sabato 29 novembre 2008

Il nuovo sfruttamento del lavoro in Italia e la crisi che avvantaggia il capitale

di Eugenio Orso

Di seguito presento un’analisi di Giorgio Cremaschi, della FIOM-CIGL e fondatore della Rete 28 Aprile, riguardante l’attacco ai diritti dei lavoratori in una fase di dissesto economico-sociale in atto nel nostro paese, dal titolo eloquente “Al capitalismo piace questa crisi”. La finalità del sindacalista, autore dello scritto, è quella di spiegare le ragioni più profonde dello sciopero generale del 12 dicembre prossimo venturo, che la CGIL ha proclamato in splendida solitudine per contrastare una manovra complessiva dell’esecutivo pidiellino-leghista, la quale sembra rivolta a “riformare” il mondo del lavoro italiano in senso favorevole alla sola industria decotta, riunita sotto le bandiere di Confindustria e decisa a continuare sulla via della compressione dei salari, della progressiva eliminazione delle garanzie ai lavoratori e dello sfruttamento della flessibilità selvaggia del lavoro in ogni settore.L’azione governativa dell’esecutivo pidiellino prevede tutta una serie di misure – da quelle relative alla detassazione dei soli straordinari, che rafforza la componente discrezionale della retribuzione a scapito di quella fissa e garantita, alla deregolamentazione che indebolisce il contratto nazionale [legge n° 133 del 2008], dal ripristino del lavoro a chiamata al peggioramento delle condizioni di salute e sicurezza del lavoratore – che delineano un quadro futuro molto fosco per gran parte della popolazione italiana, che di lavoro dipendente vive. Ritengo che l’analisi di Cremaschi sul tema del nuovo sfruttamento di un lavoro con sempre meno difese e protezioni sociali sia molto lucida, forse la migliore che ho avuto occasione di leggere in queste ultime settimane, e per tale motivo mi sento quasi in dovere di proporla.Dal mio punto di vista – per altro non troppo dissimile da quello del sindacalista della FIOM – insisto nell’affermare che tutti i segnali ci portano a concludere che il capitalismo internazionalizzato della terza età riassume i duri comportamenti, con effetti dirompenti di vistoso arretramento sul piano sociale, caratteristici del primo capitalismo ottocentesco.In particolare, torna d’attualità la spietata visione dell’economista classico David Ricardo, con la compressione della quota di prodotto riservata ai salari, nell’esaltazione finale di una vera e propria tara genetica del capitalismo: il principio della comparazione dei costi, con la ricerca del più basso costo di produzione che negli ultimi anni ha avuto respiro planetario ed ha conosciuto sempre meno limiti.Ricerca del più basso costo di produzione e massimizzazione del tasso di profitto – al di là di qualsiasi considerazione di ordine sociale, politico ed etico – significa, nella nostra realtà, compressione del costo del lavoro, in particolare se si privilegia, in un ottica meramente “difensiva” rispetto alla concorrenza di mercato, l’innovazione di processo in luogo dell’innovazione di prodotto, caratteristica dell’industria italiana in molti settori, negli ultimi due o tre decenni.Nella postmodernità, dunque, il capitalismo – assunta una dimensione finanziaria di moltiplicazione fittizia della ricchezza e un nomadismo senza uguali nelle epoche precedenti – ha proceduto nel tentativo di “smantellare” gli stati nazionali e le federazioni, ridotti a semplici catene di trasmissione dei suoi interessi, e di depotenziare, in particolare e per ciò che qui interessa, le tutele e coperture sociali assicurate al lavoro dal compromesso fordista e dalla nascita del welfare.Questo processo di autentica distruzione della dimensione politica e sociale, a solo vantaggio di quella privata e finanziaria del capitale, sembra non arrestarsi anche di fronte alla crisi che avanza, la quale potrà essere sistemica, portando a svolte epocali nella storia umana, e non rappresentare soltanto una “congiuntura” come ci fanno credere in molti.Fino a quali livelli si può comprimere il monte salari, a vantaggio della quota del prodotto sociale che va ai profitti?Secondo David Ricardo – che era un agente di cambio figlio di un banchiere ebreo, non dimentichiamolo – fino al minimo livello che può garantire la sopravvivenza del lavoratore e del suo nucleo familiare.In tali contesti e all’interno di questa logica socialmente aberrante, la forza-lavoro deve perciò poter riprodursi, fornire risorse il più possibile “intercambiabili” al capitale, ma non è richiesto né necessario che si emancipi o che gli sia garantito il raggiungimento di un livello di vita materiale più alto.Quanto precede spiega la recente, pelosa “carità pubblica” del IV governo Berlusconi, rivolta esclusivamente agli indigenti – ad esempio attraverso l’uso di una social card caricata mensilmente con pochi spiccioli – e senza vere ed estese misure di sostegno dei redditi da lavoro dipendente.Berlusconi si è detto dispiaciuto di non poter procedere alla detassazione delle tredicesime di operai e impiegati, eppure il pacchetto anti-crisi – di cui si vanta il super ministro dell’economia Giulio Tremonti – può contare su ben “sette strumenti” che si applicano ad un volume della bellezza di 80 miliardi di euro, detassazioni e trasferimenti netti compresi.Nella realtà, si vuole legare sempre di più i livelli retributivi – estendendo la parte variabile e discrezionale del salario a scapito di quella fissa, lasciando dilagare il precariato – agli andamenti economici aziendali, nella privatissima esaltazione della “efficienza”, della “produttività”, della crescita indefinita del tasso di profitto e nell’adorazione totemica del mercato. In paesi deboli e privi di autonomia nel decidere autonomamente le politiche economiche e sociali – quale è, in effetti, l’Italia – pur davanti all’imminenza del disastro non vi potrà essere un’inversione di tendenza, fintanto che ciò non avverrà nel cuore del “sistema” in cui è iniziata l’ultima mutazione del capitalismo, cioè negli Stati Uniti d’America e fino a che il vento del cambiamento non inizierà a soffiare con prepotenza anche nella periferia dell’Europa.Diamo spazio, dopo di questo non brevissimo e spero non inutile commento, alle parole di Cremaschi:

“Al capitalismo piace questa crisi”di Giorgio Cremaschi

Dobbiamo smetterla di discutere delle chiacchiere e guardare alla sostanza dei provvedimenti che vengono presi. Per ora non c'è un solo paese occidentale che abbia deciso misure per far aumentare i salari e fermare i licenziamenti. Anche Obama tace sul salario minimo di legge, che negli Usa è fermo al 1998. Al contrario tutte le decisioni che vengono concretamente varate servono a sostenere le banche, la finanza, i programmi d'investimento, di ristrutturazione, di licenziamento delle imprese. Sotto l'onda dell'emergenza globale si affermano criteri sociali che sono quelli di una vera e propria economia di guerra. E anche gli investimenti militari veri e propri aumentano. Mentre i poveri reali crescono a dismisura, si definiscono ristrette categorie di poveri ufficiali. In Italia stiamo sperimentando l'elemosina di stato che tocca, con la carta sociale del governo, un milione e duecento mila persone.C'è del metodo in questa follia. Si usa la crisi per selezionare un nuovo tipo di lavoratore, e costruire attorno ad esso una società ancora più ingiusta e feroce di quella attuale. Da noi hanno cominciato con la scuola e l'Università. Le controriforme del governo sono state scritte su dettatura della Confindustria e partono dall'assunto che è impossibile avere una scuola di massa pubblica ed efficiente. Così si abbandona a se stessa gran parte della scuola pubblica e si seleziona, assieme alle imprese, l'élite per il mercato e per il profitto. In Alitalia si è fatto lo stesso. L'intervento pubblico è servito a socializzare le perdite, che pagheremo tutti noi. I padroni privati invece potranno scegliere dal contenitore della vecchia società il meglio delle rotte, delle strutture, e naturalmente dei lavoratori. E chi non ci sta attenta all'interesse nazionale.Il Sole 24 ore ha dedicato un editoriale ai nuovi nemici del popolo, piloti, musicisti, lavoratori specializzati, che pretendono di difendere il proprio status. La macina del capitalismo diventa ancora più dura quando questo va in crisi. Nel 1994 la Fiat buttò in Cassa integrazione gran parte di quegli impiegati e capi, che sfilando a suo sostegno nell'ottobre del 1980, le fecero vincere la vertenza contro gli operai. Oggi si parla tanto di merito, ma tutte le categorie professionali subiscono gli effetti di un'organizzazione del lavoro sempre più parcellizzata e autoritaria, mentre l'unico merito che davvero viene riconosciuto è quello della fedeltà e dell'obbedienza.L'amministratore delegato della Fiat vuole che la sua azienda somigli sempre di più alla catena di supermercati Wall-Mart. Si dice che Ford abbia installato le prime catene di montaggio ispirandosi a come si lavorava nei magazzini della carne di Chicago. Il modello giapponese a sua volta nasce copiando la logistica dei moderni supermercati. Ora la Fiat annuncia un futuro copiato dalla più grande catena di supermercati a basso costo. Ma Wall-Mart è anche una società brutalmente antisindacale, che schiavizza i propri dipendenti. Il programma di Marchionne è dunque anche un programma sociale, che prepara ulteriori assalti all'occupazione e ai diritti dei lavoratori Fiat.Le leggi sul lavoro flessibile che centrosinistra e centrodestra hanno varato in questi anni, ora mostrano la loro vera funzione. Esse permettono di licenziare centinaia di migliaia di persone senza articolo 18 o altro che l'impedisca. E così la tutela contro i licenziamenti diventa un privilegio, quello che permette di essere almeno dichiarati come esuberi. E i soliti commentatori di entrambi gli schieramenti annunciano che con tanto precariato, i privilegi non si possono più difendere. Per i migranti la perdita dei diritti sociali diventa anche distruzione di quelli civili. Chi viene licenziato, grazie alla Bossi-Fini, diventa clandestino e con lui tutti i suoi famigliari.E la crisi avanza. Che essa fosse ben radicata nell'economia reale e non solo in quella finanziaria, lo dimostra la velocità con cui si ferma il lavoro, si licenziano o si mettono in cassa integrazione i dipendenti. Una velocità superiore a quella della caduta della Borsa.
Le ristrutturazioni nelle aziende non sono solo crisi. Esse, come sostengono tanti dottori Stranamore dell'economia, hanno una funzione "creatrice". Esse servono a frantumare le condizioni sociali e di lavoro, a dividere e contrapporre gli interessi, a fare entrare nel Dna di ogni persona che la sconfitta e di uno è la salvezza di un altro. La riforma del modello contrattuale vuole suggellare questa situazione. Distruggendo il contratto nazionale e limitando la contrattazione aziendale al rapporto tra salario e produttività, essa punta a selezionare una nuova specie di lavoratori super flessibili, super obbedienti e super impauriti. E per il sindacato resta la funzione della complicità, come è scritto nel libro Verde del governo.

Se è vero che le crisi sono occasioni, quella italiana sta delineando la possibilità di distruggere ogni base materiale dei principi contenuti nella Costituzione della Repubblica. Bisogna fermarli, bisogna travolgerli come stava scritto in uno striscione degli studenti. Non ci sono mediazioni rispetto al disegno di selezione sociale che sta avanzando sotto la spinta della Confindustria e del governo. O lo sconfiggiamo o ne verremo distrutti. Per questo lo sciopero del 12 dicembre non può concludere, ma deve dare l'avvio a un ciclo di lotte in grado di imporre un'altra agenda politica e sociale. Alla triade privato, mercato, flessibilità, bisogna contrapporre la difesa e l'estensione del pubblico sociale, dei diritti e dei salari. E l'Europa di Maastricht è nostro avversario così come il governo Berlusconi. C'è sempre meno spazio per quella cultura riformista che pensava di coniugare liberismo economico ed equità sociale. Per questo ci paiono sempre più stanchi e inutili i discorsi sull'economia sociale di mercato di tanti benpensanti di centrosinistra e centrodestra.
Solo un cambiamento radicale nell'economia e nella società può sconfiggere il disegno reazionario dei poteri e delle forze che ci hanno portato alla crisi attuale e che pensano di farla pagare interamente a noi. O si cambia davvero, o si precipita in una società mostruosa che avrà come necessario corollario l'autoritarismo nelle istituzioni. Forse è proprio la dimensione e la brutalità delle alternative che ci spaventa e frena, ma se questa è la realtà allora è il momento di avere coraggio.

giovedì 27 novembre 2008

IL LIBRO VERDE approvato DAL GOVERNO:

14 BUONI motivi per aderire allo sciopero generale della cgil di venerdì 12 dicembre.

Ecco i provvedimenti, che assieme alla riforma sui contratti, sconvolgeranno a breve il mondo del lavoro dipendente.

1. Detassazione degli straordinari Legge 126/24 luglio 2008
La bufala della detassazione penalizza i lavoratori part- time a basso reddito, rafforza il salario discrezionale e aumenta le disuguaglianze salariali. Inoltre un lavoratore per guadagnare 35 euro in più al mese sarà costretto a fare almeno 50 ore straordinarie.

2. Deregolamentazione del mercato del lavoro legge 133 del 5 agosto 2008
Nel decreto legge 112 del 25 giugno 2008, convertito in legge 133 il 5 agosto 2008, sono contenute molte norme di peggioramento delle condizioni di lavoro, di deregolamentazione dei contratti nazionali, di aumento della precarietà, di alleggerimento di controlli e obblighi per le imprese, di forte indebolimento dell’attività ispettiva e quindi delle politiche di contrasto del lavoro nero e irregolare, e di tutela della salute e sicurezza del lavoro.

3. Viene ripristinato per tutti i settori il lavoro a chiamata.

4. Il lavoro a tempo determinato è reso possibile anche per “l’ordinaria attività dell’impresa”, puntando quindi a una sorta di equivalenza con il “normale” rapporto di lavoro a tempo indeterminato; viene introdotto il principio della derogabilità in peggio rispetto al CCNL attraverso la contrattazione aziendale e territoriale.
Al momento della trasformazione in legge è stato inserita la clausola scandalosa e anticostituzionale che cancella per i procedimenti già in corso (leggi Poste e Alitalia) il diritto alla reintegra nel posto di lavoro per quei lavoratori di cui il giudice rilevi la nullità della interruzione del rapporto di lavoro, cioè quando si è rilevata la sussistenza di un falso contratto a termine, sostituendolo con un risarcimento economico.

5. Viene generalizzato il lavoro accessorio, ovvero quello temporaneo, retribuito al di fuori di qualsiasi contratto, tramite un Voucher o Buono prepagato, infatti viene allargata la platea dei soggetti che possono ricorrervi estendendolo a tutte le attività stagionali e non ponendo limiti per la sua durata.

6. Si peggiora l’apprendistato, riportando la possibilità di svolgere la formazione tutta interna all’azienda tramite accordo sindacale aziendale e/o con gli enti bilaterali, e quindi abrogando tutte le norme che prevedevano un controllo pubblico sulla qualità e sul reale svolgimento della formazione, ma anche tutti gli standard minimi.

7. Si cancella la legge che tutela le dimissioni volontarie, per contrastare la pratica delle “dimissioni in bianco”, legge fortemente voluta dalle donne che sono le più colpite da questa pratica illegittima e ricattatoria, molto più diffusa di quanto il governo e confindustria ci vogliono far credere. Questa legge non comportava spese per lo Stato, quindi la sua soppressione è puramente ideologica all’insegna della “ semplificazione” ovvero della più completa libertà per i padroni nella gestione dei rapporti di lavoro.

8. Si determinano modifiche in peggio della disciplina del lavoro notturno ( è considerato lavoratore notturno solo chi lavora di notte per più di tre ore continuative), il riposo settimanale ( viene calcolato sulla base di 14 gg) e giornaliero ( la reperibilità non interrompe le 11 ore di riposo obbligatorie ), viene abrogato l’obbligo per le imprese a comunicare alle Direzioni provinciali del Lavoro l’effettuazione del lavoro straordinario eccedente le 48 ore settimanali e il lavoro notturno per tutte le aziende non organizzate strutturalmente su turni.

9. Vengono abrogati libro matricola e libro paga, sostituiti da un nuovo LIBRO UNICO DEL LAVORO in cui i lavoratori vengono iscritti entro il giorno 16 del mese successivo, vanificando in questo modo l’attività ispettiva. Infatti i libri aziendali possono anche non essere tenuti presso il luogo di lavoro, bensì presso la sede del consulente aziendale, che ha altri 15 gg di tempo per consegnarli all’ispettore, nel caso di richiesta dello stesso. Le sanzioni relative al non corretto mantenimento dei libri aziendali sia per il datore di lavoro che per i consulenti diventano irrisorie, così come quelle per la non presentazione entro i tempi previsti.

10. La copia delle pagine del libro unico, inerenti il singolo rapporto di lavoro, mensilmente possono sostituire la busta paga del lavoratore, senza che il padrone sia obbligato a registrare le presenze e gli orari effettivamente svolti, quindi con un pesante indebolimento della possibilità da parte del singolo lavoratore di poter verificare e controllare le proprie competenze economiche ( indennità turni e reperibilità, pagamento straordinari , trattenute per ritardi, malattie e permessi non retribuiti e quant’altro collegato alla presenza), incidendo negativamente sul diritto dei lavoratori di recuperare attraverso le vertenze tutto ciò che gli è dovuto.

11. viene abrogata la sanzione per il datore di lavoro se i lavoratori non sono dotati del tesserino di riconoscimento, mentre rimane quella per i lavoratori che non lo esibiscono.

12. Si depotenziano e si abrogano le misure più significative del recente Testo Unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, diminuendone le sanzioni e depotenziando la natura pubblica dei controlli.

13. Sterilizzazione del processo del lavoro e mani legate per i giudici del lavoro Disegno di legge 1441 quater

Gravi sono le limitazioni poste all’ intervento del giudice del Lavoro in tema di controversie individuali relative all’instaurazione del rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento d’azienda e recesso, licenziamento, qualificazione dei rapporti di lavoro. Infatti - secondo questo pessimo disegno di legge di chiara ispirazione anticostituzionale- il giudice si deve limitare all’accertamento del presupposto di legittimità, e deve invece astenersi dal valutare condizioni connesse con l’organizzazione del lavoro e della produzione, sempre per salvaguardare il principio della libertà d’impresa.

Gli effetti di tale norma su tutte le azioni legali tese alla trasformazione di contratti precari ( a tempo determinato o atipici che siano) in contratti a tempo indeterminato è di facile intuizione, così come per tutte le cause che vogliono risalire alle responsabilità dei padroni in caso di incidenti sul lavoro!
Inoltre, in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, viene fatto divieto al giudice di discostarsi dalle valutazioni espresse dalle parti in sede di certificazione dei contratti di lavoro ( sempre gli enti bilaterali!), inserendo un principio di palese incostituzionalità per cui ciò che viene definito in sede di collegio di certificazione, supera ed ha un valore cogente superiore alla legge, determinando una obbiettiva disparità di diritto e di trattamento tra lavoratori con rapporti certificati e non. Per non parlare dell’incostituzionalità di norme lavorative che delimitano gli ambiti e le materie in cui il giudice può esercitare la funzione giudicante oltre che le procedure delle stesse.

14. Attacco all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: in materia di giusta causa di licenziamento si prevede che i contratti individuali, stipulati con l’assistenza o la consulenza delle commissioni di certificazione possano essere previste clausole diverse da quelle stabilite dalla legge 300 e dai contratti collettivi. E che il giudice deve attenersi a queste per valutare la legittimità del licenziamento . Gli effetti di questa norma avrebbero un effetto devastante sulla tutela del licenziamento perché si affermerebbe una pratica di completo aggiramento dell’art. 18 attraverso la stipula di contratti individuali, fortemente vessatori a cui i lavoratori potrebbero consentire pur di essere assunti.

Inoltre con L’Impugnativa del licenziamento si prevede la decadenza diritto ad impugnare il licenziamento dopo 120 giorni, termine che viene applicato anche per i casi di nullità del licenziamento, e di licenziamento inefficace, di recesso del committente nel caso di collaborazioni, così come nei licenziamenti che implicano la risoluzione di questioni inerenti alla qualificazione del rapporto di lavoro o la legittimità del termine apposto al contratto.
Norma fortemente ricattatoria specie nei confronti di tutti quei lavoratori a termine, che prima di muovere azione legale nei confronti del padrone aspettano a vedere se verranno richiamati per un successivo contratto precario.


IL 12 DICEMBRE SAREMO in piazza PER FERMARE QUESTI PROVVEDIMENTI!
E tu?

venerdì 21 novembre 2008

Comunicato sull'incontro con la Direzione Aziendale

Dall’ultima riunione del 20 novembre 2008, presenti il gruppo di lavoro aziendale, le OO.SS e le RSU, emerge una situazione tutt’ora poco chiara sugli sviluppi futuri di Insiel FVG e di Insiel Mercato rispetto alle intenzioni espresse nel Piano Industriale.
A poco più di un mese dalla costituzione di Insiel Mercato, la delegazione sindacale:
• non ha potuto ancora prendere visione dell’accordo quadro e del piano di formazione, anche nelle eventuali versioni bozza.
• ha riscontrato che l’auspicata riorganizzazione interna di Insiel FVG non è stata ancora avviata nonostante la paralisi produttiva in cui versa l’azienda.
• le osservazioni delle RSU in merito agli organici trasferiti ad Insiel mercato, espresse nell’incontro tecnico dello scorso 10 novembre, sono state valutate dal gruppo di lavoro aziendale ma la composizione delle competenze di Insiel Mercato rimane attualmente invariata.
• l’organizzazione e l’organigramma di Insiel Mercato e Insiel FVG sono ancora in fase di studio.
Inoltre, preso atto della costituzione dei gruppi di lavoro, la delegazione si augura che il prossimo incontro previsto per la metà di dicembre sia l’occasione per condividerne il lavoro che si presume sarà, a quel punto, prossimo al termine.

Tutto ciò considerato, la delegazione sindacale richiederà unitariamente un incontro con la proprietà Regione per condividere con la Presidenza le proprie preoccupazioni sullo stato di avanzamento delle attività rispetto ai tempi ormai stringenti e ricevere informazioni relative a bando di gara/vendita.

RSU E OO.SS. FIM – FIOM – FISMIC – UGL – UILM

giovedì 20 novembre 2008

Nota Stampa

Giorgio Cremaschi: “Berlusconi e Veltroni: ricette sulla crisi opposte e altrettanto vecchie”

Il precipitare della crisi economica dimostra che tutte le vecchie politiche economiche e sociali non servono a nulla. Non servono né le politiche liberiste e di rottura sindacale di Berlusconi, né gli appelli al patto sociale di Veltroni. Quello che serve oggi è un intervento immediato a sostegno dei redditi da lavoro e da pensione e per bloccare la cancellazione dei posti di lavoro. Non bisogna aver paura di ripristinare l’intervento pubblico nell’economia, ma, per quanto riguarda gli aiuti alle imprese, bisogna finanziare gli investimenti, pretendendo impegni occupazionali e produttivi. La Confindustria deve rinunciare all’idea di smantellare o anche solo ridimensionare il Contratto nazionale. Oggi infatti tutta l’impostazione sul salario-produttività e sull’aziendalizzazione delle relazioni sindacali, si rivela aria fritta, quando è necessario difendere il salario dei lavoratori in tutta Italia.
In conclusione è bene che si capisca che la drammaticità della crisi impone radicali cambiamenti a politici, imprenditori e sindacati e che nessuna continuità può esserci con le politiche economiche e sociali che in questi anni hanno compresso il costo e le condizioni di lavoro e esaltato la finanza e la speculazione.

Giorgio Cremaschi: “Dopo il voto al Senato che da il via libera ai licenziamenti di massa, lo sciopero generale del 12 è solo l’inizio della lotta contro l’alleanza tra governo e Confindustria”

Nelle more del decreto Alitalia abbiamo scoperto un nuovo vergognoso attacco ai fondamentali diritti del lavoro. Infatti, il voto del Senato sul decreto modifica l’articolo 2112 del Codice Civile, eliminando la garanzia di mantenimento del salario e dei diritti per i lavoratori che vengono trasferiti da un’azienda all’altra. Questo dimostra che si vuole affrontare la crisi colpendo ancor di più il salario e i diritti del lavoro e che l’Alitalia è stata la leva su cui agire per dare il via ai licenziamenti di massa.
Già con il decreto salva manager il governo aveva mostrato cosa intende per soluzione delle crisi: l’impunità per chi ne è responsabile. Oggi, con il voto al Senato, il governo, in totale accordo con la Confindustria, conferma che la crisi è un’occasione per licenziare e distruggere salari e contratti.
Dopo questa nuova decisione del governo non solo c’è la necessità di confermare lo sciopero generale, ma anche di continuare la mobilitazione contro l’alleanza industriali governo che sta portando il lavoro e il paese al disastro.

giovedì 13 novembre 2008

Rendimenti di Cometa nei primi 9 mesi del 2008

Valore delle quote dei comparti di Cometa al netto di tutti i costi

Rendimento del TFR, non confluito nei fondi pensione, a settembre 3%



dati tratti dal sito Cometa

lunedì 10 novembre 2008

Comunitato del Comitato degli Iscritti

In data odierna si è riunito il Comitato degli Iscritti della FIOM di Trieste il quale ha valutato che in data 23 settembre 2008 si è sottoscritto un accordo che fissa le modalità dello scorporo e le relative operazioni necessarie all'attuazione d’Insiel Mercato; operazioni da verificare e valutare con le RSU e le Segreterie Territoriali di Trieste e Udine.

Il Comitato degli Iscritti informato della richiesta aziendale di un incontro, che prevede il solo coinvolgimento delle RSU nel tavolo tecnico di definizione del personale coinvolto in Insiel Mercato, ritiene necessario:
  • Mantenere il coinvolgimento di tutta la delegazione sindacale allo scopo di evitare ambiguità che si potrebbero determinare dalla mancanza del coinvolgimento di tutti i firmatari.
  • Continuare il percorso avviato anche a seguito della individuazione dei 135 nominativi che corrisponde al diritto/dovere della proprietà di assumersi la responsabilità nel determinare le condizioni organizzative e professionali che coincide con gli impegni sottoscritti per la costituzione di due società in modo che queste aziende siano in grado di garantire l’occupazione e lo sviluppo nel settore pubblico e privato come descritto dall'accordo sottoscritto in data 23 settembre che prevede il monitoraggio su organizzazione, formazione e accordo quadro di cui sono garanti la Proprietà, le RSU e le Segreterie firmatarie dell'accordo medesimo.
  • Impegnare la RSU FIOM e la Segreteria FIOM a chiedere ed a ricevere risposta da parte delle altre RSU e delle segreterie di riferimento che tutte le informazioni derivanti dagli incontri siano sottoposte alla valutazione dei dipendenti dell'Insiel tramite la convocazione di assemblee generali.
Pertanto, Comitato degli Iscritti dà mandato alla RSU Fiom di essere presente agli incontri a condizione che la delegazione sindacale sia costituita da tutte le RSU di Trieste e Udine e dalla presenza (salvo comunicazione e/o decisione della singola delegazione sindacale) delle Segreterie Territoriali che hanno sottoscritto gli accordi, in caso contrario le RSU della FIOM di Trieste chiederà di sospendere gli incontri e chiederà alle altre RSU di creare le condizioni affinché sia rispettata la responsabilità di chi ha firmato gli accordi.

Siamo all’emergenza sociale

“C’è una situazione di emergenza sociale nel paese e questo richiede l'impiego di ingenti risorse come è stato fatto sul terreno delle banche. Non si può dire a chi è licenziato che c’è il vincolo della spesa pubblica. Bisogna tenere insieme un ragionamento di prospettiva con uno straordinario intervento sociale”. A dirlo è il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, secondo cui “il termine recessione è equivoco perché è stato usato troppe volte rispetto a situazioni meno gravi”.

Spiega il dirigente sindacale: “Siamo di fronte alla crisi più grave dal dopoguerra ad oggi perché riguarda l'intero modello di sviluppo e di crescita che ha segnato questi ultimi decenni. Un modello che teneva insieme basse retribuzioni, deregolazione sul terreno del lavoro e precarietà con un sistema di consumi fondato sul credito. Non basta avere un'idea di come uscire dalla crisi, ma bisogna affrontare anche l'emergenza”.

In Piemonte, dove oggi si trova Rinaldini, secondo i dati forniti dalla Fiom regionale le aziende in crisi sono ad oggi 533 con circa 60 mila addetti: sono quasi 6 mila le ore di cassa integrazione straordinaria richieste con circa 31 mila addetti coinvolti e quasi 4 mila i precari colpiti. A darne notizia è l’Ansa.

giovedì 6 novembre 2008

Riunione del Comitato degli Iscritti della FIOM d'Insiel

Il prossimo incontro degli iscritti FIOM è stato fissato per il giorno 7 novembre 2008 alle ore 14.00 presso la Saletta RSU in quarto piano di via S. Francesco. L’incontro verterà sulle prospettive occupazionali per i lavoratori di InsielFVG e per i 135 lavoratori di InsielMercato e durerà circa 1 ora. Invito tutti gli iscritti a partecipare ed a estendere l’invito a tutti i colleghi che possono essere interessati.

martedì 4 novembre 2008

LE PROPOSTE DELLA FIOM

Le ragioni della crisi
La riduzione del valore reale dei salari e delle pensioni, la riduzione del lavoro a paura merce con un estensione della condizione di precarietà senza precedenti, la deregolazione del laPolitiche di sistemavoro e sociale, la scomposizione del ciclo produttivo, sono parte integrante del processo di questi anni di finanziarizzazione dell’economia che ha prodotto la crisi economica e recessiva che stiamo vivendo, scaricandone i costi sulle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone.
Del resto l’idea predominante e di fondo di questi anni è stata che i consumi si potessero sostenere con il credito (cioè l’indebitamento delle persone) e che gli strumenti finanziari si potessero espandere senza limiti.
I segnali di una crisi economica dovuta ad una sovraccapacità produttiva ed al crollo della domanda e dei consumi erano già presenti ed in atto. La gravità della situazione è dovuta anche al fatto che a ciò si è sommata la crisi finanziaria. Non siamo quindi in presenza di una crisi passeggera o di semplice aggiustamento, ma bensì della crisi di un modello di sviluppo fondato sulla svalorizzazione del lavoro e la finanziarizzazione che ha prodotto una redistribuzione della ricchezza verso i profitti ed a danno dei salari (di oltre 10 punti di Prodotto Interno Lordo) ed un aumento delle diseguaglianze sociali.
In questo contesto non si può semplicemente assistere al fatto che ingenti risorse pubbliche siano indirizzate al salvataggio delle banche e delle istituzioni finanziarie e contemporaneamente pensare che un debole ed in alcuni casi arretrato sistema industriale italiano da solo possa farcela ad uscire prima o poi dalla crisi.
Così si sta semplicemente determinando una situazione paradossale in cui con i soldi pubblici si salvano le banche ed i costi della crisi si scaricano tagliando l’occupazione, i salari, le pensioni e lo Stato sociale.

Per invertire il processo
Ciò produce una situazione sociale drammatica ed inaccettabile.
Bisogna invertire questo processo e porre al centro nuove politiche pubbliche che indirizzino l’innovazione dei processi e dei prodotti.
Significa ad esempio investimenti verso un ammodernamento delle infrastrutture, una nuova idea di mobilità sostenibile, la produzione di apparecchi elettrodomestici di consumo e professionali eco-compatibili, una crescita della dimensione d’impresa anche attraverso la costruzione di reti tra imprese.
Si ripropone cioè il problema non solo di COME produrre ma di COSA e PERCHÉ produrre per definire un nuovo modello sociale e produttivo ambientalmente sostenibile, fondato sulla qualità del lavoro, la ricerca e l’innovazione.
Allo stesso tempo sono inaccettabili i tagli allo STATO SOCIALE, decisi del Governo, che nei fatti affondano la possibilità di esistere ad una SCUOLA PUBBLICA e ad un SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO quali diritti essenziali di cittadinanza e di civiltà.
In realtà tutto ciò rende esplicito e chiaro che la Confindustria con il sostegno del Governo quando parla di competitività e di produttività in realtà pensa ad un ulteriore intensificazione della prestazione lavorativa a un aumento dell’orario di lavoro e della discrezionalità unilaterale dell’impresa.

No all'allungamento dell'orario
E’ esemplificativo il fatto che il 16 dicembre a Bruxelles il PARLAMENTO EUROPEO è convocato per approvare una Direttiva Europea che prevede, attraverso la realizzazione di accordi individuali tra lavoratore e datore di lavoro, la possibilità di allungare l’orario fino a 65 ore settimanali.
Nel pieno di una grave crisi recessiva ed occupazionale, la ricetta dei padroni e della maggioranza dei governi europei è quella paradossale di aumentare gli orari di lavoro e peggiorare le condizioni di lavoro.
E’ importante che i sindacati europei in modo coordinato ed unitario per impedire che tale Direttiva sia approvata abbiano organizzato proprio per il 16 dicembre 2008 una manifestazione europea a Bruxelles, a cui la Fiom (che insieme a Fim e Uilm è stata tra i proponenti) è impegnata ad essere presente con la più ampia partecipazione possibile.

Le nostre rivendicazioni per costruire una rete sociale di protezione
La radicalità e la pervasività dei processi in atto richiedono soluzioni ed azioni di sistema, non episodiche, con un respiro almeno europeo e contemporaneamente si rende necessaria la costruzione di una RETE SOCIALE DI PROTEZIONE per tutti (lavoratori dipendenti, precari, giovani, migranti e pensionati) fondata sulla solidarietà e la giustizia sociale.
Bisogna evitare che la legislazione sul lavoro prodotta in questi anni, trasformi l’attuale crisi finanziaria ed economica in un conflitto tra lavoratori dipendenti, tra lavoratori italiani e migranti. É a partire da questi presupposti che per affrontare questa nuova situazione riteniamo necessario un nuovo intervento pubblico e una spesa sociale esplicitamente finalizzata e ondata sulle seguenti proposte:

Politiche di sistema
  • Un nuovo intervento pubblico nell’economia ha come primo obiettivo quello di superare i vincoli definiti a livello europeo (Maastricht) che altrimenti riducono nei fatti la spesa pubblica.
  • Qualificazione della spesa pubblica con finalità sociali.
  • Un nuovo modello di sviluppo deve assumere quale vincolo la compatibilità, la sostenibilità ambientale e le politiche industriali non possono ridursi ad incentivi per la rottamazione, ma devono incentivare e sostenere la ricerca, l’innovazione e la qualità dei prodotti, del lavoro e dei processi formativi.
  • Le nuove frontiere del futuro, anche per contrastare la pericolosa tendenza alla delocalizzazione, devono incentivare ad esempio la progettazione ecocompatibile, la riciclabilità dei prodotti, l’introduzione di controlli sulla conformità dei prodotti anche importati, lo sviluppo delle energie rinnovabili ed in questo contesto la sostituzione dei prodotti.
Anche per questo è necessario che la riorganizzazione e ristrutturazione dei settori industriali abbiano una dimensione europea.
Viceversa, le scelte del Governo e della Confindustria di contrastare i limiti europei in materia ambientale sono sbagliate e poco lungimiranti.

Struttura contrattuale e legislazione sul lavoro
L’obiettivo della Confindustria e del Governo è quello di utilizzare la crisi recessiva in atto per modificare le relazioni sociali ed industriali fino al punto di puntare nei prossimi anni all’annullamento dellaPolitiche di sistema contrattazione collettiva quale strumento democratico di mediazione tra diversi interessi.
In questo senso le LINEE GUIDA definite dalla Confindustria e le proposte del Governo prefigurano la riduzione programmata del valore reale delle retribuzioni e la negoziazione di una qualsiasi autonomia contrattuale sugli aspetti che compongono la prestazione lavorativa se non in modo subalterno alle esigenze delle imprese.
Del resto anche il metodo utilizzato da Confindustria e Governo ha reso evidente che al sindacato è soltanto consentito di aderire alle richieste ed alle esigenze delle imprese.
La produzione legislativa dell’attuale Governo sta delineando una totale deregolazione del lavoro nei suoi diversi aspetti sino ad arrivare alla manomissione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
A diversità del 2001 la strategia del Governo non declama un plateale e frontale attacco al diritto del lavoro, ma si sviluppa attraverso un’azione mirata giorno per giorno fatta di decreti il cui effetto è ancor più radicale e pericoloso.
Basta ricordare, ad esempio, alcuni dei provvedimenti più importanti decisi dal Governo o in via di discussione in Parlamento:
  • la detassazione del lavoro straordinario
  • il ripristino del lavoro a chiamata
  • la derogabilità dei CCNL in materia di contratti a termine
  • si peggiora l’apprendistato
  • si indeboliscono le norme per combattere lavoro nero e irregolare, l’evasione e l’elusione fiscale
  • si è cancellata la legge sulle dimissioni volontarie
  • si peggiorano norme in materia di orario (notturno e riposo settimanale)
  • vengono abrogati il libro matricola ed il libro paga
  • si depotenziano le sanzioni e la natura pubblica dei controlli previsti dal recente testo unico sulla sicurezza
  • si indeboliscono gli spazi d’intento per gli ispettori del lavoro e dell’INPS
  • si limitano gli spazi d’intento del giudice del lavoro
  • si indebolisce l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori
  • si rafforza l’istituto dell’arbitrato.
No al “Libro Verde” che cancella la tutela pubblica e universale
Se consideriamo inoltre, le proposte contenute nel libro verde predisposto dal Ministro del lavoro, emerge con chiarezza l’intenzione del Governo di liquidare il ruolo universale pubblico dello Stato sociale e degli istituti che ne caratterizzano i diritti sociali, di cittadinanza, nel lavoro e nell’accesso al lavoro.
Il Governo in accordo con il mondo delle imprese e con il mondo assicurativo punta, attraverso i tagli della spesa sociale annunciati, a trasformare lo Stato sociale in un nuovo mercato.
I diritti assistenziali, sociali, sanitari, di tutela al reddito, vengono nelle intenzioni del Governo sostituiti dagli Enti bilaterali gestiti dalle Associazioni imprenditoriali e dai Sindacati.
Così le lavoratrici, i lavoratori, i giovani e i pensionati, la crisi la pagano due volte e il sindacato se accetta tale impostazione nei fatti cambia la propria natura e il proprio ruolo.

Ammortizzatori sociali e occupazione
  • estensione a tutte le tipologie d’assunzione ed a tutte le imprese delle possibilità di aver diritto e di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni ed alla mobilità;
  • ripristino dell’integrazione salariale nella misura dell’80% (in caso di ricorso alla cassa integrazione) della retribuzione complessiva che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate e conseguente superamento dei massimali attualmente stabiliti dalla legge;
  • incentivazione all’utilizzo dei contratti di solidarietà;
  • aumento della indennità di disoccupazione ordinaria al 60% fino al 12° mese;
  • definizione di un reddito d’inserimento con percorso formativo per i giovani disoccupati;
  • definizione di un meccanismo che superi quanto previsto dal Regolamento attuativo della legge Bossi-Fini in caso di mobilità e conseguente prolungamento della durata del permesso di soggiorno rispetto a quella attualmente prevista.

Fisco e retribuzione
Con l’azione del Governo, nei fatti si è allentata l’azione di contrasto per ridurre l’evasione fiscale che rimane la più grande ingiustizia sociale del nostro Pese.
E’ inoltre evidente che un’azione che agisca a favore delle retribuzioni del lavoro dipendente può avere anche una funzione anticiclica, sul versante economico e produttivo favorendo una ripresa dei consumi.
Occorre quindi agire in due direzioni: con provvedimenti di carattere transitorio e congiunturale e con provvedimenti di carattere strutturale.

Provvedimenti transitori
  • detassazione per gli anni 2008 e 2009 della tredicesima mensilità,
  • detassazione dell’integrazione salariale in caso di ricorso alla Cassa integrazione, quale provvedimento alternativo e sostitutivo della detassazione degli straordinari.
Provvedimenti strutturali
  • ripristino della restituzione del drenaggio fiscale (che per il 2008 comporterebbe per il lavoro dipendente una restituzione media di almeno 360 euro annui);
  • detrazione delle spese sostenute per sostegno a familiari/coniuge/convivente non autosufficiente;
  • elevazione della tassazione delle rendite finanziarie fino al 20%;
  • tassazione alla aliquota più alta oggi esistente dello stock-option erogate ai dirigenti d’impresa;
  • superamento della defiscalizzazione degli straordinari e delle quote di salario unilateralmente erogate dalle imprese non frutto della contrattazione collettiva.
E’ inaccettabile che un’ora di lavoro in straordinario costi alle imprese meno di un’ora di lavoro ordinaria.
E’ una misura contro l’occupazione e che sa di beffa verso i lavoratori.

Provvedimenti immediati
Ci sono 2 provvedimenti legislativi che il Governo ed il Parlamento e quindi tutte le forze politiche dovrebbero immediatamente fare:
  • Una nuova legge sull’orario
Per ripristinare l’orario massimo giornaliero e settimanale rispettivamente nella misura di 8 ore e di 40 ore
  • Una nuova legge sulla rappresentanza
Per sancire che gli accordi e le piattaforme sono validi quando le lavoratrici ed i lavoratori interessati tramite Referendum nella loro maggioranza li approvano. Del resto a fronte di una situazione in cui esistono diverse posizioni, tra le organizzazioni sindacali, l’unico modo per evitare accordi separati è quello di far decidere le lavoratrici e i lavoratori.
La democrazia diventa così lo strumento con cui le lavoratrici ed ai lavoratori possono costruire le condizioni per una nuova fase di azione unitaria

Mobilitazione generale
E’ a partire da queste considerazioni, che la Fiom ha proclamato una giornata di sciopero generale della categoria con una manifestazione nazionale a ROMA, per il 12 dicembre 2008.
Ciò sarà preparato con attivi delle delegate e dei delegati in tutti i territori e con una campagna di assemblee da convocare in tutti i luoghi di lavoro.
Le proposte che la Fiom avanza e la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici, intendono contrastare le politiche fino ad oggi realizzate, dal Governo e dalla Confindustria, e ne chiedono un profondo cambiamento.
Inoltre, la Fiom ribadisce il sostegno all’azione di contrattazione collettiva per i rinnovi dei contratti aziendali e di secondo livello unitariamente avviate nella nostra categoria.
La Fiom-Cgil considera necessario per difendere l’occupazione e qualificare la struttura industriale, rivendicare e rimettere al centro un ruolo di responsabilità sociale dell’impresa per contrastare processi di delocalizzazione anche vincolando le imprese a investimenti,
interventi industriali e occupazionali sostitutivi sul territorio, riconfermando l’indisponibilità ai licenziamenti collettivi ed alle chiusure degli stabilimenti.