venerdì 27 febbraio 2009

Lo sciopero: fra realtà sociale e mondo virtuale

Ci doveva pensare la “banda” di senatori capeggiata da Pietro Ichino e Tiziano Treu che ha presentato a suo tempo il disegno di legge n. 1170 “Disposizioni in materia di sciopero virtuale” lo scorso anno, sdraiata sulla odierna linea del ministro Maurizio Sacconi e con il codazzo di sindacalisti gialli dietro del calibro del tristo Angeletti per la UIL, a provarci, per impedire concrete azioni di interruzione del servizio e dell’attività lavorativa, nell’esercizio di un diritto riconosciuto costituzionalmente ai lavoratori dipendenti.
A dire il vero, l’articolo 40 della costituzione ancora in vigore qui, in Italia, si limita a recitare “Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”, demandando la regolamentazione al parlamento, attraverso la legge.
Il brutto è che in parlamento ci sono PdL e Pd, con qualche rumoroso partito nanetto, ridicolmente giustizialista o stupidamente xenofobo, che si occupa di tutto meno che delle cruciali questioni economiche e sociali, e i due partiti sistemici, uno dei quali oggi malconcio, sembrano in sintonia nell’attacco al diritto di sciopero, portando l’affondo – per ora – nei servizi essenziali, con un occhio di riguardo al settore dei trasporti pubblici.
Certo, non possiamo dire di amare i Cobas dei ferrovieri che con scioperi continui colpiscono e danneggiano soprattutto i poveri: lavoratori pendolari, studenti, ecc.
Sicuramente non amiamo i super pagati piloti e assistenti di volo ex Alitalia, oggi Cai, che troppo spesso ci hanno lasciato a terra.
Tuttavia, questo attacco al diritto di sciopero, se nelle intenzioni dichiarate da Sacconi & C. e persino nelle parole dell’ingessato presidente della camera, Gianfranco Fini, vuole evitare continui disagi a chi fruisce di un servizio principale e essenziale, impedendo che l’esercizio dello sciopero comprometta «oltre misura il godimento di altri diritti della persona ugualmente garantiti in Costituzione» – secondo Fini – l’impressione è che il probabile, futuro decreto governativo in materia sarà una sorta di “cavallo di troia” per stroncare gli scioperi, quelli reali, anche in molti altri settori.
Intanto, come accennato, ci si appresta a rendere obbligatorio lo sciopero virtuale per determinate categorie professionali.
Conviene far riferimento, per un momento, al testo originale del disegno di legge richiamato in apertura, presentato nell’ottobre dello scorso anno alla presidenza del senato, in cui nella relazione d’apertura di definisce lo sciopero virtuale come «la forma di agitazione collettiva che un sindacato o una coalizione di altro genere possono scegliere di proclamare in alternativa rispetto allo sciopero tradizionale, soprattutto in un settore di servizi pubblici […ma il bello è che …] A seguito della proclamazione dello sciopero virtuale , i lavoratori vi aderiscono continuando a svolgere regolarmente le proprie mansioni, rinunciando tuttavia alle rispettive retribuzioni».
Strabiliante! Si resta quindi a lavorare e si deve “devolvere” la giornata di sciopero ad un fondo di solidarietà in cui mette qualcosa anche l’azienda.
Non a caso, il primo firmatario di tale capolavoro, che si sviluppa in quattro articoli, è il famigerato Pietro Ichino, nemico dichiarato dei “nullafacenti” del settore pubblico, ex indipendente del PCI e giuslavorista al servizio dello sfruttamento del lavoro dipendente, mentre il secondo firmatario della richiamata proposta è niente di meno che Tiziano Treu, quello dell’omonimo pacchetto – Pacchetto Treu, appunto – che ha contribuito all'introduzione del "lavoro atipico" nel paese e, anzi, ne ha permesso l'attuazione pratica.
Ciliegina sulla torta, per chiudere il cerchio, sembra che il primo ad aver scritto sullo spinoso tema è stato Marco Biagi, quel celebrato giuslavorista che con la sua opera di “consulente” governativo, in materia di lavoro, ha ridotto alla precarietà e contribuito a spingere verso la soglia della povertà milioni di incolpevoli connazionali.
Fatto sta che già dal mese di ottobre dello scorso anno, oltre al disegno di legge sullo sciopero virtuale, sono pronte le linee guida per la definizione del disegno di legge delega, in materia di diritto di sciopero, di regolamentazione dello stesso diritto nei servizi pubblici essenziali, a cura del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali nelle mani di quel Sacconi che sembra così in sintonia con Ichino, Treu e lo “spirito” di Marco Biagi.
Dopo la precarietà la virtualità dello sciopero, dunque.
Grandi novità ci aspettano e investiranno, in prima battuta e particolarmente il settore dei trasporti pubblici.
Fra queste si ricorda l’obbligo di procedere a referendum consultivo preventivo in caso di proclamazione di sciopero e la preventiva dichiarazione di adesione da parte del singolo lavoratore, si introduce l’istituto dello sciopero virtuale – o non-sciopero, direi io – e «la previsione di adeguate procedure per un congruo anticipo della revoca dello sciopero al fine di eliminare i danni causati dall’effetto».
Se poi si renderà obbligatorio lo sciopero virtuale, con il pretesto di non arrecare danno all’utenza, sarà chiaro che la linea dell’esecutivo, nonché del “centro-sinitra” e della gran parte dei sindacati – CGIL esclusa, va rilevato – è quella di sopprimere per via indiretta il diritto di sciopero, o quanto meno di renderne impossibile la pratica nel mondo reale.
Non rimarrà che fare come i dipendenti IBM, fra i quali migliaia di italiani, che non molto tempo fa hanno dato vita al primo sciopero autenticamente virtuale in Second life – ma non nel senso che vorrebbero i Sacconi e gli Ichino – occupando ben sette su trenta delle “piazze” virtuali di cui dispone il colosso informatico con i loro avatar … ma questa è un’altra storia, che ci riporta all’economia immateriale e all’etere, mentre gli autisti, i conducenti, i manutentori dei mezzi di trasporto vivono e lavorano in questo mondo, ostile e reale.

Eugenio Orso

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