro, che muovano una battaglia su alcune questioni comuni per arginare la frana della costante privatizzazione di tutti gli interessi pubblici: moratoria sui licenziamenti e su ogni ulteriore privatizzazioni dei servizi pubblici, abolizione dei contratti precari, istituzione di referendum obbligatori fra tutti i lavoratori sui contratti nazionali, salvaguardia delle pensioni di anziani e giovani, fine della guerra in Afghanistan, richiesta di referendum su ogni modifica dei trattati europei. Poi come presentarsi alle prossime elezioni si vedrà, a seconda di chi sia più concretamente (e non nelle assemblee) in grado di interpretare questo desiderio di battaglia sociale.


E significa che ogni individuo di sinistra deve essere investito della responsabilità di dar vita ad associazioni, gruppi che mettano insieme le persone sulle questioni più disparate, operando concretamente perché la cooperazione, il pubblico, la partecipazione e l’eguaglianza tornino, delineate in modo nuovo ed attraente, ad essere egemoni nella società. La cultura di sinistra deve smettere di trincerarsi nelle “riserve indiane” e aspirare nuovamente a farsi sentire da tutti, perché il mondo è migliore di quello che sembri a guardarlo in televisione.


Attendere che tutto questo accada dall’alto, magari scaricandosi la coscienza con un voto alle primarie ad un bravo chirurgo o ad un bravo amministratore regionale, è velleitario; perché la pace sociale deve finire prima di tutto dentro ogni persona, che deve ritrovare la convinzione di poter imporre concreti cambiamenti sociali e la forza di battersi attivamente per le cose in cui crede. Non servono dei tifosi oggi che la pace sociale deve andare in cantina, servono dei giocatori che si impegnino ognuno al meglio delle proprie competenze.

Giuliano Garavini

venerdì 16 ottobre 2009

Salari, dal 1980 persi tremila euro l’anno

Indagine Ires Cgil: la pressione fiscale sul lavoro è aumentata dell'11%. Cgil: “Urgente intervento redistributivo per ripagare onesti dallo ‘schiaffo’ dello scudo”. Serve un “sostegno ai redditi da lavoro e da pensione”


Se la pressione fiscale fosse rimasta invariata dal 1980 a oggi, ogni lavoratore avrebbe in busta paga 3.215 euro annui in più pari a circa 247 euro mensili. Mentre, invece, l’aumento della pressione fiscale dell’11,4% - dovuto esclusivamente ad un aumento della pressione tributaria visto che la pressione contributiva è rimasta pressoché invariata dal 1980 - è stata tutta a carico del lavoro.

E’ questo il dato principale emerso oggi nel corso dell’iniziativa promossa da Cgil e Ires "Salari in crisi - Un fisco equo per sostenere i redditi da lavoro e da pensione" alla presenza del segretario confederale dell’organizzazione sindacale, Agostino Megale, e di dirigenti sindacali di Cisl e Uil. Uno studio, quello elaborato dalla Cgil e dall’istituto di ricerca, che mette assieme dati e riflessi della crisi sul lavoro per sostenere la necessità urgente di una riforma del fisco fondata sull’equità. “Se la pressione tributaria fosse rimasta la stessa - osserva Megale - il salario netto mensile non sarebbe di 1.240 euro ma di 1.487 euro”.

Ed è alla luce del dato sulla pressione fiscale negli ultimi trent’anni, associato ad altri presentati oggi, che il dirigente della Cgil sostiene la necessità di “una indispensabile riforma fiscale, nel quadro di un intervento immediato di sostegno ai redditi da lavoro e da pensione insieme al rilancio della domanda interna, con l’obiettivo strutturale di diminuire le tasse mediamente di 100 euro mensili ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, per un motivo di ‘giustizia fiscale’. Per realizzare questo obiettivo bisogna investire almeno 1,2 punti di Pil”. La crisi, infatti, “rende urgente interventi che sostengano l’occupazione e i redditi attraverso un’azione di carattere redistributivo. Un’urgenza - ha spiegato il dirigente sindacale - dettata anche dal fatto che mentre 28 milioni di persone pagano regolarmente le tasse il governo si cimenta sullo scudo fiscale: un vergognoso schiaffo ai contribuenti onesti”.

Italia diseguale
L’Italia – ricorda la Cgil - è il sesto paese “più diseguale” tra i paesi Ocse nella distribuzione del reddito. Secondo l’ultima indagine di Banca d’Italia sui redditi delle famiglie italiane, il 10% delle famiglie più ricche possiede quasi il 45% dell'intera ricchezza netta delle famiglie italiane. Così come metà della popolazione possiede solo il 9,7% della ricchezza netta complessiva (nel 1995 era il 9,3%). In termini di reddito disponibile, il 50% delle famiglie (più povere) si trova sotto la soglia dei 26.062 euro annui. Il 10% sopra i 55.712 euro e detiene circa 1/4 del reddito disponibile totale. La ricchezza delle famiglie italiane (evidentemente soprattutto quella delle più ricche) risulta complessivamente 8 volte superiore del reddito disponibile. E risulta superiore a quella di Stati Uniti (5,8), Germania (6,1), Francia (7,9).

In Italia, nel 2007, su 41 milioni di contribuenti 76 mila (di cui 43 mila lavoratori dipendenti) hanno dichiarato più di 200 mila euro; 383 mila (di cui 218 mila lavoratori dipendenti) hanno dichiarato più di 100 mila euro. Ma, allo stesso tempo, nel 2007 sono state vendute 100 mila auto di lusso (sopra i 40 mila euro) e circolavano 94 mila imbarcazioni sopra i 10 metri (per mantenere un’imbarcazione di tali dimensioni ci vogliono dai 20 ai 30 mila euro all’anno).

L’altra faccia della medaglia
Secondo i dati forniti dalla Cgil, oltre 13,6 milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese. Circa 7 milioni ne guadagnano meno di 1.000, di cui oltre il 60% sono donne. Oltre 8 milioni (il 66%) di lavoratori in pensione guadagna meno di mille euro netti mensili.

La Cgil, sui temi del fisco, (“mentre è in corso un lavoro di approfondimento unitario con Cisl e Uil per aggiornare le proposte comuni”, spiega il segretario confederale di Corso d’Italia), avanza proposte su cinque punti: lotta all’evasione fiscale, ripristinando in primis la tracciabilità dei pagamenti; riformare l’Irpef, riducendo la prima aliquota dal 23 al 20% e incrementando le detrazione sui redditi da lavoro dipendente e da pensione; agire sulle rendite e sulle ‘grandi ricchezze’, aumentando il livello delle tassazione e istituendo una imposta di ‘solidarietà’ sulla base del modello francese; sul secondo livello contrattuale bisogna rendere strutturale la detassazione; infine al federalismo non va delegata la ‘valorizzazione’ del reddito rendendo la delega sul tema meno generica.

Per fare tutto ciò, rileva Megale, “servirebbe un patto fiscale tra tutti i contribuenti onesti all’insegna di una cultura dell’equità e della legalità fiscale e in difesa dei più deboli. Uno strumento - conclude - capace di fare ‘pressione’ sul governo affinché riveda e cambi radicalmente la sua politica fiscale”.

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Salari in Crisi

Un golpe sindacale

Tecnicamente è un golpe. Come definire diversamente, infatti, la violazione brutale delle più elementari regole di democrazia con la sopraffazione della maggioranza da parte della minoranza? Fim e Uilm da sole rappresentano a malapena un terzo dei metalmeccanici. La Fiom da sola ha raccolto, tra iscritti e voti, un consenso tra il 55 e il 60% della categoria. Nel 2008 è stato firmato un contratto nazionale che prevedeva la durata della parte normativa fino alla fine del 2010. Eppure Fim e Uilm hanno unilateralmente disdettato il contratto in vigore, per applicare il nuovo sistema derivante dall’accordo, anch’esso separato, del 15 aprile. Nella sostanza Fim e Uilm hanno preteso di cambiare le regole del gioco nel corso della partita, senza il consenso dei giocatori più importanti e senza verificare con tutti se si era d’accordo. La Fiom ha semplicemente rivendicato il proprio buon diritto a rinnovare il contratto sulla base delle regole ancora in vigore.
Ma nessun golpe riesce da parte di una minoranza, se dietro di essa non c’è un potere forte che la adopera e sostiene per i propri fini. Non sono i sindacati che fanno gli accordi separati, ma i padroni. La Federmeccanica, dopo due rinnovi separati, aveva deciso per due volte di seguito di fare intese unitarie. Ora ha di nuovo cambiato idea. Perché? Sono gli stessi contenuti dell’accordo che lo chiariscono.
Fim e Uilm hanno infatti accettato di svalutare il valore del lavoro dei metalmeccanici, attraverso la riduzione del salario del nazionale. L’aumento è ridicolo e offensivo, 15 euro netti per un operaio di terzo livello per tutto il 2010. La durata triennale non è accompagnata da alcuna garanzia rispetto all’inflazione, mentre e si abbandona una conquista storica dei vecchi contratti, la rivalutazione del valore punto. Tale conquista, che aveva migliorato il sistema del 23 luglio, faceva sì che ad ogni rinnovo contrattuale si trattasse su una base più alta del rinnovo precedente. Ora, cancellato questo meccanismo, ci si predispone ad un andamento opposto. Cioè che ogni contratto dia meno soldi di quello prima. A tutto questo si aggiunge la piena accettazione dell’intesa confederale separata del 15 aprile 2009. Quella che dà il via alle deroghe al contratto nazionale, che riduce le libertà di contrattazione e i diritti individuali. Già ora il testo firmato parla di conciliazione e arbitrato e limita l’autonomia di contrattazione in fabbrica. Alla faccia di chi sosteneva che bisognava fare meno contratto nazionale per avere più accordi aziendali. Fim, Uilm e Federmeccanica, per non sbagliarsi, limitano tutti e due.
La Fiom ha chiesto il blocco dei licenziamenti e della chiusura delle fabbriche. Fim, Uilm e Federmeccanica hanno trovato una soluzione della crisi più lungimirante: l’istituzione di un ente bilaterale che raccoglierà fondi con la promessa di dare, tra tre anni, qualche contributo a qualche lavoratore particolarmente disagiato. Una risposta diffusa e tempestiva, quando centinaia di migliaia di lavoratori rischiano salario e posto ora. Ma l’importante è istituire un nuovo carrozzone, con il quale alimentare la collaborazione tra sindacato e imprese.
Potremmo andare avanti nello scoprire piccole e grandi porcherie nell’accordo, dal part-time selvaggio al peggioramento dei diritti per i contratti a termine, ma la sostanza è sempre quella. La Federmeccanica e la Confindustria hanno deciso di svalutare il lavoro passando per la complicità – direbbe il ministro Sacconi - di Fim e Uilm. Pensano di farcela, anche se sanno benissimo che in un referendum normale la grande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori travolgerebbe il loro accordo sotto una valanga di no. Pensano di farcela perché danno per scontato che nella società e nella politica italiana sia oramai un luogo comune accettato da tutti che i lavoratori siano cittadini di serie B, per i quali non valgono le regole della democrazia. Si può fare un golpe contro un contratto e la democrazia sindacale e presentare il tutto come un’evoluzione delle relazioni industriali
La rivoluzione francese cominciò perché il sovrano faceva votare per “stati” e non per persone. Così aristocrazia e clero, pur essendo una ristretta minoranza, vincevano sempre contro il popolo, che aveva un solo voto contro i loro due. Oggi si vorrebbe far votare i contratti per sindacati. Si conta la somma delle sigle e si dice “qui c’è la maggioranza”. Anche se la grande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori sta da un’altra parte. I francesi fecero la rivoluzione perché non accettavano quel sistema medievale di decisioni. Oggi è al medioevo che si vogliono riportare i lavoratori. E non solo loro.
La determinazione della Fiom e una sacrosanta ribellione dei lavoratori e dell’opinione pubblica fermerà questa deriva.

Giorgio Cremaschi

giovedì 15 ottobre 2009

Testo dell'accordo firmato da fim e uilm



Metalmeccanici, accordo separato senza la Fiom

Federmeccanica, Fim e Uilm firmano l'intesa per il rinnovo. Adottano il nuovo modello contrattuale e concedono 112 euro per il 2010-2012. Rinaldini: "E' illegittimo, subito il referendum o non lo applichiamo. Poi una campagna sulla democrazia sindacale"

Arriva l'accordo separato per il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici. Federmeccanica, Fim e Uilm lo hanno raggiunto oggi (15 ottobre) senza la Fiom. Le parti, nell'ultimo incontro di stamani, hanno concordato un aumento mensile di 112 euro per il triennio 2010-2012. Vengono così recepite le nuove regole sui contratti, contenute nell'accordo separato del 22 gennaio, siglato senza la Cgil. Dall'1 gennaio 2011 saranno corrisposti ulteriori 15 euro mensili per chi non fa la contrattazione integrativa. E' prevista una prima tranche "leggera" degli incrementi: si parte dal 2010 con 28 euro di aumento, poi 40 euro nel 2011 e 42 euro nel 2012. Le imprese hanno ottenuto così gli "zero oneri" richiesti per l'anno prossimo a causa della crisi economica. Istituito un fondo di sostegno al reddito, gestito dall'ente bilaterale partecipato al 50% dai lavoratori e al 50% delle imprese. Circa 6 euro in più di contribuzione vanno a Cometa, il fondo di previdenza complementare del settore. L'ipotesi di accordo viene firmata formalmente verso le 13.30.

Rinaldini, accordo illegittimo, subito referendum
"E' un accordo separato che consideriamo illegittimo sulla parte normativa". Lo dichiara il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, ai microfoni di RadioArticolo1. Sull'aumento salariale, prosegue, "manteniamo ferma la nostra richiesta per quanto riguarda il biennio, quello che è stato concordato oggi lo consideriamo semplicemente un anticipo". Il leader delle tute blu chiede a Fim e Uilm "di sottoporre l'accordo separato al referendum di tutti i lavoratori metalmeccanici". Se l'intesa non passa al vaglio degli addetti coinvolti, avverte, "noi della Fiom non applicheremo quelle regole". Inoltre, se ci sono modifiche peggiorative sulla parte normativa "si aprirà inevitabilmente anche un contenzioso legale. Per noi è vigente l'attuale contratto nazionale, fino alla fine del 2011, che è la sua scadenza naturale". Annuncia quindi le prossime iniziative della Fiom: "Apriremo una campagna nazionale sulla democrazia, che non è più soltanto un problema sindacale ma una questione politica enorme. E nella contrattazione non applicheremo le eventuali regole che sono state definite". Per la Fiom "l'unico vincolo è il voto dei lavoratori. Se non si vuole questa deriva, che è l'esatto opposto della coesione sociale che viene invocata, c'è uno strumento che è appunto la democrazia. Altrimenti l'accordo è un semplice sopruso - conclude - che sarà contrastato in tutti i modi". Fino a ieri (14 ottobre) Rinaldini, aveva chiesto di sospendere il negoziato e indire il referendum tra i lavoratori sulle piattaforme separate.

Cremaschi, 15 euro dal 2010, aumento offensivo
Va all'attacco anche il segretario nazionale della Fiom e leader della Rete 28 aprile, Giorgio Cremaschi: "Un contratto scandaloso che svaluta il lavoro dei metalmeccanici". Dal 2010 le tute blu riceveranno 28 euro a livello medio (il quinto) quindi, fa i conti Cremaschi, "un lavoratore di terzo livello riceverà un aumento di 15-16 euro netti. Il più basso rinnovo salariale da molti anni a questa parte". Le categorie di Cisl e Uil, insieme alle imprese, hanno raggiunta un'intesa "offensiva", a suo giudizio, che "in più viola le regole ancora in vigore sulla contrattazione, violando i diritti dei lavoratori. Infine, viola anche le più elementari regole di democrazia visto che è stato firmato da un sindacato di minoranza".

La soddisfazione di Federmeccanica, Fim e Uilm
Intanto le aziende e le categorie di Cisl e Uil "festeggiano" l'intesa, tutti sulla stessa linea. Il primo commento è del presidente di Federmeccanica, Pier Luigi Ceccardi, che parla di "accordo molto buono e molto responsabile nei confronti del paese e dei lavoratori, è un atto di grande responsabilità". Un'intesa "onerosa ma soddisfacente", a suo giudizio, che esclude la Fiom dato che il sindacato "si è chiamato fuori dalla partita, perchè per merito e metodo ha presentato una piattaforma non utile ad un accordo". Giuseppe Farina, leader della Fim, annuncia un referendum “tra gli iscritti”. E’ stato un negoziato “non lungo ma molto difficile”, dice, e conferma “che il diritto al rinnovo esiste sempre”. I sindacati non hanno scambiato nulla, a suo avviso: “Non abbiamo fatto ricorso a scioperi e abbiamo messo in busta paga gli aumenti fin dal primo giorno”. Tiene banco l’esclusione della Fiom: “Il problema è solo capire quando assumerà un atteggiamento più responsabile”, dichiara. Rimbalza le responsabilità anche il segretario generale della Uilm, Antonino Regazzi: “L'hanno voluto loro, noi ci dobbiamo preoccupare dei lavoratori. La Fiom è più impegnata nel suo congresso e nella politica generale piuttosto che a rinnovare il contratto”. In ogni caso, esprime “giudizio positivo” sull’intesa, soprattutto per il risultato salariale.

Sacconi, dispiace autoesclusione della Fiom
Torna la Fiom anche nelle parole del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che parla di "autoesclusione". A Sacconi "spiace sinceramente, nel momento in cui le altre categorie della Cgil appaiono più costruttivamente partecipi dei negoziati. L'auspicio - continua - è che possa ricomporsi un quadro unitario di relazioni industriali". L'accordo separato, comunque, "conferma la positività del nuovo modello contrattuale e la semplificazione che grazie ad esso si sta realizzando".

Anche Ugl e Fismic non firmano
Ugl e Fismic non siglano l'intesa, ma per motivi diversi dai metalmeccanici Cgil. I sindacati non confederali, infatti, nel testo dell'accordo sono esclusi dalla partecipazione dell'ente bilaterale che gestisce il fondo di sostegno al reddito. Entrambi chiedono "pari dignità" rispetto alle altre organizzazioni e si riservano di aderire o meno in relazione a questo punto.

www.rassegna.it

CCNL: Comunicato RSU FIOM Insiel Trieste e Udine



mercoledì 14 ottobre 2009

G.Cremaschi - Proposta Draghi. La risposta di Epifani è inadeguata

Trovo stupefacente la debolezza delle risposte confederali all’invito di Draghi di innalzare l‘età pensionabile. Passi per Cisl e Uil, a cui siamo abituati, ma la dichiarazione del Segretario generale della Cgil è assolutamente inadeguata, se non incomprensibile. Parlare oggi di aumento dell’età pensionabile, con milioni di disoccupati giovani alle porte, è una follia liberista da respingere con il massimo della fermezza. Quando lo stesso governo riconosce che i conti dell’Inps non richiedono nuovi interventi, alzare l’età pensionabile significa solo pensare di far cassa con i soldi dei lavoratori. Nel mondo del lavoro di oggi l’innalzamento dell’età pensionabile ha un rifiuto pressoché totale.

E’ una scelta di buon senso, che contrasta con la retorica delle riforme, che viene non a caso sostenuta dalla Confindustria, dal governatore della Banca d’Italia, dalla finanza, da tutti coloro che pensano che si esce dalla crisi con ancora più liberismo di prima.
Per queste ragioni la Cgil dovrebbe, senza esitazioni, schierarsi contro la proposta di Draghi e non avere atteggiamenti ambigui e confusi. E’ bene chiarirsi: le critiche della Confindustria al governo sono da destra. Se non siamo d’accordo, giustamente, con la politica economica e sociale del governo, non ha senso dialogare con chi critica il governo perché lo vorrebbe ancora più duro e brutale verso i lavoratori.

G.Cremaschi

domenica 11 ottobre 2009

La Fnsi Protesta per la scarsa visibilità data dal servizio pubblico alla manifestazione nazionale della Fiom

I temi del lavoro si confermano poco graditi alla nostra grande informazione, in particolare a quella televisiva. Anche la manifestazione di ieri dei metalmeccanici della Fiom ha ottenuto, tranne qualche eccezione, scarsissima visibilità.

Chi sceglie di oscurare così le ragioni di decine di migliaia di lavoratori li spinge - che se ne renda conto o no - a forme di protesta sempre più clamorose. Non ci si può stupire che gruppi di lavoratori decidano di salire su una gru, o sul tetto di un provveditorato, se le manifestazioni di tipo più “tradizionale” ottengono, per quanto partecipate, un distratto silenzio. Non per caso il corteo romano di ieri aveva come punto d’arrivo Viale Mazzini: la Rai è stata negli anni una delle principali artefici della rimozione mediatica dei lavoratori e delle lavoratrici. All’informazione, naturalmente, non si chiede di “tifare” per una delle parti in campo, su un tema come la contrattazione che vede il movimento sindacale attraversato da aspri conflitti interni. Sarebbe essenziale invece trasmettereall’opinione pubblica la rilevanza di una discussione che riguarda le condizioni materiali di milioni di famiglie. C’era anche la richiesta di un’attenzione diversa all’Italia reale, tra le motivazioni che hanno portato la Fnsi a indire la grande manifestazione di piazza del Popolo. Per quanto ci riguarda, il tema del lavoro è uno dei criteri-guida per poter misurare lo stato dell’informazione italiana. E proprio perché vogliamo tenere fede agli impegni assunti nella manifestazione, proponiamo a Cgil, Cisl, Uil e Ugl di riprendere una riflessione comune sul rapporto tra lavoro e media.

www.fnsi.it

giovedì 8 ottobre 2009

Incontro Iscritti Insiel e Segreteria Provinciale Fiom




Il giorno 15/10/2009 presso la saletta RSU di via S. Francesco si terrà l'incontro del Comitato degli Iscritti FIOM con la segeteria Provinciale della FIOM

Domani le metalmeccaniche e i metalmeccanici in sciopero per il contratto e la democrazia e contro il silenzio di regime sulle ragioni del lavoro

Domani in Italia ci sarà la più grande mobilitazione operaia d’Europa contro la crisi. Questo infatti significano, tra l’altro, le 8 ore di sciopero e le 5 manifestazioni dei metalmeccanici proclamate e indette dalla Fiom. In un mare di crisi, con lotte che spesso devono giungere a livelli estremi per farsi sentire e vedere, domani la Fiom rilancia l’azione collettiva del mondo del lavoro. Dovrebbe essere un evento, invece l’informazione di regime lo ha completamente cancellato. Non c’è paragone con quello che avviene nel resto d’Europa, manifestazioni operaie della portata di quella di domani oggi ci sono solo in Italia, eppure non se ne parla. E’ un fatto gravissimo, che corrisponde inevitabilmente, al di là delle diverse collocazioni dei mass-media, a una sostanziale accettazione della propaganda berlusconiana sulla crisi.
Governo e Confindustria continuano a parlare di una fine della crisi, mentre milioni di lavoratori vedono continuamente peggiorare le loro condizioni di lavoro e di reddito o hanno perso o stanno per perdere il posto di lavoro. Tutto questo viene cancellato e anestetizzato, così la manifestazione di domani urla prima di tutto che la crisi c’è e la stanno totalmente pagando le lavoratrici e i lavoratori. Forse una delle scuse che verranno utilizzate è che lo sciopero di domani è solo della Fiom. Ma questo dovrebbe essere un motivo in più per parlarne. Per parlare del fatto che in questo dramma sociale Cisl e Uil mandano solo messaggi di rassegnazione e passività ai lavoratori. La crisi c’è, aspettiamo che passi e intanto arrangiamoci e adattiamoci. Questo messaggio, che è la negazione della funzione fondamentale del sindacato, evidentemente piace alla cultura che domina l’informazione. E così lo sciopero di domani, che prima di tutto dice basta alla rassegnazione, viene ignorato. Come viene ignorata la vergognosa prevaricazione che sta avvenendo al tavolo del contratto nazionale. La Federmeccanica, in accordo con sindacati di minoranza e in minoranza tra i lavoratori, vuole imporre un nuovo sistema di regole, valido per tutti, che peggiora il salario e i diritti. Questa violazione delle più elementari regole di democrazia, anche nel sistema politico italiano distorto e malato, non sarebbe ammessa. Abbiamo gioito alla sentenza della Corte Costituzionale, che ristabilisce principi elementari di diritto e uguaglianza e che ci fa dire che in Italia la Costituzione non è lettera morta. Ma per i diritti sindacali dei lavoratori la Costituzione oggi è cancellata. Senza un voto, senza un reale consenso, senza un pronunciamento democratico, si riscrive la Costituzione formale dei contratti. Siamo di fronte a un vero e proprio golpe sindacale, che però, passa sotto silenzio. Domani nelle piazze, che si riempiranno di lavoratrici e lavoratori che, nonostante la crisi decidono di rinunciare a una giornata di salario per farsi sentire, tutti insieme urleremo che non solo vogliamo il lavoro e il contratto, ma anche e soprattutto la democrazia. Che non si può fermare all’entrata delle fabbriche. Altrimenti non c’è davvero per nessuno.
Giorgio Cremaschi