mercoledì 24 dicembre 2008

2009, l’anno lungo della recessione

Le previsioni danno una crescita del Prodotto mondiale pari all’1% con USA e UE in recessione. La ripresa è attesa per il 2010 con un recupero sia degli Stati Uniti che di Cina e India. E’ un quadro ottimistico secondo cui la crisi durerebbe solo un anno
...Più preoccupata è l’analisi di alcuni economisti, secondo i quali la contrazione della crescita si protrarrà oltre la fine del 2009 e non riguarderà solo le economie avanzate, ma anche quelle emergenti, a seguito della trasmissione degli shock finanziari e reali che hanno investito i paesi più sviluppati. La caduta molto veloce della domanda aggregata sta innescando un rischio deflazione che, portando alla trappola della liquidità, finirebbe con rendere inefficace la stessa politica monetaria. C’è dunque il pericolo di un avvitamento drammatico con redditi e occupazione in contrazione e caduta della domanda e dei prezzi.
Il rischio di un crollo sistemico è stato, almeno per il momento, scongiurato dall’iniziativa dei governi che stanno impiegando massicce risorse per tamponare le falle finanziarie e le crisi più gravi di interi settori produttivi. Fino ad ora, però, non si è fatto ancora nulla per affrontare gli squilibri dell’economia mondiale che sono alla radice dello tsunami finanziario. Grazie al signoreggio del dollaro, gli Stati Uniti hanno consumato, per oltre un decennio, molto più di quanto hanno prodotto, mentre la Cina, con l’enorme risparmio accumulato grazie ai bassi consumi interni, ha finanziato i deficit USA. Questo si è verificato per l’assoluta inadeguatezza dell’attuale “governance” mondiale che vede istituzioni internazionali (dal FMI, alla Banca mondiale, al WTO) in cui le grandi economie emergenti, Cina in testa, hanno ancora un ruolo marginale.
Il vertice mondiale del 15 novembre scorso, con la conferma dell’attuale G8 aperto in modo nebuloso alla consultazione del G20, ha affrontato in modo inadeguato questo nodo. Su questo esito del tutto insoddisfacente ha pesato la transizione politica in corso negli Usa. C’è da augurarsi che il Presidente Obama riesca a dare il necessario impulso alla tempestiva messa a punto di nuove regole condivise. Solo decise misure coordinate da parte dei paesi ad economia avanzata e di quelli ad economia emergente, infatti, possono evitare che la recessione globale si trasformi in depressione.
In questo contesto mondiale in cui domina l’incertezza, l’Europa si conferma come l’area con il ritmo di sviluppo più lento e l’Italia come il fanalino di coda della UE. A causa di un rigore antinflazionistico fuori luogo, la BCE ha provocato un apprezzamento dell’euro che ha frenato il Pil, mentre i vincoli del Trattato di Maastricht, in assenza di una politica economica unitaria, hanno ridotto le potenzialità di crescita dell’economia. Anche il piano anti crisi proposto dalla Commissione e approvato dai 27 leader dell’Unione venerdì scorso, fatica ad essere realizzato e, anche in questo caso, l’Italia è il fanalino di coda. Tremonti, per timore di perdere il controllo della finanza pubblica, ha imposto una manovra che, a giudizio del Centro Studi Bruegel di Bruxelles, avrà sull’economia non un effetto espansivo, ma un risultato restrittivo per lo 0,02 per cento del Pil.
Contro questa impostazione dettata dalla paura si sono pronunciate ormai tutte le forze sociali ed è contro questa politica che la Cgil ha effettuato lo sciopero generale del 12 dicembre. Il prossimo anno l’Italia, nel migliore dei casi, avrà una dinamica del Pil pari a -1 per cento e vicino allo 0 nel 2010. Se la crisi non si aggraverà, solo nel 2011 il Pil tornerebbe al livello del 2007: ciò è inaccettabile. A soffrirne non sarebbe solo il mondo del lavoro, con maggiore disoccupazione e cassa integrazione, ma la stessa finanza pubblica. Con un prodotto più piccolo, infatti, crescerebbe il rapporto debito- Pil e con esso la preoccupazione dei mercati finanziari sulla capacità del nostro Paese di onorare i debiti.

di Beniamino Lapadula

domenica 14 dicembre 2008

Giorgio Cremaschi: Questo è regime.

È semplicemente vergognoso il comportamento della grande stampa di informazione, che ha cancellato lo sciopero generale dalle notizie importanti. Questo si è un segnale di regime, la grande stampa può essere in disaccordo con Berlusconi su sky, ma è d’accordo con lui sul non dare rilevanza ai milioni di persone che ieri, nonostante le enormi difficoltà e il maltempo, hanno deciso di scioperare e di manifestare. Quando ci si chiederà ancora per quale ragione in Italia il lavoro sia cosi invisibile, bisognerà ricordare la giornata nera dell’informazione del 13 dicembre 2008.

venerdì 12 dicembre 2008

Lo sciopero è riuscito, bisogna continuare

“Nonostante la campagna contraria lo sciopero è riuscito, segno di una grande disponibilità delle lavoratrici e dei lavoratori per cambiare la politica economica e impedire il disegno contrattuale e sociale della Confindustria.”
“Questo sciopero deve essere considerato l’inizio di una fase di lotte e non certo un momento a sé stante o unico. Da tutte le piazze è venuto un messaggio chiarissimo: continuare. A gennaio, pertanto, la mobilitazione dovrà riprendere, anche perché oramai è chiaro che la linea della Cisl e della Uil di accettare tutto e non mobilitarsi mai non produce alcun risultato.”

domenica 7 dicembre 2008

SCIOPERO GENERALE

Le imprese hanno preferito alimentare la finanza scegliendo investimenti che aumentassero il profitto tralasciando sicurezza, ambiente, salario e diritti. Le banche, ingrassando, hanno collaborato sviluppando un sistema “finto” che si è gonfiato giorno dopo giorno. Quando è esplosa la bolla finanziaria i governi hanno trovato, in pochi giorni, migliaia di miliardi di euro per salvare il sistema.

Ma cosa hanno fatto per:
  • Salvare le lavoratrici, i lavoratori e le loro famiglie ?
  • Per aumentare i salari e i diritti ?
  • Per migliorare la vita di tutti ?
Niente, alle richieste sindacali ai vari livelli hanno sempre contrapposto competitività, produttività, crisi, buchi di bilancio, tesoretti scomparsi, ecc…
Serve invece un’altra politica economica e sociale del governo che difenda il lavoro e faccia pagare la crisi a chi non ha mai pagato.

La crisi del capitalismo la deve pagare chi l’ha provocata!!

Contro lo scambio salario/produttività
Contro lo smantellamento del contratto nazionale
Contro la precarietà
Contro il razzismo

Fermiamo i licenziamenti, l’attacco ai diritti e all’occupazione, fermiamo l’attacco al salario e alla scuola pubblica.

IL 12 DICEMBRE
RIEMPIAMO LE PIAZZE

giovedì 4 dicembre 2008

NOI NO!

PERCHE’ DICIAMO NO ALL’INTESA FIRMATA DA CISL E UIL CON LA CONFINDUSTRIA.


CISL e UIL hanno approvato senza interpellare i lavoratori, attraverso un documento di intesa, la proposta fatta e voluta a tutti i costi dalla CONFINDUSTRIA che riguarda la riforma della nostra contrattazione sia nazionale che integrativa, stracciando la rivendicazione unitaria fatta assieme alla CGIL e descritta nelle assemblee, perdendo per strada anche quei pochi elementi qualificanti di quella bozza, come per esempio il principio di un vero recupero del potere salariale.

La CGIL ha detto chiaramente che una “porcheria” del genere non poteva essere firmata.

Infatti, come descritto nel documento approvato da CISL e UIL, la base su cui verrà “calcolato il nostro salario” non sarà più l’inflazione programmata (ne tanto meno quella reale), ma un nuovo indice individuato da terzi che terrà conto dei prezzi al consumo epurandoli dall’inflazione importata.

Ciò significa che, se le aziende aumenteranno i prezzi dei loro prodotti al consumo giustificandolo con il rincaro dell’energia o delle materie prime, i lavoratori pagheranno due volte: la prima per non aver avuto il riconoscimento di quelle quote di salario riferite all’inflazione importata, la seconda per acquistare i beni che le aziende mettono sul mercato con gli aggiustamenti di prezzo.

Ma se tutto ciò non basta in aggiunta hanno previsto che la base di calcolo sulla quale apportare gli aumenti salariali non sarà più quella prevista fino ad oggi ma sarà più bassa; per intendersi se oggi l’aumento in percentuale del salario previsto dalla contrattazione nazionale è fatto su un valore, ad esempio 10, domani la percentuale di aumento si applicherà su 8, capite che in termini di salario un aumento del 2,5% del salario partendo da 10 darà un certo risultato economico su 8 darà un salario più basso.

La proposta di Confindustria avallata da CISL e UIL prevede anche che La durata del contratto sarà di tre anni e non è specificato come opererà il meccanismo di recupero automatico del delta tra quello che si era previsto come costo della vita e quello che in realtà si andrà a misurare a fine della vigenza contrattuale.

Si potrà presentare la piattaforma rivendicativa sei mesi prima della normale scadenza del contratto, ma per sette mesi non si potrà dichiarare sciopero a sostegno della trattativa, pena l’applicazione di sanzioni per i lavoratori in lotta.

Se dopo sei mesi la trattativa non va a concludersi, di fatto ci scippano il tavolo di trattativa e ne aprono uno a livello confederale tagliando fuori le categorie ed i lavoratori.

Anche la contrattazione di secondo livello durerà tre anni e a differenza di ciò che accade ora è che le richieste economiche potranno essere solo e soltanto variabili, legando buona parte del nostro salario a parametri di produttività, efficienza ,redditività. Tutto ciò che è a rischio!
Bisogna difendere ed aumentare i salari e garantire i diritti universali per tutti i lavoratori e le lavoratrici. Non si può decidere senza il pronunciamento ed il consenso dei lavoratori e delle lavoratrici perché il modello contrattuale definisce le regole per il SALARIO e per i DIRITTI di tutti.
Ciò che è ancora più allucinante è che nella contrattazione integrativa ciò che è previsto già in sede nazionale NON si potrà migliorare…. Però è permesso peggioralo in deroga!|

La FIOM ha detto NO all’intesa tra Confindustria, CISL e UIL!

Bisogna difendere ed aumentare i salari e garantire i diritti universali per tutti i lavoratori e le lavoratrici. Non si può decidere senza il pronunciamento ed il consenso dei lavoratori e delle lavoratrici perché il modello contrattuale definisce le regole per il SALARIO e per i DIRITTI di tutti.

lunedì 1 dicembre 2008

SCIOPERO CGIL

Si avvicina l'appuntamento con lo sciopero generale proclamato dalla Cgil per venerdì 12 dicembre. Trieste sarà sede i una delle quattro manifestazioni organizzate in Friuli Venezia Giulia.

Il ritrovo è fissato in piazza Goldoni alle 9.30, il comizio si terrà in piazza dell'Unità al termine del corteo.